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Card. Bassetti: convocati dalla Parola sarà più facile avvicinare e riconoscere pure i tanti immigrati che vivono accanto a noi

20 Gennaio 2020 - Roma - Riscoprirne la centralità della Parola di Dio è “condizione per dirsi e diventare cristiani: occorre tornare a un incontro personale e comunitario con la Parola”. Alla Parola “sentiamo di appartenere: è all’origine del cammino interiore, risveglia il senso di Dio, l’apertura e la tensione verso il mistero. Della Parola vive ogni discepolo; per la Parola crede; sulla Parola poggia la pietà, la catechesi e la fede vissuta; dalla Parola si riversano sugli altri i gesti della carità e si genera e rigenera la comunità”. A dirlo oggi pomeriggio il card. Gualtiero Bassetti, presidente della Cei, aprendo i lavori del Consiglio Permanente che si concluderà mercoledì. Attorno alla Parola ci si “ritrova fratelli”, per cui essa è il “luogo” principale in cui vivere anche questa Settimana per l’unità dei cristiani. “Sentiamoci convocati dalla Parola: sarà più facile avvicinare e riconoscere pure i tanti immigrati, che vivono accanto a noi, la maggior parte dei quali è di fede cristiana; la loro presenza porta con sé una serie di implicazioni pastorali che devono trovarci attenti e disponibili. Quando si permette alla Parola di liberare la sua carica profetica, diventano visibili i segni dello Spirito anche in mezzo alle ambiguità e alle contraddizioni del presente. Si diventa, allora, capaci di cogliere ciò che nella vita è vero, giusto, conforme al Vangelo e ciò che non lo è, per discernere e comportarsi di conseguenza”. I lavori del Consiglio Permanente della cei prevedono la scelta del tema principale dell’Assemblea Generale di maggio e l’esame della bozza degli Orientamenti pastorali della Chiesa italiana per il quinquennio 2020-2025. All’ordine del giorno del Consiglio, poi, un aggiornamento circa le attività del Servizio Nazionale per la tutela dei minori, le indicazioni per l’elaborazione delle relazioni quinquennali sull’attività delle Commissioni Episcopali e sul rinnovo dei loro Presidenti e i criteri di aggiornamento delle Convenzioni per fidei donum e sacerdoti stranieri in Italia. Il Consiglio si soffermerà, infine, sull’Incontro di riflessione e spiritualità Mediterraneo, frontiera di pace (Bari, 19-23 febbraio 2020): verranno illustrati i contenuti e si farà un punto sulla preparazione e sull’organizzazione dell’evento, che verrà chiuso domenica 23 febbraio dalla celebrazione eucaristica presieduta da Papa Francesco. L’incontro di Bari, ha detto il card. Bassetti, “vuol essere l’occasione per dare risonanza, dalle diverse sponde del Mare, a quanto accade e poter avviare un processo di visioni condivise e collaborazioni fattive. L’incontro cade – ha aggiunto - in un momento di crisi, particolarmente drammatico: alcune compagini statali – dalla Libia, alla Siria all’Iraq – sono in frantumi, altre sono attraversate da tensioni fortissime. La guerra, in più punti del Mediterraneo, è l’esito di scelte miopi e interessate, dalle quali non sono estranee nuove logiche coloniali, avanzate dalle grandi potenze. Come Chiese – ha concluso - intendiamo offrire una testimonianza di comunione, che non si rassegna a situazioni violente e a strutture sociali ingiuste”.        

Viminale: 342 persone sbarcate sulle coste italiane nei primi 15 giorni del 2020

15 Gennaio 2020 - Roma - Sono finora 342 i migranti sbarcati sulle coste italiane nei primi 15 giorni dell’anno in corso. Il dato è stato diffuso oggi dal Ministero degli Interni, considerati gli sbarchi rilevati entro le 8 di questa mattina. Dei migranti sbarcati 111 sono di nazionalità algerina (33%), sulla base di quanto dichiarato al momento dello sbarco; gli altri provengono da Costa d’Avorio (73, 21%), Iraq (62, 18%), Iran (48, 14%), Tunisia (17, 5%), Guinea (16, 4%), Afghanistan (4, 1%), Mali (4, 1%), Ucraina (3, 1%), Camerun (1) a cui si aggiungono 3 persone (1%) provenienti da altri Stati o per le quali è ancora in corso la procedura di identificazione. Fino ad oggi sono ancora stati 20 i minori stranieri non accompagnati ad aver raggiunto il nostro Paese via mare.  

Viminale: Open Arms e Sea Watch 3: assegnati i porti

14 Gennaio 2020 - Roma - I seguito alle richieste avanzate, all’ Open Arms e alla Sea Watch 3 sono stati assegnati, rispettivamente, i porti di Messina e Taranto. Ne dà notizia oggi il Viminale in una nota pubblicata sul sito spiegando che Francia, Germania, Portogallo e Irlanda hanno già dato la loro disponibilità ad accogliere i richiedenti asilo a bordo. La disponibilità è stata offerta sulla base dell’apertura della procedura di ridistribuzione dei migranti a livello europeo avviata dalla Commissione UE anche sulla scorta del pre-accordo di Malta.  

