Tag: Mobilità umana e migrazioni

Scalabriniane: “la nostra internazionalità e interculturalità ci interpella a vivere nel rispetto e nella comunione delle differenze”

3 Febbraio 2020 - Roma - “La vocazione è un dono ricevuto da Dio e deve propagarsi ed ‘esplodere’ in un inno di gioia pasquale, di gratitudine nello spirito del Magnificat. Consacrate per la missione con i migranti e i rifugiati, siamo chiamate ad essere testimoni di speranza e della misericordia di Dio, attraverso l’accoglienza, la protezione, la promozione e l’integrazione”. E’ quanto dichiara in una nota suor Neusa de Fatima Mariano, superiora generale delle suore missionarie di San Carlo Borromeo/Scalabriniane, per l’occasione della Giornata mondiale della vita consacrata che i è celebrata ieri. “La nostra internazionalità e interculturalità – spiega - ci interpella costantemente a vivere nel rispetto e nella comunione delle differenze, sempre più evidenti anche tra le ‘gioventù’ odierne. Sarà questo il modo più intenso per vivere in profondità il giubileo dei 125 anni di fondazione della nostra Congregazione, confermate nella speranza che la bellezza del vissuto della nostra vocazione religiosa scalabriniana, ci rende persone felici che attraggono nuove vocazioni”. Per suor Neusa, “siamo invitate ad essere mediatrici di un annuncio vocazionale autentico, creativo ed efficace, impegnate a risvegliare vocazioni per il servizio nella Chiesa e all’umanità e, insieme, consolidare personalmente e comunitariamente la cultura vocazionale. Guardiamo a Maria, modello di consacrazione”.  

Firenze: firmato un patto per l’amicizia tra cristiani e musulmani

31 Gennaio 2020 - Firenze“Facendo tesoro della viva esperienza di dialogo che caratterizza la nostra città e con la piena condivisione del Documento per la Fratellanza umana, la pace e la convivenza comune, auspichiamo che questo nostro momento di riflessione, ci apra a un Percorso verso un rapporto più strutturato tra le nostre realtà religiose, per una sempre più feconda amicizia Islamico- Cristiana”. Così si legge nel testo firmato dall'arcivescovo di Firenze e dal responsabile della comunità islamica fiorentina. Entrambi, nei loro interventi, hanno sottolineato la tradizione di Firenze come città di incontro e di esperienze di dialogo fra culture e religioni diverse, ricordando l'Umanesimo fiorentino e, in anni più recenti, l'impegno di Giorgio La Pira. Si legge ancora nel documento firmato a Firenze: “La nostra presenza insieme vuol essere un segno tangibile dell’amicizia che ci caratterizza e che ci lega, sollecitati dalle nostre Fedi che si fondano sulla medesima Speranza, radicata nella fiducia dell’Azione di Dio che, essendo Amore, chiede la partecipazione libera e responsabile di ogni singola persona umana, senza mai abbandonarla. E’ questa comune Speranza che ci fa incontrare per conoscerci sempre meglio, per imparare gli uni dagli altri, per stimarci reciprocamente; affinché, resi pacifici nel cuore possiamo costruire percorsi di pace e di giustizia finalizzata al bene, camminando idealmente e fraternamente gli uni accanto agli altri verso la Sorgente di ogni realtà”. Durante l'incontro Mons. Vittorio Ianari, della Comunità di Sant’Egidio, ha illustrato il percorso storico del documento di Abu Dhabi, Mons. Piero Coda, preside dell’Istituto Universitario Sophia di Loppiano, ha presentato significato e prospettive del Documento, mentre il prof. Mohamed Bamoshmoosh, responsabile culturale della Comunità islamica di Firenze si è soffermato sulla attualizzazione del Documento a livello locale. Infine il direttore del Centro Internazionale Studenti La Pira Maurizio Certini, e Bamoshmoosh si sono concentrati su alcune prospettive del cammino di amicizia in atto a Firenze da tanti anni. L'incontro intende segnare infatti anche il primo passo verso un rapporto più strutturato tra le due realtà religiose per un’amicizia islamico-cristiana a Firenze. “Una lunga storia lega la comunità cattolica e islamica di Firenze, dagli incontri con i primi studenti universitari di fede islamica nella Sala Teatina, dove significativamente ci siamo incontrati oggi. La Sala del Centro è stata infatti (dal 1989 al 1992) la prima aula di preghiera della nascente Comunità islamica toscana e sede provvisoria del primo Centro culturale islamico della nostra città - hanno sottolineato Certini e Bamoshmoosch -. In queste stanze, sino dal 1978, per iniziativa dell’arcivescovo di Firenze card. Benelli che volle un Centro che desse dignità a ogni giovane internazionale e aperto al dialogo interreligioso, sulla spinta ideale di Giorgio La Pira e con l’attento e appassionato accompagnamento di Chiara Lubich e dei Focolari, è nato un rapporto di amicizia e di dialogo tra giovani basato su significative interazioni personali, sincere, aperte e collaborative. Un dialogo che si è poi dilatato con autonome iniziative di persone, di associazioni, di Chiese; mostrando come Firenze sia sempre città culturalmente aperta. Una città che in molte sue parti crede che il dialogo come stile di vita, realizza un diverso modo di incontrarsi e relazionarsi, portando così a superare stereotipi e pregiudizi, e a rendere vera ogni giorno una fraternità che afferma e garantisce le relative differenze. L’esperienza qui realizzata insegna come il radicamento in Dio offra un modo nuovo di guardare ogni uomo: il riconoscere la dignità dell’altro proprio in virtù del suo essere “altro” genera una reciproca accoglienza, un’amicizia tale da suscitare in ciascuno il desiderio di una mutua e più profonda conoscenza e solidarietà. Quello che ci proponiamo è strutturare un percorso verso un’amicizia islamico-cristiana sempre più ampio e inclusivo, costruire relazioni sempre più significative, per spargere nuovi semi di fraternità e di pace a Firenze, in tutto il territorio nazionale e oltre”. L'appuntamento è stato promosso dal Centro Internazionale Studenti Giorgio La Pira, dall'Istituto Universitario Sophia, dalla Comunità Islamica Firenze e Toscana e dalla Fondazione Giorgio La Pira, ed è una prima risposta all'appello contenuto nel documento di Abu Dhabi. (Riccardo Bigi)    

