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Papa Francesco dona vaccini gratuiti ai rifugiati del Centro Astalli

1 Aprile 2021 - ROMA - Sabato mattina, sabato santo,  un gruppo di rifugiati del Centro Astalli, accompagnati dagli operatori della mensa, riceverà la prima dose di vaccino contro il coronavirus in Vaticano, per volere di papa Francesco. «Si tratta di un segno importante per la vita dei rifugiati che accogliamo, tra cui tanti vulnerabili, vittime di tortura e violenze intenzionale», commenta il presidente del Centro Astalli, p. Camillo Ripamonti: «un segno di vicinanza agli ultimi, a coloro che la pandemia ha reso invisibili e per questo più fragili e più esposti al rischio di ammalarsi. Quello di Papa Francesco è un gesto che riconosce nel povero, nell’emarginato, nel migrante il senso di un agire che mette al centro i più fragili perché solo così l’intera comunità diventa più forte, più solida, più al sicuro. Un dono che si riempie di significato alla vigilia della seconda Pasqua nella pandemia». Il Centro Astalli chiede alle istituzioni italiane di «moltiplicare» il gesto del Pontefice e «inserire nella strategia nazionale per le vaccinazioni, i senza fissa dimora, i migranti che vivono in insediamenti spontanei o in edifici occupati e in centri di accoglienza di medie e grandi dimensioni». (R.Iaria) —​

Papa Francesco: molti sfollati climatici “vengono ‘divorati’ da condizioni che rendono impossibile la sopravvivenza”.

30 Marzo 2021 - Città del Vaticano - Molti sfollati climatici «vengono ‘divorati’ da condizioni che rendono impossibile la sopravvivenza». Lo scrive papa Francesco nella prefazione agli “Orientamenti pastorali sugli sfollati climatici”, presentati oggi in diretta streaming dalla Sala Stampa della Santa Sede e redatti dalla Sezione migranti e rifugiati del Dicastero per il Servizio dello sviluppo umano integrale. “Costretti ad abbandonare campi e coste, case e villaggi, fuggono in fretta portando con sé solo pochi ricordi e averi, frammenti della loro cultura e della loro tradizione” i rifugiati climatici «partono pieni di speranza, con l’intenzione di ricominciare la propria vita in un luogo sicuro. Ma, per lo più, finiscono in bassifondi pericolosamente sovraffollati o in insediamenti improvvisati, aspettando il loro destino». «Coloro che sono costretti ad allontanarsi dalle proprie abitazioni a causa della crisi climatica hanno bisogno di essere accolti, protetti, promossi e integrati», evidenzia il pontefice: «Essi hanno il desiderio di ricominciare, ma bisogna dare loro la possibilità di farlo, e aiutarli perché possano costruire un nuovo futuro per i loro figli. Accogliere, proteggere, promuovere e integrare sono tutti verbi che corrispondono ad azioni adeguate. Togliamo quindi uno per uno quei massi che bloccano il cammino degli sfollati, ciò che li reprime e li emargina, che impedisce loro di lavorare e di andare a scuola, ciò che li rende invisibili e nega loro la dignità». Gli Orientamenti Pastorali sugli Sfollati Climatici «ci invitano ad ampliare il modo con cui guardiamo a questo dramma dei nostri tempi”» e «ci spingono a vedere la tragedia dello sradicamento prolungato che fa gridare ai nostri fratelli e alle nostre sorelle, anno dopo anno: ‘Non possiamo tornare indietro e non possiamo ricominciare da capo’. Ci invitano a prendere coscienza dell’indifferenza della società e dei governi di fronte a questa tragedia. Ci chiedono di vedere e di preoccuparci. Invitano la Chiesa e tutti quanti ad agire insieme, e ci indicano come è possibile farlo. Non usciremo da crisi come quelle del clima o del Covid-19 rinchiudendoci nell’individualismo, ma solo stando insieme, attraverso l’incontro, il dialogo e la cooperazione». Per Papa Francesco il fatto che le persone siano costrette a migrare perché l’ambiente in cui vivono «non è più abitabile, ci potrebbe sembrare un processo naturale, qualcosa di inevitabile. Eppure, il deterioramento del clima è molto spesso il risultato di scelte sbagliate e di attività distruttive, il frutto dell’egoismo e dell’abbandono, che mettono l’umanità in conflitto con il Creato, la nostra casa comune». «A differenza della pandemia di Covid-19 – abbattutasi su di noi all’improvviso, senza alcun preavviso, e quasi ovunque, con un impatto pressoché simultaneo sulla vita di tutti noi –, la crisi climatica è iniziata con la Rivoluzione Industriale», ricorda papa Francesco: «Per molto tempo, tale crisi si è andata sviluppando tanto lentamente da rimanere impercettibile per tutti, eccetto per pochissime persone particolarmente lungimiranti. Anche adesso, le sue ripercussioni si manifestano in maniera disomogenea: il cambiamento climatico interessa il mondo intero, ma le difficoltà maggiori riguardano coloro che meno hanno contribuito a determinare il cambiamento climatico». «Eppure, come per la crisi del Covid-19, a causa della crisi climatica», secondo Papa Francesco, il numero enorme di sfollati è in continuo aumento e «sta rapidamente diventando una grande emergenza della nostra epoca, come possiamo vedere quasi ogni sera in televisione, e questo richiede risposte globali». (R.I.)

