17 Maggio 2021 - Roma - Sono arrivati a Fiumicino, questa mattina, con i corridoi umanitari, quaranta profughi dall’isola greca di Lesbo. Appartenenti a nove nazionalità (tra cui l’Afghanistan e alcuni paesi africani) andranno a vivere in diverse regioni italiane secondo il modello, ormai sperimentato, dei corridoi umanitari, che dal febbraio 2016 fino ad oggi hanno permesso di giungere in sicurezza, al riparo dai trafficanti di esseri umani, oltre 3.500 persone in Italia, Francia, Belgio e Andorra.
Quest’ultimo arrivo - previsto all’interno di un protocollo firmato dalla Comunità di Sant’Egidio e il ministero dell’Interno - è stato realizzato anche grazie alla collaborazione delle autorità greche e al sostegno della Commissione Europea. L’obiettivo è quello di risolvere la situazione di una parte dei profughi (famiglie con bambini, persone vulnerabili e minori non accompagnati) presenti nell’isola greca ormai da tempo, in attesa di una collocazione, con condizioni di vita rese ancora più difficili in questi ultimi mesi per gli effetti della pandemia.
Tutti con storie dolorose alle spalle, in fuga da paesi dove sono in corso guerre, violenze o situazioni insostenibili, le famiglie dei quaranta nuovi arrivati – tra cui 13 minori - potranno finalmente guardare al futuro con speranza grazie ad un progetto che è frutto di preziose sinergie della società civile e autofinanziato.
Tag: Immigrati e rifugiati
Regolarizzazioni, segnale ai lavoratori
17 Maggio 2021 - Milano - Con una circolare datata 11 maggio 2021, il Ministero dell’Interno ha superato il precedente provvedimento con cui impediva la regolarizzazione ai cittadini stranieri irregolari che avevano aderito alla campagna lanciata dal governo ma che, nelle more della procedura di emersione, avevano perso il lavoro per scadenza di un contratto a tempo determinato. La nuova circolare consente in questi casi «il subentro nella procedura di un nuovo datore di lavoro» che andrà a completare la pratica di emersione. Il Viminale inoltre prevede la possibilità del subentro di un nuovo datore di lavoro anche per quei casi in cui la cessazione del rapporto di lavoro sia avvenute «per cause non di forza maggiore». Infine, qualora non vi sia un nuovo datore di lavoro disponibile ad assumere il cittadino straniero che ha avviato l’iter di regolarizzazione, il ministero dell’Interno prevede che sia rilasciato di un permesso di soggiorno per attesa occupazione. Una disposizione che si è resa necessaria «anche a causa delle gravi conseguenze che il perdurare dell’emergenza pandemica ha provocato nel mercato del lavoro».
Sono state quindi accolte le richieste presentate al governo, al Viminale e agli altri ministeri competenti nelle scorse settimane dai sindacati e diverse associazioni impegnate nella tutela dei migranti, tra cui l’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione (Asgi), Amnesty International, Medu, Centro Astalli, Fondazione Migrantes, Sant’Egidio, Cnca e la campagna 'Ero Straniero'.
Quest’ultima, lo scorso marzo, aveva denunciato con un dettagliato rapporto la lentezza con cui sta procedendo l’esame delle oltre 207mila domande presentate da altrettanti cittadini stranieri impiegati nei campi, nel lavoro domestico e di cura. L’analisi delle domande di emersione procede lentamente in tutta Italia a causa soprattutto delle disposizioni adottate da Prefetture e Questure per ridurre il contagio da Covid-19: l’esigenza di ridurre al minimo le presenze all’interno degli uffici obbliga a ridurre considerevolmente gli appuntamenti che è possibile fissare in una sola giornata. L’altro fattore che incide notevolmente su questi ritardi è la carenza di personale. A questo ultimo aspetto, tuttavia, dovrebbe dare un contributo positivo l’assunzione (ormai quasi ultimata) degli 800 interinali assunti appositamente per lo svolgimento delle procedure di regolarizzazione. Intervenendo nel dibattito con un’intervista ad Avvenire,
il Ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese, aveva parlato di «adempimenti complessi» e di «ritardo indiscutibile. Siamo al 12% dei provvedimenti esaminati: circa 23mila definiti positivamente, 2.700 rigetti e 800 rinunce».
Non è l’unico aspetto, quello delle regolarizzazioni, che coinvolge i cittadini stranieri presenti nel nostro Paese. Due giorni fa, in visita nella Marsica, il Ministro delle Politiche agricole, alimentari e forestali, Stefano Patuanelli, ha sottolineato che le misure previste nel Decreto sostegni bis dovrebbero essere approvate la prossima settimana. «Il testo è pronto e ci sarà il bonus per i braccianti». Gli imprenditori agricoli dell’area del Fucino, in provincia dell’Aquila, da quasi un decennio fanno ricorso a decine di braccianti stranieri specializzati. Gli ultimi arrivi dal Marocco, sempre con voli charter, risalgono alla scorsa settimana. A 10 mesi dalla sanatoria, però, i lavoratori stranieri sono ancora in attesa della regolarizzazione. «La gestione delle molte domande è stata piuttosto complessa – ha dichiarato il ministro sulla regolarizzazione di questi lavoratori –. Bisogna superare un po’ la politica dell’emergenza. Noi stiamo lavorando nel ministero proprio per avere un quadro ordinato delle necessità dei lavoratori in agricoltura, in modo da poter programmare per dare una risposta alle aziende». (Ilaria Sesana - Avvenire)
Organizzazioni per i diritti umani: “2.162 respingimenti illegali alle frontiere europee nei primi tre mesi del 2021”
14 Maggio 2021 - Roma - Nei primi tre mesi del 2021 le autorità hanno impedito illegalmente a 2.162 uomini, donne e bambini di cercare protezione in Europa, nei valichi di frontiera in Italia, Grecia, Serbia, Bosnia-Erzegovina, Macedonia del Nord e Ungheria. “Più di un terzo dei respingimenti documentati ha comportato abusi fisici e aggressioni, furti, estorsioni e distruzione di beni personali, per mano delle polizie di frontiera e delle forze dell’ordine nonché violazioni di diritti come quello di accesso alla procedura di asilo”. È quanto emerge nel rapporto Responsabilità respinte: violazioni dei diritti umani come trattamento di benvenuto alle frontiere europee diffuso da sette organizzazioni che tutelano i diritti umani ( Danish refugee council, Asgi, Diaconia valdese, Hungarian helsinki committee, Humanitarian center for integration and tolerance, Macedonian young lawyers association, Greek council for refugees), che hanno raccolto le testimonianze di migliaia di respingimenti illegali di migranti e rifugiati mentre cercavano di attraversare i confini dell’Europa. “Il quadro agghiacciante che emerge da questo report – commenta Caterina Bove, dell’Asgi (Associazione studi giuridici immigrazione) – ci palesa ancora una volta le dimensioni e le atroci conseguenze dei respingimenti alle frontiere”. Il rapporto documenta inoltre 176 casi dei cosiddetti “respingimenti a catena” in cui i rifugiati e i migranti sono stati forzatamente inviati attraverso più frontiere tramite una cooperazione informale tra gli Stati per aggirare la loro responsabilità e spingere gruppi indesiderati fuori dall’Ue. “Questo potrebbe essere avvenuto dall’Italia o dall’Austria passando per Paesi come la Slovenia e la Croazia fino a un terzo Paese come la Bosnia-Erzegovina”, dicono le organizzazioni. “Per monitorare il rispetto dei diritti, è essenziale istituire meccanismi nazionali indipendenti per monitorare le frontiere e avviare automaticamente le indagini una volta che le prove vengono raccolte dal meccanismo o gli vengono riferite”, concludono le organizzazioni, che hanno avviato un’azione congiunta denominata Protecting rights at Borders (Prab) Initiative per promuovere la tutela dei diritti umani lungo le frontiere europee.