Sardegna: lunedì il racconto della mobilità umana tra realtà e percezione

31 Gennaio 2020 - Oristano -  Lunedì 3 febbraio 2020, dalle ore 14 alle 17, nell’Istituto di Scienze religiose, a Oristano si svolgerà il seminario “Non si tratta solo di migranti”. Il racconto della mobilità umana tra realtà e percezione, organizzato dalla Delegazione regionale Caritas Sardegna, dalla Migrantes regionale, dall’Ordine dei giornalisti della Sardegna e dall’Ucsi Sardegna. Un seminario che nasce dalla necessità di riflettere sul fenomeno della mobilità umana, “tema ghiotto per le campagne elettorali, foriero di paure ancestrali rispetto alla diversità e al diverso, che rischia di essere sempre più manipolato strumentalmente e non conosciuto per l’effettivo dato di realtà”, spiega il delegato regionale Caritas Sardegna Raffaele Callia: persone che vengono nel nostro Paese per ragioni diverse – migrazioni forzate, fuga dalla miseria, ricerca di libertà, ecc.  e che “continuano ad andar via dalle nostre comunità, fra cui gli stessi sardi, soprattutto per mancanza di alternative”. Il delegato Caritas sottolinea come oggi più che mai “si abbia il dovere di fornire un’informazione obiettiva che presenti il tema nella sua complessità, senza semplificazioni e banalizzazioni, senza mistificare la realtà. Un’informazione rigorosa dal punto di vista scientifico e rispettosa in ogni caso della dignità della persona umana, di ogni persona”.  Da qui, l’idea di  proporre un seminario di approfondimento per i giornalisti e per tutti gli operatori che si occupano di tali argomenti, “con l’obiettivo di fornire una narrazione diversa rispetto a quelle in circolazione, in particolare nel complesso mondo dei social network”. “Questa iniziativa inter-pastorale, frutto della collaborazione tra gli uffici regionali Caritas e Migrantes – spiega Padre Stefano Messina, incaricato regionale di Migrantes – intende riflettere su come raccontare l’aspetto della ricchezza umana e culturale di cui i migranti sono portatori: una buona comunicazione capace di favorire l’integrazione”. Ciò che manca nel nostro paese, continua p. Messina, “è proprio la capacità di promuovere un percorso di reale integrazione, con cui costruire progettualità concrete, a lungo termine, che non si fermino alla prima accoglienza”. Progettualità “che favoriscano una conoscenza reciproca, premessa indispensabile per costruire una società basata sullo sviluppo umano integrale e sulla giustizia sociale”. Dopo i saluti  di Mons. Roberto Carboni, arcivescovo di Oristano e Vescovo delegato per Migrantes della Conferenza Episcopale Sarda, di Mons. Giovanni Paolo Zedda, Vescovo delegato per il servizio della carità della Conferenza Episcopale Sarda di Andrea Pala, presidente UCSI Sardegna, introdurranno i lavori Padre Stefano Messina e Raffaele Callia. A seguire, le relazioni di Simone Varisco e Delfina Licata che si soffermeranno su “Un quadro di riferimento dell’immigrazione oggi” e su “L’attualità dell’emigrazione italiana nel mondo”. Seguirà Nello Scavo, inviato di Avvenire  su “Comunicare la mobilità umana, oltre le percezioni”. A coordinare l’incontro Francesco Birocchi, presidente dell’Ordine dei giornalisti della Sardegna.    

Diaconi della chiesa di Trani in servizio nei luoghi della carità della chiesa di Andria

30 Gennaio 2020 - Andria - Domenica 2 Febbraio la Casa Accoglienza “S. Maria Goretti” della diocesi di Andria ospiterà 20 diaconi permanenti della diocesi di Trani-Barletta-Bisceglie accompagnati da don Vito Delcuratolo, responsabile diocesano della formazione dei diaconi, per vivere una giornata di preghiera, formazione e di conoscenza dei luoghi di esercizio della carità della nostra comunità ecclesiale. I diaconi avranno modo di conoscere i servizi di carità che la Casa Accoglienza “S. Maria Goretti” della diocesi di Andria “presidio da anni dell’esercizio e servizio di Carità donato al prossimo, al povero, al forestiero”, spiega don Geremia Acri, responsabile della Casa Accoglienza. I diaconi, inoltre, vivranno una esperienza di servizio nelle case famiglia e di accoglienza della Comunità “Migrantesliberi”, nata dalla esperienza della stessa Casa Accoglienza, condividendo con gli ospiti il pranzo presso le Case Famiglia e di Accoglienza della Comunità “Migrantesliberi”, presenti nella città di Andria dove conosceranno le storie e i tanti volti dell’accoglienza. Sicuramente per i diaconi sarà un’esperienza che “li porterà a diretto contatto con la carne viva dell’umanità sofferente e piagata dall’indifferenza e dall’abbandono”, aggiunge il sacerdote. Durante la giornata è prevista anche una celebrazione eucaristica presieduta dal vescovo della diocesi di Andria, Mons. Luigi Mansi. “Il volto di qualsiasi persona vivente, esprime una verità unica, irripetibile e originale. Il volto di una persona è una piccola tessera, che compone il puzzle meraviglioso dell’umanità. Il volto disarma ogni tipo di distanza. Il volto è il luogo dove l’umanità si incontra per la costruzione di legami relazionali, fondando una interpretazione della realtà antropocentrica anziché indifferente, consumistica, anonima e sconosciuta, conclude don Acri. .  

La Parola di Dio come antitodo all’indifferenza

27 Gennaio 2020 -

Roma - La Chiesa italiana ha celebrato la Domenica della Parola di Dio, come proposto da Papa Francesco già a conclusione del Giubileo straordinario della misericordia, poi istituita con la lettera apostolica “Aperuit illis”. Una domenica dedicata interamente alla Parola di Dio: “non una volta all’anno, ma una volta per tutto l’anno”.

