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Istat: la popolazione straniera residente tende a stabilizzarsi

3 Maggio 2021 - Roma - In base alle stime, al 1° gennaio 2021 gli stranieri residenti nel Paese ammontano a 5 milioni 36mila, in calo di 4mila unità (-0,8 per mille) rispetto a un anno prima. Nel conteggio concorrono a saldo 128mila unità in più̀ per effetto delle migrazioni con l’estero (di cui 174mila iscrizioni e 46mila cancellazioni), 51mila unità in più̀ per effetto della dinamica naturale (60mila nati stranieri contro 9mila decessi), 84mila unità in meno per effetto delle revisioni anagrafiche e circa 100mila unità in meno per acquisizione della cittadinanza italiana. Il dato è contenuto nel Report sugli indicatori demografici presentato oggi dall’Istat. “Anche se si tratta di valutazioni preliminari, che i dati definitivi potrebbero in parte rettificare – evidenza l’Istituto di Statistica - l’elemento di novità̀ degli ultimi anni è la tendenza alla stabilizzazione della popolazione straniera residente. Peraltro, in assenza di un evento straordinario come la pandemia, una riduzione della popolazione straniera si era già verificata nel biennio 2015-2016, cui aveva fatto seguito una ripresa nel periodo 2017-2019, tutto sommato modesta, se comparata allo sviluppo registrato nei primi 10 anni del 2000”. L’Istat precisa che nel 2020, gli aspetti di carattere giuridico-amministrativo, oltre a quelli squisitamente demografici, rivestono un peso importante nel bilancio complessivo della popolazione straniera. Sia le operazioni di revisione anagrafica, sia le acquisizioni della cittadinanza italiana hanno infatti un volume complessivo tale da ribaltare quello delle dinamiche demografiche “pure” (naturale e migratoria) che per la popolazione straniera rimangono largamente positive. In relazione a tale ultimo punto, l’analisi territoriale del bilancio demografico della popolazione straniera può̀ essere confusa da effetti di natura giuridico-amministrativa. La maggiore riduzione della popolazione straniera si riscontra nel Centro (-8,6 per mille) soprattutto nel Lazio (-11,3 per mille), proprio per una maggiore efficacia di tali effetti. Viceversa, nel Nord, dove pure gli aspetti giuridico-amministrativi sono importanti, la popolazione straniera cresce del 2,4 per mille mentre nel Mezzogiorno si registra una modesta flessione pari allo 0,3 per mille. Un ricambio demografico che resta negli anni debole determina effetti soprattutto sulla popolazione di cittadinanza italiana, il cui ammontare continua a decrescere di anno in anno, si sottolinea nel Report: dal massimo storico di circa 55,9 milioni di residenti raggiunto nel 2009, ha successivamente avuto luogo un progressivo declino che ha portato alla perdita di 1,6 milioni di individui. Al 1° gennaio 2021 gli italiani residenti sono 54 milioni 222mila, con una riduzione di circa 380mila unità (-7,0 per mille) sull’anno precedente. Tra i cittadini italiani nel 2020 risultano ampiamente negativi sia il saldo naturale (344mila nascite contro 737mila decessi), sia il saldo migratorio netto con l’estero (47mila iscrizioni contro 96mila cancellazioni). Con segno contrario è anche il saldo per gli aggiustamenti di carattere anagrafico (-37mila) mentre, a parziale compensazione di tali diminuzioni, è presente il solo aspetto delle acquisizioni della cittadinanza italiana (circa 100mila). Tutte le regioni sono interessate da un processo di riduzione della popolazione di cittadinanza italiana, soprattutto quelle demograficamente depresse o a più̀ forte invecchiamento come, ad esempio il Molise (-12,4 per mille), la Liguria (-11,5 per mille) e la Basilicata (-11,1 per mille).  