Naufragio in Tunisia: 17 dispersi
14 Maggio 2021 - Milano - Medici senza frontiere torna nel Mediterraneo. L’organizzazione non governativa ha annunciato ieri di aver noleggiato in Norvegia una nave, la Geo Barents, che entro due settimane sarà operativa per soccorrere migranti: «Di fronte alle morti incessanti e alla colpevole inazione degli Stati – hanno dichiarato i responsabili italiani di Msf – siamo obbligati a tornare in mare per il settimo anno consecutivo facendo la nostra parte per fermare queste tragedie». Una decisione che avviene nel giorno dell’ennesima tragedia: mentre Alarm Phone segnala un altro gommone in difficoltà, con 100 migranti a bordo, al largo delle coste libiche, l’OIM diffonde la notizia di un naufragio al largo della costa tunisina di Zarzis. Un’imbarcazione con 19 persone a bordo è affondata e 17 di loro risultano disperse. Salve solo due donne della Nigeria. Le sopravvissute hanno raccontato che il gommone era partito dalla Libia domenica e che il motore si è rotto in mare. Zarzis si trova a circa 70 chilometri dal confine libico. Nel frattempo, proseguono gli sbarchi anche a Siracusa (70 le persone arrivate) e nel Salento (13, di nazionalità afghana). Da gennaio hanno perso la vita più di 500 persone, che si aggiungono alle quasi duemila annegate tra 2017 e 2019. Intanto a Lampedusa comincia a svuotarsi l’hotspot che negli ultimi giorni ha accolto oltre 1.700 persone: con la tregua del maltempo, ieri 600 sono saliti sulla nave quarantena e altri 250 minori sono stati imbarcati per Taranto. Il sindaco dell’isola insieme al governatore della Sicilia, Nello Musumeci, ha incontrato il ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese, cui ha chiesto maggior impegno perché il carico della prima accoglienza non gravi soltanto su alcune realtà locali. Peraltro anche la presidente di Msf, Claudia Lodesani, ha lamentato che «i governi europei, in particolare Italia e Malta, hanno abbandonato l’attività di ricerca e soccorso e hanno deliberatamente ostacolato, se non criminalizzato, l’azione delle Ong» e ha chiesto un incontro a Draghi per ottenere il ripristino del sistema Sar, la fine dei finanziamenti alla Guardia costiera libica e una politica più stabile sui flussi migratori.
Fcei: appello alle Chiese protestanti europee a “prendere posizione e agire per Lampedusa”
13 Maggio 2021 -
"Vi preghiamo di prendere posizione davanti ai vostri governi per appellarli ad agire per Lampedusa” ed "affermare che Lampedusa è l’Europa; che i migranti nell’hotspot non sono italiani ma europei e che sfidano le politiche e la moralità europee": è l'appello alle istituzioni e alle Chiese protestanti europee lanciato oggi da Mediterranean hope, programma migranti e rifugiati della Federazione delle Chiese evangeliche in Italia, che in queste ore sta gestendo la difficile situazione degli sbarchi sull’isola siciliana, con oltre 2.000 arrivi negli ultimi giorni e l'hotspot sovraffollato. "Quello a cui abbiamo assistito al molo, accogliendo e assistendo chi arrivava - scrivono nella lettera il pastore Luca Maria Negro, presidente della Fcei e il coordinatore di Mediterranean hope, Paolo Naso -, è che molti di loro sono rimasti feriti, maltrattati, donne incinte, alcuni incapaci di reggersi in piedi. Tra loro anche tanti bambini; alcuni piangevano per parenti che avevano perso la vita cercando di attraversare un mare che, invece di speranza e redenzione, portava disperazione e morte". Come denunciato ieri dal parroco di Lampedusa, anche la Fcei racconta di centinaia di persone lasciate sul molo "per ore, senza wc, moralmente e fisicamente distrutte". "Ora i migranti sono stati ospitati nel cosiddetto hotspot e molti di loro dormiranno senza letto o cuscino - ricordano -. Dov’è l’Europa in questo quadro?". Situazione che accade "anche a Lesbo e in altri luoghi" ma "il fatto che le tragedie siano molteplici non riduce l’impatto o il peso di una singola tragedia". La Fcei ricorda le tante politiche che possono essere adottate per aiutare i migranti: "L’apertura di corridoi umanitari; un aumento delle quote nazionali per il reinsediamento nel quadro del Global compact delle Nazioni Unite sui rifugiati e della strategia triennale sul reinsediamento e sui percorsi complementari; la moltiplicazione delle ricollocazioni dall’Italia e da altri Paesi più esposti; sostenere un piano d’azione organico dell’Ue che consideri la migrazione globale non come un’emergenza ma come un processo normale e a lungo termine". "Come dirigenti della Chiesa - concludono - avete l’autorità morale per sollevare una questione umanitaria, anche se politicamente controversa".
Don La Magra: dare voce quando vengono negati i diritti
12 Maggio 2021 - Lampedusa - “Chiediamo che le persone vengano portate via da Lampedusa e ci si organizzi perché non si ripeta ciò che è avvenuto negli ultimi giorni: centinaia di persone ammassate sul molo in condizioni igieniche precarie, senza la possibilità di ripararsi e nutrirsi adeguatamente, senza servizi igienici. L’accoglienza, anche se temporanea, va fatta nel migliore dei modi”. A parlare all'agenzia Sir è don Carmelo La Magra, parroco di Lampedusa e già direttore Migrantes della diocesi di Agrigento. Negli ultimi giorni sono sbarcate sull’isola maggiore delle Pelagie oltre 2.000 persone, con l’hot spot di Contrada Imbriacola sovraffollato. Al momento vi sono persone in attesa del trasferimento sulle navi quarantena o sui traghetti di linea verso la Sicilia. Ma per due notti centinaia di persone sono state costrette a dormire sul molo Favaloro, ora svuotato. I volontari della parrocchia di San Gerlando e del Comitato “Lampedusa solidale” hanno distribuito acqua, succhi di frutta e coperte termiche e denunciato le condizioni pessime dell’accoglienza. “l'altro ieri 200 persone hanno passato la notte sul molo, in condizioni igieniche terribili – racconta don La Magra -. Ci sono solo due bagni ma inutilizzabili perché nessuno ne cura la pulizia. Le persone sono state costrette ad urinare nelle bottiglie di plastiche, a dormire in mezzo alla spazzatura. Il giorno prima erano in 600 persone, ammassate in una striscia di cemento, senza la possibilità di muoversi e senza un pranzo o una cena, solo qualche cracker o snack nell’attesa dei trasferimenti”. “Siamo sempre con gli occhi aperti, pronti a dare voce quando vengono negati i diritti essenziali – precisa il parroco -. Come al solito le persone migranti sono considerate persone di serie B. Perché se ci fossero state anche solo cinque persone italiane a dormire sul molo si sarebbe scatenato un caso politico”.