Il presidente dei Vescovi italiani, card. Gualtiero Bassetti, introducendo i lavori del Consiglio Permanente, aveva dichiarato l’adesione convinta a questa proposta come occasione per riscoprire la centralità della Parola di Dio e “tornare a un incontro personale e comunitario con la Parola. Parola mai ovvia, mai banale, tesoro inesauribile, che non afferreremo mai nella sua ricchezza e profondità”. Inoltre, il presidente aveva richiamato come “della Parola vive ogni discepolo; per la Parola crede; sulla Parola poggia la pietà, la catechesi e la fede vissuta; dalla Parola si riversano sugli altri i gesti della carità e si genera e rigenera la comunità”.

Da qui, l’auspicio che questa occasione non sia stata solo un appuntamento tra tanti. Il ritornare alla fonte della buona notizia è l’unica possibilità per ritrovare freschezza, coraggio e desiderio di vivere personalmente e comunitariamente nel quotidiano la consapevolezza di un Dio che cammina con noi e con ogni creatura.

La Parola di Dio è un antidoto per non lasciarsi travolgere dall’indifferenza o dall’autoreferenzialità rispetto ad un vissuto quotidiano che desidera ascoltare buone notizie. In questo consiste la missione della comunità cristiana: facilitare l’incontro tra la Parola di Dio e ogni uomo e ogni donna. È la via per rigenerare comunità credibili e testimoni autorevoli. Ma in tutto questo è indispensabile la capacità di ascoltare per lasciarsi provocare dalla Parola.

L’uomo è un essere che ascolta fin dal grembo materno. L’ascolto vero produce delle trasformazioni, mettendo l’uomo in condizione di uscire da sé per andare incontro all’Altro e agli altri. L’ascolto diventa obbedienza, non nel senso morale ma nella capacità di accogliere una parola che dà vita. Così come non c’è dialogo senza ascolto.

Che stia declinando oggi una cultura dell’ascolto è evidente: tutti preoccupati di parlare ma non forse di ascoltare le parole dell’altro.

Ci si dimentica che ascoltare ed essere ascoltati significa esserci, perché l’accettazione dell’altro inizia con l’ascolto. L’ascolto esige che l’altro sia accolto con pazienza, lasciandogli spazio, dedicandogli del tempo. Avere molta umiltà e disponibilità.

Nel libro dell’Apocalisse, l’autore rivolgendosi alle comunità cristiane del suo tempo, ricordava la delicatezza della parola detta da Dio che necessita dell’ascolto: “Ecco: sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me” (Ap 3,20). La domenica della Parola di Dio dovrebbe generare e nutrire questa consapevolezza: un Dio che è presente e che sta sulla soglia della porta della vita di ciascuno, sussurrando e proponendo con delicatezza gesti e parole belle. Ma l’altro aspetto è che Dio entra solo nel rispetto della libertà della sua creatura e se la sua creatura gli permette di entrare.

È la dinamica della vita cristiana, della missione, dell’Evangelizzazione: Dio e l’umano che si parlano e si ascoltano. A ben vedere, il ritornare senza indugio alla fonte, alla Parola di Dio, come del resto auspicava già il Concilio Vaticano II, è l’unica via possibile per un improrogabile rinnovamento personale e comunitario.

(Valentino Bulgarelli - direttore dell’Ufficio catechistico della Cei)

Nella gioia del Battesimo oltre le frontiere: due incontri a Padova per parlare di migrazioni, diritto alla protezione internazionale e accoglienza

23 Gennaio 2020 - Padova – “Nella gioia del Battesimo… oltre le frontiere” è la proposta che il Coordinamento ecclesiale richiedenti protezione umanitaria (formato dai rappresentanti di diverse realtà e uffici diocesani: Caritas, Pastorale Migrantes, Pastorale della Missione, Pastorale Sociale, Missionari Comboniani), e Acli Padova offrono in particolare ai membri degli organismi di comunione delle parrocchie della diocesi patavina, ma aperta a quanti interessati ad approfondire il fenomeno delle migrazioni, avere strumenti per interpretarlo e spunti di azione sul fronte dell’accoglienza. Dopo i primi tre incontri di novembre e dicembre, altri due appuntamenti sono in programma tra gennaio e febbraio 2020. Il promo questa sera, giovedì 23 gennaio, alle ore 20.45 nel centro parrocchiale di Saccolongo (Pd) cui seguirà un ulteriore incontro venerdì 7 febbraio alle ore 20.45 nel centro parrocchiale di Vigodarzere (Pd). Durante le due serate si parlerà di immigrazione, diritti e integrazione con gli interventi di Elena Spanache, responsabile Sportello Immigrazione di Acli Padova (Strumenti di interpretazione del fenomeno migratorio e dati dal territorio); Giovanni Barbariol, dell’associazione Avvocato di strada (Il diritto alla protezione internazionale alla luce della normativa italiana ed europea) e don Elia Ferro, direttore Migrantes di Padova (Non di solo pane) e il coordinamento di Gianni Cremonese, presidente Acli Padova.

Greco Cattolici: il Coordinatore in Italia, Mons. Cristian Dumitru Crişan, è vescovo

