Tag: Immigrati e rifugiati

Corridoi universitari: 53 studenti arrivati in Italia

16 Marzo 2021 - Milano - Maryana ha 27 anni e fa un master in architettura al Politecnico di Milano. Viene da Aleppo ed è in Italia da un anno, ospite di una famiglia. Charbel, invece, è arrivato più di tre anni fa da Homs, a 19 anni, pronto a iniziare gli studi universitari in Scienze biologiche e abita in un appartamento messo a disposizione da una parrocchia di Biella. Poi ci sono Nawar, che fa Medicina e arriva da Homs, Rose, che fa Farmacia e proviene dalla zona di Daraa, dove è iniziata una guerra in corso ormai da dieci anni. Sono 53 i giovani arrivati in Italia dal 2017, grazie a un corridoio umanitario universitario nato dall’amicizia tra il rettore dell’Università Cattolica di Milano, Franco Anelli, e i gesuiti siriani. Oggi hanno aperto loro le porte altri atenei, a Milano l’Università Statale e il Politecnico, la Cattolica di Piacenza, la Statale di Brescia, l’Università del Piemonte Orientale a Novara e Vercelli, quella di Genova e di Cagliari. Ai giovani siriani sottratti alla guerra garantiscono borse di studio e, in molti casi, l’alloggio nei collegi universitari. Alle loro spalle è cresciuta una rete di sostegno partita da Milano, fatta di privati, docenti degli atenei coinvolti e famiglie; di documenti, visti e aiuti economici si occupa una associazione ecumenica di diritto svizzero, Csco (Chemin de Solidarité avec les Chrétiens d’Orient) con sede a Ginevra. E così il sogno di futuro può riprendere forma. «Dieci anni fa avevo dodici anni – racconta Charbel – e come tutti i ragazzi della mia età pensavo a cosa fare da grande; poi è arrivata la guerra e la mia scuola è stata chiusa; ho dovuto spostarmi in una zona più tranquilla del Paese ma non avendo i documenti scolastici necessari non potevo fare gli esami e questo mi deprimeva molto. Nello zaino, insieme ai libri tenevo sempre il pigiama e qualche altro oggetto personale, perché spesso non potevo rientrare a casa e dormivo da qualche amico. Ho smesso di sognare il mio futuro e ho pensato solo a sopravvivere». L’arrivo in Italia, con il primo gruppo di studenti del corridoio universitario, ha significato riprendere in mano la propria vita. «A quel punto però non sapevo più chi ero: quello che avevo passato mi aveva segnato nel profondo, e ho iniziato a fare scelte sbagliate; stavo male, non uscivo di casa, non avevo amici. Avevo cominciato l’università ma non riuscivo a studiare e ho lasciato perdere». C’è voluto un serio percorso terapeutico per far rifiorire Charbel, che oggi pensa di finire la triennale in Scienze biologiche per poi darsi alla psicologia «per riuscire ad aiutare gli altri». Per Maryana la speranza è quella di diventare un bravo architetto: «Studiare all’estero, conseguire un master e magari un PhD in un’università prestigiosa come il Politecnico per me è una grande opportunità. Spero di tornare in Siria per ricostruire il mio Paese. Ma la situazione è molto difficile: in gran parte del territorio non c’è più la guerra delle armi ma c’è una povertà estrema. Tutto è un problema, mancano l’elettricità, il gas, internet; qualsiasi cosa per la mia famiglia è difficile da trovare o costa troppo. Non so se e quando mi sarà possibile rientrare a casa». (Maria Teresa Antognazza)  

Diritto Asilo: domani il terzo webinar su “Diritto Asilo: un percorso di umanità”

16 Marzo 2021 - Roma - “Diritto d’asilo: un percorso di umanità” è il tema di una serie di incontri promossi dal Forum per cambiare l’ordine delle cose, Fondazione Migrantes, rete Europasilo e Escapes. Laboratorio di studi critici sulle migrazioni forzate. Il prossimo appuntamento, il terzo della serie, si soffermerà su "Esclusi. Strumenti per tutelare chi è stato messo fuori” e si svolgerà domani, 17 marzo, in diretta Facebook. All'incontro interverranno Andrea Berta (Caminantes di Treviso), Camilla Macciani (Pensare Migrante), Chiara Marchetti (Escapes/EuropAsilo), Livio Neri (ASGI), Emilio Rossi (CIAC di Parma – Progetto “Wonderful World”) e Gianfranco Schiavone (ICS di Trieste e Forum per cambiare l’ordine delle cose). L’appuntamento è per le 18.00 sui profili del Forum per cambiare l’ordine delle cose, di Escapes e di Vie di fuga.

Coordinatore dei filippini in Italia: grazie a Papa Francesco per la celebrazione di ieri in San Pietro

15 Marzo 2021 - Roma - La celebrazione di ieri con Papa Francesco «ha raggiunto i filippini in tutto il mondo. Tantissimi ci hanno espresso la loro vicinanza con il Pontefice». Lo dice a http://www.migrantesonline.it il coordinatore Migrantes per la comunità cattolica filippina in Italia, don Gregory Ramon Dacer Gaston dopo la celebrazione, nella Basilica di San Pietro, in occasione dei 500 anni dell'evangelizzazione dei Filippini. In Basilica oltre un centinaio di filippini in abiti tradizionali mentre in piazza tanti coloro che hanno voluto essere presenti «pregando e 'partecipando' alla liturgia. Il libretto elettronico della celebrazione, distribuito attraverso i social ha aiutato molto nella partecipazione sia coloro che erano in piazza e sia coloro che hanno seguito, attraverso i media», spiega il sacerdote. «Con una più intensa vita spirituale e conoscenza del Vangelo e della dottrina della Chiesa - ha concluso don Gaston - portiamo il messaggio di Gesù di amore e dono di sé alle famiglie, alla Chiesa e alla società - ciascuno lì dove il Signore lo ha situato in questa vita». I migranti filippini fanno «precisamente questo».  (Raffaele Iaria)  

Dal Punjab a Torino la storia di Adnan Malik

15 Marzo 2021 - Torino - Adnan è originario di un paese della regione del Punjab pakistano, al confine con l’India, una di quelle terre divise da una frontiera calda, anche se si chiama Punjab da tutte e due le parti. 