Palermo: le porte della cattedrale rivestite di coperte termiche in ricordo dei migranti

14 Gennaio 2020 - Palermo - La cattedrale di Palermo ospita da “Eldorato – Nascita di una nazione”, un progetto di arte contemporanea ideato da Giovanni de Gara e dedicato al tema delle migrazioni e dell’accoglienza. Le porte della chiesa saranno rivestite d’oro utilizzando le coperte termiche in cui vengono avvolti uomini, donne e bambini quando, stremati dalla loro odissea per mare e per terra, approdano in Italia. L’installazione temporanea ha l’obiettivo di “promuovere una riflessione profonda sull’accettazione del diverso da sé, sulle migrazioni, sulle terre promesse e brutalmente negate, sull’aspirazione a un mondo diverso, costruito oltre l’idea di confine e capace di essere nuovamente umano”. “Le coperte termiche nel nostro immaginario collettivo sono il simbolo delle migrazioni – spiega l’artista –, ma sono comunemente impiegate per il soccorso di chiunque abbia bisogno di calore e accudimento”. Secondo de Gara, l’installazione vuole essere “un invito a riflettere sull’urgenza di andare oltre le barriere che costruiamo ogni giorno nei confronti di chi sfugge alla conformità, proviene da luoghi diversi o prega un altro Dio. Vorrei che quest’oro degli ultimi e degli scartati, come dice Papa Francesco, ci aiutasse a guardarci dentro e a specchiarci nell’altro”. Il progetto “Eldorato”, il cui lungo viaggio ha preso il via nel giugno del 2018 dalle porte dell’abbazia fiorentina di San Miniato al Monte, arriva a Palermo dopo aver fatto tappa sulle porte di sessanta chiese cattoliche, valdesi, metodiste e luterane e di alcuni luoghi comunitari simbolici come il Maschio Angioino (sede del Comune di Napoli), il carcere di Venezia e l’aula magna dell’Università di Bologna.  

Germania: corso online di Pastorale Migratoria

13 Gennaio 2020 - Francoforte - La Migrationskommission della Conferenza Episcopale Tedesca informa che dal nuovo anno la Facoltà di Teologia dell’Università di Freiburg (Svizzera) organizza, in collaborazione con il SIMI (l’Istituto Internazionale Migrazioni degli Scalabriniani di Roma), il corso online “Pastorale nel contesto della mobilità umana e Migrazione” (CAS). La Commissione della DBK e la “Migratio” della Conferenza Episcopale Svizzera hanno partecipato alla elaborazione del corso, rivolto in particolare agli operatori pastorali del settore, ma interessante anche per chi lavora nella formazione, nel sociale, negli scambi internazionali. Il corso è in tedesco ed è rivolto a tutti gli interessati in Germania, Svizzera e Austria. Il programma dettagliato, i costi e la scheda per l’iscrizione si trovano al sito https://www3.unifr.ch/pastoral/de/weiterbildung/cas/. Tra i docenti, dalla Germania ci sono il Prof. Dr. Thomas Faist (Bielefeld), Prof. Dr. Josef Freise (Köln), Dr. Andreas Renz (München), Dr. Frank van der Velden (Mainz). L’inizio del corso è previsto nella primavera del 2020. (p. Tobia Bassanelli)

“Coesione, innovazione e società plurali”: una  Scuola di formazione integrata sulle migrazioni

13 Gennaio 2020 - Brescia – Prende avvio il 3 aprile la Scuola di formazione integrata sulle migrazioni "Coesione, Innovazione e Società plurali". che punta a coniugare la sfida posta dalle migrazioni con la centralità delle comunità locali attraverso il potenziale delle metodologie pedagogiche critiche e quello progettuale dell’innovazione sociale. Un percorso biennale di studio che parte dall’analisi delle debolezze strutturali della gestione e della narrazione dei processi migratori nel nostro Paese e si proietta verso la ricerca e l’accompagnamento di modalità alternative possibili, efficaci e sostenibili di attivazione dei territori nei processi di accoglienza, integrazione e valorizzazione della presenza dei migranti come leva per un nuovo slancio allo sviluppo delle comunità locali. Un percorso che si propone di andare oltre l’approccio gestionale e di abilitare una maggiore consapevolezza e comprensione critica della realtà delle migrazioni, strutturare la competenza a progettare con le comunità locali interventi complessi di sviluppo locale, la capacità di concepire e gestire processi di empowerment, capacity e community building, a mobilitare le reti sociali e sviluppare un approccio multi stakeholder ed una logica di sistema e di sostenibilità secondo le logiche dell’innovazione sociale. Si offre come laboratorio per lo studio e la produzione di cultura per tutti quei soggetti che su base territoriale sono direttamente coinvolti nella definizione delle politiche, delle strategie e degli interventi connessi con l’accoglienza dei migranti, la coesione sociale e lo sviluppo locale. Un'opportunità per pubblici amministratori, dirigenti, docenti, direttori di strutture di accoglienza, operatori sociali e sanitari, studenti e ricercatori e cittadini impegnati per rafforzare e mettere a sistema nuove competenze per stringere le maglie della coesione sociale e costruire comunità in cui le persone non siano solo soggetti da includere, accogliere, assistere, rieducare e accudire bensì riconosciuti, in prima istanza, come donne e uomini portatrici di competenze, potenzialità, culture e risorse complementari generativi di nuovo sviluppo locale. Per maggiori informazioni “Coesione, innovazione e società plurali”  