22 Gennaio 2020 - Città del Vaticano - E’ stato nominato oggi vescovo ausiliare dell’Arcieparchia di Făgăraş e Alba Iulia (Romania) don Cristian Dumitru Crişan dal 2018 Coordinatore Nazionale Migrantes  della Pastorale dei greco-cattolici in Italia. La nomina è del Sinodo della Chiesa Arcivescovile Maggiore Greco-Cattolica Romena alla quale Papa Francesco aveva concesso il suo assenso, assegnandogli la sede titolare di Abula. Nato l’11 ottobre 1981 a Reghin, nella contea di Mureş, nell’Arcieparchia di Făgăraş e Alba Iulia, Mons. Dumitru Crişan, dopo il suo ingresso in Seminario, dal 2000 al 2003 ha studiato nella Facoltà di Teologia greco-cattolica a Blaj e successivamente è stato inviato a Roma per l’Anno Integrativo Propedeutico, organizzato dalla Congregazione per le Chiese Orientali presso il Pontificio Istituto Orientale. Nel 2007 ha conseguito il Baccalaureato in Teologia presso il Pontificio Ateneo Sant’Anselmo, a Roma e nel 2012 il Dottorato in Diritto Canonico presso la Pontificia Università Lateranense. Dal 2016 al 2017 ha studiato nella Facoltà di Scienze dell’Educazione all’Istituto Cattolico di Parigi in co-tutela con l’Università Paris IV Sorbonne e nel 2018 ha ottenuto il Certificato “Emouna – l’Anfiteatro delle Religioni” presso l’Università di Scienze Politiche di Parigi.  È stato ordinato sacerdote l’11 maggio 2008 a Bucarest.  Nel 2012 è stato nominato Parroco di “San Giorgio” di Parigi e Rettore della Missione greco-cattolica Romena in Francia. Dal 2013 è notaio del Sinodo dei Vescovi della Chiesa greco-cattolica Romena. Il 9 aprile 2018 è stato nominato Visitatore Apostolico per i fedeli greco-cattolici Romeni in Europa. A Mons. Dumitru Crişan gli auguri della Fondazione Migrantes e della nostra testata per un proficuo ministero episcopale.

Migrantes Rieti: sensibilizzare sulla realtà migratoria

22 Gennaio 2020 - Rieti – L’azione pastorale del servizio diocesano Migrantes della diocesi di Rieti, diretto da suor Luisella Maino, punta anche a sensibilizzare i reatini riguardo la realtà migratoria, anche attraverso testimonianze di italiani che vivono l’esperienza di emigrati condividendo diverse realtà: da quelle povere nel continente africano, come avvenuto attraverso l’incontro con Benedetta Tatti, giovane reatina che a dicembre aveva raccontato della propria esperienza nel Mali dove lavora come capitano dell’Esercito (che ha aiutato a capire le difficoltà di quelle terre da cui molti fuggono) a quelle delle opulente e secolarizzate società dell’Occidente: in questo caso New York. A portare la testimonianza di italiana negli Usa è stata, nell’incontro svolto l’altra settimana nel teatrino parrocchiale della Madonna del Cuore, Claudia Calì, giovane musicista di Perugia, che è volata oltre oceano nel 2006, “ancora prima che si sollevasse quest’onda di italiani che fuggono all’estero, la cosiddetta fuga dei cervelli”. Claudia si è dunque presentata come “una emigrata dall’Italia e un’immigrata negli Stati Uniti, e faccio parte di quella cosiddetta schiera di Italiani nel mondo”: una condizione, ha tenuto a precisare, non certo come quella drammatica di chi parte da Paesi in guerra o sfugge alle oppressioni, alla fame, alla miseria. Ma comunque un’esperienza che ti mette ugualmente in grado di comprendere che cosa significhi lasciare casa, affetti per ricominciare da capo in una terra non tua. Essere emigrati significa certamente “avere la possibilità di sbocciare, perché si ha l’occasione di venire a contatto con persone di culture e di lingue diverse e, quindi, di avere possibilità nuove che chiamano a mettersi in gioco con i propri carismi, la propria cultura, la propria personalità”. Una sfida che lei ha accettato nella sua esperienza musicista/pianista, impegnandosi per ottenere un dottorato di ricerca e giungere a insegnare all’università. Certo non mancano le difficoltà, “a partire dalla solitudine che si sperimenta soprattutto nei primi momenti e che potrebbe talvolta diventare determinante per lasciarsi andare e mollare tutto. Si avvertono le difficoltà della lingua, della necessità di cambiare alimenti, di organizzare la propria giornata e il proprio tempo in maniera completamente diversa. Inoltre è forte il richiamo delle origini, alimentato anche da una certa idealizzazione del proprio paese quando si vive lontani da casa”. Con quel senso di estraneità alla realtà in cui ti trovi e in cui fai del tutto per sentirti inserito, non senza affrontare i pregiudizi che, nella società statunitensi, permangono verso i non anglosassoni, italiani in primis. Ad arricchire l’incontro suor Piera Cori, la pastorella “cantautrice di Dio” in passato di stanza alla Madonna del Cuore, con alcune canzoni in tema nel ricordare che dinanzi a Dio si è tutti uguali figli a prescindere da colore della pelle, etnia e nazionalità. (C.V. – Lazio Sette)

Centro Missionario–Migrantes Roma: incontro con Gianni Valente.

20 Gennaio 2020 - Roma - La “missio ad gentes” come paradigma dell’evangelizzazione: sarà questo il tema del secondo incontro di formazione promosso dal Centro missionario diocesano e dall’Ufficio Migrantes del Vicariato di Roma e in programma per sabato 25. Al centro dell’appuntamento una riflessione a partire dall’intervista rilasciata da Papa Francesco al giornalista Gianni Valente nel libro “Senza di lui non possiamo far nulla”. Ad intervenire, oltre al giornalista autore del libro, Stella Morra, docente alla Pontificia Università Gregoriana, e suor Enza Carini, Segretaria generale delle Missionarie Comboniane.  