 

Istat: migrazioni bloccate dalla pandemia

3 Maggio 2021 - Roma - Nel 2020, le migrazioni, la componente demografica più̀ dinamica negli ultimi venti anni, sono state limitate. Quasi in ogni Paese, a causa della pandemia, sono state imposte barriere all'ingresso dei confini nazionali e limitazioni al movimento interno. Per milioni di persone è stato sostanzialmente impraticabile spostarsi, indipendentemente dal fatto che si possedessero o meno validi motivi di lavoro, studio o familiari. In Italia le iscrizioni in anagrafe dall’estero per trasferimento di residenza si sono pertanto ridotte del 34% rispetto al 2019 (da 333mila a 221mila), le cancellazioni del 21% (da 180mila a 142mila). Anche per quanto riguarda la mobilità interna la riduzione è significativa, avendo avuto luogo il 12% in meno di trasferimenti di residenza tra Comuni.  Il dato è contenuto nel report sugli indicatori demografici diffuso oggi dall’Istat.  Secondo l’Istituto di Statistica italiano il saldo migratorio netto con l’estero si ferma a 1,3 per mille abitanti, esattamente la metà di quello rilevato nel 2019. La riduzione interessa tutte le aree del Paese, ma prevalentemente il Centro (da 3,6 a 1,9 per mille) e il Nord (da 3,2 a 1,6 per mille), più che il Mezzogiorno (da 1,1 a 0,6 per mille). Le regioni con la dinamica più̀ vivace per migrazioni internazionali sono la Liguria e la Toscana (2,4 per mille) ma entrambe presentano una forte riduzione rispetto all’anno precedente (rispettivamente 4,2 e 4,6 per mille). La Valle d’Aosta è l’unica regione con un saldo negativo (-0,1 per mille) mentre in Sicilia (0,3 per mille) e Sardegna (0,1 per mille) il tasso è più̀ che dimezzato rispetto al 2019. Nonostante le limitazioni, anche nel 2020 si registrano movimenti migratori interni sfavorevoli al Mezzogiorno. In tale ambito nel corso dell’anno circa 364mila individui hanno lasciato un Comune quale luogo di residenza per trasferirsi in un altro Comune italiano (eventualmente anche dello stesso Mezzogiorno), mentre sono circa 317mila quelli che hanno eletto un Comune del Mezzogiorno quale luogo di dimora abituale (eventualmente anche provenienti da altro Comune dello stesso Mezzogiorno). Tale dinamica – spiega l’Istat - ha generato, per il complesso della ripartizione, un saldo negativo di circa 48mila unità (-2,4 per mille abitanti). Va precisato che i livelli migratori si sono perlopiù̀ ridotti rispetto al 2019 proprio per le limitazioni imposte allo spostamento. Il tema accomuna tutte le regioni del Mezzogiorno che, prese singolarmente, presentano in generale saldi migratori interni negativi ma decisamente migliorati rispetto all’anno precedente. In Abruzzo si registra addirittura un ritorno a un dato positivo (+0,4 per mille) dopo ben nove anni consecutivi di saldi negativi. Le regioni del Nord, dove si riscontra un tasso del +1,5 per mille, rimangono quelle a maggiore capacità attrattiva, rispetto a quelle del Centro, che nel complesso registra un +0,7 per mille. Tuttavia, le dinamiche di queste due ripartizioni risultano tendenzialmente alterne e condizionate dagli aspetti legati alla diffusione della pandemia. Nel Centro, meno colpito dal virus, il saldo migratorio interno è in crescita (+0,4 per mille nel 2019) mentre nel Nord la riduzione è più che evidente (+2,5 per mille nel 2019), soprattutto nelle regioni più segnate dalla pandemia. Ad esempio, in Lombardia il tasso passa da 2,7 a 1,3 per mille, in Emilia-Romagna da 4,0 a 2,9 per mille e in Piemonte da 1,3 a 0,6 per mille.    

