3 Marzo 2023 - Roma - Il "Comitato 3 ottobre" chiede al capo Dipartimento per le libertà civili e immigrazione, al commissario straordinario per le persone scomparse e alla prefetta di Crotone di procedere all'identificazione delle vittime del naufragio avvenuto a Steccato di Cutro prima della loro inumazione. Così come è avvenuto in altri tragici naufragi, in virtù del Protocollo di Lampedusa e grazie al lavoro dell'Istituto Labanof (Laboratorio di antropologia e odontologia forense dell'Università di Milano) diretto da Cristina Cattaneo si è reso evidente come tale identificazione dei cadaveri sia possibile.
È indispensabile, però, che prima della sepoltura vengano raccolte tutte le informazioni necessarie. Il comitato chiede dunque a tutte le autorità di applicare, in assenza di un protocollo specifico, il protocollo DVI (Disaster Victim Identification) di Interpol, che, prevede rilievi fotografici, repertazione indumenti ed effetti personali ed esame autoptico e odontologico.
«Abbiamo visto come i familiari delle persone scomparse nei naufragi restino in una situazione di indeterminatezza - dice Tareke Brhane, presidente del Comitato -, una condizione che provoca gravi sofferenze psicologiche e impedisce l'elaborazione del lutto: anche le famiglie delle persone decedute o disperse dovrebbero essere considerate vittime dei medesimi naufragi e dovrebbero essere coinvolte nel processo di identificazione e inumazione. Non vorremmo che, anche in questo caso, queste persone rimangano dei numeri e delle vittime senza nome».
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Migrantes: il cordoglio per le morti in mare in Calabria
27 Febbraio 2023 - Roma - Cordoglio e preghiera per le vittime, vicinanza ai superstiti ma anche sconcerto per l’ennesimo naufragio avvenuto all’alba di ieri mattina sulle coste di Cutro, in Calabria. Gli immigrati morti in mare sono “come una spina nel cuore” ha detto papa Francesco durante il suo primo viaggio del Pontificato avvenuto a Lampedusa. 62 i morti finora accertati: tra loro anche bambini. Uomini, donne e bambini di cui non conosceremo forse mai i nomi, ma che si aggiungono alla lista dei tanti morti nel Mediterraneo diventato un vero e proprio cimitero. Non possiamo più vedere immagini strazianti come quelle viste dai soccorritori ieri in Calabria. Mentre sulle spiagge di Steccato di Cutro si procedeva a raccogliere ciò che resta di un uomo, di una donna, di un bambino senza vita, all'ospedale sono stati accolti i superstiti, quelli, racconta la direttrice Migrantes della diocesi di Crotone-Santa Severina, sr. Loredana Pisani - nel disastro hanno riportato ferite, anche gravi. Tra queste persone “la disperazione di una donna, molto provata e ferita, che incessantemente chiama la figlia morta che non ha potuto salvare...Dal reparto di pediatria le urla sono di una piccola bambina, anche lei ferita, anche lei piange e si dispera perchè cerca una mamma che non può più rispondere. Intere famiglie sono morte in quest'orrore, tutte accomunate dal desiderio di una vita migliore”. Storie che chiedono un rinnovato impegno di solidarietà e di responsabilità, perché sia vinta l’indifferenza che fa dimenticare queste tragedie, perché sia finalmente superato un disimpegno per una nuova stagione umanitaria che accompagna e non abbandona persone in fuga da primavere e inverni umani. Sono nostri figli e fratelli. E difendere la loro vita è sacro. La “profonda tristezza” e “acuto dolore” che attraversano il Paese dopo questo ennesimo naufragio, come ha detto il card. Matteo Zuppi, chiedono un supplemento di umanità.
Come Fondazione Migrantes ci uniamo all’appello della Chiesa Italiana e alla preghiera di papa Francesco che ancora una volta ieri ha fatto sentire la sua voce pregando “per ognuno di loro, per i dispersi e per gli altri migranti sopravvissuti” e ringraziando quanti hanno portato soccorso e stanno dando accoglienza.