Storia di Favour, che in Italia è riuscita finalmente a studiare
12 Maggio 2021 - Torino - Favour Izu ha 26 anni, è originaria di Ogume, un paese nella regione del delta del Niger, in Nigeria. È arrivata in Italia il 26 giugno del 2016 con un barcone approdato sull’isola di Lampedusa. Ha passato qualche giorno vicino a Firenze e poi è venuta a Torino, ospite della signora che le ha pagato il viaggio, 25mila euro, le dice. Per la restituzione del debito, la signora la mette a fare “lavori sporchi”, come li chiama Favour.
In poco più di un anno Favour riesce a mettere insieme i soldi e si riscatta, decide di uscire dal giro. Si sente libera di iniziare una nuova vita, quella per cui è andata via dal suo paese.
La prima cosa che vuol fare è imparare l’italiano; finora ha parlato solo in inglese o nella sua lingua madre, l’ukwani. Viene così in contatto con i corsi che si tengono all’Ufficio Pastorale Migranti (Migrantes) e li frequenta per sei mesi; il passo successivo è frequentare un CPIA per prendere la licenza media, che ottiene alla scuola di via Bologna nel 2018.
Vuole continuare a studiare e quello stesso anno si iscrive all’Istituto professionale del turismo, ai corsi serali, così di giorno può lavorare come cameriera in una mensa aziendale e la sera frequentare le lezioni, anche per lei più online che in presenza, causa Covid. Questo è l’ultimo anno, c’è l’esame, dopo il quale Favour spera di ottenere un lavoro consono a quello che ha studiato. Le piacerebbe fare l’operatrice turistica, oppure lavorare in un albergo, ma per il momento va bene continuare con il lavoro alla mensa.
Le sue materie preferite a scuola sono arte, italiano e inglese che sa già abbastanza bene, perché l’ha studiato da piccola a scuola in Nigeria. Infatti, a Favour è sempre piaciuto studiare. “Quando ero piccola, volevo fare la segretaria” racconta, “però ho dovuto smettere la scuola dopo le elementari”.
La sua è un’infanzia complicata. Il padre non l’ha mai conosciuto e la madre, per mandarla a scuola, la affida a una zia che sta nella capitale dello stato di Edo, dove rimane dai 5 ai 10 anni. Poi però la zia ha problemi familiari e non può più tenerla con sé. Torna dalla mamma, che nel frattempo aveva trovato un lavoro come bidella; ma quando poco dopo la madre si risposa, il nuovo marito non vuole avere in casa i quattro figli del matrimonio precedente e ciascuno di loro deve cercare la sua strada.
Favour finisce così a 12 anni a vivere da una signora anziana, la cui figlia è emigrata in Italia, per fare la baby-sitter ai suoi nipotini, non può più andare a scuola. Rimane con lei per alcuni anni; lì si sente spesso dire: “Perché non vai anche tu in Italia. Puoi guadagnare un sacco di soldi.” Ma lei ha l’idea di restare in Nigeria, riprendere appena possibile a studiare e costruirsi un futuro lì.
A parte il lavoro con i bambini, che le garantisce anche vitto e alloggio, cerca di fare un po’ di soldi vendendo acqua per strada. Un giorno, mentre torna a casa, viene aggredita da un gruppo di ragazzi, che la derubano e la violentano. Favour finisce in ospedale e ci resta per quasi un mese, ferita nel corpo e nell’animo. Quando torna a casa della signora da cui faceva la baby-sitter, di nuovo le propongono di andare in Italia. Lei scappa, ha paura, non sa cosa fare. Sente che le hanno tolto il futuro che cercava di costruirsi lì, mettendo via i soldi guadagnati con l’acqua, che le hanno tolto la sicurezza. Però inizia a pensare che per lei la vita è altrove, che deve andare via dalla Nigeria.
Prende contatto con un’altra signora che le organizza il viaggio. Dopo due mesi è in Italia. Qui, nonostante i “lavori sporchi” e le imposizioni che inizialmente subisce, riesce a ricostruire un’idea di sé e di quello che vuole fare, riesce a non essere più vittima, a intravedere un futuro e a ricominciare a studiare: “Sto facendo solo ora quello che avrei dovuto fare prima.” Però lo sta facendo ed è quello che voleva. Dice ancora Favour: “Se penso a come ho vissuto la mia infanzia e ai primi tempi qui in Italia, ne ho fatta di strada, e tutto, pian piano, è arrivato”. (www.migrantitorino.it)
Lamorgese: flussi regolari, più corridoi e regole giuste per i migranti
12 Maggio 2021 - Roma - “Tutte le statistiche storiche evidenziano un aumento degli sbarchi nella stagione estiva. Ora, i numeri assoluti relativi ai primi mesi del 2021 sono superiori a quelli del 2020. Lo sono anche perché la crisi sociale ed economica innescata dal Covid-19 ha colpito in modo duro anche il continente africano. In ogni caso, la situazione va gestita tenendo conto dei picchi stagionali e della pandemia”. Lo dice questa mattina il ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese, in una intervista al quotidiano “Avvenire” sottolinea che da tempo, in previsione degli incrementi degli sbarchi in estate, “stiamo insistendo con tutti gli interlocutori europei, coinvolti come noi nella complessa trattativa sul nuovo Patto Immigrazione e Asilo proposto dalla Commissione”. Lamorgese ha chiesto una “tempestiva attivazione di un meccanismo d’emergenza finalizzato al ricollocamento nei Paesi dell’Unione disponibili dei migranti salvati in mare durante eventi di soccorso e ricerca”. La responsabile del Viminale è stata in Libia e il 20 maggio tornerà a Tunisi insieme alla commissaria europea Ylva Johansson. “La presenza dell’Europa è fondamentale per stabilizzare quei Paesi e per governare i flussi migratori in una logica di partenariato che sappia comprendere, nello stesso pacchetto – dice sl quotidiano - progetti di sviluppo, azioni contro il traffico d’esseri umani e garanzie per il rispetto dei diritti umani dei migranti”. Sulla scorta dell’arrivo di decine di barconi carichi di migranti giunti a Lampedusa nell’ultimo fine settimana, “non possiamo – aggiunge rispondendo alle domande del giornalista Vincenzo Spagnolo - pensare di affrontare una situazione così complessa, causa di tragedie in mare, senza puntare molti sforzi per favorire la stabilizzazione del quadro politico in Libia. Il governo di unità nazionale, formato da pochi mesi, va messo in condizione di operare ed estendere il suo controllo su tutti i tratti di costa interessati dalle partenze dei barconi”. Nella lunga intervista Lamorgese parla anche della legge sullo ius soli e ius culturae: “una riforma di questa portata può essere realizzata solo con la sintesi tra le diverse posizioni politiche. Non è accaduto al termine della scorsa legislatura, quando lo ius soli temperato fu bloccato prima del passaggio decisivo nell’aula del Senato. Io ritengo che, anche in questa fase, sia necessario lavorare per trovare un punto di caduta”. (R.I.)