È il secondo di quattro fratelli e sorelle. È quello che studia, arriva al secondo anno di ingegneria. Però il padre muore e nascono contese tra la sua famiglia e quella del padre, gli zii e i cugini, sulla proprietà dei terreni di famiglia. Le nubi dei litigi e delle minacce si addensano soprattutto sulla sua testa. La madre gli chiede di partire, e lui parte. È il 2013, ha 19 anni. 

Dal suo paese ai confini orientali del Pakistan va verso occidente, in autobus, a piedi, in taxi, con ogni mezzo. Giungerà in Francia dopo due anni. Durante il viaggio, si è fermato a lungo, soprattutto in Turchia e in Grecia, dove ha lavorato nei campi. Il viaggio gli è costato circa 5000 euro che gli hanno prestato e che deve restituire.

In Europa non ha parenti e nemmeno amici a cui fare riferimento. Arriva a Parigi nel 2015, fa richiesta di asilo, ma la respingono, intanto si guadagna da vivere, lavorando tutto il giorno, al mattino a distribuire volantini nelle buche delle lettere, alla sera a vendere fiori nei ristoranti e nei bar. Adnan conosce bene l’inglese, la lingua con cui ha studiato, e le lingue del suo paese, l’urdu e il punjabi; comincia anche a masticare un po’ di francese, ma capisce che restare a Parigi con la richiesta di asilo negata non è cosa. Un ragazzo con cui ha fatto un po’ di amicizia gli propone di andare in Italia e insieme partono. Adnan gira per un po’ di città del nord Italia cercando di entrare in un centro di accoglienza, ma dappertutto sono pieni e non c’è posto per lui: Bergamo, Brescia, Treviso, Milano…

«Torino non la conoscevo», racconta Adnan: «non sapevo dove fosse, mi dicono come arrivarci in treno e per le prime due notti, è estate, dormo vicino alla stazione di Porta Susa. Poi mi consigliano di andare in un dormitorio, quello del Sermig. La coda è infinita, così decido di passare le notti successive alle Porte palatine».

Lì parlando con delle persone incontrate per caso, viene a sapere che c’è una scuola di italiano per stranieri, non troppo lontana. Sono i corsi dell’Ufficio Migrantes di Torino che comincia a frequentare per imparare la lingua. Fa anche richiesta di asilo e cerca di entrare nel sistema dell’accoglienza.

Anche se ancora non parla bene l’italiano, gli propongono di frequentare il corso per panificatori. Decide di provarci, con grande fatica perché deve imparare sia la lingua sia il mestiere, ma è attraverso questo corso che ottiene il suo primo vero lavoro in una panetteria pasticceria di Borgo Vittoria. E con il lavoro arriva anche il permesso di soggiorno.

Il suo italiano nel frattempo è migliorato al punto che decide di iscriversi a un altro corso, per diventare animatore interculturale. Adnan capisce che quella è la sua strada, gli piace avere rapporti con le persone, sa ascoltare, ha pazienza, entra in rapporto con le comunità dei rifugiati, non solo i suoi compatrioti.

Con un ragazzo somalo, Abdullahi Ahmed, fa parte dell’associazione “Generazione Ponte”, che si occupa di inclusione sociale, coinvolgendo anche i ragazzi di origine straniera che studiano in Italia. La loro idea è che non si può essere stranieri per sempre, che bisogna sentirsi parte del luogo dove si vive, anche se non è quello dove si è nati o di dove è originaria la propria famiglia. E il primo passo è imparare la lingua.

«La lingua», dice convinto Adnan, «è la porta che ti fa entrare nella stanza, che è il paese in cui ti trovi a vivere. Se sai la lingua, puoi esplorare la stanza e scoprire tante cose che prima non immaginavi nemmeno».

Forte di questa convinzione, anima con altri sei soci l’Associazione Pakistan Piemonte, che riunisce circa 100 volontari, si occupa di aiutare la comunità pakistana, proponendo corsi di italiano, soprattutto per le donne, per favorire la loro integrazione, ma organizzando anche feste, nelle ricorrenze speciali, certo non in tempi di Covid…

Nel frattempo è anche riuscito a rientrare in Pakistan e rivedere dopo tanti anni la madre e i familiari, grazie a un lavoro di interpretariato per un’azienda che produce in Pakistan e importa in Italia i prodotti. Ha anche estinto il debito contratto per affrontare il viaggio…

Veniamo così ai tempi più recenti. Siamo alla primavera dell’anno scorso: tutti chiusi in casa causa Covid. Adnan ha seguito il suggerimento del saggio, secondo cui “paiono traversie ma sono opportunità».

«Paradossalmente il Covid mi ha fatto bene, mi ha costretto a fermarmi e a riflettere su quello che davvero volevo fare della mia vita. Avevo un progetto in testa, ancora vago, che pensavo di riuscire a realizzare in un futuro più lontano. Volevo aprire un’attività mia, un Centro servizi, in cui mettere a frutto le capacità di rapporto con gli altri, di mediatore e animatore culturale. Invece, chiuso in casa per il lockdown, impossibilitato a fare altro, ne ho approfittato per seguire un corso di sei mesi, online questa volta, per imparare a gestire un patronato Caf. Finito il corso teorico, che mi dava il titolo per poter aprire un centro, è iniziata la parte pratica. Mi sono rivolto a un’agenzia immobiliare per trovare il locale, ho deciso che avrei investito tutti i miei risparmi, così non ho dovuto cercare un finanziamento; e a gennaio Ashna Servizi ha aperto in via Chiesa della Salute a Torino. Ashna in dialetto pashtun vuol dire amico, amichevole. Mi è sembrata la parola giusta per la mia attività».

 A differenza di molti altri, non si tratta di un centro di assistenza pensato in particolare per un pubblico di migranti.

«I miei amici pakistani», continua Adnan: «quando ho raccontato dove avevo aperto il mio centro, mi hanno detto: perché così lontano? È scomodo per noi. Ma io non volevo e non voglio essere etichettato come lo straniero che offre servizi agli stranieri. I miei clienti sono in grande maggioranza italiani. Io mi occupo di assistenza fiscale, certificati Isee, rapporti con la pubblica amministrazione ecc., cose che preoccupano tutti, qualunque sia il loro luogo di nascita. Ho cominciato da poco e per ora ho assunto una sola persona, una ragazza pakistana, ma spero con il tempo di ingrandirmi e di dare lavoro anche ad altri. Ho in mente di allargare i servizi da offrire e magari aggiungere anche un’agenzia di viaggi, quando sarà possibile di nuovo viaggiare».