Papa Francesco: un saluto ai filippini e un appello per “l’amata e martoriata” Siria

14 Marzo 2021 - Città del Vaticano - Un saluto "particolare" papa Francesco lo ha rivolto, questa mattina, al termine della preghiera dell'Angelus, ai fdeli filippini, residenti a Roma e presenti in piazza e che celebrano i 500 anni dell’evangelizzazione delle Filippine. «Auguri! E avanti con la gioia del Vangelo!», ha detto il papa  che, in mattinata, ha celebrato una liturgia in occasione proprio di questo anniversario. Il pontefice ha voluto ricordare l'inizio, dieci anni fa, del «sanguinoso conflitto in Siria, che ha causato una delle più gravi catastrofi umanitarie del nostro tempo: un numero imprecisato di morti e feriti, milioni di profughi, migliaia di scomparsi, distruzioni, violenze di ogni genere e immani sofferenze per tutta la popolazione, in particolare per i più vulnerabili, come i bambini, le donne e le persone anziane». Da qui l'appello alle parti in conflitto, affinché «manifestino segni di buona volontà, così che possa aprirsi uno squarcio di speranza per la popolazione stremata» e l'auspicio ad un «deciso e rinnovato impegno, costruttivo e solidale, della Comunità Internazionale, in modo che, deposte le armi, si possa ricucire il tessuto sociale e avviare la ricostruzione e la ripresa economica. Preghiamo - ha concluso - tutti il Signore, perché tanta sofferenza, nell’amata e martoriata Siria, non venga dimenticata e perché la nostra solidarietà ravvivi la speranza” ed ha invitato a recitare una Ave Maria «per l’amata e martoriata Siria».

Card. Tagle: noi migranti filippini troviamo nella fede la forza in Gesù che viaggia con noi

14 Marzo 2021 - Città del Vaticano – «L’arrivo della fede cristiana nella nostra terra è un dono di Dio». Il card. Luis Antonio Tagle, prefetto della  Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, saluta papa Francesco al termine della celebrazione nella Basilica di San Pietro per i 500 anni di evangelizzazione delle Filippine. Una celebrazione con pochi fedeli, in gran parte in abiti tradizionali, a causa della pandemia ma molto sentita e aperta da una processione con canti in lingua filippina e con la Croce di Magellano e e il Santo Nino di Cebu. «Noi, migranti filippini a Roma – ha detto il porporato - vogliamo esprimerLe la nostra gratitudine per averci guidato in questa celebrazione eucaristica di ringraziamento per l'arrivo della fede Cristiana nelle Filippine, cinquecento anni fa. Le portiamo qui l'amore filiale dei Filippini delle 7641 isole del nostro paese». Il card. Tagle ha ricordato che nel mondo sono più di dieci milioni i migranti filippini in quasi cento paesi nel mondo e oggi «sono uniti a noi. Facciamo tesoro della Sua premura per noi e per tutti i migranti presenti a Roma, costantemente manifestata dal Suo Vicario per la Diocesi di Roma, Sua Eminenza il Cardinale Angelo de Donatis, il Direttore dell'Ufficio Diocesano Migrantes, Monsignor Pierpaolo Felicolo, e il Cappellano del Centro Filippino, P. Ricky Gente». Il fatto che la fede cristiana «sia stata ricevuta dalla maggioranza della nostra popolazione, che le ha dato una connotazione filippina, è un dono di Dio. Ora le Filippine hanno il terzo numero più alto di Cattolici nel mondo. Questo – ha quindi aggiunto il prefetta della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli - è veramente un dono di Dio. Attribuiamo la fede duratura del popolo filippino solo all'amore, alla misericordia e alla fedeltà di Dio, non ai nostri meriti. Dal 1521 al 2021, abbiamo ricevuto doni su doni. Ringraziamo Dio per i portatori di questi doni nel corso degli ultimi 500 anni: i missionari pionieri, le congregazioni religiose, il clero, le nonne e i nonni, le madri e i padri, gli insegnanti, i catechisti, le parrocchie, le scuole, gli ospedali, gli orfanotrofi, gli agricoltori, i braccianti, gli artisti e i poveri la cui ricchezza è Gesù. Per grazia di Dio, i Cristiani filippini hanno continuato a ricevere la fede, una fonte di speranza di fronte alla povertà, alla disuguaglianza economica, agli sconvolgimenti politici, ai tifoni, alle eruzioni vulcaniche, ai terremoti e persino all'attuale pandemia. Mentre confessiamo i nostri fallimenti nel vivere la fede sempre in modo coerente, riconosciamo anche il grande contributo della fede Cristiana nel plasmare la cultura filippina e la nazione filippina». Per il porporato il «dono deve continuare ad essere un dono. Deve essere condiviso. Se viene tenuto per sé, cessa di essere dono. Per il misterioso disegno di Dio, il dono della fede che ci è stato dato viene ora condiviso da milioni di migranti filippini cristiani in diverse parti del mondo. Abbiamo lasciato le nostre famiglie, non per abbandonarle, ma per prenderci cura di loro e del loro futuro. Per amore loro, sopportiamo il dolore della separazione». Quando arrivano i momenti di solitudine, «noi migranti filippini troviamo la forza in Gesù che viaggia con noi, Gesù che si è fatto un bambino (Santo Nino) e si è fatto conoscere come il Nazareno (Gesù Nazareno), ha portato la Croce per noi. Siamo certi dell'abbraccio della nostra Madre Maria e della protezione dei santi. Quando ci mancano le nostre famiglie, ci rivolgiamo alla parrocchia, la nostra seconda casa. Quando non c'è nessuno con cui parlare, apriamo il nostro cuore a Gesù nel Santissimo Sacramento e meditiamo sulla sua parola. Ci prendiamo cura dei bambini a noi affidati come se fossero i nostri figli e degli anziani come se fossero i nostri genitori. Cantiamo, sorridiamo, ridiamo, piangiamo e mangiamo. Preghiamo affinché attraverso i nostri migranti filippini, il nome di Gesù, la bellezza della Chiesa e la giustizia, la misericordia e la gioia di Dio, possano raggiungere i confini della terra. Qui a Roma – ha concluso - quando ci mancano i nostri nonni, sappiamo di avere un Lolo Kiko. Molte grazie, Santo Padre».