L’intervista completa https://www.avvenire.it/attualita/pagine/intervista-lamorgese-flussi-corridoi-regole
Sono tutti fermi a Lampedusa e l’Europa torna a dividersi
12 Maggio 2021 - Milano - Gli ultimi, arrivati a Lampedusa a bordo del rimorchiatore Asso, sono stati recuperati aggrappati su un impianto petrolifero galleggiante. Vi sono saliti legando i jeans tra loro. Li ha trovati così, il comandante che ieri ha salvato 17 persone. «C’erano anche sette minorenni e una donna – aggiunge –. Vengono da Nigeria, Ghana, Gambia, Liberia. Saranno partiti sei mesi fa da casa. Ci avevano avvisato i libici, la Guardia costiera in certi punti non arriva, e nel momento in cui sono a bordo io sono costretto a portarli in Italia. Sarà la quarta operazione che faccio da dicembre». Lampedusa è un’isola stremata. Il vento forte e il mare agitato rallentano gli arrivi ma anche i trasferimenti sulle navi quarantena e in altri porti. La Prefettura di Agrigento ha programmato il trasferimento di 80 migranti, ieri sera, con il traghetto di linea "Cossydra", atteso stamattina all’alba a Porto Empedocle. Sempre per stamattina è in programma il trasferimento di altre 200 persone con il traghetto "Sansovino". Nella rada di Lampedusa c’è la nave quarantena "Azzurra", con 600 posti disponibili ma bloccata a causa del mare agitato. Non è chiaro se riuscirà nelle prossime ore ad attraccare a Cala Pisana. Nel frattempo, il centro di accoglienza dell’isola è arrivato ad ospitare fino a 1.700 persone a fronte di una capienza massima di 250. Molti hanno passato l’ultima notte all’addiaccio, sul molo. «Ancora 200 persone migranti hanno passato la notte sul molo Favaloro a Lampedusa in condizione igieniche indescrivibili e con i servizi igienici inutilizzabili, costretti ad urinare in bottiglie di plastica. Governo dei migliori... Vergogna» accusa il parroco dell’isola, don Carmelo La Magra, che aggiunge: «Continuare a chiamare emergenza un fenomeno che si ripete allo stesso modo per decenni serve solo a deresponsabilizzare la politica. "Buoni" e "cattivi" continuano a parlare di migranti, ma nessuno sembra proporre soluzioni concrete». E così la piccola isola delle Pelagie si trova ancora sola in prima linea ad affrontare l’emergenza umanitaria. E nel mirino delle proteste anti-migranti ci finisce anche il sindaco, Totò Martello. Insulti, soprattutto sui social, al primo cittadino alle prese con la redistribuzione e la sicurezza sanitaria delle persone giunte stremate sull’isola.
«Gli eventi nel Mediterraneo centrale dimostrano che serve una forte iniziativa europea per salvare vite in mare e proteggere le persone in stato di necessità» sottolinea il presidente del Parlamento europeo, David Sassoli, in un post su Twitter dopo l’incontro con l’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati, Filippo Grandi. Ma rimane sempre al centro anche l’operazione da molti auspicata su salvataggi congiunti ed europei nel Mediterraneo. Anche se la commissaria europea, Ylva Johansson, sembra voler prender tempo. «È sempre un obbligo salvare vite in mare e questo non è negoziabile. Ma il modo migliore è evitare queste partenze pericolose, per questo dobbiamo migliorare le condizioni di vita e la protezione delle persone che ad esempio si trovano in Libia. Dobbiamo lottare contro i trafficanti e continuare a sostenere i rimpatri volontari verso i Paesi di origine. Queste sono le tre cose più importanti da fare» sottolinea. (D. Fassini)
Creare valore tra l’immobilità e la stabilizzazione.
11 Maggio 2021 - Roma - Il rapporto sugli indicatori demografici dell’Istat, fotografa l’effetto della pandemia sui flussi migratori: immobilità e stabilizzazione. Il saldo migratorio netto con l’estero è l’esatta metà di quello rilevato nel 2019. Per milioni di persone è stato impossibile spostarsi, sia in entrata che in uscita, indipendentemente dalle ragioni di lavoro, studio o necessità. Allo stesso tempo, il trend della popolazione straniera in Italia si stabilizza piuttosto a causa di cambiamenti giuridici che ad un'effettiva riduzione della crescita del numero di stranieri.
“Abbiamo conosciuto alcuni dei giovani migranti che si confondono tra questi numeri” dice Marco Ruopoli, presidente dell’Impresa Sociale di Roma Sophia impegnata dal 2013 per l’accoglienza e l’integrazione dei migranti. “Leggere che sono 100 mila le persone che hanno ottenuto la cittadinanza italiana ci conforta da una parte, ma ci porta a domandarci quanta difficoltà abbiano dovuto affrontare alcuni giovani prima di arrivare a questo traguardo”.
Sophia Impresa Sociale ha appena concluso il progetto “Creare Valore Attraverso l’Integrazione” che ha affiancato 20 giovani migranti in condizione di particolare vulnerabilità nel percorso di integrazione in Italia. Alcuni di questi giovani erano arrivati in Italia da poco quando il progetto è stato avviato, altri invece erano in Italia o in Europa da anni. “Purtroppo il tempo che si passa in Europa non è proporzionale allo stato di avanzamento del percorso di integrazione”, commenta un altro collaboratore di Sophia.
Grazie al sostegno della campagna Liberi di Partire Liberi di Restare della CEI, questo progetto ha potuto dare una svolta concreta alla vita di tutti questi ragazzi, non solo prendendone in carico la posizione legale, ma permettendo loro di compiere quei passi quotidiani per vivere dignitosamente. Al termine del progetto tutti infatti hanno ottenuto un inserimento lavorativo, trovato un alloggio sicuro e migliorato la lingua italiana.
