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Istat: dal Nord del Paese oltre la metà degli emigrati italiani

1 Febbraio 2022 - Roma - Nell’ultimo decennio si è registrato un significativo aumento delle cancellazioni anagrafiche di cittadini italiani per l’estero (emigrazioni) e un volume di ingressi che non bilancia le uscite (complessivamente 980mila espatri e 400mila rimpatri). Di conseguenza i saldi migratori con l’estero dei cittadini italiani sono negativi, soprattutto a partire dal 2015, con una media di 69mila unità in meno all’anno. Nel 2020 il saldo migratorio con l’estero degli italiani è negativo per 65.190 unità. Lo scrive oggi in una nota l’Istat sottolineando che nonostante la pandemia, nel 2020 il flusso più consistente di cancellazioni per trasferimento della residenza all’estero di cittadini italiani si è registrato nel Nord-ovest (36mila, +10% rispetto al 2019), seguito dal Nord-est (27mila, +2%); in aumento anche le emigrazioni in partenza dal Centro (20mila, +4%), mentre diminuiscono sensibilmente i flussi dal Mezzogiorno (39mila, -13% rispetto al 2019). Rispetto al 2019 la propensione a espatriare dei cittadini italiani residenti nel 2020 è stabile ed è pari a 2,2‰. "I tassi di emigratorietà sono sopra la media nazionale al Nord (2,6 espatri su 1.000 residenti italiani) e sotto la media al Centro e nel Mezzogiorno del Paese (2‰). La distribuzione degli espatri per regione di provenienza è eterogenea. «Il tasso di emigratorietà più elevato - si legge nel Report -  si ha in Valle d’Aosta/Vallée d'Aoste, Trentino-Alto Adige (in una posizione geografica di confine che facilita gli spostamenti con l’estero) e Molise (più di tre italiani per 1.000 residenti). Seguono Marche, Veneto, Lombardia ed Emilia-Romagna (tassi di circa 2,5‰). Le regioni con il tasso di emigratorietà per l’estero più basso sono invece Puglia e Lazio (valori pari a circa 1,5‰). A livello provinciale, i tassi più elevati di emigratorietà degli italiani si rilevano a Bolzano/Bozen (4‰), Mantova, Vicenza e Macerata (tutte 3,6‰), Imperia, Isernia e Treviso (tutte 3,2‰); quelli più bassi si registrano nelle province di Foggia e Barletta-Andria-Trani (1,2‰)".

Istat: un italiano emigrato su quattro ha almeno la laurea

1 Febbraio 2022 - Roma - Nel 2020 gli italiani espatriati sono soprattutto uomini (54%), ma fino ai 25 anni non si rilevano forti differenze di genere (20mila per entrambi i sessi) e la distribuzione per età è perfettamente sovrapponibile. A partire dai 26 anni fino alle età anziane, invece, gli emigrati iniziano a essere costantemente più numerosi delle emigrate: dai 75 anni in poi le due distribuzioni tornano a sovrapporsi. Lo scrive oggi l'Istat. L’età media degli emigrati è di 32 anni per gli uomini e 30 per le donne. Un emigrato su cinque ha meno di 20 anni, due su tre hanno un’età compresa tra i 20 e i 49 anni mentre la quota di ultracinquantenni è pari al 14%. Considerando il livello di istruzione posseduto al momento della partenza, nel 2020 un italiano emigrato su quattro è in possesso almeno della laurea (31mila). Rispetto all’anno precedente, le numerosità dei laureati emigrati è in lieve aumento (+5,4%). L’incremento è molto più consistente se si amplia lo spettro temporale: rispetto a cinque anni prima gli emigrati con almeno la laurea crescono del 17%. Secondo l'Istat sono poco più di 40mila i giovani italiani tra i 25 e i 34 anni espatriati nel 2020 (il 33% del totale degli espatriati); di essi due su cinque (18mila) sono in possesso di almeno la laurea (+10% rispetto al 2019). Il numero dei rimpatri di giovani laureati si attesta su livelli nettamente più bassi (6 mila, -3,5% sul 2019), generando un saldo migratorio negativo che si traduce in una perdita di circa 12 mila unità. La riduzione degli espatri nel 2020 rispetto al 2019 (-0,9%) ha ridotto l’emigrazione giovanile del 7%, ma la quota dei laureati sul totale dei giovani espatriati è passata dal 38,7% del 2019 al 45,6% del 2020 .  Cresce anche l’incidenza degli espatriati laureati sulla popolazione italiana laureata di 25-34 anni, dal 9,9‰ del 2019 al 10,5‰ del 2020. Non si arresta, dunque - secondo l'Istituto di Statistica italiano - la fuga delle giovani risorse qualificate verso l’estero, nonostante le limitazioni imposte agli spostamenti durante le varie fasi della pandemia. .