Istat: crollano i movimenti migratori

26 Marzo 2021 - Roma - Al 31 dicembre 2020 la popolazione residente in Italia è inferiore di quasi 384 mila unità rispetto all’inizio dell’anno, come se fosse sparita una città grande quanto Firenze. Gli effetti negativi prodotti dall’epidemia Covid-19 hanno amplificato la tendenza al declino di popolazione in atto dal 2015. Nel 2020 si registra un nuovo minimo storico di nascite dall’unità d’Italia, un massimo storico di decessi dal secondo dopoguerra e una forte riduzione dei movimenti migratori. Crolla il numero dei matrimoni celebrati: 96.687, -47,5% sul 2019. Sono alcuni dati che emergono dal Report sulla “Dinamica demografica durante la pandemia da Covid 19” diffuso questa mattina dall’Istat. Secondo i dati Istat crollano i movimenti migratori. Nel corso del 2020 si contano in totale 1.586.292 iscrizioni in anagrafe e 1.628.172 cancellazioni. Mettendo a confronto l’andamento dei flussi migratori nelle quattro fasi in cui si può dividere convenzionalmente il 2020 (pre-Covid, prima ondata, fase di transizione, seconda ondata) con la media dei corrispondenti periodi degli anni 2015-2019 – sottolinea l’Istituto di statistica - emergono significative variazioni. I movimenti tra comuni, che hanno coinvolto circa 1 milione e 300 mila persone, dopo una variazione positiva registrata nei mesi prima dell’emergenza sanitaria (+8,4% le iscrizioni e +7,1% le cancellazioni), si riducono drasticamente durante la prima ondata (-35,3% le iscrizioni e -36,9% le cancellazioni) a causa del lockdown di marzo che ha ridotto al minimo la mobilità residenziale. Durante la fase di transizione si ha una ripresa che riporta i trasferimenti tra comuni ai livelli di incremento preCovid (+8,3% le iscrizioni e +4,7% le cancellazioni) mentre nel corso della seconda ondata, senza blocchi generalizzati alla mobilità l’impatto è stato poco rilevante (+5,8% iscrizioni e +6,2% cancellazioni). Le ripercussioni sono state molto più rilevanti sui movimenti migratori internazionali. Le iscrizioni dall’estero (220.533 nell’anno 2020), già in calo nel 2019 per la componente straniera, mostrano una diminuzione nei primi due mesi dell’anno (-8,8%) per poi crollare durante la prima ondata (-66,3%) e recuperare lievemente (ma sempre con una variazione negativa) nel corso dell’anno (-23,3% nella fase di transizione e -18,2% nella seconda ondata). Le cancellazioni verso l’estero (141.900 in totale), invece, evidenziano uno slancio di partenze nella fase pre-Covid (+20%), una consistente riduzione durante la prima ondata (-37,3%), una lievissima ripresa durante la fase di transizione (+0,8%) e un ulteriore crollo in corrispondenza della seconda ondata (-18,4%).

Istat: peggiorano le condizioni di famiglie sia con stranieri sia di soli italiani

5 Marzo 2021 -

Roma - Peggiorano le condizioni di famiglie sia con stranieri sia di soli italiani. Lo sottolinea l'Istat nel report sulle "stime preliminari povertà assoluta e elle spese per consumi". Nel 2020, l’incidenza di povertà assoluta passa dal 4,9% al 6,0% tra le famiglie composte solamente da italiani, dal 22,0% al 25,7% tra quelle con stranieri, che conoscono una diffusione del fenomeno molto più rilevante e tornano ai livelli del 2018. Tuttavia, tra il 2019 e il 2020 si riduce la quota di famiglie con stranieri sul totale delle famiglie povere, passando da oltre il 30% al 28,7% (più del 31% nel 2018). Questo seppur limitato cambiamento strutturale si può imputare al considerevole incremento di famiglie povere composte solamente da italiani che rappresentano circa l’80% delle 335mila famiglie in più che si contano nel nostro Paese nel 2020. 

Istat: più sposi stranieri al Centro e al Nord

19 Febbraio 2021 - Roma - La quota dei matrimoni con almeno uno sposo straniero è notoriamente più elevata nelle aree in cui è più stabile e radicato l’insediamento delle comunità straniere, cioè al Nord e al Centro. Lo rileva il Report “Matrimoni, Unioni Civili, Separazioni e divorzi – 2019” dell'Istat. In queste due aree del Paese quasi un matrimonio su quattro ha almeno uno sposo straniero mentre nel Mezzogiorno questa tipologia di matrimoni è circa del 10%. A livello regionale in cima alla graduatoria vi sono la provincia autonoma di Bolzano (32,4%), la Toscana (28,1%), l’Umbria (26,8%) e la Lombardia (25,3%). Tutte le regioni del Mezzogiorno si trovano sotto la media nazionale.  