Suor Angela: medico e volontaria per due anni sulle navi della Guardia Costiera italiana nel Mediterraneo

13 Gennaio 2020 - Roma - “Uscite andate altrove” sono state queste parole di papa Francesco rivolte alle religiose e ai religiosi a portare suor Angela Bipendu, medico, suora congolese della Congregazione Discepole del Redentore, da 16 anni in Italia, a salire su una nave della Guardia costiera italiana impegnata nel Mediterraneo. Suor Angela vi ha prestato servizio per due anni, ora lo fa saltuariamente, lo alterna con il servizio come guardia medica a Bergamo, dove ultimamente si è trasferita. “Mi sono detta nel mio ambito cosa posso fare? Vado a dare una mano a quelli che vengono e che avranno bisogno?” così ha risposto la suora. Un racconto toccante, rilasciato in un’intervista a Vatican News, in cui la suora ripercorre la sua esperienza come volontaria su una nave impegnata nel Mediterraneo nel salvataggio di immigrati a rischio naufragio.  Suor Angela racconta momenti che noi altri siamo abituati a viverli attraverso le immagini trasmesse dalla Tv, ma vissute in prima persona sono strazianti. Nell’intervista ripercorre alcuni momenti di quelle giornate, di incontri con gente che negli occhi aveva solo la disperazione; persone segnate sui corpi da una vita fatta di stenti, e l’ultimo lo avevano affidato al mare. Dai loro racconti emergeva la drammaticità che porta a partire, ultima possibilità di salvarsi prima di arrendersi alla morte. Alla domanda se aveva trovato sostegno alla sua idea di partire, suo Angela risponde “Sì, ho trovato sostegno perché mi sono rivolta al Cisom che è il Corpo italiano di soccorso dell'Ordine di Malta. È un'associazione grande che ha tantissimi volontari, quindi io mi sono agganciato a loro e anche il lavoro che abbiamo fatto, e che facciamo sul mare, è un lavoro di gruppo. C’è la Guardia costiera, ci siamo noi volontari del Cisom che facciamo tutti insieme una squadra per un solo obiettivo: quello di salvare le persone in difficoltà che attraversano il Mediterraneo per trovare qui una vita migliore, una speranza di vita”. Tante le persone salvate in due anni, e tanti i racconti ascoltati. Testimonianze che hanno segnato la suora, come quello della donna che aveva seppellito lei stessa i suoi due figli, scavando con le mani la sabbia per seppellirli sulla spiaggia. Un episodio successo in Libia, ma la mamma poi era riuscita a imbarcarsi su un barcone soccorso dalla guardia costiera dove suor Angela prestava soccorso. “All'inizio  - afferma - avevo un po' di paura, ma poi ho visto che il Signore mi ha dato la forza e anche il coraggio di affrontare questa esperienza sempre in squadra: io come medico, l'infermiera e l'equipaggio della Guardia Costiera che è un equipaggio fantastico. Perché io ho visto il personale della Guardia Costiera buttarsi in mare, anche a costo della propria vita, per salvare chi potevano salvare. Quindi questa è la carità che il Signore ci chiede, che chiedeva a me in quel momento, quello di dare me stessa per gli altri. Così ho fatto”. Suor Angela è pronta a partire di nuovo perché dice “Ogni vita umana è un dono e va salvata ad ogni costo”. (Nicoletta Di Benedetto)  

Mazara del Vallo: la diocesi partner del master in Welfare Migration

13 Gennaio 2020 - Mazara del Vallo -  Presso il Polo universitario di Trapani si è tenuta la seduta finale del Master di I livello in “Welfare migration. Processi gestionali ed organizzativi del sistema di accoglienza e integrazione dei flussi migratori”, attivato dal Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università di Palermo, in partenariato con l’Ordine dei Medici di Palermo e la diocesi di Mazara del Vallo. Il Master ha rappresentato la risposta accademica alle richieste del mercato di nuove figure professionali e nuove specializzazioni nella gestione del sistema “allargato” di solidarietà sociale in favore dei migranti, mediante una preparazione specifica sugli aspetti giuridico-legali e pratico-operativi (anche di natura sanitaria) connessi al funzionamento delle strutture pubbliche (aziende sanitarie provinciali, aziende ospedaliere, ospedalità convenzionata) e private (centri di accoglienza, enti non profit ed ecclesiastici) interessate ai processi di accoglienza e di integrazione. Nella diocesi siciliana, proprio nell’ambito del Master, lo scorso anno si è svolta la Cattedra di Islamistica sul tema “Conoscere l’islam: di fronte e attraverso”, organizzata dall’Ufficio Ecumenico e del Dialogo Interreligioso della Diocesi di Mazara del Vallo.