Istat: la pandemia non ferma la migrazione degli italiani all’estero

1 Febbraio 2022 - Roma - Nel 2020 il volume delle cancellazioni anagrafiche per l’estero è di circa 160mila unità e segna un forte calo (-10,9% sul 2019) soprattutto per la riduzione, di circa un terzo, delle emigrazioni di residenti non italiani. Gli espatri dei cittadini italiani (pari a 120.950) diminuiscono soltanto dello 0,9%. Lo dice oggi l’Istat. L’impatto della pandemia sui flussi in uscita dal Paese – scrive - è “riconducibile tanto all’effetto diretto delle restrizioni alla mobilità internazionale, attuate per contrastare la diffusione del virus, quanto al clima di incertezza e difficoltà che può aver impattato negativamente sui progetti migratori”. Gli effetti congiunturali sono evidenti. Nei primi due mesi del 2020, le cancellazioni anagrafiche verso l’estero mostrano un andamento in linea con le tendenze più recenti: ossia un incremento del 26,3% rispetto allo stesso bimestre del 2019, dovuto soprattutto ai trasferimenti verso i paesi dell’Unione europea (+43,4%) e di America e Oceania (+47%), una decisa diminuzione dei flussi verso l’Africa (-53%) e, in misura minore, verso l’Asia (-7,8%). Durante la prima ondata (marzo-maggio 2020) i flussi di emigrazione per qualunque destinazione diminuiscono drasticamente (-31,7%) e risultano più che dimezzati (-54,2%) quelli diretti verso i paesi africani. Nella fase di transizione (giugno-settembre 2020) si riducono lievemente le uscite rispetto ai livelli medi del 2019 (-4,6%), grazie alla ripresa delle emigrazioni verso i paesi Ue (+7,3%), mentre continuano a diminuire le emigrazioni verso l’Africa (-50%). La seconda ondata (ottobre-dicembre 2020) provoca una nuova contrazione dei flussi in uscita, ma in misura meno marcata (-21,8% rispetto allo stesso periodo del 2019) della prima ondata.

Istat: migrazioni internazionali e interne in forte calo nel 2020

1 Febbraio 2022 - Roma - Nel 2020, iscrizioni e cancellazioni anagrafiche sono state fortemente influenzate dalle limitazioni alla mobilità interna e soprattutto internazionale causate dalla pandemia. Lo dice oggi l'Istat nel report sulle iscrizioni e cancellazioni anagrafiche relative al 2020. Inoltre, non si può escludere un effetto “amministrativo” dovuto - scrive l'istituto di statistica - al rallentamento nella lavorazione delle pratiche di trasferimento di residenza da parte dei Comuni anche per le difficoltà di verifica sul territorio. I primi dati provvisori del periodo gennaio-ottobre 2021 evidenziano un incremento moderato dei flussi migratori interni e più marcato di iscrizione dall’estero (rispettivamente, +7% e +16% rispetto allo stesso periodo del 2020), tuttavia i livelli mensili sono ancora "ben lontani dai valori registrati prima della pandemia; si osserva anche una continua riduzione dei flussi in uscita dal Paese (-21%)".