Istat: quasi due matrimoni su 10 con almeno uno sposo straniero

19 Febbraio 2021 - Roma - Nel 2019 sono state celebrate 34.185 nozze con almeno uno sposo straniero, valore sempre in aumento negli ultimi 5 anni. Questa tipologia di matrimoni riguarda quasi due matrimoni su 10 (il 18,6% del totale dei matrimoni). Il dato è stato fornito dall’Istat nel report “Matrimoni, Unioni Civili, Separazioni e divorzi – 2019”. I matrimoni misti (in cui uno sposo è italiano e l’altro straniero) ammontano a oltre 24 mila nel 2019 e rappresentano la parte più consistente (70,7%) dei matrimoni con almeno uno sposo straniero. Nelle coppie miste la tipologia più frequente è quella in cui lo sposo è italiano e la sposa è straniera (17.924, pari al 9,7% delle celebrazioni a livello nazionale nel 2019). Le donne italiane che hanno scelto un partner straniero sono 6.243, il 3,4% del totale delle spose. Le cittadinanze coinvolte sono molto diverse a seconda della tipologia di coppia considerata, sottolinea l’Istituto statistico italiano. Gli uomini italiani che nel 2019 hanno sposato una cittadina straniera hanno nel 17,0% dei casi una moglie rumena, nel 14,0% un’ucraina, nel 6,5% una brasiliana e nel 6,3% una russa. Le donne italiane che hanno contratto matrimonio con un cittadino straniero, invece, hanno più spesso sposi con cittadinanza marocchina (15,2%) o albanese (9,7%). Il nostro Paese esercita un’attrazione per numerosi cittadini provenienti soprattutto da paesi a sviluppo avanzato che scelgono l’Italia come luogo di celebrazione delle nozze. I casi in cui entrambi gli sposi sono stranieri sono 10.018 (il 5,4% dei matrimoni totali). Se si considerano solo quelli in cui almeno uno degli sposi è residente in Italia, il totale è pari a 5.924 nozze. Considerando i matrimoni di sposi entrambi stranieri in cui almeno uno è residente in Italia, quelli più diffusi sono tra rumeni (1.462 nel 2019, pari al 24,7% dei matrimoni tra sposi stranieri residenti), seguono quelli tra nigeriani (799 pari al 13,5%) e ucraini (487 pari a 8,2%). Le ragioni di questi diversi comportamenti nuziali vanno ricercate, verosimilmente, nei progetti migratori e nelle caratteristiche culturali proprie delle diverse comunità oltre che nella connotazione maschile o femminile che le collettività presentano. In molti casi i cittadini immigrati si sposano nel paese di origine e i coniugi affrontano insieme l’esperienza migratoria, oppure si ricongiungono nel nostro Paese quando uno dei due si è stabilizzato. Mettendo a confronto alcune tra le principali cittadinanze residenti in Italia colpisce, infatti, come cambi la distribuzione per tipologia di coppia, sottolinea l’Istat: nel caso delle cittadinanze ucraina, russa, polacca e brasiliana si tratta in larghissima parte di matrimoni tra donne straniere e uomini italiani. Situazione opposta si riscontra nel caso, ad esempio, della cittadinanza marocchina dove a primeggiare sono nettamente i matrimoni tra sposi stranieri e spose italiane. La quota di matrimoni con sposi entrambi stranieri contraddistingue i cittadini nigeriani e, in misura minore, peruviani e cinesi. Infine, i matrimoni che coinvolgono i cittadini albanesi mostrano una maggiore equidistribuzione tra le varie tipologie.  

Istat: mobilità e migrazioni in forte flessione nelle fasi di lockdown per Covid-19