Card. Bassetti:  la crisi del Mediterraneo è “la crisi dei migranti che si consuma nel silenzio assordante delle acque del mare”

13 Gennaio 2020 - Roma -  “La crisi del Mediterraneo è poi la crisi dei migranti che si consuma nel silenzio assordante delle acque del mare”. Così il card. Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia-Città della Pieve e presidente della Cei, ha definito una delle crisi in atto nel Mediterraneo, che faranno da sfondo all’incontro convocato dalla Cei a Bari dal 19 al 23 febbraio. “Anche se diminuiscono le morti in mare, il rischio delle traversate rimane altissimo”, ha fatto notare il cardinale nell’incontro preparatorio all’evento svoltosi a Campobasso nei giorni scorsi: “Nel 2019 i migranti, arrivati in Europa via mare, sono stati più di 110mila e per il sesto anno consecutivo la cifra supera quota centomila. I migranti morti ufficialmente, ma il conteggio rischia di essere ben più alto, è di 1.283. Questa crisi migratoria diventa poi una crisi dei diritti umani: in particolar modo, nei campi e nelle prigioni, in Libia, nei campi profughi di Turchia, nelle isole greche come Lesbo. Anche per questo la situazione migratoria non può essere letta solo alla luce della mancanza di sviluppo e della instabilità ma deve essere inserita, invece, in un processo epocale che va governato con carità e responsabilità. Un processo alla cui base si colloca la difesa dell’incalpestabile dignità della persona umana. Come cristiani non possiamo tacere quando una vita, foss’anche una sola vita, viene uccisa o rischia di essere cancellata”. “Senza dubbio, fra i Paesi del Mediterraneo le contraddizioni emergono con forza”, ha commentato il cardinale: “Perché in questa regione, oggi è ancora ben visibile la frontiera fra il mondo dell’opulenza e quello della miseria, tra quello dell’esclusione e quello dell’inclusione, tra i produttori e gli scarti”. I cristiani, in questo contesto, “possono essere un seme di profondo cambiamento delle prospettive storiche”: “Come cristiani che abitano con fiducia i cammini ecumenici siamo chiamati a contribuire a costruire l’unità nelle differenze e ad essere un vaccino contro ogni tentazione di scontro di civiltà o di utilizzo ideologico dell’identità religiosa per dividere o alzare muri”, la proposta del presidente della Cei.  

Strage di bambini nell’Egeo

13 Gennaio 2020 - Milano - Ennesima tragedia dei migranti: nel Mar Egeo il naufragio di un'imbarcazione ha causato la morte di almeno 11 migranti, tra cui otto bambini; i superstiti, salvati dalla Guardia costiera, sarebbero 21. A renderlo noto la Guardia costiera greca; le operazioni di salvataggio vanno avanti a sud-est dell'isola greca di Paxos anche con l'aiuto di un elicottero, sono tuttavia pochissime le speranze di ritrovare in vita i dispersi, poiché si ritiene che a bordo dell'imbarcazione vi fossero una cinquantina di migranti. Sconosciuta ancora la nazionalità dei morti, probabilmente alcuni sono afghani.Venerdì scorso invece la nave delle ong Open Arms ha soccorso 74 persone, tra cui donne, anche incinte, bambini e neonati. Si è trattato - riferisce la Ong spagnola - di un soccorso "molto complesso", anche per la presenza di "una motovedetta libica con atteggiamento ostile. Due dei naufraghi, presi da loro a bordo, si sono lanciati in acqua e li abbiamo soccorsi". I migranti si aggiungono ad altri 44 salvati in precedenza e alla deriva da due giorni; tutti erano in stato di grave ipotermia. In tutto quindi le persone a bordo sono 118. Sempre venerdì c'è stato il primo approdo dell'anno a Lampedusa, 97 migranti stipati su un barcone avvistato in mattinata a due miglia dall'isola.  

Mons. Camisasca: culture e tradizioni diverse possono diventare una ricchezza

9 Gennaio 2020 -
Reggio Emilia - “E’ per me sempre motivo di gioia celebrare la Santa Messa nel giorno dell’Epifania del Signore insieme a tanti fedeli originari di diverse Nazioni del mondo che oggi abitano e lavorano nella nostra terra reggiana!”. Con queste parole il vescovo di Reggio Emilia-Guastalla, mons. Massimo Camisasca -  ha iniziato la sua omelia in occasione della Festa dei Popoli, il 6 gennaio scorso, promossa dalla Migrantes diocesana  nella Cattedrale di Reggio Emilia.  Diverse sono le ragioni che spingono le persone ad abbandonare temporaneamente o definitivamente la propria Patria: “a volte - ha spiegato il vescovo -  si tratta di motivazioni drammatiche, talaltra prospettive di lavoro, altre volte ancora il desiderio di una vita migliore e più pacifica. Tante sono le povertà e le difficoltà che attraversano il nostro mondo oggi, così come è sempre accaduto in ogni epoca della storia. Ma la fede in Cristo ci assicura che il nostro cammino in questo mondo, per quanto incerto e faticoso possa essere, è un pellegrinaggio luminoso verso la Patria definitiva che sta in Cielo, dove ci attende Dio”. Per mons. Camisasca la solennità dell’Epifania mostra “con grande forza e chiarezza come la Chiesa sia per sua natura formata da tanti popoli diversi. Tutti i popoli del mondo, rappresentati dai Re Magi, sono chiamati ad entrare a far parte della Chiesa di Cristo, perché Gesù Cristo è il salvatore di tutti. Per questa ragione dobbiamo guardare con grande speranza e fiducia alla Chiesa, nostra Madre, che tutti accoglie e nessuno rifiuta, offrendo il perdono di Dio e la presenza viva di Cristo”. “Cari fratelli e sorelle, noi oggi - ha detto ancora mons. Camisasca - siamo qui insieme, pur provenendo da storie e da luoghi diversi, perché riconosciamo in Gesù Cristo la gioia della vita e colui che ci unisce in un Popolo solo, il suo Popolo. Certamente siamo anche figli di culture e tradizioni diverse, le quali possono diventare una ricchezza nella misura in cui si lasciano abbracciare e purificare da Gesù Cristo. Egli infatti è la luce, che sa valorizzare quanto di buono ci è stato tramandato dai nostri padri e che sa correggere tutto ciò che in noi è ancora imperfetto e opaco”. (R.I.)  