Istat: scenario migratorio positivo ma incerto

26 Novembre 2021 - Roma - Superato lo shock pandemico, si ipotizza che le immigrazioni dall’estero possano recuperare i livelli mediamente rilevati nel quinquennio 2015-2019 a partire dall’anno 2023. Da tale momento, con una quota di immigrati intorno alle 280mila unità, lo scenario mediano contempla un sostanziale rientro alla normalità, in concomitanza della ripresa economica e della progressiva attuazione del PNRR. Lo afferma oggi l’Istat nel Report sulle previsioni delle Popolazione residente e delle famiglie. Nel medio e lungo termine si prevede, quindi, una graduale diminuzione degli ingressi fino al valore di 244mila nel 2070. Cumulato sull’intero periodo di previsione, lo scenario mediano prefigura, pertanto – sottolinea l’Istituto di Statistica - un insediamento a carattere permanente di 13,3 milioni di immigrati.  Anche le emigrazioni per l’estero dovrebbero recuperare nel giro di pochi anni i valori espressi nel quinquennio antecedente l’avvento della pandemia. Nello scenario mediano si presuppone in seguito una loro evoluzione stabile, da circa 145mila uscite annue nel 2025 a 126mila nel 2070. In totale, sull’intero arco di proiezione gli emigrati dall’Italia sarebbero circa 6,9 milioni. Il saldo migratorio con l’estero risultante in base allo scenario mediano è, pertanto, ampiamente positivo: superato il 2020 (+79mila unità), dal 2021 esso si riporta al valore di +141mila, cui segue una continua e regolare flessione che conduce l’indicatore al valore di +118mila nel 2070. I flussi migratori con l’estero sono però contrassegnati da profonda incertezza, scrive l’Istat: le migrazioni internazionali sono governate, da una parte, da normative suscettibili di modifiche, dall’altra, da fattori socio-economici interni ed esterni al Paese di non facile interpretazione. Si pensi, ad esempio, alla pressione migratoria esercitata nei Paesi di origine, alle politiche di integrazione degli immigrati, alla modulazione del mercato del lavoro, all’emigrazione di cittadini residenti in Italia. Tutti questi fattori hanno la potenzialità di dare luogo a scenari migratori assai diversificati. La quota di immigrati dall’estero, ad esempio, presenta al 2070 un intervallo di confidenza al 90% che varia tra 188mila e 380mila unità. Nel medesimo anno si prevede, inoltre, che il valore delle emigrazioni possa cadere in un intervallo compreso tra 62mila e 189mila unità. Premesso che l’analisi di risultati a così lungo termine debba necessariamente accompagnarsi a una grande cautela – sottolineano i ricercatori dell’Istat - in realtà “ci rivela due possibili fotografie del futuro tra loro molto diverse, persino alternative. Da un lato quella di un Paese molto attrattivo, dall’altro quella di un Paese che potrebbe radicalmente mutare la sua natura di accoglienza per tornare a essere un luogo da cui emigrare. Peraltro, nel quadro di tutte le simulazioni condotte, scaturisce che la probabilità che il Paese possa conseguire un saldo netto con l’estero di segno negativo è tutt’altro che scarsa, per quanto bassa. Tale prospettiva ha infatti una probabilità di realizzarsi che va dall’1,3% nel 2040 al 4,1% nel 2050% e all’8,5% nel 2070”.

Istat: forte riduzione anche dei permessi per asilo

22 Ottobre 2021 - Roma - I permessi per asilo in Italia sono diminuiti del 51,1% rispetto all’anno precedente. In totale nel 2020 si sono registrati 13.467 nuovi permessi per richiesta di asilo e protezione internazionale (12,6% del totale dei nuovi permessi rilasciati). La diminuzione ha riguardato tutti i paesi non comunitari di principale provenienza, ma il calo relativo più evidente (superiore all’80% rispetto al 2019) ha interessato i cittadini indiani e ucraini. Lo si evince dal Report dell'Istat sui cittadini non comunitari in Italia diffuso oggi.  Anche i permessi per famiglia, principale motivazione di ingresso nel nostro paese, sono calati del 38,3% sull’anno precedente e coprono ormai quasi il 59% dei nuovi permessi rilasciati. Gli ingressi per lavoro hanno subito una contrazione meno intensa tra il 2019 e il 2020 (-8,8%) rispetto a quelli dovuti ad altre motivazioni. Tuttavia, gli arrivi per motivi lavorativi erano già a livelli molto bassi negli anni passati. In questo caso il calo non è generalizzato: per alcune delle principali cittadinanze la variazione relativa è stata ampiamente positiva, pur in un quadro di valori assoluti contenuti. Ciò è avvenuto per gli arrivi da Nigeria, Pakistan e Bangladesh. Anche altre collettività hanno fatto registrare un aumento, anche se meno evidente, dei nuovi ingressi per lavoro, come è avvenuto per l’Ucraina e il Marocco. Questa dinamica può essere in parte attribuita ai risultati della regolarizzazione che sebbene, come detto, non abbia ancora esplicato completamente i suoi effetti, ha avuto comunque delle conseguenze per alcune collettività.