Adnan ha da poco fatto richiesta del permesso per soggiornanti di lungo periodo e, appena sarà possibile richiederà la cittadinanza italiana, perché, per ribadire le sue parole, «non si può essere stranieri per sempre».

Papa Francesco: un saluto ai filippini e un appello per “l’amata e martoriata” Siria

14 Marzo 2021 - Città del Vaticano - Un saluto "particolare" papa Francesco lo ha rivolto, questa mattina, al termine della preghiera dell'Angelus, ai fdeli filippini, residenti a Roma e presenti in piazza e che celebrano i 500 anni dell’evangelizzazione delle Filippine. «Auguri! E avanti con la gioia del Vangelo!», ha detto il papa  che, in mattinata, ha celebrato una liturgia in occasione proprio di questo anniversario. Il pontefice ha voluto ricordare l'inizio, dieci anni fa, del «sanguinoso conflitto in Siria, che ha causato una delle più gravi catastrofi umanitarie del nostro tempo: un numero imprecisato di morti e feriti, milioni di profughi, migliaia di scomparsi, distruzioni, violenze di ogni genere e immani sofferenze per tutta la popolazione, in particolare per i più vulnerabili, come i bambini, le donne e le persone anziane». Da qui l'appello alle parti in conflitto, affinché «manifestino segni di buona volontà, così che possa aprirsi uno squarcio di speranza per la popolazione stremata» e l'auspicio ad un «deciso e rinnovato impegno, costruttivo e solidale, della Comunità Internazionale, in modo che, deposte le armi, si possa ricucire il tessuto sociale e avviare la ricostruzione e la ripresa economica. Preghiamo - ha concluso - tutti il Signore, perché tanta sofferenza, nell’amata e martoriata Siria, non venga dimenticata e perché la nostra solidarietà ravvivi la speranza” ed ha invitato a recitare una Ave Maria «per l’amata e martoriata Siria».

Card. Tagle: noi migranti filippini troviamo nella fede la forza in Gesù che viaggia con noi

14 Marzo 2021 - Città del Vaticano – «L’arrivo della fede cristiana nella nostra terra è un dono di Dio». Il card. Luis Antonio Tagle, prefetto della  Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, saluta papa Francesco al termine della celebrazione nella Basilica di San Pietro per i 500 anni di evangelizzazione delle Filippine. Una celebrazione con pochi fedeli, in gran parte in abiti tradizionali, a causa della pandemia ma molto sentita e aperta da una processione con canti in lingua filippina e con la Croce di Magellano e e il Santo Nino di Cebu. «Noi, migranti filippini a Roma – ha detto il porporato - vogliamo esprimerLe la nostra gratitudine per averci guidato in questa celebrazione eucaristica di ringraziamento per l'arrivo della fede Cristiana nelle Filippine, cinquecento anni fa. Le portiamo qui l'amore filiale dei Filippini delle 7641 isole del nostro paese». Il card. Tagle ha ricordato che nel mondo sono più di dieci milioni i migranti filippini in quasi cento paesi nel mondo e oggi «sono uniti a noi. Facciamo tesoro della Sua premura per noi e per tutti i migranti presenti a Roma, costantemente manifestata dal Suo Vicario per la Diocesi di Roma, Sua Eminenza il Cardinale Angelo de Donatis, il Direttore dell'Ufficio Diocesano Migrantes, Monsignor Pierpaolo Felicolo, e il Cappellano del Centro Filippino, P. Ricky Gente». Il fatto che la fede cristiana «sia stata ricevuta dalla maggioranza della nostra popolazione, che le ha dato una connotazione filippina, è un dono di Dio. Ora le Filippine hanno il terzo numero più alto di Cattolici nel mondo. Questo – ha quindi aggiunto il prefetta della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli - è veramente un dono di Dio. Attribuiamo la fede duratura del popolo filippino solo all'amore, alla misericordia e alla fedeltà di Dio, non ai nostri meriti. Dal 1521 al 2021, abbiamo ricevuto doni su doni. Ringraziamo Dio per i portatori di questi doni nel corso degli ultimi 500 anni: i missionari pionieri, le congregazioni religiose, il clero, le nonne e i nonni, le madri e i padri, gli insegnanti, i catechisti, le parrocchie, le scuole, gli ospedali, gli orfanotrofi, gli agricoltori, i braccianti, gli artisti e i poveri la cui ricchezza è Gesù. Per grazia di Dio, i Cristiani filippini hanno continuato a ricevere la fede, una fonte di speranza di fronte alla povertà, alla disuguaglianza economica, agli sconvolgimenti politici, ai tifoni, alle eruzioni vulcaniche, ai terremoti e persino all'attuale pandemia. Mentre confessiamo i nostri fallimenti nel vivere la fede sempre in modo coerente, riconosciamo anche il grande contributo della fede Cristiana nel plasmare la cultura filippina e la nazione filippina». Per il porporato il «dono deve continuare ad essere un dono. Deve essere condiviso. Se viene tenuto per sé, cessa di essere dono. Per il misterioso disegno di Dio, il dono della fede che ci è stato dato viene ora condiviso da milioni di migranti filippini cristiani in diverse parti del mondo. Abbiamo lasciato le nostre famiglie, non per abbandonarle, ma per prenderci cura di loro e del loro futuro. Per amore loro, sopportiamo il dolore della separazione». Quando arrivano i momenti di solitudine, «noi migranti filippini troviamo la forza in Gesù che viaggia con noi, Gesù che si è fatto un bambino (Santo Nino) e si è fatto conoscere come il Nazareno (Gesù Nazareno), ha portato la Croce per noi. Siamo certi dell'abbraccio della nostra Madre Maria e della protezione dei santi. Quando ci mancano le nostre famiglie, ci rivolgiamo alla parrocchia, la nostra seconda casa. Quando non c'è nessuno con cui parlare, apriamo il nostro cuore a Gesù nel Santissimo Sacramento e meditiamo sulla sua parola. Ci prendiamo cura dei bambini a noi affidati come se fossero i nostri figli e degli anziani come se fossero i nostri genitori. Cantiamo, sorridiamo, ridiamo, piangiamo e mangiamo. Preghiamo affinché attraverso i nostri migranti filippini, il nome di Gesù, la bellezza della Chiesa e la giustizia, la misericordia e la gioia di Dio, possano raggiungere i confini della terra. Qui a Roma – ha concluso - quando ci mancano i nostri nonni, sappiamo di avere un Lolo Kiko. Molte grazie, Santo Padre».