“La chiave di volta del progetto è stato pensare di costruire qualcosa insieme a questi ragazzi e non soltanto per loro” dice il presidente di Sophia parlando delle iniziative progettuali di lavoro in Italia e all’estero che sono sorte conoscendo i giovani beneficiari, anche in un momento in cui il mercato del lavoro e gli spostamenti sono bloccati a causa della pandemia. “Cambiando prospettiva, abbiamo potuto dare un’interpretazione che non ci aspettavamo al motto liberi di partire liberi di restare”.
Queste parole fanno eco alle parole del Santo Padre che nell’incipit del Messaggio per la 107esima Giornata del Migrante e del rifugiato, si appella alla Chiesa e ai cattolici per essere maggiormente inclusivi con chi è in difficoltà perché “siamo tutti sulla stessa barca” per camminare “verso un noi sempre più grande”.
UNHCR: “serve un meccanismo europeo prevedibile ed efficiente per salvare le persone in mare”
11 Maggio 2021 - Roma - “Il fatto che durante questo fine settimana abbiamo assistito a nuovi arrivi attraverso il Mediterraneo centrale è un’ulteriore dimostrazione di quanto sia necessario il Patto europeo sulla migrazione e l’asilo. L’Europa ha bisogno di un meccanismo prevedibile per affrontare queste questioni. È vero, sono arrivate diverse imbarcazioni; ma si tratta di numeri gestibili”. Lo ha affermato l’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati, Filippo Grandi, nel corso di una conferenza stampa congiunta con il commissario europeo per gli Affari interni, Ylva Johansson, che si è svolta ieri sera. “Con un meccanismo razionale e concordato, noi riteniamo che la situazione sarebbe gestibile – ha detto -. Anche se, come sempre all’inizio dell’estate, ci sono più arrivi, abbiamo bisogno di un meccanismo più prevedibile e efficiente guidato dagli Stati per salvare le persone in mare, perché nelle ultime settimane abbiamo anche avuto molte perdite di vite umane. Abbiamo bisogno, ovviamente, di un meccanismo prevedibile per lo sbarco e il trasferimento. Abbiamo bisogno di fermare i respingimenti che stanno avvenendo lungo tutta la frontiera esterna dell’Unione europea e abbiamo bisogno di un meccanismo per indagare su questi respingimenti quando essi si verificano”. Grandi chiede anche “un meccanismo che trovi un punto di equilibrio tra procedure di arrivo adeguate e solidarietà attraverso la ricollocazione”, ricordando che il 90 per cento dei rifugiati, richiedenti asilo e le altre persone sotto la protezione dell’UNHCR non vivono in Paesi ricchi ma sono accolti in Africa, in Medio Oriente, in Asia. Serve anche “un buon meccanismo efficiente ed equo, basato sui diritti, di rimpatrio di coloro che non sono riconosciuti come rifugiati”, “l’ampliamento del reinsediamento, ossia l’accoglienza da parte degli Stati europei di rifugiati da altri Paesi di asilo – come per esempio il Libano, la Turchia, il Kenya, il Pakistan e così via”, come pure “aiutare i Paesi che ospitano un gran numero di rifugiati, o i Paesi di transito, come i Paesi dell’Africa, per esempio, a gestire meglio questi movimenti, in modo che si possa evitare che le persone affrontino nuovamente viaggi pericolosi”. (P.C. – Sir)
Cittadini del Mondo: A Foligno una riflessione su migranti e accoglienza
11 Maggio 2021 - Foligno - Domani, mercoledì 12 maggio, nell’aula magna dell’Istituto Tecnico Tecnologico L. Da Vinci in Foligno si terrà il convegno “È il momento della vergogna”, promosso dall’ITT Leonardo da Vinci e dal Comitato 3 Ottobre.
L’evento rappresenta la conclusione di un percorso formativo triennale realizzato all’interno del “Progetto Cittadini del mondo” promosso dalla Diocesi di Foligno e intende essere uno spazio per riflettere su nuovi migranti, accoglienza e integrazione.
Insieme alle classi coinvolte nel percorso, interverranno, Simona Lazzari dirigente scolastica dell’ITT Leonardo da Vinci, Tareke Brahme Presidente del “Comitato 3 ottobre”, Don Luigi Filippucci Direttore regionale della Migrantes e Responsabile del Progetto Cittadini del Mondo, Padre Nicolae Chiosa Collegio Traian Lalescu di Resita (Romania), Don Francesco Pierpaoli responsabile dell’Agorà del Mediterraneo, moderatore Prof. Carlo Felice.
Gen Verde: un videoclip sui naufragi di migranti
11 Maggio 2021 - Roma - Non permettere mai all’indifferenza di prendere il sopravvento ma avere il coraggio di piangere di fronte al dolore e la capacità di prenderci cura degli altri. Questo il messaggio che il Gen Verde, complesso musicale internazionale, vuole lanciare con il nuovo videoclip ( https://youtu.be/8iaemHN4r1c) in Spagna sulle note della canzone “Chi piange per te?”. Un brano dedicato ad una bimba morta in uno dei tanti naufragi nel Mediterraneo e ritrovata in un hangar di Lampedusa con addosso ancora delle “scarpe di vernice”. Era il 3 ottobre 2013 e quel naufragio, dove persero la vita 368 persone (accertate), fu purtroppo solo l’inizio di una ininterrotta serie di altre tragedie. È di sole due settimane fa la morte per annegamento di oltre 130 persone al largo della Libia. “Abbiamo sentito la necessità di dare voce a chi, disperso in mare, ha perso non solo la vita ma anche la propria identità”, spiega Alessandra Pasquali, componente del Gen Verde al Sir. La canzone è stata cantata nella piazza principale di Lampedusa, l’isola dove, oltre agli approdi, si accolgono anche i corpi senza vita e senza nome di centinaia di migranti. “Questa canzone vuole essere una ninna nanna per questa bambina che hanno trovato nella stiva di una nave con indosso il suo vestito più bello e le sue scarpe di vernice come se dovesse andare in un posto bellissimo. Non sapremo mai il suo nome”. Proprio a Lampedusa, Papa Francesco, nel 2013, lanciò un grido: “Siamo caduti nella globalizzazione dell’indifferenza. Ci siamo abituati alla sofferenza dell’altro, non ci riguarda, non ci interessa, non è affare nostro!”. “Ci siamo ispirate a quelle parole del Papa che purtroppo sono ancora attuali e riguardano varie situazioni drammatiche nel mondo”, racconta Alessandra. “Questa canzone e il video che l’accompagna vogliono essere un invito ad avere sempre il coraggio e la capacità di piangere per queste morti, a non abituarci alle scene di naufragio e sbarco che vediamo in tv e a non permettere mai all’indifferenza di prendere il sopravvento”. La canzone parla anche di chi ha avuto pietà ed ha teso le mani a chi era disperso in mare salvandogli la vita. “Finché ci abitueremo a queste immagini e ci abitueremo all’idea che delle persone possono morire in mare, abbiamo perso tutto. È quindi un richiamo a quel senso di umanità che tutti abbiamo dentro e che dobbiamo tenere sveglio chiedendoci: cosa posso fare? Qual è la mia parte?”. Composto da 19 artiste di 14 nazioni, il Gen Verde International Perfoming Arts Group si ispira al carisma dell’unità del Movimento dei Focolari e fa dell’internazionalità e multiculturalità i suoi punti di forza. “L’arte – dice Alessandra – ha la capacità di muovere i cuori, arrivare alle emozioni, alla parte viva che è in ciascuno di noi. L’arte riesce ad entrare in contatto anche con quella parte fragile e vulnerabile che abbiamo e per questo consente di sentire il dolore dell’altro, risvegliare le coscienze, credere che, se ciascuno fa la sua parte, può contribuire a costruire un mondo migliore, un mondo più giusto e più umano per tutti”.