Cristianesimo e Islam per una Città plurale: incontri a Messina

20 Gennaio 2020 - Messina - La Comunità Islamica di Messina e la diocesi di Messina-Lipari-Santa Lucia del Mela, rappresentata da Consulta delle Aggregazioni laicali, Caritas, Ufficio Migrantes e Ufficio per il Dialogo interreligioso, ripropongono, dopo la “positiva” esperienza delle precedenti edizioni, nuovi incontri sul “Cristianesimo e Islam per una Città plurale” con lo scopo di continuare e “progredire nella conoscenza, nel riconoscimento reciproco e nella convivenza pacifica, consapevoli che la comprensione di affinità e differenze aiuti a stabilire un clima di maggiore dialogo e serenità per la realizzazione di una Città plurale”. Il primo appuntamento è previsto per domani, martedì 21 gennaio, presso il “Salone delle bandiere” di Palazzo Zanca. Il tema di questo primo incontro sarà: “La fraternità originaria dei popoli”. L’incontro propone di “riscoprire – si legge in una nota - insieme l’orizzonte della fraternità universale, in questo nostro tempo di disincanto e disinteresse, in cui anche il credente rischia di essere irrilevante. Per l’uomo che crede, smentire la fraternità tra i popoli equivale a smentire l’originario progetto del Creatore, del Dio dell’Alleanza, del Signore dei mondi. L’umanesimo fraterno e universale – prosegue la nota -  è un cantiere, un incessante ritorno alle relazioni umane, una carovana in pellegrinaggio per cui è vitale il riconoscimento e la custodia reciproca, insieme al servizio nei confronti dell’Altissimo”. A relazionare saranno Joseph Levi, , Rabbino capo della Comunità ebraica di Firenze e della Toscana centro-orientale dal 1996 al 2017; Mons. Giuseppe Costa, professore ordinario di Sacra Scrittura presso l’Istituto Teologico “S. Tommaso” di Messina e Abdelhafid Keith, presidente della Comunità islamica siciliana e Imam della Moschea di Catania.

L’ecumenismo della gentilezza: da domani la settimana di preghiera per l’unità dei cristiani.

17 Gennaio 2020 - Roma – Dal 18 al 25 gennaio si celebra in tutte le diocesi italiane la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani. “Ci trattarono con gentilezza” (At 28,2) è il tema scelto per questa edizione. Per l’animazione è stato prodotto un sussidio, preparato dalle Chiese cristiane di Malta e Gozo, che offre alla meditazione alcuni testi biblici. La presentazione italiana del sussidio porta le firme di Mons. Ambrogio Spreafico, Vescovo di Frosinone-Veroli-Ferentino e Presidente della Commissione Episcopale per l’ecumenismo e il dialogo, del Pastore Luca Maria Negro, Presidente della Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia, e del Metropolita Gennadios, Arcivescovo Ortodosso d’Italia e Malta ed Esarca per l’Europa Meridionale. “L’ospitalità – vi si legge – è una virtù altamente necessaria nella ricerca dell’unità tra cristiani. È una condotta che ci spinge ad una maggiore generosità verso coloro che sono nel bisogno. La nostra stessa unità di cristiani sarà svelata non soltanto attraverso l’ospitalità degli uni verso gli altri, pur importante, ma anche mediante l’incontro amorevole con coloro che non condividono la nostra lingua, la nostra cultura e la nostra fede”.

Siracusa: concluso il corso di formazione “Badabene” per donne straniere

17 Gennaio 2020 - Siracusa – Si è concluso, presso i saloni della parrocchia di S. Rita a Siracusa, il primo corso regionale di formazione per badanti, intitolato ‘BadaBene’. Sono stati conferiti gli attestati di partecipazione a 12 ragazze provenienti da Colombia, Polonia e vari paesi dell’Africa, che hanno frequentato un trimestre di lezioni ed esercitazioni pratiche e superato l’esame finale. Il corso, patrocinato dal Comune di Siracusa, dalla diocesi, dalla Caritas diocesana e dalla Fondazione Migrantes, è nato per iniziativa delle Suore scalabriniane di S. Carlo Borromeo ed è stato tenuto da professionisti di tre settori di competenza: un medico, per la parte igienico-sanitaria, un informatico, relativamente all’uso delle tecnologie informatiche e della comunicazione, un’avvocatessa, per l’ambito giuridico e di educazione civica. La formazione umana e spirituale nonché la guida pratica alla cura dell’anziano sono state svolte da suor Angelina Preci. Questo progetto finalizzato all’integrazione reale di donne straniere nel tessuto sociale siracusano ha decisamente raggiunto gli obiettivi prefissati, dal momento che alcune ragazze – dice sr. Angelina - sono state già inserite in contesti familiari per l’assistenza domiciliare agli anziani, mentre per altre sono in corso di definizione proposte lavorative. Il corso si è sviluppato con l’intento di far incontrare in modo proficuo domanda e offerta di lavoro, in un settore, quello dell’assistenza all’anziano, estremamente delicato perché si tratta di affidare “i nostri anziani a persone estranee, le quali talvolta diventano persino custodi della vita di questa categoria fragile. Da un lato, dunque, si è constatata la pressante richiesta da parte delle famiglie di figure professionali affidabili, cui delegare il compito di ‘accompagnare’ i propri congiunti anziani e dall’altro lato si è individuata un’opportunità concreta di lavoro per le donne straniere, altrimenti costrette a subire la logica assistenzialista della prima fase di gestione del fenomeno migratorio”. Ognuno dei professionisti coinvolti ha cercato, quindi, di trasmettere un adeguato know-how alle ragazze che consentisse loro di conoscere le basilari regole di pronto soccorso, le norme di buon comportamento in casa dell’anziano e all’esterno (dal medico generico, in farmacia, alla Asl, al supermercato), di comprendere che lo Stato italiano, per cultura e tradizione, è uno Stato d’accoglienza e riconosce costituzionalmente lo status di straniero, ma che a pari diritti corrispondono altrettanti doveri. Dal punto di vista operativo, poi, le ragazze hanno svolto delle sessioni pratiche presso case di riposo per anziani, mettendo così a frutto sul campo quanto imparato in teoria. Al termine dell’esperienza i responsabili del progetto hanno redatto delle schede descrittive delle peculiari caratteristiche di ogni allieva, così da costituire un data-base per rispondere alle richieste del mercato del lavoro in maniera solerte ed oculata. Si è trattato “certamente di un’iniziativa pilota da reiterare, quale apprezzabile esempio di accoglienza ed integrazione delle donne migranti”, conclude la religiosa.