Fronte: nel 2019 -41% di arrivi in Ue via mare

9 Gennaio 2020 - Roma - Mai numeri così bassi dal 2013. Nel 2019 gli ingressi irregolari nell’Unione europea hanno toccato il livello più basso degli ultimi sette anni. Secondo le prime cifre raccolte da Frontex, gli arrivi sono stati «poco più di 139mila», il 6% meno del 2018 e «il 92% in meno del record raggiunto nel 2015». Nell’anno che si è appena concluso sono stati individuati 14mila ingressi irregolari di migranti in Ue lungo la rotta del Mediterraneo centrale (da Libia verso Italia) il 41% in meno rispetto al 2018. Si tratta perlopiù di cittadini provenienti da Tunisia e Sudan: sono infatti questi i Paesi di provenienza del maggior numero di migranti sbarcati irregolarmente sulle coste europee. Lungo la rotta del Mediterraneo occidentale, dal Nordafrica alla Spagna, invece, gli ingressi in Ue sono stati 24mila, circa il 58% in meno rispetto al 2018. Un aumento della pressione migratoria si è invece verificata sulle frontiere orientali dell’Unione. In tutto il 2019, oltre 82mila migranti sono stati individuati lungo questa rotta, pari a circa il 46% in più rispetto all’anno precedente. Il picco degli arrivi è stato raggiunto nel mese di settembre.

P. Magnin: dramma umano quello del bimbo morto nel carrello di aereo che solleva problemi di sicurezza

9 Gennaio 2020 -

Parigi - Un’ondata di commozione ha travolto la Francia dopo il ritrovamento di un bambino privo di vita all’interno del carrello di atterraggio di un velivolo Air France operante tra Parigi e Abidjan (Costa d’Avorio). Anche i vescovi e i cattolici di Francia – dice padre Thierry Magnin, Segretario generale della Conferenza Episcopale Francese, raggiunto telefonicamente dall’agenzia Sir – sono rimasti molto toccati” dalla scoperta.  Non si conosce ancora il nome e l’età precisa del bimbo né il motivo che lo ha spinto a prendere una decisione così estrema, sicuramente dettata dal sogno di raggiungere l’Europa. Il volo AF 703 era partito martedì sera da Abidjan ed è atterrato ieri poco dopo le 6 del mattino a Parigi. La procura di Bobigny, che non conosce l’identità della vittima, ha aperto “un’indagine per trovare le cause della morte” e capire come sia potuto accadere una simile tragedia. A tal proposito padre Thierry Magnin osserva: “Questo dramma umano solleva problemi di sicurezza su più livelli, che sono in corso di analisi. Mette comunque in evidenza fino a che punto le persone sono pronte a commettere azioni disperate di fronte alle tragiche difficoltà che affrontano, in cui i bambini sono spesso le prime vittime in tutto il mondo”. A nome dei vescovi e dei cattolici di Francia, il Segretario generale della CEF assicura preghiere e solidarietà. “La nostra preghiera si unisce alle famiglie colpite da questi drammi, nel silenzio della fraternità universale che chiama il nostro senso di solidarietà con tutti coloro che soffrono”. È la prima volta che un bambino così piccolo viene scoperto in queste circostanze. Esistono purtroppo casi precedenti: negli ultimi anni, diversi migranti clandestini, in maggioranza adolescenti africani, sono stati trovati morti per il freddo nei carrelli di atterraggio degli aerei o in stiva. Le temperature possono infatti scendere a -50 °C tra 9.000 e 10.000 metri, altitudine alla quale volano gli aerei di linea, e gli alloggiamenti del carrello di atterraggio non sono né riscaldati né pressurizzati.  L’ultimo caso in Francia risale all’aprile 2013. Il cadavere di un ragazzo, probabilmente minore, era stato trovato sempre a Roissy nel carrello di atterraggio di un aereo proveniente dal Camerun.

Mons. Nosiglia celebra la festa dei popoli nella diocesi di Susa

9 Gennaio 2020 - Susa - Prima “festa dei popoli” per la diocesi di Susa. Si è celebrata il giorno dell’Epifania nella parrocchia Santa Maria Assunta di Bussoleno; la Messa è stata presieduta da monsignor Cesare Nosiglia, arcivescovo di Torino e vescovo di Susa. Insieme con lui il parroco don Luigi Chiampo. Alla festa hanno partecipato numerosi immigrati delle etnie presenti nella diocesi segusina. «La missione a tutte le genti che una volta definiva si rivolgeva ai paesi di Africa Asia o America latina – ha detto Nosiglia – oggi è una frontiera anche delle nostre città e paesi. Cari amici immigrati, desidero rivolgervi con tutto il cuore il mio saluto ed augurio in questa celebrazione, che esprime l’unità e la comunione profonda, che legano la vostra persona, famiglia e comunità con la diocesi e la società di Susa e del suo territorio». La diocesi di Susa ha una lunga tradizione di accoglienza: in passato sono salite qui le famiglie dal Sud Italia e dalla Sardegna, oggi sono presenti forti comunità romene, albanesi, africane. Terra di confine, la Valsusa affronta anche i problemi legati alla presenza dei migranti che cercano di attraversare il confine per raggiungere la Francia. Punti di accoglienza e integrazione sono stati realizzati a Oulx e Bardonecchia, oltre che a Clavière e in altri centri della Valle. (Marco Bonatti)