21 Gennaio 2021 - Roma - I dati provvisori sull’andamento dei flussi migratori nei primi otto mesi del 2020 mettono in evidenza una forte flessione delle migrazioni (complessivamente -17,4%). Le misure di contenimento della diffusione dell’epidemia messe in atto dal Governo a marzo 2020 hanno ridotto al minimo la mobilità interna (flussi inter-comunali, tra province e tra regioni) con pesanti ripercussioni anche sui trasferimenti di residenza da o per l’estero. Lo rivela oggi il Report "Iscrizioni e cancellazioni anagrafiche della popolazione residente" dell'Istat​. Il confronto tra l’andamento dei flussi osservati nei primi otto mesi del 2020 e la media dei flussi rilevati nello stesso periodo del 2015-2019 mette in evidenza una flessione pari al 6% per i movimenti tra comuni, al 12% per le cancellazioni anagrafiche per l’estero e al 42% per i flussi provenienti dall’estero. Tuttavia, a partire da giugno 2020, tutti i flussi migratori sembrano riprendere il loro trend e tornare quasi ai livelli pre-lockdown (Figura 7). A livello territoriale, non tutte le regioni hanno risentito con la stessa intensità delle restrizioni imposte alla mobilità. La Calabria ha ridotto di quasi un terzo la mobilità complessiva, il Molise e il Lazio di un quinto, mentre per il Friuli-Venezia Giulia e il Veneto si osserva una riduzione del 7% rispetto alla media delle migrazioni nello stesso periodo degli anni 2015-2019. Con riferimento ai trasferimenti di residenza interni al Paese (in calo del 6%), le misure restrittive e il rallentamento dell’attività amministrativa, soprattutto nelle prime fasi del lockdown, hanno inciso maggiormente sui movimenti a breve raggio (trasferimenti entro i confini provinciali, -7%), un po’ meno per la mobilità a medio e lungo raggio (all’interno della regione e tra regioni diverse, rispettivamente -4% e -6%). Inoltre, si osserva una riduzione dell’11% dei flussi verso i capoluoghi di provincia. Non si rilevano, invece, significative variazioni strutturali sulla composizione dei flussi interni. In generale, la sospensione momentanea della mobilità residenziale ha avuto un impatto uniforme sulle caratteristiche socio-demografiche dei trasferiti. Differenti considerazioni valgono per i flussi da e per l’estero per i quali i blocchi alle frontiere hanno ridotto sensibilmente il volume in ingresso e in uscita di immigrati ed emigrati. La prima sostanziale differenza si evidenzia nella composizione dei paesi di origine per gli iscritti dall’estero. Il confronto tra il numero di ingressi nei primi otto mesi del 2020 e il numero medio degli ingressi nello stesso periodo degli ultimi cinque anni mostra un calo drastico dei flussi provenienti dall’Africa: si riducono a poche centinaia gli immigrati provenienti da Gambia (-85%) e Mali (-84%), sono fortemente in calo i flussi dalla Nigeria (-73%), quasi dimezzati quelli provenienti da Egitto (-47%) e Marocco (-40%). Forti diminuzioni anche per gli ingressi da Cina (-63%), Brasile (-49%), e Romania (-48%). I flussi che decrescono in misura meno significativa sono quelli provenienti dagli altri paesi dell’Unione europea: -12% da Svizzera e Francia, -10% dalla Spagna e -4% dalla Germania.  