Istat: toccato il minimo storico dei nuovi flussi in ingresso di cittadini non comunitari in Italia

22 Ottobre 2021 - Roma - Nel corso del 2020 sono stati rilasciati in Italia 106.503 nuovi permessi di soggiorno, il numero più basso di nuovi ingressi degli ultimi 10 anni: quasi il 40% in meno rispetto a quelli emessi nel 2019. Lo segnala oggi oggi l'Istat nel Rapporto sui cittadini non comunitari in Italia. Già tra il 2018 e il 2019 era stata rilevata una netta diminuzione (-26,8%) dei nuovi permessi emessi, ma la limitazione degli spostamenti dovuta alla pandemia da Covid-19 ha comportato una ulteriore sensibile diminuzione, scrive l'istituto di statistica italiana. A questo si deve aggiungere che la pandemia ha comportato anche un ritardo nella lavorazione delle pratiche che potrebbe aver contribuito al basso numero di permessi concessi. Nella seconda metà del 2020, infatti, il Ministero dell’Interno ha registrato un aumento  degli sbarchi sulle coste italiane che solo in parte si è tradotto in una crescita dei permessi di soggiorno rilasciati, "probabilmente per il ritardo nel disbrigo delle pratiche". Anche l’esame delle richieste di regolarizzazione avanzate in base all'articolo 103 del D.l. 34/2020 è risultato più lento rispetto a quanto avvenuto per le precedenti regolarizzazioni (pochissimi i casi esaminati entro il dicembre 2020) e verosimilmente saranno i flussi del 2021 a risentire del procedimento di regolarizzazione. Nel generale calo degli ingressi, alcuni paesi di cittadinanza hanno fatto registrare decrementi particolarmente evidenti: è il caso di Stati Uniti (-51,0%), Cina (-46,8%) e Ucraina (-46,4%). Per Nigeria (-24,9%) e Pakistan (-29,3%) le riduzioni dei flussi sono state invece più contenute. La diminuzione relativa maggiore ha interessato i permessi per studio, scesi del 58,1% rispetto all’anno precedente. Nel 2020 sono stati rilasciati 8.552 documenti per studio, l’8% del totale dei permessi contro i 20.409 del 2019 (l’11% del totale). Il decremento era largamente atteso, vista la politica di chiusura attuata da molti paesi per contrastare la pandemia, ad esempio gli Stati Uniti che, tradizionalmente, alimentano un rilevante flusso di studenti verso il nostro Paese. I nuovi permessi per studio concessi agli statunitensi sono stati meno di 200 contro gli oltre 2.000 del 2019, con un calo superiore al 90%. In controtendenza sono cresciuti i nuovi permessi per studio concessi a cittadini pakistani (+14,6%). Nel 2020 quasi il 28% di tutti i permessi concessi per studio sono stati rilasciati a cittadini cinesi, che detengono il primato dei nuovi rilasci per questa motivazione, nonostante il calo degli ingressi.