Papa Francesco alla comunità filippina: “la gioia del Vangelo si vede nel vostro popolo, si vede nei vostri occhi, nei vostri volti”

14 Marzo 2021 - Città del Vaticano - «Avete ricevuto la gioia del Vangelo: che Dio ci ha amato a tal punto da dare il suo Figlio per noi. E questa gioia si vede nel vostro popolo, si vede nei vostri occhi, nei vostri volti, nei vostri canti e nelle vostre preghiere». Papa Francesco, questa mattina, nella Basilica di San Pietro, celebra una liturgia eucaristica in occasione dei «cinquecento anni da quando per la prima volta l’annuncio cristiano è arrivato nelle Filippine». La liturgia eucaristica era iniziata con una processione aperta da membri della comunità filippina in abiti tradizionali che hanno portato la croce di Magellano e il Santo Nino, una statua lignea di circa 35 centimetri che rappresenta il Bambino Gesù. «Voglio dirvi grazie per la gioia che portate nel mondo intero e nelle comunità cristiane. Penso – ha detto il Papa - a tante esperienze belle nelle famiglie romane – ma è così in tutto il mondo –, dove la vostra presenza discreta e laboriosa ha saputo farsi anche testimonianza di fede. Con lo stile di Maria e di Giuseppe: Dio ama portare la gioia della fede con il servizio umile e nascosto, coraggioso e perseverante». «Tante volte ho detto che qui a Roma le donne filippine sono ‘contrabbandiere di fede’ – ha aggiunto a braccio il Pontefice – perché dove vanno a lavorare seminano la fede». In questa ricorrenza per il popolo filippini l’esortazione «a non smettere l’opera di evangelizzazione – che non è proselitismo. Quell’annuncio cristiano che avete ricevuto è sempre da portare agli altri; il vangelo della vicinanza di Dio chiede di esprimersi nell’amore verso i fratelli; il desiderio di Dio che nessuno vada perduto domanda alla Chiesa di prendersi cura di chi è ferito e vive ai margini. Se Dio ama così tanto da donarci sé stesso, anche la Chiesa ha questa missione: non è inviata a giudicare, ma ad accogliere; non a imporre ma a seminare; non a condannare ma a portare Cristo che è la salvezza». E questo è anche programma pastorale della «vostra Chiesa: l’impegno missionario che coinvolge tutti e arriva a tutti. Non scoraggiatevi mai nel camminare su questa strada. Non abbiate paura di annunciare il Vangelo, di servire e di amare. E con la vostra gioia potrete fare in modo che si dica anche della Chiesa: “ha tanto amato il mondo!”. È bella e attraente una Chiesa che ama il mondo senza giudicarlo e che per il mondo dona sé stessa. Che sia così, nelle Filippine e in ogni parte della terra». Con Papa Francesco concelebrano il card. Luis Tagle, prefetto della Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli, il card. Angelo De Donatis, vicario del papa a Roma e alcuni sacerdoti che seguono le comunità filippine in Italia. Per la Migrantes della diocesi di Roma il direttore mons. Pierpaolo Felicolo. (Raffaele Iaria)

Papa Francesco celebra Messa con la comunità filippina

14 Marzo 2021 - Città del Vaticano - Saranno circa un centinaio i fedeli filippini che potranno partecipare, questa mattina, alla celebrazione eucaristica nella Basilica di San Pietro, presieduta da papa Francesco, in occasione dei 500 anni dall’arrivo del Cristianesimo e l’inizio dell’evangelizzazione nel loro Paese. Una rappresentanza dei fedeli, residenti a Roma, saranno presenti in piazza San Pietro durante la celebrazione e seguiranno, poi, la preghiera dell’Angelus. «Porteremo – dice il coordinatore nazionale dei filippini in Italia, don Gregory Ramon Dacer Gaston - anche le bandiere delle Filippine per salutare il Santo Padre e ringraziarlo». Il sacerdote invita tutti i filippini in Italia a seguire la celebrazione attraverso i media:  «un evento storico irripetibile – evidenzia - da non perdere. Continuiamo a pregare per Papa Francesco, i nostri Vescovi nelle Filippine e tutta la Chiesa, ringraziamo Dio e preghiamo che tutti noi possiamo continuare la nostra missione». I filippini in emigrazione sono circa 10milioni. In Italia circa 160mila con una «maggiore presenza a Roma e Milano», sottolinea: «gli italiani sono molto gentili con noi e il nostro popolo grazie al lavoro e all’ onestà che dimostrano». Il lavoro occupa il gradino più alto nella scala delle priorità, per il quale combattono e si spostano, perché è lavorando che si realizzano anche socialmente. I centri pastorali in Italia sono una novantina sparsi nel Paese: 50 sono quelli di Roma con diversi sacerdoti che li seguono a cui si aggiungono i ragazzi studenti che si trovano nel nostro Paese per completare gli studi e che all’occorrenza danno un aiuto. In preparazione all’evento le varie comunità hanno «svolto una serie di attività: dal catechismo e diffusione di informazioni all’interno delle celebrazioni eucaristiche, un Triduo online; alcune attività insieme ai giovani», ci dice p. Riki Gente, cappellano della comunità cattolica filippina di Roma spiegando che la celebrazione con papa Francesco, a causa della pandemia,  sarà una celebrazione «semplice, ma sentita. Noi filippini che viviamo all’estero siamo considerati non solo come migranti ma anche come missionari, vivendo la nostra fede cristiana. Attraverso le riunioni e le celebrazioni comunitarie ci sentiamo famiglie allargate». La celebrazione presieduta dal papa rappresenta – spiega il direttore dell’Ufficio Migrantes della diocesi di Roma, mons. Pierpaolo Felicolo,  - un «riconoscimento di una presenza storica della comunità filippina a Roma: una «comunità vivace, attiva, inserita nella diocesi e che da una bella testimonianza di fede, un esempio molto bello e di integrazione per tutta la città». (Raffaele Iaria)

Mons. Felicolo: quella filippina è una “comunità vivace, attiva, inserita nella diocesi e che da una bella testimonianza di fede”