Papa Francesco celebra Messa con la comunità filippina

14 Marzo 2021 - Città del Vaticano - Saranno circa un centinaio i fedeli filippini che potranno partecipare, questa mattina, alla celebrazione eucaristica nella Basilica di San Pietro, presieduta da papa Francesco, in occasione dei 500 anni dall’arrivo del Cristianesimo e l’inizio dell’evangelizzazione nel loro Paese. Una rappresentanza dei fedeli, residenti a Roma, saranno presenti in piazza San Pietro durante la celebrazione e seguiranno, poi, la preghiera dell’Angelus. «Porteremo – dice il coordinatore nazionale dei filippini in Italia, don Gregory Ramon Dacer Gaston - anche le bandiere delle Filippine per salutare il Santo Padre e ringraziarlo». Il sacerdote invita tutti i filippini in Italia a seguire la celebrazione attraverso i media:  «un evento storico irripetibile – evidenzia - da non perdere. Continuiamo a pregare per Papa Francesco, i nostri Vescovi nelle Filippine e tutta la Chiesa, ringraziamo Dio e preghiamo che tutti noi possiamo continuare la nostra missione». I filippini in emigrazione sono circa 10milioni. In Italia circa 160mila con una «maggiore presenza a Roma e Milano», sottolinea: «gli italiani sono molto gentili con noi e il nostro popolo grazie al lavoro e all’ onestà che dimostrano». Il lavoro occupa il gradino più alto nella scala delle priorità, per il quale combattono e si spostano, perché è lavorando che si realizzano anche socialmente. I centri pastorali in Italia sono una novantina sparsi nel Paese: 50 sono quelli di Roma con diversi sacerdoti che li seguono a cui si aggiungono i ragazzi studenti che si trovano nel nostro Paese per completare gli studi e che all’occorrenza danno un aiuto. In preparazione all’evento le varie comunità hanno «svolto una serie di attività: dal catechismo e diffusione di informazioni all’interno delle celebrazioni eucaristiche, un Triduo online; alcune attività insieme ai giovani», ci dice p. Riki Gente, cappellano della comunità cattolica filippina di Roma spiegando che la celebrazione con papa Francesco, a causa della pandemia,  sarà una celebrazione «semplice, ma sentita. Noi filippini che viviamo all’estero siamo considerati non solo come migranti ma anche come missionari, vivendo la nostra fede cristiana. Attraverso le riunioni e le celebrazioni comunitarie ci sentiamo famiglie allargate». La celebrazione presieduta dal papa rappresenta – spiega il direttore dell’Ufficio Migrantes della diocesi di Roma, mons. Pierpaolo Felicolo,  - un «riconoscimento di una presenza storica della comunità filippina a Roma: una «comunità vivace, attiva, inserita nella diocesi e che da una bella testimonianza di fede, un esempio molto bello e di integrazione per tutta la città». (Raffaele Iaria)

Marsala: la canonica della parrocchia della Madonna della Sapienza apre le porte a due migranti

12 Marzo 2021 - Marsala - Nella parrocchia Madonna della Sapienza, nel quartiere Sappusi a Marsala, la canonica è stata aperta per accogliere due migranti. La decisione l’ha presa il giovane parroco, don Pietro Caradonna, che da mesi collabora con un cartello di associazioni del territorio per aiutare alcuni migranti lavoratori che vivono nelle campagne marsalesi. Proprio qualche settimana addietro i volontari delle associazioni sono intervenuti portando la corrente elettrica all’interno di un magazzino, in contrada Ciavolo, dove dormono alcuni di loro. Due sono stati accolti nella canonica della parrocchia Madonna della Sapienza: Ahmed, 26 anni e Ardon Jesten, 66 anni, originari del Sudan. «Li abbiamo accolti, dando loro la possibilità anche di seguire l’iter per ottenere il permesso di soggiorno – spiega don Caradonna – a pranzo frequentano la mensa fraterna “Giorgio La Pira”. La nostra è la testimonianza di una Chiesa dalle porte aperte che accoglie».  

Migrazioni: ieri incontro del Ministro Lamorgese con il Ministro maltese Camilleri.

12 Marzo 2021 -

Roma - Il ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese, ha ricevuto ieri al Viminale il Ministro dell’Interno della Repubblica di Malta, Byron Camilleri. Nel corso dell’incontro è stato fatto un punto di situazione sull’andamento del negoziato europeo per il nuovo Patto per l’asilo e le migrazioni, anche in vista dell’incontro di Atene della prossima settimana tra i responsabili dell’Interno di Italia, Malta, Grecia, Cipro e Spagna.

I due ministri hanno anche affrontato i principali temi bilaterali riguardanti la gestione dei flussi migratori, con una particolare attenzione - spiega una nota del Viminale -  ai recenti sviluppi politici che stanno determinando la formazione di un nuovo governo di unità nazionale in Libia.

Mons. Felicolo: quella filippina è una “comunità vivace, attiva, inserita nella diocesi e che da una bella testimonianza di fede”

12 Marzo 2021 - Roma - “Grande gioia” per la comunità cattolica filippina di Roma per l’attenzione di papa Francesco che domenica, nella Basilica Vaticana, celebrerà una liturgia eucaristica in occasione dei cinque secoli dell’evangelizzazione delle Filippine. «Quella filippina è – dice a www.migrantesonline.it il direttore Migrantes della diocesi di Roma, mons. Pierpaolo Felicolo, che concelebrerà con il papa – una comunità articolata con 50 centri pastorale per la città che fanno capo alla Missione con Cura d’anime il cui responsabile è p. Riki Gente». Mons. Felicolo parla di una «comunità vivace, attiva, inserita nella diocesi e che da una bella testimonianza di fede, un esempio molto bello e di integrazione per tutta la città». La celebrazione con papa Francesco – aggiunge il direttore Migrantes è anche il «riconoscimento di una presenza storica della comunità filippina nella Capitale». L’immigrazione filippina in Italia iniziò nella prima metà degli anni settanta, quando entrò in vigore un accordo tra il governo italiano e quello filippino per l’ammissione in Italia di collaboratrici familiari. Con il papa concelebreranno il card. Luis Tagle, prefetto della Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli e il card. Angelo De Donatis, vicario del papa a Roma e altri otto sacerdoti.  (Raffaele Iaria)