La comunicazione è comunione

17 Gennaio 2020 - Roma - Babele o Pentecoste? La domanda, dal sapore amletico, fotografa in modo nitido il momento attuale della comunicazione.  La Sacra Scrittura, del resto, ci dona continuamente parole e immagini con cui leggere la storia degli uomini. Ecco, allora, che al caos della Babele, in cui a regnare è l’incomprensione vicendevole, si contrappone l’armonia della Pentecoste, dove la comunione ricompone le diversità nella comprensione dell’unico messaggio da parte di tutti. È una grande lezione, questa, per tutti gli operatori della comunicazione che vedono la qualità del loro lavoro messa a dura prova. Eppure l’efficacia della parola pronunciata sta proprio nella capacità di generare comunione. D'altronde, comunicazione è comunione! Quasi cinquant'anni dopo, conserva ancora tutta la sua attualità l’invito dell’Istruzione pastorale Communio et Progressio: “La comunicazione, per la quale gli uomini divengono prossimi fra di loro, si trasformi davvero in comunione” (n. 12). Un auspicio che apre un cammino da percorrere nell'ascolto gli uni degli altri. (Vincenzo Corrado)  

L’italiano spiegato alla scuola migranti in un docufilm

16 Gennaio 2020 - Milano - La scuola, nella sua urgenza e nelle sue contraddizioni, continua a essere il tema del racconto di cineasti di tutto il mondo. E con Marco Polo - Un anno tra i banchi di scuola arriva nei cinema il documentario di Duccio Chiarini, che narra, dopo novanta ore di riprese e un anno scolastico intero trascorso tra i banchi, le infinite possibilità che la formazione e l’educazione creano. Presentato in anteprima alla scorsa edizione di “Alice nella città” (la sezione indipendente della Festa di Roma), Marco Polo - Un anno tra i banchi di scuola si ispira al nome dell’omonimo istituto tecnico fiorentino ed è una scuola particolare, esemplare: nel pomeriggio professori e studenti si impegnano a insegnare la lingua italiana ai migranti grazie al modello della Penny Wirton (la scuola gratuita ideata dallo scrittore Eraldo Affinati insieme all’insegnante Anna Luce Lenzi). «Da tempo volevo realizzare un documentario di pura osservazione – spiega Duccio Chiarini – seguendo l’esempio del cineasta americano Frederick Wiseman. Volevo trovare un luogo che mettesse al centro della narrazione scene vere di vita vissuta, senza la mediazione filmica della voce fuori campo o delle interviste. Quando ho intercettato l’istituto Marco Polo, che avevo conosciuto per un progetto iniziale che è non stato più sviluppato, ho iniziato a lavorare in maniera “neutra”: prima ho voluto incontrare tutti gli insegnanti per spiegare il progetto filmico e, di conseguenza, capire, dialogando con loro, come essere rispettoso del lavoro e degli spazi. Poi, senza telecamera, ho trascorso un mese alla ricerca delle classi che avrebbero potuto creare spunti adatti a far emergere i contrasti, l’energia e la spontaneità dei ragazzi». Girare un film in una scuola non è un’operazione semplice. La sfida principale è creare una fiducia tale da rendere trasparente la presenza del regista e degli operatori nelle classi, nei corridoi e negli uffici scolastici: «La provocazione della naturalezza – continua Chiarini – è quotidiana, anche quando non utilizziamo le videocamere: indossiamo maschere, recitiamo ruoli per dimostrare chissà cosa. Affiancando gli adolescenti nella mia precedente esperienza cinematografica ho scoperto come la spontaneità nell’essere sé stessi li ha abituati alla presenza della macchina da presa. Nel film ci sono scene a contenuto emozionale più elevato rispetto ad altre, ma molto naturali, mai finzionali, anche quando ho ripreso il rimprovero del preside ad una ragazza contro la sua assenza ingiustificata». Nel film si alternano le lezioni in classe più varie, dallo studio del cinese allo studio della storia e prevale, spesso, l’importanza che i professori di storia e educazione civica conferiscono allo studio dell’Europa unita o della politica del passato. Ma non mancano anche i momenti di tensione quando una professoressa accusa un ragazzo di non aver compreso lo studio dell’economia e di aver “forse” sbagliato indirizzo scolastico: «È stata un’occasione importante – spiega il regista – che mi ha riportato indietro negli anni quando i professori manifestavano, rispetto a oggi, una durezza maggiore. Mi sembrava di vivere un momento alla Jane Austen, in cui lo stesso ragazzo accusato dall’insegnante cambia le carte in tavola e conduce l’adulto in un dialogo dell’assurdo. Quando la macchina da presa era spenta ho cercato di non commentare alcunché con i protagonisti e di evitare, durante le riprese, l’incrocio degli sguardi con gli stessi alunni e professori. Ci sono stati solo due momenti in cui ho spento la telecamera. La prima volta è accaduta nel giorno in cui si sarebbe votato, a livello europeo, sul diritto d’autore: sono intervenuto dopo aver ascoltato delle imprecisioni sulla censura della libertà di YouTube. E l’ultima volta quando, durante un’interrogazione sul primo governo del dopoguerra, un ragazzo si è rivolto a me perché rispondessi alla domanda». Mentre si intrecciano, come un naturale fluido, i momenti delle lezioni in e fuori dalla classe emerge come la personalità dell’insegnante sia sottoposta a una continua sfida educativa: «Ho ripreso la lezione – spiega il regista – che uno psicologo rivolge ai professori: il suo era un discorso affascinante, teorico sui ragazzi e sui buoni propositi in classe. Durante questo anno di riprese ho ammirato molto gli insegnanti che devono avere molte diverse competenze e mantenere, allo stesso tempo, uno stile stratificato, ovvero pedagogico, umano, culturale e privato. E aggiungerei pubblico, che è il filtro narrativo che ho utilizzato nel girare questo documentario: nella scuola infatti si impara la relazione pubblica, la stessa che, da studente, non percepivo perché provavo la sensazione che la scuola fosse un edificio chiuso rispetto al mondo reale. Diventando più grande ho compreso come la scuola possa diventare una finestra sulla realtà. E questo avviene presso il Marco Polo. La scuola per immigrati, ad esempio, si dedica all'immigrazione non dal punto di vista teorico ma pratico. Affronta perciò un problema che è la quintessenza del nostro secolo: insegnare la nostra lingua aiuta studenti e professori a diventare utili anche socialmente a chi, come i migranti, arriva nel nostro Paese senza conoscere una parola italiana». (Emanuela Genovese – Avvenire)