Mons. Pierpaolo Felicolo
Direttore Generale Fondazione Migrantes
Roma, 27 Febbraio 2023Naufragio in Calabria: mons. Panzetta, “nel cuore una certa indignazione”
27 Febbraio 2023 - Crotone - Ancora una volta il nostro mare è diventato una tomba, di vite e di speranze. Ancora una volta una tragedia immane si consuma davanti ai nostri occhi. Si mette in moto la macchina dei soccorsi, fatta di operatori che sanno esprimere grande professionalità, di volontari instancabili, di gente che accorre spontaneamente per offrire quel che serve. Questo però non basta, non più. Non è più tollerabile che giovani vite siano inghiottite dalle onde e dalla nostra incapacità di mettere in atto, come comunità sociale, risposte strutturali, durature, di ampio respiro, perché non si debba più assistere al naufragio dell’umanità.
“Sono appena tornato dal luogo della tragedia – ha detto l’arcivescovo di Crotone - Santa Severina, mons. Angelo Panzetta, che si è recato ieri pomeriggio a Steccato di Cutro – e ho nel cuore una certa indignazione. Vedere quasi sessanta buste piene di esseri umani che avrebbero potuto essere accolti diversamente ci dà da pensare e riempie il cuore di tristezza”.
“Nella tradizione cristiana la persona umana è il diritto sussistente, poi vengono tutte le altre normative umane”, ha continuato il Vescovo. Questo ci fa avvertire tutto il senso di responsabilità per la vita di queste persone, nostri fratelli in umanità, che sono semplicemente alla ricerca di condizioni di vita migliori. Esercitano un diritto fondamentale, che viene loro negato perché non si è scelto ancora di mettere in atto misure efficaci, che garantiscano loro un viaggio sicuro e un’accoglienza dignitosa. Questo è un dovere morale fondamentale. Ogni ordinamento umano degno di questo nome, non può che rispettare questo valore imprescindibile. (Francesco Gentile)
Scalabriniani: ancora morti nel Mediterraneo, “l’Europa, però, pensa ad altro
4 Maggio 2019 -
Roma - "Il Mare Egeo si tinge sempre più di sangue: una strage di donne e bambini nell'ennesimo viaggio della speranza divenuta una tragedia purtroppo nota". Lo scrive in una nota l'Agenzia Scalabriniana per la Cooperazione allo Sviluppo.
Le acque davanti al distretto di Ayvalik, nella provincia di Balikesir, nel nord-ovest della Turchia sono ancora principali "testimoni del percorso principale scelto dai migranti intenzionati a raggiungere l'isola di Lesbo. La Turchia è di fatto e in molti casi un paese di transito verso l'Ue", si legge nella nota.
“L’attualità ci offre occasioni costanti di dimostrarci esseri umani capaci di sentimenti profondi di partecipazione emotiva verso i drammi di altre persone, quanto più nel caso di bambini, ma anche di compiere gesti conseguenti di prossimità, sicuramente controcorrente visto il clima sociale sempre più discriminante che respiriamo in Italia e in Europa”, afferma p. Claudio Gnesotto, presidente della Agenzia Scalabriniana per la Cooperazione allo Sviluppo (ASCS Onlus). “Buona parte della classe politica non sta dando un buon esempio anche in questa occasione, come già in passato, purtroppo. La tattica securitaria, se ha ridotto gli arrivi in Italia, non ha però diminuito il tasso delle morti che pesano sulla coscienza di chi ci ha condotto in questo stallo contrassegnato da mille promesse fatte, e pochissime mantenute”, continua p. Gnesotto. “È necessario, in questo tempo di confusione e timori indotti a piene mani, che tutti coloro che nella società civile si stanno impegnando, spesso con fatica, per il bene di altri fratelli e sorelle in cammino, non perdano l’entusiasmo di farlo, anche se questo potrebbe sembrare fuori moda. Essere umani infatti vuol dire essere capaci di rischiare l’incontro, senza se e senza ma”, conclude p. Claudio. Gli scalabriniani ribadiscono "l’urgenza di mettere in atto la buona pratica sostenuta in primis da forze ecclesiali, indicata di nuovo anche da Papa Francesco, della creazione ordinaria di canali umanitari, perché quelli messi in atto sono ancora insufficienti se si pensa alle migliaia di persone 'bloccate' in luoghi concreti e segnati da violenze e guerra civile appena dall’altra parte del mediterraneo, dove i diritti umani sono violati in maniera grave e continuativa".