Unhcr e Oim: “ripristinare sistema di salvataggio”

11 Marzo 2021 - Ginevra - L’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM) e l’UNHCR, Agenzia ONU per i Rifugiati, sono «affranti» per l’ennesima perdita di vite umane nel Mediterraneo centrale a seguito del naufragio di due imbarcazioni al largo delle coste tunisine martedì 9 marzo. Almeno 39 persone sono annegate in un naufragio al largo dell’isola di Kerkennah. Centotrentaquattro sopravvissuti, la maggior parte dei quali provenienti dalla Costa d’Avorio, sono stati portati a riva dalla guardia costiera tunisina. Le operazioni di soccorso sono in corso da ieri, ostacolate dalle dure condizioni meteorologiche. Un secondo naufragio è avvenuto al largo della città di Jebeniana, nel governatorato di Sfax. L’imbarcazione aveva 70 persone a bordo, tra cui quattro bambini, che sono stati tutti portati in salvo. Questi sono gli ultimi di una serie di naufragi al largo delle coste tunisine. L’OIM e l’UNHCR – si legge in una nota - «lavorano con i partner in Tunisia per fornire assistenza di emergenza e cure mediche ai sopravvissuti. Nel 2021, le autorità tunisine hanno effettuato 21 operazioni di salvataggio in mare, a volte anche nei confronti di imbarcazioni partite dalla Libia». «L’approccio adottato dalla Tunisia dimostra che non è solo necessario ma anche possibile garantire la sicurezza delle persone salvate in mare, e al contempo garantire salute e sicurezza per le comunità ospitanti», ha detto il rappresentante dell’UNHCR in Tunisia, Hanan Hamdan. «Lodiamo le operazioni di ricerca e salvataggio delle autorità tunisine e continueremo a sostenerle nel fornire assistenza umanitaria urgente alle persone salvate in mare», ha aggiunto il Capo missione dell’OIM in Tunisia, Azzouz Samri. Almeno 190 persone hanno perso la vita mentre attraversavano il Mediterraneo centrale nel 2021, con una media di quasi tre morti al giorno. Altre 5.700 persone sono arrivate in Italia dal Nord Africa nello stesso periodo. «Il Mediterraneo centrale continua a mietere vittime mentre migliaia di persone si imbarcano in questi viaggi mortali, in fuga dalla povertà estrema, dai conflitti o in cerca di una vita migliore», ha aggiunto Samri:  «continuiamo a chiedere un sistema di ricerca e soccorso proattivo in quella che rappresenta la traversata più pericolosa del mondo, e l’istituzione di un meccanismo di sbarco predeterminato e sicuro per le persone salvate in mare».

Doppio naufragio al largo della Tunisia: 39 morti tra i quali 9 donne e 4 bambini

11 Marzo 2021 - Città del Vaticano - Il Mediterraneo centrale si conferma, per l’ennesima volta, la rotta migratoria più pericolosa al mondo. Martedì mattina, al largo della città portuale di Kraten, presso le isole Kerkennah, in Tunisia, si è consumata l’ultima strage di migranti, nel naufragio di due imbarcazioni. I due natanti erano salpati – scrive l’Osservatore Romano - dalle coste del governatorato di Sfax, con destinazione l’Italia, prima tappa del loro ingresso nell’Ue. Finora la Guardia marittima tunisina, aiutata nelle operazioni da un peschereccio, ha recuperato 39 cadaveri, tra cui almeno 9 donne e 4 bambini, e ha salvato 165 persone. Lo ha reso noto il ministero della Difesa tunisino in un comunicato stampa, nel quale ha precisato che il bilancio potrebbe aumentare in quanto le operazioni di ricerca di eventuali superstiti e vittime sono ancora in corso. I sopravvissuti, provenienti per la maggior parte dall’Africa subsahariana, sono stati assistiti dalla Mezzaluna rossa di Sfax, incaricata di fornire coperte e cibo in attesa di trovare loro un luogo temporaneo di accoglienza. Il portavoce della Guardia marittima tunisina, Houcem Eddine Jebabli, ha imputato i naufragi alle difficili condizioni meteorologiche in concomitanza del cattivo stato delle imbarcazioni e al fatto che fossero sovraccariche. L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati insieme all’organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim) hanno sollevato nuovamente la propria preoccupazione per l’aumento degli arrivi di migranti irregolari in Italia nel 2021. Proprio in Tunisia si sta registrando un forte aumento delle partenze, legato al deterioramento della situazione sociale causato dalla pandemia di covid-19, scrive il giornale della Santa Sede.  A partire sono soprattutto persone provenienti dall’Africa subsahariana che già vivevano e lavoravano nel Paese maghrebino. Romdhane Ben Amor, responsabile del Forum tunisino per i diritti economici e sociali, una ong impegnata nella tutela dei diritti umani, ha detto che dall’inizio di quest’anno sono state intercettate 94 barche cariche di migranti e 1.736 persone pronte a imbarcarsi sono state arrestate. Dunja Mijatovic, commissaria per i diritti umani del Consiglio Ue, ieri, ha affermato che «gli Stati Ue devono urgentemente cambiare le loro politiche migratorie nel Mediterraneo».    

Viminale: 5.996 le persone migranti sbarcate sulle nostre coste nel 2021

10 Marzo 2021 - Roma – Sono 5.996 le persone migranti sbarcate sulle coste italiane da inizio anno. Di questi 824 sono di nazionalità ivoriana (14%), sulla base di quanto dichiarato al momento dello sbarco; gli altri provengono da Tunisia (773, 13%), Guinea (572, 9%), Bangladesh (493, 8%), Sudan (381, 6%), Eritrea (343, 6%), Algeria (291, 4%), Mali (269, 4%), Egitto (232, 4%), Camerun (164, 3%) a cui si aggiungono 1.654 persone (28%) provenienti da altri Stati o per le quali è ancora in corso la procedura di identificazione. Il dato è aggiornato alle 8 di questa mattina e diffuso dal ministero degli Interni

Nasce a Ravenna l’Albo delle famiglie accoglienti

10 Marzo 2021 -

Ravenna - Nasce a Ravenna l’Albo delle famiglie accoglienti, uno strumento per includere e sostenere minori, ragazzi, ragazze, adulti e anziani attraverso forme diverse di attivazione della solidarietà dei singoli e delle famiglie verso chi vive fragilità e difficoltà.