Centro Astalli: cordoglio per ultimo naufragio
11 Maggio 2021 - Roma - Il Centro Astalli esprime “profondo cordoglio” per le vittime dell’ultimo naufragio in cui hanno perso la vita 5 persone, tra cui un bambino, e “forte preoccupazione” per “le circa 700 persone che nelle ultime ore sono state riportate in Libia dove corrono il serio pericolo di subire violenze e abusi”. “L’Europa affronta da anni le migrazioni come se si dovesse difendere da una costante minaccia alla propria sicurezza”, dice il presidente del Centro Astalli, p. Camillo Ripamonti, in una nota: “si sente vulnerabile davanti a chi privo di tutto, disperato, è realmente in pericolo di vita e ci chiede salvezza e giustizia. Ogni giorno sempre più indifferenti e assuefatti al dolore altrui continuiamo a respingere e lasciar morire”. Il Centro Astalli chiede un segnale di discontinuità al governo: “Si attivi un’operazione navale nel Mediterraneo con la missione di intercettare e salvare i naufraghi. L’Europa venga richiamata alle proprie responsabilità: si aprano vie legali di ingresso e canali umanitari. Si evacui la Libia e si ponga fine al traffico di esseri umani”.
Ragazzi migranti produrranno pasta fresca e ostie in Calabria
10 Maggio 2021 - Rogliano - S.A.M., è un acronimo derivato dal nome di tre ragazzi migranti – Sadia Diaby e Adama Traore entrambi hanno 21 anni e vengono dal Senegal, Madi Minougouy, 20 anni dalla Costa D’Avorio. S.A.M. sta ad indicare la cooperativa che hanno costituito lo scorso aprile a Rogliano, in Calabria, per avviare un’impresa per la produzione di pasta fresca e ostie. I tre ragazzi sono arrivati in Italia da due anni, Sadia e Adama dal 2019 fanno parte del progetto “Allarga lo spazio della tua tenda” della Migrantes di Cosenza-Bisignano e ospiti di ‘Casa Nico’, esperienza di Terza Accoglienza realizzata in collaborazione con il Gruppo Adulti di Azione Cattolica della Parrocchia S. Cuore di Gesù e Madonna di Loreto a Cosenza.
I tre ragazzi si sono preparati frequentando un corso per maestri pastai attraverso il tirocinio e il laboratorio. La loro storia sarà raccontata nel numero di questa settimana, del settimanale della diocesi di Cosenza-Bisignano “Parola di Vita”.
A conclusione del percorso hanno deciso di mettersi assieme fondando la cooperativa che è finanziata dalla Fondazione con il Sud nell’ambito del bando “Immigrazione con il Sud”, progetto per l’inserimento socio occupazionale degli immigrati. Sadia, Adama e Mady saranno seguiti nella gestione della start-up dalla FO.CO. Onlus, una cooperativa che insieme con altre associazioni che operano nel Sud Italia fa da incubatore d’impresa.
L’acquisto dei macchinari, le spese per l’affitto e l’adeguamento del locale saranno sostenute dal programma “Fare sistema oltre l’accoglienza”, un piano di inclusione per persone in condizioni di vulnerabilità che si sviluppa in diverse attività di formazione, inserimento lavorativo e sociale. Un team di persone seguirà i ragazzi anche per il marketing per il contatto con i primi clienti fino alla loro piena autonomia.
Salvatore Brullo, presidente della Fo.Co., spiega che i tre ragazzi hanno accolto con coraggio e fiducia una sfida ed un progetto di vita: “la sfida di trasformare la loro condizione individuale da persone assistite, bisognose di aiuto, a contribuenti attivi della società, persone che investono su se stessi con il progetto di diventare imprenditori che generano ricchezza sociale ed economica per il territorio. Crediamo molto in questo tipo di iniziative e abbiamo investito le nostre risorse per fare sì che la cooperativa S.A.M. abbia successo imprenditoriale.
Ida Falcone, socia fondatrice della Mi.Fa. - Missione Famiglia -, partner del progetto della start-up dei tre ragazzi aggiunge che oggi i migranti sono parte integrante del nostro tessuto sociale, sono una risorsa e una ricchezza: “spero che l’esperienza della S.A.M. ci spinga a mettere in campo azioni concrete di lavoro per i giovani, stranieri e italiani. Adama Traore, presidente della cooperativa, racconta che è felicissimo di avviare questa impresa e la sua famiglia in Senegal è orgogliosa di lui.
Oltre 1.400 migranti approdati a Lampedusa.
