Migrantes Rieti: sensibilizzare sulla realtà migratoria

22 Gennaio 2020 – Rieti – L’azione pastorale del servizio diocesano Migrantes della diocesi di Rieti, diretto da suor Luisella Maino, punta anche a sensibilizzare i reatini riguardo la realtà migratoria, anche attraverso testimonianze di italiani che vivono l’esperienza di emigrati condividendo diverse realtà: da quelle povere nel continente africano, come avvenuto attraverso l’incontro con Benedetta Tatti, giovane reatina che a dicembre aveva raccontato della propria esperienza nel Mali dove lavora come capitano dell’Esercito (che ha aiutato a capire le difficoltà di quelle terre da cui molti fuggono) a quelle delle opulente e secolarizzate società dell’Occidente: in questo caso New York. A portare la testimonianza di italiana negli Usa è stata, nell’incontro svolto l’altra settimana nel teatrino parrocchiale della Madonna del Cuore, Claudia Calì, giovane musicista di Perugia, che è volata oltre oceano nel 2006, “ancora prima che si sollevasse quest’onda di italiani che fuggono all’estero, la cosiddetta fuga dei cervelli”. Claudia si è dunque presentata come “una emigrata dall’Italia e un’immigrata negli Stati Uniti, e faccio parte di quella cosiddetta schiera di Italiani nel mondo”: una condizione, ha tenuto a precisare, non certo come quella drammatica di chi parte da Paesi in guerra o sfugge alle oppressioni, alla fame, alla miseria. Ma comunque un’esperienza che ti mette ugualmente in grado di comprendere che cosa significhi lasciare casa, affetti per ricominciare da capo in una terra non tua. Essere emigrati significa certamente “avere la possibilità di sbocciare, perché si ha l’occasione di venire a contatto con persone di culture e di lingue diverse e, quindi, di avere possibilità nuove che chiamano a mettersi in gioco con i propri carismi, la propria cultura, la propria personalità”. Una sfida che lei ha accettato nella sua esperienza musicista/pianista, impegnandosi per ottenere un dottorato di ricerca e giungere a insegnare all’università. Certo non mancano le difficoltà, “a partire dalla solitudine che si sperimenta soprattutto nei primi momenti e che potrebbe talvolta diventare determinante per lasciarsi andare e mollare tutto. Si avvertono le difficoltà della lingua, della necessità di cambiare alimenti, di organizzare la propria giornata e il proprio tempo in maniera completamente diversa. Inoltre è forte il richiamo delle origini, alimentato anche da una certa idealizzazione del proprio paese quando si vive lontani da casa”. Con quel senso di estraneità alla realtà in cui ti trovi e in cui fai del tutto per sentirti inserito, non senza affrontare i pregiudizi che, nella società statunitensi, permangono verso i non anglosassoni, italiani in primis.

Ad arricchire l’incontro suor Piera Cori, la pastorella “cantautrice di Dio” in passato di stanza alla Madonna del Cuore, con alcune canzoni in tema nel ricordare che dinanzi a Dio si è tutti uguali figli a prescindere da colore della pelle, etnia e nazionalità. (C.V. – Lazio Sette)

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