Con lo slogan «Per far entrare i sogni bisogna aprire le porte», parte sul territorio una campagna di sensibilizzazione che si avvarrà, oltre che di manifesti affissi per le strade della città, anche di una serie di video realizzati dal regista Gerardo Lamattina insieme ad alcune delle famiglie accoglienti.

L’Albo delle famiglie accoglienti nasce nell'ambito del progetto Fami (Fondo asilo migrazione e integrazione) “Dalle esperienze al modello: l’accoglienza in famiglia come percorso di integrazione” di cui è capofila l’associazione Refugees Welcome Italia Onlus e partner il Comune di Ravenna con il servizio Immigrazione. Vede la collaborazione di tre servizi comunali: Immigrazione, Centro Famiglie e Servizi sociali, insieme ad enti del privato sociale (oltre a Refugees Welcome Italia, l’associazione di volontariato Agevolando e la cooperativa sociale Cidas) con i quali il Comune ha promosso e sottoscritto un protocollo di intesa. Le iscrizioni sono possibili da oggi, mercoledì 10 marzo, attraverso la piattaforma famiglieaccoglienti.comune.ra.it dalla quale è scaricabile l’avviso pubblico che descrive nel dettaglio le caratteristiche e gli obiettivi del progetto, i requisiti e le modalità di partecipazione.

 Per ulteriori informazioni: albofamiglieaccoglienti@comune.ra.it

Papa Francesco agli iracheni emigrati: “siate tessitori di amicizia e di fratellanza là dove siete”

10 Marzo 2021 - Città del Vaticano - «Avete lasciato tutto, come Abramo; come lui, custodite la fede e la speranza, e siate tessitori di amicizia e di fratellanza là dove siete. E se potete, tornate!». Così papa Francesco «ai tanti iracheni emigrati». “Lodiamo Dio - ha detto il papa che ha ripercorso, durante l'udienza generale, il suo viaggio in Iraq dello scorso fine settima  - per questa storica Visita e continuiamo a pregare per quella Terra e per il Medio Oriente»: «in Iraq, nonostante il fragore della distruzione e delle armi, le palme, simbolo del Paese e della sua speranza, hanno continuato a crescere e portare frutto. Così è per la fraternità non fa rumore, ma è fruttuosa e ci fa crescere. Dio, che è pace, conceda un avvenire di fraternità all’Iraq, al Medio Oriente e al mondo intero!”.

Papa in Iraq: la speranza degli iracheni in Italia

10 Marzo 2021 - Roma - Gli iracheni che vivono in Italia hanno seguito con "attesa" e “molta gioia” la visita di papa Francesco nel loro “martoriato” Paese. Erano tutti incollati alla Tv per seguire, momento per momento, uno dei viaggi apostolici del papa definita da molti “storico” e “profetico”. «Una gioia grande  per noi iracheni e per questo popolo che ha molto sofferto e soffre ancora a causa della guerra e che ha bisogno oggi di pace vera e duratura», spiega Faiz Shoni, 45 anni, in Italia da 14, sposato con due figli. Faiz ha conosciuto questa guerra ed ecco perché si dice «convinto di lavorare per la pace nel suo Paese». E lo fa impegnandosi in una serie di attività umanitarie. In famiglia «sin dall’annuncio della visita – dice – abbiamo pregato e speriamo che questa porti frutti concreti per l’Iraq e per l’intera area». «Continueremo a pregare, insieme a tutti gli iracheni: questo viaggio – conclude – è molto importante». Papa Francesco «restituirà dignità all’Iraq e al suo popolo martoriato», aggiunge Rashid Osama, 68 anni, Segretario Generale della Scuola Fiorentina per l’Educazione al Dialogo Interreligioso e Interculturale alla quale aderisce anche la diocesi fiorentina. La visita del Pontefice rappresenta «un segno di speranza» per una popolazione «stremata dalla situazione politica ma molto colta e molto dialogante. In questo Paese, infatti, convivevano fedeli di tante religioni, soprattutto abramitiche, senza alcun problema. Oggi, invece, tanti sono perseguitati a causa della loro fede. E questo ci fa molto soffrire soprattutto per chi, pur vivendo all’estero, conosce la cultura degli iracheni». Osama ha “conosciuto” Giorgio La Pira, il “sindaco santo”, un «grande leader, un rivoluzionario per le relazioni di pace tra i popoli e la promozione del dialogo interculturale e interreligioso”. E a Firenze la Scuola Fiorentina per l’Educazione al Dialogo Interreligioso e Interculturale vuole essere «luogo di alta formazione culturale e professionale per la creazione di una nuova classe dirigente esperta e sensibile ai problemi di dialogo interreligioso e interculturale della società odierna e futura nei suoi vari aspetti». Questo viaggio apostolico del papa “artigiano internazionale della pace” vuole essere – dice Maurizio Certini, direttore del Centro Studenti Internazionali che accoglie centinaia di studenti provenienti da tante parti del mondo e anche dal Medio Oriente -  un viaggio che «aiuti a costruire l’architettura di una società basata sulla pace, la giustizia e il rispetto dei diritti umani». (R.Iaria)

Otto marzo: rifugiate leggono in un video la “Carta dei diritti delle donne”