12 Marzo 2021 - Roma - “Grande gioia” per la comunità cattolica filippina di Roma per l’attenzione di papa Francesco che domenica, nella Basilica Vaticana, celebrerà una liturgia eucaristica in occasione dei cinque secoli dell’evangelizzazione delle Filippine. «Quella filippina è – dice a www.migrantesonline.it il direttore Migrantes della diocesi di Roma, mons. Pierpaolo Felicolo, che concelebrerà con il papa – una comunità articolata con 50 centri pastorale per la città che fanno capo alla Missione con Cura d’anime il cui responsabile è p. Riki Gente». Mons. Felicolo parla di una «comunità vivace, attiva, inserita nella diocesi e che da una bella testimonianza di fede, un esempio molto bello e di integrazione per tutta la città». La celebrazione con papa Francesco – aggiunge il direttore Migrantes è anche il «riconoscimento di una presenza storica della comunità filippina nella Capitale». L’immigrazione filippina in Italia iniziò nella prima metà degli anni settanta, quando entrò in vigore un accordo tra il governo italiano e quello filippino per l’ammissione in Italia di collaboratrici familiari. Con il papa concelebreranno il card. Luis Tagle, prefetto della Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli e il card. Angelo De Donatis, vicario del papa a Roma e altri otto sacerdoti.  (Raffaele Iaria)

Filippini: domenica messa con Papa Francesco in Vaticano

12 Marzo 2021 - Città del Vaticano - Domenica 14 marzo alle ore 10 Papa Francesco presiederà una liturgia, nella Basilica di San Pietro, in occasione dei 500 anni dall’arrivo del Cristianesimo e l’inizio dell’evangelizzazione nelle Filippine. Alla celebrazione parteciperanno il card. Luis Tagle, prefetto della Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli, il card. Angelo De Donatis, vicario del papa a Roma. Per la Migrantes della diocesi di Roma il direttore mons. Pierpaolo Felicolo.  Pochi, a causa delle limitazioni imposte dalla pandemia, i fedeli che potranno partecipare alla messa nella Basilica vaticana. Una rappresentanza del popolo filippino, residente a Roma, sarà presente in piazza San Pietro durante la celebrazione e seguiranno, poi, la preghiera dell’Angelus. In piazza – ci dice il coordinatore nazionale dei filippini in Italia, don Gregory Ramon Dacer Gaston che è anche Rettore del Pontificio Collegio Filippino - saranno attivati alcuni monitor per seguire la celebrazione. «Porteremo – dice - anche le bandiere delle Filippine per salutarlo». Il sacerdote invita tutti i filippini in Italia a seguire la celebrazione attraverso i media:  «un evento storico irripetibile da non perdere. Continuiamo a pregare per Papa Francesco, i nostri Vescovi nelle Filippine e tutta la Chiesa ringraziamo Dio per gli ultimi 500 anni della nostra fede e preghiamo che tutti noi possiamo continuare la nostra missione». (Raffaele Iaria)    

Papa Francesco agli iracheni emigrati: “siate tessitori di amicizia e di fratellanza là dove siete”

10 Marzo 2021 - Città del Vaticano - «Avete lasciato tutto, come Abramo; come lui, custodite la fede e la speranza, e siate tessitori di amicizia e di fratellanza là dove siete. E se potete, tornate!». Così papa Francesco «ai tanti iracheni emigrati». “Lodiamo Dio - ha detto il papa che ha ripercorso, durante l'udienza generale, il suo viaggio in Iraq dello scorso fine settima  - per questa storica Visita e continuiamo a pregare per quella Terra e per il Medio Oriente»: «in Iraq, nonostante il fragore della distruzione e delle armi, le palme, simbolo del Paese e della sua speranza, hanno continuato a crescere e portare frutto. Così è per la fraternità non fa rumore, ma è fruttuosa e ci fa crescere. Dio, che è pace, conceda un avvenire di fraternità all’Iraq, al Medio Oriente e al mondo intero!”.

Papa in Iraq: la speranza degli iracheni in Italia

10 Marzo 2021 - Roma - Gli iracheni che vivono in Italia hanno seguito con "attesa" e “molta gioia” la visita di papa Francesco nel loro “martoriato” Paese. Erano tutti incollati alla Tv per seguire, momento per momento, uno dei viaggi apostolici del papa definita da molti “storico” e “profetico”. «Una gioia grande  per noi iracheni e per questo popolo che ha molto sofferto e soffre ancora a causa della guerra e che ha bisogno oggi di pace vera e duratura», spiega Faiz Shoni, 45 anni, in Italia da 14, sposato con due figli. Faiz ha conosciuto questa guerra ed ecco perché si dice «convinto di lavorare per la pace nel suo Paese». E lo fa impegnandosi in una serie di attività umanitarie. In famiglia «sin dall’annuncio della visita – dice – abbiamo pregato e speriamo che questa porti frutti concreti per l’Iraq e per l’intera area». «Continueremo a pregare, insieme a tutti gli iracheni: questo viaggio – conclude – è molto importante». Papa Francesco «restituirà dignità all’Iraq e al suo popolo martoriato», aggiunge Rashid Osama, 68 anni, Segretario Generale della Scuola Fiorentina per l’Educazione al Dialogo Interreligioso e Interculturale alla quale aderisce anche la diocesi fiorentina. La visita del Pontefice rappresenta «un segno di speranza» per una popolazione «stremata dalla situazione politica ma molto colta e molto dialogante. In questo Paese, infatti, convivevano fedeli di tante religioni, soprattutto abramitiche, senza alcun problema. Oggi, invece, tanti sono perseguitati a causa della loro fede. E questo ci fa molto soffrire soprattutto per chi, pur vivendo all’estero, conosce la cultura degli iracheni». Osama ha “conosciuto” Giorgio La Pira, il “sindaco santo”, un «grande leader, un rivoluzionario per le relazioni di pace tra i popoli e la promozione del dialogo interculturale e interreligioso”. E a Firenze la Scuola Fiorentina per l’Educazione al Dialogo Interreligioso e Interculturale vuole essere «luogo di alta formazione culturale e professionale per la creazione di una nuova classe dirigente esperta e sensibile ai problemi di dialogo interreligioso e interculturale della società odierna e futura nei suoi vari aspetti». Questo viaggio apostolico del papa “artigiano internazionale della pace” vuole essere – dice Maurizio Certini, direttore del Centro Studenti Internazionali che accoglie centinaia di studenti provenienti da tante parti del mondo e anche dal Medio Oriente -  un viaggio che «aiuti a costruire l’architettura di una società basata sulla pace, la giustizia e il rispetto dei diritti umani». (R.Iaria)