Istat: un italiano emigrato su quattro ha almeno la laurea

21 Gennaio 2021 - Roma - Nel 2019, gli italiani espatriati sono prevalentemente uomini (55%). Fino ai 25 anni, il contingente di emigrati ed emigrate è ugualmente numeroso (entrambi 20mila) e presenta una distribuzione per età perfettamente sovrapponibile. A partire dai 26 anni fino alle età anziane, invece, gli emigrati iniziano a essere costantemente più numerosi delle emigrate: dai 75 anni in poi le due distribuzioni tornano a sovrapporsi. L’età media degli emigrati è di 33 anni per gli uomini e 30 per le donne. Un emigrato su cinque ha meno di 20 anni, due su tre hanno un’età compresa tra i 20 e i 49 anni mentre la quota di ultracinquantenni è pari al 13%. Considerando il livello di istruzione posseduto al momento della partenza, nel 2019 un italiano emigrato su quattro è in possesso di almeno la laurea (30mila). Lo rivela oggi il Report "Iscrizioni e cancellazioni anagrafiche della popolazione residente" dell'Istat. Rispetto all’anno precedente le numerosità dei laureati emigrati è in lieve aumento (+1,4%). L’incremento è molto più consistente se si amplia lo spettro temporale: rispetto a cinque anni prima gli emigrati con almeno la laurea crescono del 23%. Quasi tre cittadini italiani su quattro trasferitisi all’estero nel 2019 hanno 25 anni o più: sono poco più di 87mila (il 72% del totale degli espatriati); di essi quasi uno su tre (28mila) è in possesso di almeno la laurea. In questa fascia d’età si riscontra una lieve differenza di genere riguardo alla consistenza e al titolo di studio di chi espatria: le italiane emigrate sono meno numerose (rappresentano circa il 43% del totale degli espatriati di 25 anni o più) ma sono più frequentemente in possesso di almeno la laurea (il 36% contro il 30% dei loro coetanei). Rispetto al 2010, inoltre, l’aumento degli espatri di laureati è più evidente per le donne (+8%) che per gli uomini (+3%). Tale incremento risente in parte dell’aumento contestuale dell’incidenza di donne laureate nella popolazione (dal 5,5% del 2010 al 7,8% del 2019) (Figura 2). L’altra faccia della medaglia è costituita dai rimpatri: nel 2019, considerando il rientro degli italiani di 25 anni e più con almeno la laurea (15mila), la perdita netta (differenza tra rimpatri ed espatri) di popolazione “qualificata” è di 14mila unità. Tale perdita riferita agli ultimi dieci anni ammonta complessivamente a poco meno di 112mila unità. Il trend in aumento degli espatri è da attribuire in larga parte alle difficoltà del mercato del lavoro italiano di assorbire l’offerta soprattutto dei giovani e delle donne. A queste si aggiunge il mutato atteggiamento nei confronti del vivere in un altro Paese - proprio delle generazioni nate e cresciute in epoca di globalizzazione - che induce i giovani più qualificati a investire con maggior facilità il proprio talento nei paesi esteri in cui sono maggiori le opportunità di carriera e di retribuzione. I programmi specifici di defiscalizzazione, messi in atto dai governi per favorire il rientro in patria delle figure professionali più qualificate, non si rivelano quindi del tutto sufficienti a trattenere le giovani risorse che costituiscono parte del capitale umano indispensabile alla crescita del Paese.  

Istat: record di trasferimenti degli italiani verso il Regno Unito

20 Gennaio 2021 - Roma - Nel 2019 il flusso di espatri verso il Regno Unito registra la cifra record di 31mila cancellazioni anagrafiche (+49% rispetto all’anno precedente), superando il picco dei 25mila espatri del 2016 (anno in cui è stato avviato il processo di risoluzione per l’uscita del Paese dall’Unione europea, concluso il 31 gennaio 2020 con l’accordo di recesso). Durante il cosiddetto “periodo di transizione” (stabilito di comune accordo tra Stati membri e Regno Unito e concluso il 31 dicembre 2020), molti dei cittadini italiani, verosimilmente già presenti nel territorio britannico ma non registrati come abitualmente dimoranti - rivela oggi il Report "Iscrizioni e cancellazioni anagrafiche della popolazione residente" dell’Istat - hanno ufficializzato la loro posizione trasferendo la residenza nel Regno Unito. In generale, i paesi dell’Unione europea si confermano le mete privilegiate per gli italiani che emigrano. Nel 2019, il secondo posto nella graduatoria dei paesi di destinazione europei è occupato dalla Germania con poco meno di 19mila espatri (+4% rispetto al 2018), il terzo dalla Francia (13mila), seguita da Svizzera (10mila) e Spagna (6mila). Nel decennio 2010-2019 questi cinque Paesi hanno accolto complessivamente circa 531mila italiani emigrati. Tra i paesi extra-europei, le principali mete di destinazione sono Brasile, Stati Uniti, Australia e Canada (nel complesso 16mila). Tra gli italiani che espatriano si contano anche i flussi dei cittadini di origine straniera (si tratta di una stima basata sul luogo di nascita, informazione che rappresenta una valida proxi del background migratorio). Sono cittadini nati all’estero che emigrano in un paese terzo o fanno rientro nel luogo di origine, dopo aver trascorso un periodo in Italia e aver acquisito la cittadinanza italiana. Le emigrazioni di questi “nuovi” italiani, nel 2019, ammontano a circa 37mila (30% degli espatri, +5% rispetto al 2018). Di questi, uno su tre è nato in Brasile (circa 12mila), il 9% in Marocco, il 6% in Bangladesh, il 5% in Germania, il 4% nella ex Jugoslavia, il 3,8% in Argentina e il 3% in India e Pakistan. I paesi dell’Unione europea si confermano le mete principali anche degli espatri dei “nuovi” italiani (60% dei flussi degli italiani nati all’estero). In particolare, con riferimento al collettivo dei connazionali diretti nei paesi dell’Ue, si osserva che il 17% è nato in Brasile, il 14% in Marocco, il 9% nel Bangladesh. Ancora più in dettaglio, i cittadini italiani di origine africana emigrano perlopiù in Francia (56%), quelli nati in Asia nella stragrande maggioranza si dirigono verso il Regno Unito (92%) così come fanno, ma in misura molto più contenuta, i cittadini italiani nativi dell’America Latina (38%). I cittadini nati in un paese dell’Ue invece emigrano soprattutto in Germania (42%).  ​  