Lecce: la “missione” di un poliziotto a servizio dei più bisognosi

15 Gennaio 2020 - Lecce - La solidarietà come missione di vita. Potrebbe riassumersi così lo spirito dell’instancabile attività portata avanti ormai da anni, in silenzio, da Andrea Tondo, vice sovrintendente in servizio alla sezione Volanti della Questura di Lecce, che ieri pomeriggio ha effettuato una nuova consegna di beni di prima necessità e non solo, destinati alle famiglie bisognose. Scarpe e abiti per adulti e bambini, ma anche cibo e conserve e persino giocattoli: buste e scatoloni pieni che hanno letteralmente invaso i locali della sede dell’ufficio diocesano Migrantes di Lecce, come scrive oggi il Quotidiano di Puglia. Ad accompagnare il poliziotto e ad aiutarlo nel trasporto – scrive il giornale - c’era anche Ablaye Seye, giovane senegalese che da anni vive e lavora a Lecce. Da tempo si occupa dell’associazione “Teranga AIP”, di cui è vice presidente, impegnata nella costruzione e promozione del dialogo, dell’intercultura e del sostegno dei più bisognosi della sua stessa comunità d’origine e non solo. Andrea e Ablaye sono ormai amici, si conoscono da tempo. Alla consegna di ieri, al centro Migrantes, era presente anche l’assessore comunale al Welfare, Silvia Miglietta, che a sua volta ha ringraziato il poliziotto per il suo impegno, sottolineandone l’importanza per l’intera comunità, leccese e non.

Scalabriniani: visori e video tridimensionali per mettersi nei panni dei migranti

15 Gennaio 2020 - Roma - È racchiuso nello spazio di un gioco di ruolo che utilizza visori speciali, app e la tecnologia dei video tridimensionali a 360 gradi l’esperienza proposta, soprattutto ai giovani delle scuole, dal progetto “Ponte di dialoghi – Bridges beyond borders” promosso dalla Fondazione Cser (Centro studi emigrazione Roma) degli Scalabriniani, con il sostegno economico della Fondazione Migrantes e a cura di Ceiba Factory. Il progetto, presentato a Roma nella sede del Cser, vuole promuovere una cultura della conoscenza e dell’accoglienza contro ogni forma di discriminazione e xenofobia. Prenderà il via a marzo in una decina di scuole medie inferiori e superiori. Coinvolgerà almeno 1000 studenti e durerà per tutto il 2020. Per ora sono disponibili quattro storie diverse, sintetizzate in 7 minuti, raccontate in immagini tridimensionali riprese da una telecamera GoPro posta sulla testa del protagonista principale. Chi indossa il visore Oculus Go ha la sensazione di trovarsi veramente al posto di Carolina del Rwanda, di Namin della Guinea o degli altri migranti dal Congo e dall’Est Europa. È costretto ad ascoltare voci e urla delle carceri libiche, a rischiare di annegare in mare o a vedersi camminare a piedi attraverso deserti senza acqua da bere, nelle townships di Cape Town in Sudafrica o su un marciapiede di Roma a chiedere l’elemosina. Alla fine di ogni video si scopre il vero volto del/della protagonista, con una breve testimonianza. Nelle storie si affrontano temi come la violenza e la tratta delle donne, lo sfruttamento lavorativo, le condizioni dei richiedenti asilo, la vita delle badanti dell’Est Europa, costrette a lasciare i figli a casa. Il progetto prevede una giornata formativa con la visione del filmato, l’approfondimento con la presenza di testimoni ed esperti, il feedback dei ragazzi. Sarà inoltre realizzata una collana di volumi didattici sulla storia delle migrazioni in alcune città italiane e laboratori di formazione artistica e pedagogico-teatrale. “Vogliamo unire la dimensione cognitiva con quella emozionale – ha spiegato padre Lorenzo Prencipe, responsabile del Cser -, per arginare quella che è stata definita la ‘fine della compassione’. Oggi ci si abitua a tutto e niente più ci indigna o commuove, nemmeno i naufragi “.  L’idea è partita da una intuizione di padre Gabriele Beltrami, responsabile dell’ufficio comunicazione degli Scalabriniani.

Acli Bologna: report sulle colf

15 Gennaio 2020 - Bologna - Nei giorni scorsi le Acli di Bologna hanno presentato un report basato sui dati del Servizio Colf offerto dal proprio Patronato, che contrattualizza 3.000 delle quasi 11.000 badanti della Città metropolitana. I dati hanno messo in luce come i lavoratori siano al 94% donne. Per il 42% provengono dall’Europa dell’Est e, a seguire, dalle Filippine (18%), dal resto del continente asiatico (14%) e dal Sud America (12%). «Dai dati emerge come il panorama delle badanti a Bologna stia notevolmente cambiando – ha osservato Filippo Diaco, Presidente provinciale, che ha messo in luce in particolare come l’età media delle badanti stesse si sia molto alzata –. Dieci anni fa avevano dai 40 ai 55 anni, oggi hanno dai 55 ai 70 anni: facciamo contratti per badanti di 70 anni che curano ottantenni». Questo implica notevoli conseguenze sul panorama del welfare locale, «perché sempre più spesso queste assistenti domiciliari hanno bisogno di welfare per se stesse, dalle invalidità civili alla pensione, per le più fortunate. Ma molte di loro non hanno contributi sufficienti e questo avrà ricadute pesanti sul loro benessere, appena non saranno più in grado di lavorare». C’è, poi, secondo Diaco «il problema della formazione professionale»: non ci sono corsi specifici per questa professionalità. «Le Acli da tre anni organizzano corsi ad hoc con geriatri, psicologi, infermieri, ma non dovrebbe essere una iniziativa della singola Associazione». Diaco ha concluso con un invito a chi governerà nel prossimo quinquennio la Regione Emilia Romagna: «chiediamo un contributo economico, nell’ambito della legge per i caregivers, per le famiglie che assumono badanti. Ad oggi è previsto solo un modesto sgravio fiscale sui contributi Inps, ma una badante convivente full time costa circa 1.200 euro al mese, più le sostituzioni della domenica, dei giorni e delle ore di riposo giornaliere: un salasso. Se uno decide di usufruire di ricoveri in case di cura e riposo sussistono aiuti. Perché non per i datori di lavoro domestico? – chiede Diaco».  (Chiara Pazzaglia, Bologna7)  