Istat: 106mila i nuovi permessi di soggiorno a cittadini non comunitari

22 Ottobre 2021 - Roma - Nel 2020 sono stati rilasciati in Italia circa 106.500 nuovi permessi di soggiorno a cittadini non comunitari, il numero più basso degli ultimi 10 anni. Lo segnala oggi l'Istat nel report sui cittadini non comunitari residenti in Italia. In calo soprattutto i nuovi permessi - evidenzia l'Istituto di Statistica italiano - concessi per studio (-58,1% rispetto all’anno precedente) e i permessi per asilo (-51%). I cittadini non comunitari regolarmente presenti calano del 7%, da 3.615.826 a 3.373.876 (dal 1° gennaio 2020 al 1° gennaio 2021), anche in conseguenza del crescente numero di persone che acquisiscono la cittadinanza italiana. Al 1° gennaio 2020 risiedono in Italia oltre 1 milione 250 mila persone nate con cittadinanza di un paese non comunitario che hanno acquisito quella italiana.

Istat: la cittadinanza “ha un ruolo importante” nel determinare la condizione socio-economica della famiglia

16 Giugno 2021 - Roma - In base alla cittadinanza dei componenti della famiglia, l’incidenza di povertà relativa è pari all’8,6% per le famiglie di soli italiani, ma triplica per le famiglie con almeno uno straniero (26,5% contro 25,7% per quelle di soli stranieri). I valori più bassi si registrano per le famiglie di soli italiani nel Nord (4,4%), quelli più alti per le famiglie con stranieri nel Mezzogiorno (44,3%, 44,9% se di soli stranieri). Lo certifica oggi il Rapporto Istat sulla povertà evidenziando che la cittadinanza "ha un ruolo importante nel determinare la condizione socio-economica della famiglia".  

Istat: elevata la povertà assoluta tra gli stranieri

16 Giugno 2021 - Roma - Elevata la povertà assoluta tra gli stranieri. Lo certifica l’Istat nel Report Povertà pubblicato oggi. Le persone straniere in povertà assoluta sono oltre un milione e 500mila, con una incidenza pari al 29,3%, contro il 7,5% dei cittadini italiani. Le famiglie in povertà assoluta sono nel 71,7% dei casi famiglie di soli italiani (oltre 1 milione e 400mila) e per il restante 28,3% famiglie con stranieri (oltre 568mila), pur rappresentando queste ultime solo l’8,6% del totale delle famiglie. Per le famiglie con almeno uno straniero – si legge nel Report - l’incidenza di povertà assoluta è pari al 25,3% (22,0% nel 2019); è al 26,7% per le famiglie composte esclusivamente da stranieri (24,4% nel 2019) e al 6,0% per le famiglie di soli italiani (dal 4,9% del 2019). Per l’Istituto di statistica italiano la “criticità” per le famiglie con stranieri è più marcata nei comuni fino a 50mila abitanti (27,1%, contro il 6,5% delle famiglie composte da soli italiani). Le famiglie con almeno uno straniero dove sono presenti minori mostrano un’incidenza di povertà pari al 28,6% (301mila famiglie), valore dell’incidenza uguale a quello delle famiglie di soli stranieri, che è oltre tre volte superiore a quello delle famiglie di soli italiani con minori (8,6%). Nel Mezzogiorno e nel Nord l’incidenza supera il 30% nelle famiglie con stranieri dove sono presenti minori, (rispettivamente 35,2% e 30,7%, contro l’11,8% e il 7,0% delle famiglie di soli italiani con minori). Nelle famiglie con stranieri in cui la persona di riferimento è in cerca di occupazione, l’incidenza della povertà assoluta è pari al 29,1% (per un totale di 39mila famiglie); se la persona di riferimento è occupata, la condizione di povertà riguarda invece una famiglia su quattro (25,4%). A livello territoriale, l’incidenza più elevata si registra nel Mezzogiorno, con quote di famiglie di soli stranieri in povertà quasi quattro volte superiori a quelle delle famiglie di soli italiani (rispettivamente 31,9% e 8,4%). Nel Nord, le famiglie di soli stranieri registrano valori dell’incidenza pari al 28,4% mentre nel Centro i valori sono più contenuti (19,9%). Rispetto al 2019, segnali di peggioramento si registrano per le famiglie del Nord (di soli italiani, miste o con stranieri), mentre nel Mezzogiorno il peggioramento riguarda le famiglie di soli italiani (dal 7,4% all’8,4%).