Parigi: muore bimbo ivoriano. Volava nel carrello dell’aereo

9 Gennaio 2020 - Milano -  Nell’alba ancora buia di Parigi, alle 6 e 40, gli operatori dell’aeroporto Charles de Gaulle hanno trovato ieri nel carrello di un Boeing 777 dell’Air France appena atterrato da Abidjan, Costa d’Avorio, un fagotto irrigidito dal gelo. Era un bambino nero, sui dieci anni. Si era evidentemente arrampicato di nascosto sulle ruote dell’apparecchio, credendo di arrivare in Europa. Succede, che dal Terzo Mondo qualcuno tenti questa strada per fuggire, e che lo si ritrovi all’atterraggio stroncato dal freddo e dalla mancanza di ossigeno. Che a farlo fosse un bambino di dieci anni, però, non era ancora accaduto. Un «passeggero irregolare», si legge in un comunicato della compagnia aerea: che spiega l’accaduto con una «falla nella sicurezza» dello scalo ivoriano. Ma molto più di questo occorre per cercare di immaginare come un bambino possa tentare un’impresa così disperata e spaventevole. Il piccolo morto di Roissy non aveva documenti, e fino a tarda sera non era stato identificato. Nemmeno sui siti dei media ivoriani ci si chiede come si chiamasse, o da dove venisse, quel ragazzino. Come se il suo nome non fosse importante, come fosse solo uno fra i tantissimi che abbandonano la Costa d’Avorio, o almeno ci provano. Da quel Paese alle coste della Libia ci sono 5mila chilometri. I migranti, convinti dai trafficanti, su camion sovraccarichi traversano il Niger e la frontiera libica. Li attende un viaggio massacrante, fra dazi, mercanti di schiavi, e violenze, e sete, e polvere. Chi arriva alla meta affronterà le prigioni libiche, e le insidie del mare. Chi fallisce torna in patria: racconterà che un pezzo di quella strada viene chiamata “la via dell’inferno”. Forse è ascoltando nelle baraccopoli questi resoconti che qualche ragazzo immagina di nascondersi nel carrello di un aereo? Sognando di volare sul deserto e sul Mediterraneo, e di toccare terra poche ore dopo, nel cuore dell’Occidente. Ci hanno provato già, da diversi Paesi. Non sapendo che a 7mila metri di quota ci sono 50 gradi sottozero, e non si respira. Già a Londra, a Parigi, in Germania sono stati trovati nei carrelli dei ragazzi assiderati. Ma a dieci anni appena, come si arriva a tanto di audacia? Forse imitando degli amici più grandi ? (Anche se nessuno, di chi ci abbia provato, ha più dato notizie di sé). O forse, quel bambino senza nome non voleva fuggire, ma raggiungere qualcuno di molto caro. Un padre in fuga da un Paese dove in quattro su dieci vivono sotto la soglia della povertà, malgrado nelle viscere della Costa d’Avorio ci siano oro, diamanti, bauxite, e ogni ricchezza. Oppure, quel bambino inseguiva una madre sedotta dai trafficanti, in cerca di un poco di fortuna (le giovani ivoriane finiscono con drammatica frequenza nella tratta della prostituzione). Ecco, forse a dieci anni il coraggio di nascondersi sotto il pauroso ventre di un aereo, di tenersi stretti nel rombo del decollo, e chiudere gli occhi per non guardare giù, lo si trova solo per andare a ritrovare la carezza perduta di una madre. Poi, quando l’apparecchio ritira il carrello e nel vano del clandestino si fa buio, forse un bambino, sfinito, si addormenta. Felice: ce l’ho fatta, si dice. Si accorge del freddo che comincia a avvolgerlo, ma non lo riconosce, abituato al sole in cui è nato. Cosa sarà, questo manto attorno che morde, e paralizza il corpo? Così lontano dal calore di quelle braccia, di cui ha nostalgia. Poi il sonno dell’assideramento, rapido, vince. È rigido come un povero passero morto, il bambino senza nome, quando il Boeing scende sulle infinite luci di Parigi. La grande metropoli certo non si fermerà per questo. Non è la prima volta, che un clandestino del cielo perde la vita. Ma questo – lo diranno gli operai del Charles de Gaulle a casa, a tavola, incapaci di dimenticare – questo, era solo un bambino. Marina Corradi- Avvenire)  

Sant’Egidio: la morte di un bambino “non può lasciare indifferenti”

8 Gennaio 2020 - Roma - Non si conosce ancora il suo nome e la sua età precisa, forse appena dieci anni: è morto di freddo, sognando l’Europa, nel carrello di un aereo che viaggiava da Abidjan a Parigi. La scoperta di questo “terribile dramma” dell’emigrazione, stamattina all’aeroporto di Roissy-Charles de Gaulle, “non può lasciarci indifferenti”, dice in una nota la Comunità di Sant’Egidio, che da anni, con le Scuole della Pace, si impegna in tante parti del mondo ad “offrire un futuro ai minori delle periferie esprime il suo cordoglio al popolo ivoriano e ai familiari della vittima”. Questa tragedia, simile a quella dei due adolescenti guineani, Yaguine e Fodé, morti nell’agosto del 1999 sull’aereo che li portava Belgio, deve “spingere l’Europa ad ascoltare il grido dell’Africa favorendo in modo concreto e urgente il suo sviluppo e i Paesi africani a preoccuparsi dei tantissimi loro giovani che chiedono scuola, lavoro, futuro”. 