Fondazione Sordi: domani una giornata di studi sulla figura dell’operatore socio sanitario

14 Gennaio 2020 - Roma - La figura dell’Operatore all’interno di strutture sociosanitarie è al centro dell’incontro formativo organizzato dalla Fondazione Alberto Sordi per il 15 gennaio 2020, in largo dello Scautismo, al Roma Scout Center. Formatori, psicologi, medici, direttori sanitari e di strutture dedicate, esperti della fragilità e docenti universitari si confronteranno sulle principali tematiche della cura, a partire dalle indicazioni contenute nella “Carta Alleanza per le Persone Anziane”. Questo documento, presentato dalla Fondazione Alberto Sordi, mira a sviluppare reti di collaborazione e partnership tra attori pubblici, privati e di terzo settore, per promuovere una cultura della condizione anziana, nel rispetto delle fragilità emergenti, per migliorare la vita della persona e del nucleo familiare che ha vicino. “Un modo socialmente innovativo – ha affermato il direttore della Fondazione Avv. Ciro Intino – per condividere esperienze, individuare soluzioni e modelli di cura, utili e qualificati, sostenibili economicamente, per l’autonomia degli anziani, oggi sempre più costretti dalla vita quotidiana a ricercare il proprio spazio in un contesto sociale e di vita caratterizzato da fretta e solitudine”. La Fondazione Alberto Sordi propone progetti culturali e formativi, come nelle intenzioni del suo fondatore, di forte impatto sociale per favorire il protagonismo delle persone anziane anche di quelle più fragili e malate. E c’è tutto un mondo di operatori che lavora per questo, una ricchezza di figure professionali, la disponibilità di volontari qualificati che rappresentano uno spaccato prezioso e non sempre conosciuto e valorizzato appieno, della nostra società civile. La giornata di incontri del 15 gennaio, dalle 9.00 alle 17.00,  sarà occasione per confrontare esperienze sociali fortemente innovative anche sul piano delle nuove tecnologie applicabili, in un’ottica di collaborazione Pubblico-Privato, nel coinvolgimento di tutti gli attori presenti sui territori del mondo delle famiglie e delle imprese.

“E non riuscimmo a riveder le stelle”: oggi la presentazione a Rossano con Mons. Satriano

14 Gennaio 2020 - Rossano -Sarà presentato oggi, martedì 14 gennaio, nel salone degli Stemmi del palazzo arcivescovile di Rossano, alle ore 17,00, il volume di poesie “...E non riuscimmo a riveder le stelle” di Salvatore Martino con prefazione del Card. Gualtiero Bassetti, Presidente della Conferenza Episcopale Italiana. Alla presentazione interverranno, oltre all’autore, l’arcivescovo di Rossano-Cariati, Giuseppe Satriano e Tommaso Greco, docente di Filosofia del Diritti all’Università di Pisa. “Non è ignota ai migranti l'esperienza del dover cercare la vita altrove, dove si pensa che ci possa essere ancora un futuro, una speranza, sapendo i rischi a cui si va incontro. Rischia invece di rimanere vaga e lontana, per chi non ne fa diretta esperienza, l'asprezza di perdere tutti i propri riferimenti, insieme alle persone care e magari a tanti innocenti”, scrive Bassetti nel volume edito da Tau ed inserito nella collana “Testimonianze e Esperienze delle Migrazioni" della Fondazione Migrantes. Un volume che vuole “sensibilizzare al tema della mobilità”, come spiega il Direttore generale della Fondazione Migrantes, Don Giovanni de Robertis. (Raffaele Iaria)  

Festival cinematografico integrazione interculturale: aperte le iscrizione

10 Gennaio 2020 - Bergamo - Sono aperte le iscrizioni all'edizione 2020 di IFF - Integrazione Film Festival, il festival cinematografico dedicato al tema dell'integrazione interculturale che si svolgerà a Bergamo e Sarnico dal 16 al 19 aprile. Il Festival, alla 14esima edizione, promosso da Cooperativa Ruah di Bergamo e organizzato in collaborazione con Lab 80 film, comprende due sezioni: il Concorso internazionale per film documentari e il Concorso internazionale per cortometraggi di finzione. Documentari e corti di fiction, dunque, che raccontino esperienze di integrazione possibile tra persone di diversa appartenenza culturale o provenienza nazionale, che affrontino i temi di inclusione, identità e intercultura come elementi chiave dell'integrazione. Nel 2019 sono stati più di 150 i registi, italiani e stranieri, che hanno proposto i loro lavori a IFF, a dimostrazione dell'interesse crescente che Integrazione Film Festival sa generare in chi fa cinema, oltre che nel pubblico, che ha risposto con più di 2mila presenze in sole tre giornate di proiezioni. Per partecipare alla selezione è necessario registrarsi sulle piattaforme di iscrizione FilmFreeway e Movibeta, dove si trovano tutte le informazioni e i dettagli necessari. I registi hanno tempo fino al 15 febbraio per proporre i propri lavori: la durata massima dei documentari è di 52 minuti, quella dei cortometraggi di 20 minuti. Alla selezione sono ammessi i film la cui realizzazione sia terminata dopo l'1 gennaio 2018, che possono essere già stati selezionati in altri festival, sia italiani che stranieri (mentre non possono partecipare lavori che siano già stati in concorso nelle precedenti edizioni di IFF). I selezionatori si riservano di valutare comunque l'ammissibilità di opere realizzate prima della data indicata ma che presentino particolare attinenza o spiccata qualità, da inserire fuori concorso nel programma del Festival. Informazioni per registi e pubblico www.iff-filmfestival.com, info@iff-filmfestival.com