10 Maggio 2021 - Roma - Lampedusa torna a fare i conti con l'arrivo di migranti. Nove approdi nel giro di poche ore, domenica, e hot spot sotto pressione con circa 1.450 persone già all'interno del centro, come confermato dal sindaco, Totò Martello. Un test, precisa il primo cittadino citando fonti del Viminale, sarebbe già risultato positivo facendo scattare l'isolamento. "Abbiamo avuto tre nuovi sbarchi di migranti a Lampedusa a bordo di barconi, in tutto ci sono all'incirca 500 persone e stanno bene, non ci sono casi disperati", raccontava a inizio giornata il sindaco Martello. A distanza di poche ore, altri arrivi sull'isola con l'approdo di 470 migranti e, a stretto giro, ancora altri fino ad arrivare a nove. Gli ultimi due sono stati rispettivamente di 100 e 29 persone. Si tratta soprattutto di uomini, ma ci sono diverse donne, alcuni bambini e anche una neonata. Tutti coloro che arrivano sull'isola vengono portati nell'hotspot, poi sottoposti a test sul Covid-19, prima del trasferimento sulle navi quarantena. Gli sbarchi potrebbero però non essere terminati. Anche Alarm Phone continua a lanciare l'allarme sui viaggi della speranza. Lo fa a più riprese. "
Pavia: la Veglia per i migranti morti in mare presieduta da mons. Sanguineti
7 Maggio 2021 - Pavia - Si è svolta mercoledì 28 aprile nella chiesa di San Primo, a Pavia, alle ore 19.30, la veglia di preghiera in memoria dei migranti morti in mare. La veglia è stata presieduta dal vescovo, mons. Corrado Sanguineti nella chiesa di San Primo, da don Davide Rustioni, ed è stata animata dalla Comunità di Sant’Egidio. “Chissà quanti scompaiono inghiottiti dalla morte e di cui non sapremo mai nulla – ha detto il Vescovo, Mons. Sanguineti, durante la veglia, particolarmente partecipata –: noi siamo qui proprio per lasciarci inquietare e ferire dal dolore dei nostri fratelli. E pregare, anche se ci sentiamo poveri e impotenti. A guidarci è la parabola del buon samaritano, che ci fa entrare in uno sguardo capovolto, aperto alla sofferenza di chi ci sta accanto. Così come ci fornisce una prospettiva nuova la risposta di Gesù che ribalta la domanda del dottore della legge dicendo che prossimo è semplicemente chi sentiamo tale. Si tratta dunque – ha proseguito il Vescovo – di accogliere la chiamata che il fratello e la sorella ci rivolgono: prossimo è colui a cui ci facciamo prossimi ascoltando il suo grido di aiuto”. Soccorrere concretamente, prendersi cura fino in fondo sono dunque due delle direttrici che vanno prese per evitare le tragedie del mare, in cui numeri sempre maggiori di persone perdono la vita alla ricerca di una esistenza più dignitosa: “Certo, non è un problema di facile soluzione, ha considerato Monsignor Sanguineti –: c’è la questione dei trafficanti di uomini, che usano sofferenza e disperazione per costruire un sistema basato sulla violenza, sull’estorsione e sul ricatto; poi ci sono altri tipi di ‘briganti’: coloro che rimbalzano le proprie responsabilità, coloro che costruiscono sulla tratta e sulle migrazioni il proprio impero personale. Questa sera preghiamo, affinché ci siano sempre più uomini di buona volontà che salvino e soccorrano. E liberiamo la vergogna che proviamo quando ci rendiamo conto di far parte di una umanità cieca, sorda e indifferente; anche perché nessuno è esente dal rischio di far finta di non vedere e di voltarsi dall’altra parte. lasciamo che il nostro cuore faccia spazio a commozione, inquietudine e vergogna e che impari a far nascere dentro di sé una domanda di pietà e misericordia per i fratelli e le sorelle affogati nell’indifferenza, senza un volto e senza un nome: Dio raccoglie ogni lacrima e accoglie ogni anima nel suo abbraccio tenero e fedele, santo e misericordioso”. (Si.Ra. – Il Ticino)
Unhcr: in 10 anni permessi a 1,5 milioni di persone in 36 Paesi
6 Maggio 2021 - Roma - Nel decennio precedente alla pandemia, grazie al rilascio di permessi per motivi familiari, di studio o attività lavorativa almeno 1,5 milioni di persone sono state accolte come rifugiati da 35 Paesi Oecd/Ocse e dal Brasile. È quanto rivela un nuovo rapporto intitolato “Safe pathways for refugees II”, realizzato dall’Unhcr, Agenzia Onu per i rifugiati, insieme all’Oecd/Ocse, Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, prendendo in esame le ammissioni di persone in fuga da 7 Paesi: Afghanistan, Eritrea, Iran, Iraq, Somalia, Siria e Venezuela, avvenute dal 2010 al 2019. Degli 1,5 milioni di permessi per motivi non umanitari rilasciati nell’arco del decennio in esame, 156.000 sono stati concessi nel solo 2019. “Siamo incoraggiati dagli enormi sforzi profusi da numerosi Stati per l’ammissione di rifugiati mediante questi canali complementari e sicuri. Canali che hanno consentito di riunire famiglie costrette a fuggire e hanno dato ai rifugiati l’opportunità di mettere a frutto il proprio talento, le proprie capacità e competenze”, ha dichiarato Gillian Triggs, assistente Alto Commissario Unhcr per la protezione. I dati relativi al 2020 non sono ancora stati elaborati, tuttavia le due organizzazioni prevedono un calo significativo del numero di ammissioni per effetto della chiusura delle frontiere e delle restrizioni ai movimenti di persone imposte in relazione alla pandemia di Covid-19. “Dobbiamo impedire che il Covid-19 vanifichi gli eccezionali progressi compiuti in relazione all’ampliamento dei canali di ingesso sicuri – ha affermato Triggs -. Sebbene non sostituiscano i reinsediamenti e le ammissioni per motivi umanitari, che offrono forme di protezione legale più solide e a lungo termine, essi rappresentano comunque meccanismi di ammissione sicuri, capaci di salvare vite umane e di cui molti rifugiati possono beneficiare”. L’Unhcr lancia perciò un appello “affinché un maggior numero di Paesi si impegni a reinsediare i rifugiati, incrementare la disponibilità di canali sicuri e ridurre gli ostacoli posti alle ammissioni”. Numerosi rifugiati, impossibilitati a ricongiungersi ai propri famigliari tramite canali sicuri e regolari, spesso ricorrono a viaggi pericolosi, via terra o via mare, per varcare le frontiere internazionali. Da ricordare che i Paesi in via di sviluppo accolgono l’85% dei 26 milioni di rifugiati presenti nel mondo.
Fratellanza e migrazione nelle parole di Papa Francesco
6 Maggio 2021 - Torino - “Verso un ‘noi’ sempre più grande” è il titolo scelto da Papa Francesco per il suo messaggio che annuncia la prossima Giornata mondiale del Migrante e del Rifugiato, la 107esima, che si terrà domenica 26 settembre 2021. Il richiamo evidente è all’enciclica “Fratelli tutti”, perché alla fine non ci siano più ‘gli altri’, ma solo un ‘noi’ universale, tutti temi emersi anche nel recente viaggio iracheno.
La migrazione è un tema ricorrente nelle parole del pontefice. Solo qualche settimana fa, di ritorno dal viaggio in Iraq, il papa aveva dichiarato ai giornalisti presenti sul suo aereo: “La migrazione è un diritto doppio: diritto a non migrare, diritto a migrare. Questa gente non ha nessuno dei due, perché non possono non migrare, ma non sanno come farlo. E non possono migrare perché il mondo ancora non ha preso coscienza che la migrazione è un diritto umano.” Il Papa sa benissimo anche che “la migrazione” viene vissuta “come un’invasione.” Per questo aveva voluto ricevere il papà di Alan Kurdi, “bambino, che è un simbolo, un simbolo che va oltre un bambino morto nella migrazione, un simbolo di civiltà che muoiono, che non possono sopravvivere, un simbolo di umanità”. E poi aveva aggiunto: “servono urgenti misure perché la gente abbia lavoro nei propri Paesi e non debba migrare, e poi misure per custodire il diritto di migrazione. È vero che ogni Paese deve studiare bene la capacità di ricevere perché non è soltanto la capacità di ricevere e lasciarli sulla spiaggia. È riceverli, accompagnarli, farli progredire e integrarli. L’integrazione dei migranti è la chiave”. Non essere più “altri”, essere tutti “noi”.