Albero della vita-Ismu: alta percentuale di abusi subiti da donne migranti nei viaggi

8 Gennaio 2020 - Milano - Serve più conoscenza, consapevolezza e competenza specifica sul tema delle violenze di genere da parte del sistema di accoglienza perché la maggior parte delle donne migranti ha subito forme multiple di violenza agite da uomini conosciuti e trafficanti nel Paese di origine o durante il viaggio. La violenza fisica, sessuale e psicologica è presente in maniera significativa in tutti i Paesi. I casi di tortura sono stati rilevati soprattutto in Francia (49%) e in Italia (38%), mentre casi di mutilazioni genitali e matrimoni forzati sono frequentemente rilevati dagli operatori francesi; ciò dipende in parte dal Paese di provenienza delle donne richiedenti asilo e rifugiate. È quanto emerge da una ricerca quanti-qualitativa di Fondazione “L’Albero della vita” e Fondazione Ismu riguardante la violenza di genere su donne rifugiate e richiedenti asilo in Italia e in altri Paesi europei. Un fenomeno ancora sottovalutato e che ha importanti conseguenze anche sui minori. L’indagine, riferisce il Sir, si è svolta all’interno del progetto Swim–Safe women in migration, finanziato dal Programma diritti, uguaglianza e cittadinanza dell’Unione europea (2014-2020), ed è la prima rivolta a operatori e gestori di centri di accoglienza presenti nei 5 Paesi coinvolti nel progetto stesso (Italia, Francia, Gran Bretagna, Svezia e Romania) per indagare il fenomeno della violenza di genere. Coinvolto un campione di 437 operatori (70% donne) tra i 33 e i 45 anni (35%). Le violenze di genere legate all’orientamento sessuale dei migranti, si legge ancora nella ricerca, sono rilevate in misura più contenuta particolarmente in Italia (10%) e in Svezia (18%). Le differenti forme di violenza sono perpetrate più frequentemente da uomini che sono vicini alle donne migranti e che fanno parte del proprio nucleo familiare soprattutto per quanto rilevato dalle operatrici francesi e svedesi ed in misura leggermente minore dalle britanniche.

Papa Francesco: essere sensibili ai tanti naufraghi della storia che approdano esausti sulle nostre coste

8 Gennaio 2020 - Città del Vaticano –  “Chiediamo oggi al Signore di aiutarci a vivere ogni prova sostenuti dall’energia della fede; e ad essere sensibili ai tanti naufraghi della storia che approdano esausti sulle nostre coste, perché anche noi sappiamo accoglierli con quell’amore fraterno che viene dall’incontro con Gesù. È questo che salva dal gelo dell’indifferenza e della disumanità”. Così Papa Francesco questa mattina al termine della catechesi  sugli Atti degli Apostoli durante l’Udienza Generale nell’Aula Paolo VI in Vaticano. Il pontefice ha incentrato la sua meditazione sul tema: “Non ci sarà alcuna perdita di vite umane in mezzo a voi” - At 27,22. L’Apostolo Paolo – ha detto il Papa -  “ci insegna a vivere le prove stringendoci a Cristo, per maturare la convinzione che Dio può agire in qualsiasi circostanza, anche in mezzo ad apparenti fallimenti e la certezza che chi si offre e si dona a Dio per amore, sicuramente sarà fecondo”. Nel commentare il brano degli Atti degli Apostoli che racconta il naufragio dell’Apostolo sull’isola di Malta il papa sottolinea che “quando la morte sembra ormai prossima e la disperazione pervade tutti, Paolo interviene. Egli è l’uomo della fede e sa che anche quel ‘pericolo di morte’ non può separarlo dall’amore di Cristo e dall’incarico che ha ricevuto”. Anche l’arrivo a Malta è difficile e Paolo “viene morso da una vipera ma non subisce alcun danno e viene scambiato addirittura per una divinità. In realtà, quel beneficio viene dal Signore Risorto che lo assiste”. Il racconto degli Atti degli Apostoli mostra così che “il disegno che guida Paolo verso Roma mette in salvo non solo l’Apostolo, ma anche i suoi compagni di viaggio, e il naufragio, da situazione di disgrazia, si muta in opportunità provvidenziale per l’annunzio del Vangelo”.  