Papa Francesco in Iraq: Raschid, “restituirà dignità all’Iraq e al suo popolo martoriato”

5 Marzo 2021 - Firenze - Papa Francesco «restituirà dignità all’Iraq e al suo popolo martoriato». A parlare è Rashid Osama, 68 anni, Segretario Generale della Scuola Fiorentina per l’Educazione al Dialogo Interreligioso e Interculturale alla quale aderisce anche la diocesi fiorentina. La visita del Pontefice, che ha voluto questo viaggio «nonostante tutte le difficoltà» rappresenta «un segno di speranza» per una popolazione «stremata dalla situazione politica ma molto colta e molto dialogante. In questo Paese, infatti, convivevano fedeli di tante religioni, soprattutto abramitiche, senza alcun problema. Oggi, invece, tanti sono perseguitati a causa della loro fede. E questo ci fa molto soffrire soprattutto per chi, pur vivendo all’estero, conosce la cultura degli iracheni». Il Pontefice – aggiunge Osama a www.migrantesonline.it - è un “uomo di pace e porterà un messaggio di pace e di fratellanza. E questa è una grande boccata d’ossigeno per tutti noi iracheni». Osama dice di essere «un iracheno patito: amo l’Iraq ma anche l’Italia che mi ha accolto e che ringrazio». Un ringraziamento va a Papa Francesco, «uomo di fede che vuole realmente la pace in tutto il mondo. E questo ci aiuta a lavorare per la pace e per il dialogo». Vivendo a Firenze, Osama ha “conosciuto” Giorgio La Pira, il “sindaco santo”, un «grande leader, un rivoluzionario per le relazioni di pace tra i popoli e la promozione del dialogo interculturale e interreligioso”. E a Firenze la Scuola Fiorentina per l’Educazione al Dialogo Interreligioso e Interculturale vuole essere «luogo di alta formazione culturale e professionale per la creazione di una nuova classe dirigente esperta e sensibile ai problemi di dialogo interreligioso e interculturale della società odierna e futura nei suoi vari aspetti». (Raffaele Iaria)

Papa in Iraq: “gioia grande” per gli iracheni che vivono in Italia per questo viaggio

5 Marzo 2021 - Roma – Una «grande gioia” la visita di Papa Francesco in Irak per gli iracheni che vivono in Italia e che in queste ore stanno seguendo con attenzione, tramite la Tv il viaggio e stanno pregando per questi giorni. Lo dice a www.migrantesonline.it Faiz Shoni, 45 anni, in Italia da 14, sposato con due figli. «Una gioia grande  per noi iracheni e per questo popolo che ha molto sofferto e soffre ancora a causa della guerra e che ha bisogno oggi di pace vera e duratura». Faiz ha conosciuto questa guerra ed ecco perché si dice «convinto di lavorare per la pace nel suo Paese». E lo fa impegnandosi in una serie di attività umanitarie. In famiglia «da giorni – dice – stiamo pregando per questa visita e speriamo che pori frutti concreti per l’Iraq e per l’intera area». «Continueremo a pregare, insieme a tutti gli iracheni: questo viaggio – conclude – è molto importante». (R.Iaria)

Papa Francesco in Iraq: Certini, un viaggio che “aiuti a costruire l’architettura di una società di pace”

5 Marzo 2021 - Firenze - «Una presa di coscienza internazionale per una pace duratura in Irak e nell’intero Medio Oriente». Questo l’auspicio di Maurizio Certini, direttore del Centro Internazionale Studenti “Giorgio La Pira” di Firenze che accoglie centinaia di studenti provenienti da tante parti del mondo e anche dal medio Oriente. Ecco allora l’urgenza di «riprendere il processo di pace senza perdere la memoria  di quanto avvenuto a livello internazionale negli ultimi anni». Per Certini «dalla guerra non si esce mai migliori. Ecco allora l’urgenza di pace». Questo viaggio apostolico del papa “artigiano internazionale  della pace” vuole essere - dice a www.migrantesonline.it un viaggio che «aiuti a costruire l’architettura di una società basata sulla pace, la giustizia e il rispetto dei diritti umani». (R.Iaria)  

Rifugiati iracheni a papa Francesco: “la nostra terra sta sanguinando e ha bisogno di pace”