9 Marzo 2021 - Lucca - Alcune donne rifugiate beneficiarie dei progetti Sistema accoglienza integrazione di Gallicano e Fabbriche di Vergemoli, in provincia di Lucca, gestiti dalla cooperativa sociale Odissea, in occasione dell’8 marzo hanno letto la “Carta dei diritti delle donne” in un video realizzato con il supporto del Centro antiviolenza della Valle del Serchio “Non ti scordar di te”. Provengono, informa l’agenzia Sir, da Paesi diversi, hanno culture e credi differenti, ma rivendicano gli stessi diritti: di essere trattate con rispetto, di essere sempre se stesse, di amare e di essere amate, di essere al sicuro.  Nel video (nato durante il laboratorio di italiano, in collaborazione con l’insegnante Stefano Elmi), insieme alle operatrici della cooperativa, parlano alcune delle circa 20 rifugiate politiche beneficiarie dei progetti. “Hanno storie e origini diverse tra loro e in comune l’esperienza di viaggi molto difficili, che le hanno portate a vivere spesso lontano dalle famiglie e anche dai figli: oggi si uniscono per ribadire unite, con forza, i diritti che dovrebbero riguardare tutte le donne del mondo senza distinzione alcuna, contro ogni violenza e discriminazione”, spiega Letizia Dini, educatrice della coop Odissea. La Carta, redatta dal Centro “Non ti scordar di te”, è stata letta, tradotta, compresa, poi ognuna delle ragazze ha scelto di interpretare la frase in cui più si rispecchia, per arrivare al diritto conclusivo, che li sintetizza tutti: “Hai il diritto di controllare la tua vita e di cambiarla, se non sei felice”. “Queste frasi pronunciate da queste donne hanno ancora più forza e valore, perché non sono slogan di circostanza, ma parole vissute nel quotidiano con le quali hanno dovuto confrontarsi”, commenta Francesca Meoni, direttrice area inclusione sociale del Consorzio Co&So, di cui la cooperativa Odissea fa parte. “Quello dei diritti è un tema centrale, con il quale dobbiamo confrontarci ogni giorno, non solo l’8 marzo, e tutti, uomini e donne.” video -https://www.youtube.com/watch?v=LsgqQJLwiNk      

Papa Francesco: “la migrazione è un diritto doppio: diritto a non migrare, diritto a migrare”

8 Marzo 2021 -

Città del Vaticano - «La migrazione è un diritto doppio: diritto a non migrare, diritto a migrare». Papa Francesco è atterrato da poche ore a Ciampino dopo una tre giorni in una delle terre più martoriate: l’Iraq. Durante il volo di ritorno, parlando con i giornalisti che lo hanno accompagnato ha detto che la gente irachena «non ha nessuno dei due, perché’ non possono non migrare, non sanno come farlo. E non possono migrare perché’ il mondo ancora non ha preso coscienza che la migrazione è un diritto umano». La volta scorsa – ha continuato il pontefice – un sociologo italiano, parlando dell’inverno demografico in Italia «mi diceva che entro quarant’anni dovremo ’importare’ stranieri perché’ lavorino e paghino le tasse delle nostre pensioni. In Francia sono stati più furbi, sono andati avanti di dieci anni con la legge a sostegno della famiglia, il loro livello di crescita è molto grande». «Ma la migrazione la si vive come un’invasione», ha aggiunto: “«Ieri ho voluto ricevere dopo la messa, perché lui lo ha chiesto, il papà di Alan Kurdi, questo bambino, che è un simbolo: per questo io ho regalato la scultura alla Fao. È un simbolo che va oltre un bambino morto nella migrazione, un simbolo di civiltà che muoiono, che non possono sopravvivere, un simbolo di umanità. Servono urgenti misure perché la gente abbia lavoro nei propri Paesi e non debba migrare. E poi misure per custodire il diritto di migrazione. È vero che ogni Paese deve studiare bene la capacità di ricevere, perché non è soltanto la capacità di ricevere e lasciarli sulla spiaggia. È riceverli, accompagnarli, farli progredire e integrarli. L’integrazione dei migranti è la chiave». Il papa ha quindi ringraziato «i Paesi generosi che ricevono i migranti: il Libano che ha, credo, due milioni di siriani; la Giordania è generosissima: più di un milione e mezzo di migranti. Grazie a questi Paesi generosi! Grazie tante!”. (Raffaele Iaria)

I migranti: trent’anni fa la Chiesa salentina era già “in uscita”

8 Marzo 2021 - Lecce - Sino al ’91 a sbarcare su queste coste, di notte e di nascosto, erano soltanto i contrabbandieri. Quasi sempre italiani che trafficavano con le sigarette. E non venivano mai dall’Albania che era uno stato impenetrabile. Poi, improvvisamente, giunse qualche barca malandata, carica di persone prive di tutto. Ci si rese subito conto che si trattava di fuggiaschi che scappavano da una società in disfacimento. Si capì che erano disperati in cerca di fortuna. Avevano bisogno di tutto e guardavano con occhi stupiti e rispettosi. Non chiedevano niente, eppure avevano bisogno di tutto. Molti riuscivano a dire qualche parola in italiano. Conoscevano i nomi dei calciatori e delle squadre di calcio. Sapevano dire “Vecchia Romagna etichetta nera”, ma erano soltanto incuriositi dal caminetto acceso nell’angolo di una casa accogliente.  Sì, perché in Albania, di nascosto dal regime, vedevano la televisione italiana. Si affollavano attorno ai pochi televisori disponibili e con occhi sognanti raccoglievano e sintetizzavano l’intero Occidente negli spot pubblicitari trasmessi dalla televisione italiana, l’unica che si potesse ricevere al di là del Canale d’Otranto. Nei primi giorni di marzo fu come un’improvvisa esplosione: approdavano dappertutto lungo tutta la costa, con vecchi pescherecci o piccole navi in disarmo, da abbandonare dopo l’arrivo. Ripiene all’inverosimile. E con un gran numero di giovani, anche giovanissimi, persino ragazzi, spinti all’imbarco da genitori che osavano sperare in un futuro dignitoso per i loro figlioli. Nella settimana fra il 3 e il 9 marzo di quell’anno, in provincia di Lecce si contarono 900 minori non accompagnati. Un problema nel problema. Lo Stato faceva fatica a trovare ricoveri e luoghi di accoglienza. Mancavano le direttive. Nessuno sapeva che cosa fare. I Salentini, invece, capirono ed agirono. L’Episcopato salentino inventò - già allora - la Chiesa in uscita e la mise in atto. In una sola serata il Tribunale dei minori affidò circa 500 minori ad una sola persona: a mons. Cosmo Francesco Ruppi, arcivescovo di Lecce. E dalla redazione de L’Ora del Salento partì un tam tam che in tanti ripresero ed amplificarono. In pochi giorni i minori riuscirono a trovare una casa o un istituto, e comunque un letto, un pasto caldo, una comunità di accoglienza. E quando una nave ancora più grande riversò sulla banchina del porto di Brindisi una fiumana di persone infreddolite, coperte a malapena da un grande foglio di plastica tirato fuori da un privato, nel gesto disperato di proteggere dalla pioggia, allora partì la famosa telefonata dell’arcivescovo Settimio Todisco al prefetto di Brindisi: “O trova lei la soluzione, o io apro la cattedrale ed ospito tutti in chiesa. Questa gente non può rimanere qui”. Fu uno slancio di solidarietà corale, che coinvolse tutti. Come dimenticare l’invito del parroco don Michele Gentile, dei Salesiani, durante l’omelia della domenica: “Vi prego cari fratelli, non portateci più generi alimentari: abbiamo i depositi intasati e i frigoriferi stracolmi. Piuttosto fateci avere saponi, pannolini, indumenti per bambini piccoli. Aiutateci dandoci una mano. Grazie”. Mons. Ruppi raccomandò ai suoi collaboratori: rendetevi conto che arriveranno anche stasera e poi domani sera e poi ancora. Andateli ad aspettare lungo le spiagge. E un funzionario della Prefettura scrutava continuamente il cielo: stasera tira troppo vento - diceva - forse possiamo andare a dormire, con questo vento è difficile che possano sbarcare. Fu un momento straordinario, che si prolungò nel tempo. Molti volontari scoprirono nuovi bisogni e impararono sul campo a dare le dovute risposte. Qual era il bisogno più urgente dei migranti? Non chiedevano né scarpe né vestiti e neppure cibo e bevande; desideravano invece comunicare con le famiglie rimaste in Albania o con i parenti che potevano essere in Italia, ma chissà dove. Si riuscì a riunire tantissime famiglie, con sforzi inenarrabili. Nella concitazione dello sbarco e dei soccorsi, era accaduto di tutto: ed era grande la disperazione di chi non sapeva dove fosse il figlio, il marito, il parente, la mamma o il papà con cui aveva compiuto la traversata del Canale d’Otranto. Si organizzò l’accesso alla scuola e si offrirono servizi educativi integrativi, si riuscì ad inserire nel mondo del lavoro... Si fecero grandi cose. Quei migranti sono oggi cittadini pienamente integrati nella società civile italiana, talvolta con ruoli di rilievo; molti hanno studiato, qualcuno si è laureato. Alcuni sono tornati in Albania. Oggi alcuni Italiani vanno a lavorare in Albania e fra le due sponde dell’Adriatico c’è uno scambio fraterno. I migranti del marzo del 1991 hanno segnato un’esperienza più unica che rara. E la comunità salentina ha dimostrato che la via della integrazione e della pacifica convivenza è possibile. Il segreto? Riconoscersi fratelli ed agire con massima lealtà. Se questo è accaduto, significa che è possibile. Ed allora giova farne memoria, per proseguire con fiducia e speranza. (Nicola Paparella – Portalecce)  ​    