Migrantes Vicenza: la festa dei popoli animata dalle danze srilankesi

8 Gennaio 2020 - Vicenza «Cattolica significa universale. La Messa di oggi è quella che più esprime il significato di "cattolica", grazie ai vostri colori, alle vostre tradizioni, ai vostri canti. Ed è per questo che è la Messa più bella dell'anno». Con queste parole il vescovo di Vicenza Beniamino Pizziol ha concluso la celebrazione del 6 gennaio, in Cattedrale. La solennità dell'Epifania, da anni per la diocesi veneta è la "Festa dei popoli", perché vi partecipano i membri delle varie comunità etniche cattoliche. Fedeli, che vivono e lavorano nel territorio, ma provenienti dall'Africa, dall'America Latina, dalle Filippine, dallo Sri Lanka, dalle più vicine Ucraina e Romania, si danno appuntamento per leggere, pregare e cantare insieme. Ciascuno arricchendo la celebrazione con i propri canti, la propria lingua e quest' anno per la prima volta anche la propria danza, espressione della comunità sri- lankese. «Ogni cultura è giusto che esprima la propria fede come vuole, e il compito della comunità italiana è accogliere le diversità con rispetto - ha spiegato lo scalabriniano padre Domenico Colossi, direttore dell'Ufficio Migrantes diocesano -. Quando si sradica una pianta, e la si vuole trapiantare, deve rimanere sempre del terreno intorno. Lo stesso vale per le persone; se manca l'identità, è impossibile inserirsi in una comunità». Il vescovo Pizzol nell'omelia, con riferimento ai Magi, ha sottolineato come spesso avvenga che chi è più lontano, è più disponibile, e si mette in viaggio. «Chi invece è più vicino, come la comunità di Gerusalemme, a volte è disturbato dalla novità, in questo caso la presenza di questo nuovo "re". Sono vicini geograficamente - Gerusalemme dista da Betlemme pochi chilometri -, ma sono lontanissimi nel cuore. Quando vado in visita pastorale, vedo invece tante donne venute da lontano per accudire i nostri anziani. Spero - ha detto che voi qui troviate persone che vi accolgono, non che vi respingono». Infine, rifacendosi alla prima lettura, tratta dal libro del profeta Isaia, là dove dice "La nebbia ricopre la terra, nebbia fitta avvolge i popoli", Pizziol ha auspicato che «questa nebbia che avvolge il nostro mondo venga dissolta, con l'aiuto della nostra preghiera della nostra fede». Dopo la benedizione speciale per i bambini, veri protagonisti del Natale, il vescovo ha concluso: «Auguro a chi ha in mano le sorti del mondo che come i Magi decidano di cambiare strada, e si mettano alla luce della stella della pace». (Romina Gobbo - Avvenire)

Rimini: quando la Messa dei popoli parla la lingua degli immigrati

8 Gennaio 2020 - Rimini -  La partenza di Giuseppe e Maria da Nazaret; la nascita di Gesù, la fuga in Egitto della Sacra Famiglia. La Messa dei popoli è iniziata sul sagrato del Duomo, a Rimini: un presepe vivente che ricorda che anche oggi Gesù, insieme a tanti poveri, «non trova alloggio, e nasce in posti di fortuna: una povera capanna; un cartone con una coperta, una panchina. - fa notare Cesare Giorgetti, direttore di Migrantes Rimini - Anche oggi a riconoscere e lodare il Dio con noi, sono soprattutto i poveri, i pastori, coloro che sanno lasciarsi guidare dalle stelle e dai sogni». Per i suoi 25 anni, la Messa dei Popoli, animata dalle comunità di immigrati cattolici di ogni nazione presenti sul territorio riminese nella solennità dell'Epifania, si è voluta "regalare" la novità dei momenti principali della Natività rappresentate da alcune comunità di immigrati. Il successivo festoso sventolio di bandiere multicolori, accompagnato da applausi scroscianti delle centinaia e centinaia di presenti (molti vestiti in abiti tradizionali), ha poi dato il via alla processione nella Cattedrale della Messa dei popoli. «La Messa dei popoli - ha commentato Mario Galasso, direttore della Caritas diocesana - è un'occasione per esprimere la festa e la fede, ciascuno nella propria cultura. Ma questi nostri fratelli arrivati da lontano ricordano anche il dramma di tanti immigrati costretti a fuggire dai paese d'origine in cerca di pace, lavoro e vita dignitosa». A presiedere la Messa è stato lunedì (6 gennaio, ndr) il vescovo di Rimini, Francesco Lambiasi. «A pensarci bene, tutti, me compreso, possiamo confessare che veniamo anche noi o siamo venuti da lontano. Ciò che colpisce nel racconto dei Magi, è il loro cammino solo per una piccolissima luce, letta nello sconfinato libro dell'universo». La liturgia è stata animata dagli immigrati con canti, colori, preghiere in diversi idiomi e gesti delle diverse tradizioni. Il coro multietnico diretto da Simonetta Guidi ha eseguito canti in rumeno, peruviano, filippino, ucraino, argentino, cinese, nigeriano e venezuelano. Nella processione offertoriale i vari rappresentanti delle comunità presenti, vestiti con i costumi tradizionali, hanno portato all'altare prodotti e oggetti tipici del loro Paese d'origine mentre le ragazze di nazionalità filippina si sono "esibite" in una danza tradizionale accompagnando all'altare Gesù Bambino. Al termine della celebrazione, dopo il tradizionale bacio alla statua di Gesù Bambino, la Caritas diocesana ha aperto le sue porte per una cena a buffet con specialità tipiche preparate dalle stesse comunità di immigrati. (Paolo Guiducci – Avvenire)