5 Marzo 2021 - Città del Vaticano -  “Noi stiamo pregando tanto per questo viaggio perché la nostra terra sta sanguinando ed ha bisogno di pace”. E’ quanto hanno detto i ragazzi iracheni a Papa Francesco questa mattina incontrandolo a Casa Santa Marta prima del viaggio in Iraq che il papa compirà fino a lunedì 8 marzo. Il Pontefice si è intrattenuto per alcuni momenti con circa 12 persone accolte dalla Comunità di Sant’ Egidio e dalla Cooperativa Auxilium, rifugiatesi in anni recenti in Italia dall’Iraq. A raccontarlo al Sir come è andato l’incontro è Angelo Chiorazzo, presidente della Cooperativa Auxilium che li ha accompagnati insieme a Daniela Pompei della Comunità di sant’Egidio e all’Elemosiniere, il card. Konrad Krajewski. “Il papa – racconta Chiorazzo – aveva il volto contento. Era evidente che stava partendo con una grande serenità nel cuore. È sceso dalle scale con la borsa in mano, si è soffermato a parlare tanto con loro. Un ragazzo si è voluto fare un selfie dicendo che avrebbe inviato la foto ai suoi genitori a Baghdad. È commovente vedere attraverso questi ragazzi con quanta attesa l’Iraq sta aspettando il Papa perché vedono in lui il segno di una speranza, l’attesa che presto anche nella loro terra, le armi cessino di fare morti e la pace possa finalmente germogliare”. Ognuno dei ragazzi presenti, tutti di fede musulmana, ha una storia di sofferenza forte alle spalle e con ciascuno il Papa si è soffermato a parlare. Con Ali Ahmad Taha, 27 anni, curdo iracheno della città di Sulaymaniyya, ospite di Mondo Migliore dal dicembre 2019, il Papa ha avuto parole di conforto. Alì infatti è fuggito dall’Iraq dopo essersi rifiutato di arruolarsi e aver visto il fratello assassinato dall’ISIS. Ha attraversato Turchia e Grecia sul fondo di un camion, ma proprio alla fine del suo travagliato viaggio verso l’Italia, sul Raccordo Anulare di Roma, è scivolato ed è stato travolto. Gli è stata amputata la gamba destra al Policlinico Gemelli, che lo sta ancora seguendo per alcune terapie. Ahmed, Ghaleb e Rami Taha sono invece tre fratelli di 30-32-37 anni. Arrivati con i genitori in Italia nel 2010, oggi sono dipendenti della Cooperativa Auxilium. Youssif Ibrahim Al Tameemi, 24 anni, iracheno nato a Bagdad, di professione barbiere, è ospite di Mondo Migliore dove è arrivato nel dicembre del 2020. Quando ha saputo che avrebbe incontrato il Papa si è commosso e ha detto: “Il mio Paese sanguina da troppi anni, e spero con tutto il cuore che questo viaggio porti la pace. Ringrazio Papa Francesco perché con coraggio non è rassegnato alla guerra e va nel mio Paese chiedendo di essere tutti  fratelli”. E poi ci sono Mohamed Hakel Abdulrahman, 30 anni, nato a Duhok nel  Kurdistan iracheno e Shwan Lukman Kader, 28 anni di Bagdad, curdo iracheno. È a Mondo Migliore dal 2018. Ha detto: “Era tanto tempo che desideravo incontrare il Papa e non ci volevo credere quando mi hanno detto che ci voleva salutare prima di partire. Ero emozionatissimo e sono riuscito solo a dire che il cuore di tutti noi è con lui”.

Papa Francesco: prima del viaggio per l’Irak incontro con 12 rifugiati

5 Marzo 2021 - Roma - Papa Francesco è in viaggio per l'Irak. Prima della partenza, nel lasciare Casa Santa Marta poco prima delle 07:00 in direzione dell’Aeroporto di Fiumicino, si è intrattenuto per alcuni momenti con circa 12 persone accolte dalla Comunità di Sant’Egidio e dalla Cooperativa Auxilium e rifugiatesi in anni recenti in Italia dall’Iraq, dove il Papa si sta recando  per il suo 33° Viaggio Apostolico. Il gruppo era accompagnato dall’Elemosiniere, il card. Konrad Krajewski. Ieri pomeriggio, alla vigilia della sua partenza per l’Iraq, il pontefice si è recato nella Basilica di Santa Maria Maggiore e si è fermato in preghiera davanti all’icona della Vergine Salus Populi Romani affidando il viaggio apostolico alla sua protezione, come fa sapere la Sala Stampa della Santa Sede. (R.Iaria)