Rifugiati iracheni a papa Francesco: “la nostra terra sta sanguinando e ha bisogno di pace”

5 Marzo 2021 - Città del Vaticano -  “Noi stiamo pregando tanto per questo viaggio perché la nostra terra sta sanguinando ed ha bisogno di pace”. E’ quanto hanno detto i ragazzi iracheni a Papa Francesco questa mattina incontrandolo a Casa Santa Marta prima del viaggio in Iraq che il papa compirà fino a lunedì 8 marzo. Il Pontefice si è intrattenuto per alcuni momenti con circa 12 persone accolte dalla Comunità di Sant’ Egidio e dalla Cooperativa Auxilium, rifugiatesi in anni recenti in Italia dall’Iraq. A raccontarlo al Sir come è andato l’incontro è Angelo Chiorazzo, presidente della Cooperativa Auxilium che li ha accompagnati insieme a Daniela Pompei della Comunità di sant’Egidio e all’Elemosiniere, il card. Konrad Krajewski. “Il papa – racconta Chiorazzo – aveva il volto contento. Era evidente che stava partendo con una grande serenità nel cuore. È sceso dalle scale con la borsa in mano, si è soffermato a parlare tanto con loro. Un ragazzo si è voluto fare un selfie dicendo che avrebbe inviato la foto ai suoi genitori a Baghdad. È commovente vedere attraverso questi ragazzi con quanta attesa l’Iraq sta aspettando il Papa perché vedono in lui il segno di una speranza, l’attesa che presto anche nella loro terra, le armi cessino di fare morti e la pace possa finalmente germogliare”. Ognuno dei ragazzi presenti, tutti di fede musulmana, ha una storia di sofferenza forte alle spalle e con ciascuno il Papa si è soffermato a parlare. Con Ali Ahmad Taha, 27 anni, curdo iracheno della città di Sulaymaniyya, ospite di Mondo Migliore dal dicembre 2019, il Papa ha avuto parole di conforto. Alì infatti è fuggito dall’Iraq dopo essersi rifiutato di arruolarsi e aver visto il fratello assassinato dall’ISIS. Ha attraversato Turchia e Grecia sul fondo di un camion, ma proprio alla fine del suo travagliato viaggio verso l’Italia, sul Raccordo Anulare di Roma, è scivolato ed è stato travolto. Gli è stata amputata la gamba destra al Policlinico Gemelli, che lo sta ancora seguendo per alcune terapie. Ahmed, Ghaleb e Rami Taha sono invece tre fratelli di 30-32-37 anni. Arrivati con i genitori in Italia nel 2010, oggi sono dipendenti della Cooperativa Auxilium. Youssif Ibrahim Al Tameemi, 24 anni, iracheno nato a Bagdad, di professione barbiere, è ospite di Mondo Migliore dove è arrivato nel dicembre del 2020. Quando ha saputo che avrebbe incontrato il Papa si è commosso e ha detto: “Il mio Paese sanguina da troppi anni, e spero con tutto il cuore che questo viaggio porti la pace. Ringrazio Papa Francesco perché con coraggio non è rassegnato alla guerra e va nel mio Paese chiedendo di essere tutti  fratelli”. E poi ci sono Mohamed Hakel Abdulrahman, 30 anni, nato a Duhok nel  Kurdistan iracheno e Shwan Lukman Kader, 28 anni di Bagdad, curdo iracheno. È a Mondo Migliore dal 2018. Ha detto: “Era tanto tempo che desideravo incontrare il Papa e non ci volevo credere quando mi hanno detto che ci voleva salutare prima di partire. Ero emozionatissimo e sono riuscito solo a dire che il cuore di tutti noi è con lui”.