Istat: in aumento i cittadini italiani che lasciano il Paese

20 Gennaio 2021 - Roma - Nell’ultimo decennio si è registrato un significativo aumento delle cancellazioni anagrafiche di cittadini italiani per l’estero (emigrazioni) e un volume di rientri che non bilancia le uscite (complessivamente 899mila espatri e 372mila rimpatri). Di conseguenza i saldi migratori con l’estero dei cittadini italiani, soprattutto a partire dal 2015, sono stati in media negativi per 69mila unità l’anno.  Lo rivela oggi l’Istat nel Report "Iscrizioni e cancellazioni anagrafiche della popolazione residente evidenziando che nel 2019 il volume complessivo delle cancellazioni anagrafiche per l’estero è di 180mila unità, in aumento del 14,4% rispetto all’anno precedente. Le emigrazioni dei cittadini italiani sono il 68% del totale (122.020). Se si considera il numero dei rimpatri (iscrizioni anagrafiche dall’estero di cittadini italiani), pari a 68.207, il calcolo del saldo migratorio con l’estero degli italiani (iscrizioni meno cancellazioni anagrafiche) restituisce un valore negativo di 53.813 unità. Il tasso di emigratorietà dei cittadini italiani è pari a 2,2 per mille.  È il Nord la ripartizione di residenza da cui partono i flussi più consistenti di trasferimenti all’estero di cittadini italiani, in termini sia assoluti (59mila, pari al 49% degli espatri) sia relativi rispetto alla popolazione residente (2,4 italiani per mille residenti). Dal Mezzogiorno si sono trasferiti all’estero oltre 43mila italiani (2,2 per mille) mentre dal Centro sono espatriati circa 19mila connazionali, con un tasso di emigratorietà (1,8 per mille) sotto la media nazionale. La distribuzione degli espatri per regione di partenza mette in evidenza una situazione più eterogenea: la regione da cui emigrano più italiani, in valore assoluto, è la Lombardia con un numero di cancellazioni anagrafiche per l’estero pari a 23mila; seguono Sicilia e Veneto (entrambe 12mila), Campania (11mila) e Lazio (9mila). In termini relativi, rispetto alla popolazione italiana residente nelle regioni, il tasso di emigratorietà più elevato si ha in Trentino-Alto Adige (4 italiani per mille residenti). In Calabria, Friuli Venezia Giulia, Marche, Veneto, Sicilia, Molise, Lombardia e Abruzzo la propensione a emigrare è di circa 3 italiani per mille residenti. Le regioni con il tasso di emigratorietà per l’estero più basso sono invece Toscana, Liguria e Lazio, che presentano valori pari a circa 1,7 per mille. A un maggior dettaglio territoriale, in termini assoluti i flussi di cittadini italiani diretti verso l’estero provengono principalmente dalle prime tre città metropolitane per ampiezza demografica: Milano (7mila), Roma (6mila) e Napoli (5mila). In termini relativi, rispetto alla popolazione italiana residente nelle province, i tassi più elevati di emigratorietà degli italiani si rilevano a Bolzano (5 per mille), Trieste e Imperia (entrambe 4 per mille), Vicenza (3,8 per mille), Cosenza, Treviso, Agrigento e Isernia (tutte 3,6 per mille); quelli più bassi si registrano nelle province di Prato e Firenze (1 per mille).