Saliamo sul monte

1 Marzo 2021 - Città del Vaticano - La seconda domenica di Quaresima, che si è celebrata ieri, ci propone due monti di Dio: il Moira e il Tabor, tradizionalmente indicato come il monte della trasfigurazione di Gesù. Antico e Nuovo Testamento che narrano una storia fatta di ascolto, obbedienza. Nel primo, la tradizione vuole che sia il luogo del Tempio di Gerusalemme, troviamo il padre Abramo che, per fedeltà al Signore, compie un viaggio di tre giorni per raggiungere il luogo dove offrire in olocausto il figlio Isacco, il figlio unigenito, amato. L’amore paterno, la cui fede è messa alla prova; e l’amore del figlio che si fida ciecamente del padre e obbedisce. L’altro monte, il Tabor, è il luogo dove il Padre mostra il figlio “l’amato”, colui che sarà l’agnello da sacrificare, il Salvatore. È un parallelo che non può sfuggirci: Abramo è il padre dell’Antico testamento che obbedisce a Dio; Gesù si mostra a Pietro, Giovanni e Giacomo nella sua gloria, Mosè e Elia che conversano con lui. Avvolti dalla nube, i discepoli ascoltano le parole del Padre: “questi è il figlio mio, l’amato”. In tutte le religioni i monti sono i luoghi del dialogo privilegiato con Dio. Sul monte Moira Dio si rivela a Abramo come potenza; sul Sinai, Dio si rivela a Mosè come legge. Sul monte Hira Maometto riceve la scrittura, Dio si rivela come parola. Sul Calvario Dio si rivela, nel figlio, nella sua umanità: è il Dio della croce, dell’amore, del perdono. La Quaresima è, dunque, un ritrovare la specificità del cristiano, una originalità rispetto alle cose del mondo, che richiama il silenzio del deserto, il luogo della prova e dell’ascolto della parola. È anche il tempo della preghiera, perché “pregare non è mai evadere dalle fatiche della vita; la luce della fede non serve per una bella emozione spirituale”, né ad evadere dalla realtà, perché la missione del cristiano è “essere piccole lampade di Vangelo”. Parole che Papa Francesco pronuncia prima della recita dell’Angelus, in una piazza san Pietro dove sono presenti un migliaio di persone. Preghiera, ma anche un digiuno molto particolare, è il “consiglio” di Francesco, “che non vi darà fame: digiunare dai pettegolezzi e dalle maldicenze. È un modo speciale. In questa Quaresima non sparlerò degli altri, non farò chiacchiere... E questo possiamo farlo tutti, tutti. È un bel digiuno”. Domenica nella quale Marco narra la trasfigurazione di Gesù davanti a Pietro, Giacomo e Giovanni. Un evento che avviene dopo le parole del Signore con l’annuncio di quanto sarebbe accaduto a Gerusalemme nella Pasqua. “Possiamo immaginare – dice Francesco – cosa dev’essere successo allora nel cuore dei suoi amici più intimi: l’immagine di un Messia forte e trionfante viene messa in crisi, i loro sogni vengono infranti, e li assale l’angoscia al pensiero che il Maestro in cui avevano creduto sarebbe stato ucciso come il peggiore dei malfattori”. Sul monte Gesù si trasfigura, le sue vesti diventano “splendenti, bianchissime”, leggiamo in Marco, “anticipano la sua immagine da risorto – afferma il Papa – offrono a quegli uomini impauriti la luce della speranza per attraversare le tenebre: la morte non sarà la fine di tutto, perché si aprirà alla gloria della risurrezione”. Quella luce è “invito a ricordarci, specialmente quando attraversiamo una prova difficile, che il Signore è Risorto e non permette al buio di avere l’ultima parola. A volte capita di attraversare momenti di oscurità nella vita personale, familiare o sociale, e di temere che non ci sia una via d’uscita. Ci sentiamo spauriti di fronte ai grandi enigmi come la malattia, il dolore innocente o il mistero della morte. Nello stesso cammino di fede, spesso inciampiamo incontrando lo scandalo della croce e le esigenze del Vangelo, che ci chiede di spendere la vita nel servizio e di perderla nell’amore, invece di conservarla per noi stessi e difenderla”. C’è bisogno di una luce che “illumini in profondità il mistero della vita e ci aiuti ad andare oltre i nostri schemi e i criteri di questo mondo”. Anche noi siamo chiamati a salire sul monte, dice il Papa, perché “è bello per noi essere qui”, ma non deve diventare “una pigrizia spirituale. Non possiamo restare sul monte e godere da soli la beatitudine di questo incontro”. Gesù ci chiede di scendere a valle, tra i nostri fratelli e nella vita quotidiana. “Salire sul monte non è dimenticare la realtà”. (Fabio Zavattaro - Sir)  

«Verso un “noi” sempre più grande»: questo il tema della prossima GMMR

27 Febbraio 2021 - Città del Vaticano - «Verso un “noi” sempre più grande». Questo il titolo scelto da Papa Francesco per la 107ma Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato che si celebrerà il prossimo 26 settembre 2021. Questo "noi" universale -  sottolinea oggi la sezione Migranti e Rifugiati del Dicastero per il Servizio dello sviluppo umano integrale nel bollettino della Sala stampa della Santa Sede - «deve diventare realtà innanzitutto all’interno della Chiesa, la quale è chiamata a fare comunione nella diversità». Il Papa, nella scelta del titolo, ispirandosi al suo appello a far sì che «alla fine non ci siano più “gli altri”, ma solo un “noi», come scrive nell'Enciclica  "Fratelli tutti". E questo “noi” universale «deve diventare realtà innanzitutto all’interno della Chiesa, la quale è chiamata a fare comunione nella diversità», si legge nella nota. Il messaggio, suddiviso in sei sottotemi, riserverà un’attenzione particolare alla cura della famiglia comune, la quale, assieme alla cura della casa comune, ha come obiettivo quel “noi” che «può e deve diventare sempre più ampio e accogliente». Per favorire un’adeguata preparazione alla celebrazione di questa giornata, anche quest’anno la Sezione Migranti e Rifugiati del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale ha allestito una campagna di comunicazione attraverso la quale verranno elaborati i sei sottotemi proposti dal Messaggio. A cadenza mensile, saranno proposti sussidi multimediali, materiale informativo e riflessioni di teologi ed esperti che aiuteranno ad approfondire tema e sottotemi scelti dal papa. In Italia la regione ecclesiastica scelta dalla Commissione Cei per le Migrazioni, per le iniziative della giornata è quella delle Marche. Raffaele Iaria

Papa Francesco: la carità è la più alta espressione della nostra fede e della nostra speranza

12 Febbraio 2021 - Città del Vaticano -  La carità, vissuta sulle orme di Cristo, nell’attenzione e nella compassione verso ciascuno, è la più alta espressione della nostra fede e della nostra speranza. Lo sottolinea Papa Francesco nel messaggio per la Quaresima diffuso oggi e presentato in una conferenza stampa. Per il Papa la carità «si rallegra nel veder crescere l’altro. Ecco perché soffre quando l’altro si trova nell’angoscia: solo, malato, senzatetto, disprezzato, nel bisogno... La carità è lo slancio del cuore che ci fa uscire da noi stessi e che genera il vincolo della condivisione e della comunione». La carità – ha scritto ancora il pontefice - è «dono che dà senso alla nostra vita e grazie al quale consideriamo chi versa nella privazione quale membro della nostra stessa famiglia, amico, fratello. Il poco, se condiviso con amore, non finisce mai, ma si trasforma in riserva di vita e di felicità. Così avvenne per la farina e l’olio della vedova di Sarepta, che offre la focaccia al profeta Elia (cfr 1 Re 17,7-16); e per i pani che Gesù benedice, spezza e dà ai discepoli da distribuire alla folla (cfr Mc 6,30-44). Così avviene per la nostra elemosina, piccola o grande che sia, offerta con gioia e semplicità». Vivere una Quaresima di carità vuol dire, quindi, «prendersi cura di chi si trova in condizioni di sofferenza, abbandono o angoscia a causa della pandemia di Covid-19. Nel contesto di grande incertezza sul domani» offriamo «con la nostra carità una parola di fiducia, e facciamo sentire all’altro che Dio lo ama come un figlio». Ogni tappa della vita è «un tempo per credere, sperare e amare. Questo appello a vivere la Quaresima come percorso di conversione, preghiera e condivisione dei nostri beni, ci aiuti a rivisitare, nella nostra memoria comunitaria e personale, la fede che viene da Cristo vivo, la speranza animata dal soffio dello Spirito e l’amore la cui fonte inesauribile è il cuore misericordioso del Padre», conclude il pontefice. (Raffaele Iaria)  

Irak: il programma della visita di papa Francesco

12 Febbraio 2021 - Città del Vaticano – Papa Francesco compirà una visita in Irak dal 5 al 7 marzo. Nei quattro giorni del viaggio sono previsti sette discorsi del papa. La parteza è prevista per venerdì 5 marzo  per Baghdad, dove il Papa arriverà nel pomeriggio all'Aeroporto internazionale. Qui si svolgerà l'accoglienza ufficiale. Nella Sala Vip dello scalo aereo, l'incontro con il Primo Ministro Mustafa Al-Kadhimi. La cerimonia ufficiale di benvenuto si svolgerà invece presso il Palazzo Presidenziale a Baghdad, con la visita di cortesia al presidente della Repubblica Barham Salih e l'incontro con le autorità, la società civile e il corpo diplomatico nel salone del Palazzo Presidenziale. Seguirà l'incontro con i vescovi, sacerdoti, religiosi/e, seminaristi e catechisti nella Cattedrale Siro-Cattolica di "Nostra Signora della Salvezza" a Baghdad. Il giorno dopo Papa Francesco si trasferirà prima a Najaf, la città santa dei mussulmani sciiti, per l'incontro con il grande ayatollah Sayyid Ali Al-Husaymi Al-Sistani. Quindi volerà a Nassiriya, per l'incontro interreligioso presso la Piana di Ur. Nel pomeriggio il rientro a Baghdad, dove il Papa celebrerà la messa nella Cattedrale Caldea di "San Giuseppe". Domenica 7 marzo, la mattina il Pontefice partirà in aereo per Erbil, dove all'aeroporto sarà accolto dalle autorità religiose e civili della regione autonoma del Kurdistan iracheno. Quindi in elicottero a Mosul, per la preghiera di suffragio per le vittime della guerra presso Hosh al-Bieaa (piazza della Chiesa). Il Papa partirà quindi in elicottero per Qaraqosh, per la visita alla comunità cristiana locale e la recita dell'Angelus. Nel pomeriggio ancora trasferimento a Erbil, dove il Pontefice celebrerà la messa nello Stadio "Franso Hariri", prima di rientrare a Baghdad. Lunedì 8 marzo, infine, dopo la cerimonia di congedo all'aeroporto di Baghdad, il volo di ritorno per Roma-Ciampino. “Siete tutti Fratelli”; è questo il motto - tratto dal Vangelo di Matteo - della visita di Francesco in Iraq il cui logo raffigura il Papa nel gesto di salutare il Paese, rappresentato in mappa e dai suoi simboli, la palma e i fiumi Tigri ed Eufrate. Il logo mostra anche una colomba bianca, nel becco un ramoscello di ulivo, simbolo di pace, volare sulle bandiere della Santa Sede e della Repubblica dell’Iraq. A sovrastare l'immagine, il motto della visita riportato in arabo, curdo e caldeo.  

Papa Francesco: “Dio ci ama nelle nostre fragilità, apriamogli il cuore”

4 Gennaio 2021 - Città del Vaticano - “Il fatto che Gesù sia fin dal principio la Parola significa che dall’inizio Dio vuole comunicare con noi, vuole parlarci”. Lo ha detto Papa Francesco, prima della preghiera dell’Angelus, ieri, dalla biblioteca del Palazzo apostolico, citando il prologo del Vangelo di Giovanni, in cui si legge che “Colui che abbiamo contemplato nel suo Natale, come bambino, Gesù, esisteva prima: prima dell’inizio delle cose, prima dell’universo, prima di tutto. Egli è prima dello spazio e del tempo”. Soffermandosi poi sul fatto che “la Parola si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi”, il Pontefice ha osservato che san Giovanni usa l’espressione “carne” perché “essa indica la nostra condizione umana in tutta la sua debolezza, in tutta la sua fragilità”. “Ci dice che Dio si è fatto fragilità per toccare da vicino le nostre fragilità. Dunque, dal momento che il Signore si è fatto carne, niente della nostra vita gli è estraneo. Non c’è nulla che Egli disdegni, tutto possiamo condividere con Lui, tutto”. “Dio si è fatto carne per dirci – ha detto Papa Francesco -  per dirti che ti ama proprio lì, che ci ama proprio lì, nelle nostre fragilità, nelle tue fragilità; proprio lì, dove noi ci vergogniamo di più, dove tu ti vergogni di più”. Nelle sue parole la consapevolezza che “è audace questo, è audace la decisione di Dio”: “Si fece carne proprio lì dove noi tante volte ci vergogniamo; entra nella nostra vergogna, per farsi fratello nostro, per condividere la strada della vita. Si è unito per sempre alla nostra umanità, potremmo dire che l’ha ‘sposata’”. “Condividiamo con Lui gioie e dolori, desideri e paure, speranze e tristezze, persone e situazioni. Facciamolo, con fiducia: apriamogli il cuore, raccontiamogli tutto. Fermiamoci – ha concluso -  in silenzio davanti al presepe a gustare la tenerezza di Dio fattosi vicino, fattosi carne. E senza timore invitiamolo da noi, a casa nostra, nella nostra famiglia. E anche – ognuno lo sa bene – invitiamolo nelle nostre fragilità. Invitiamolo, che Lui veda le nostre piaghe. Verrà e la vita cambierà”.