Anche gli atti del papa sono simboli, sono atti che mirano a rendere concreto il messaggio della fratellanza universale. Prendiamo ad esempio il recente viaggio in Iraq, il primo compiuto da un pontefice in una regione del mondo dove i cristiani, che un tempo erano una cospicua minoranza, sono stati in gran numero costretti alla fuga e alla migrazione.
Non per caso, il romanziere e poeta iracheno Younis Tawfik, originario di Mosul ma da tanti anni in Italia, ha dichiarato all’Avvenire, lo scorso 9 marzo: “Il tempo cancella inesorabilmente ciò che passa, ma gli uomini giusti non possono venire cancellati. Francesco rimarrà per sempre nella memoria degli iracheni come un uomo giusto”.
A circa due mesi dallo storico viaggio in Iraq di papa Francesco riecheggiano nel cuore di molti iracheni, di giovani, adulti, famiglie musulmane, cristiane, yazide, mandee, caldee le parole di un “uomo giusto” che ha scelto di lasciare la propria terra e di andare a far visita a un popolo martoriato da anni di violenza, di minacce, di torture, di morte. “Finalmente qualcuno s’interessa a noi” e papa Francesco ha scelto di raggiungere questi fratelli come pellegrino penitente, portatore di pace, assolutamente disarmato, inerme, uomo giusto che con gesti semplici ma profetici ed eloquenti e con parole umane e profonde, è stato un balsamo di vita per questa gente, ma balsamo anche per tutti coloro che hanno colto la profondità del messaggio.
Il viaggio in Iraq è stato per Francesco una scelta, quasi una vocazione, ad andare proprio in quella terra, meta già ambita e desiderata dal defunto Papa S. Giovanni Paolo II che al tempo di Saddam Hussein avrebbe voluto recarsi in pellegrinaggio nella terra di Abramo: un ulteriore passo all’insegna della fratellanza. Due anni prima, infatti, ci fu l’incontro storico di Papa Francesco con il Grande Imam di al-Azhar Ahmad al-Tayyeb in cui si firmò il documento sulla Fratellanza umana “una guida per le nuove generazioni verso la cultura del reciproco rispetto, nella comprensione della grande grazia divina che rende tutti gli esseri umani fratelli” (Documento sulla Fratellanza Umana per la Pace Mondiale e la convivenza comune, Abu Dhabi, 4 febbraio 2019). In questo documento entrambe le autorità religiose, insieme alle rispettive comunità, dichiaravano di “adottare la cultura del dialogo come via; la collaborazione comune come condotta; la conoscenza reciproca come metodo e criterio”.
Si è trattato quindi di un secondo passo per dare seguito a “un’inquietudine della fratellanza”, come ha espresso Papa Francesco durante la conferenza stampa ai giornalisti nel suo viaggio di ritorno. E uno dei momenti più significativi, ma non unico di questo viaggio, è stato l’incontro con l’ayatollah Sayyid Ali al-Husayni al-Sistani, persona influente e molto rispettata nel mondo sciita, avvenuto proprio a Najaf, la città santa degli sciiti, luogo sacro dove vi è la tomba di ‘Ali, il loro primo Imam e di molti loro fedeli. Un incontro a porte chiuse ma di grande intensità dove due uomini di fede si sono ritrovati l’uno accanto all’altro riconoscendosi credenti, si sono ascoltati nel pieno rispetto della vita e nell’accoglienza della fede dell’altro, eloquente infatti è stato il gesto dell’ayatollah di accogliere nella sua casa, in piedi, l’ospite di grande riguardo. Papa Francesco, secondo il comunicato della Sala Stampa della Santa Sede, ha ringraziato l’ayatollah al-Sistani per l’impegno assunto “in difesa dei più deboli e perseguitati affermando la sacralità della vita e l’importanza dell’unità del popolo iracheno”. Ha assicurato vicinanza e preghiera e chiesto “al Dio Creatore di tutti, pace e fraternità non solo per gli iracheni ma per il Medio Oriente e il mondo intero”.
Nel successivo incontro interreligioso avvenuto nella piana di Ur, luogo benedetto, che riporta alle origini delle tre fedi monoteiste, dove visse Abramo, figura significativa per ebrei, cristiani e musulmani, Papa Francesco ha esortato questi uomini di fede ma anche l’intera umanità, ad avere sempre due sguardi: uno rivolto al cielo e uno alla terra ricordando che la vera “fratellanza” nasce nella misura in cui facciamo spazio in noi alla dimensione trascendente, ci fidiamo dell’Altro, ci abbandoniamo all’Oltre di Dio che ci fa riscoprire la ricchezza del fratello che ci vive accanto. Perché quanto più alziamo lo sguardo al Cielo tanto più siamo in grado di elevarci dalle “bassezze della terra”, riusciamo ad uscire dalla “schiavitù dell’io” che ci costringe ad occuparci soltanto del nostro piccolo mondo, aprendo gli occhi su un mondo ben più ampio e umano. Questa “linfa vitale” chiamata “fratellanza” è per tutti, e ha spinto “delle stelle nel cielo” a brillare nel buio della notte più oscura della storia irachena: giovani volontari musulmani di Mosul che hanno saputo costruire amicizie fraterne sulle macerie dell’odio risistemando e restaurando insieme a giovani cristiani, le moschee e le chiese distrutte. E’ necessario quindi educarci a quella vera fraternità, educarci a “guardare le stelle” facendo insieme qualcosa di buono e di concreto. Forte e coinvolgente è stata la parola del pontefice rivolta non solo agli uomini di fede, ma anche a tutti coloro che pensano di poter essere costruttori di pace in questo tempo così problematico com’è quello che stiamo vivendo: “sta a noi, umanità di oggi, convertire gli strumenti di odio, in strumenti di pace…; sta a noi mettere a tacere le accuse reciproche per dare voce al grido degli oppressi e degli scartati sul pianeta: troppi sono privi di pane, di medicine, istruzione, diritti e dignità…sta a noi ricordare al mondo che la vita umana vale per quello che è e non per quello che ha, e che le vite di nascituri, anziani, migranti, uomini e donne di ogni colore e nazionalità sono sacre sempre e contano come quelle di tutti”!
Attraverso queste parole forti Papa Francesco ci richiama a una verità non così scontata per noi oggi: la migrazione di tanti fratelli e sorelle che lasciano la “loro terra” in cerca il più delle volte di un “benessere” reale, non solo economico, può aiutarci a scoprire il valore profondo del “migrare” dal nostro piccolo mondo a quello del “fratello” che ci è prossimo. Infatti il cammino della “fratellanza”, come ha ricordato Papa Francesco, è sempre un “cammino in uscita” che comporta un “lasciare” la propria “terra”, le proprie sicurezze, legami e attaccamenti, il proprio gruppo, per “peregrinare alla scoperta del volto dell’altro”.
Infine, un ultimo messaggio che può scuotere anche le nostre coscienze è quello del Papa che di fronte alle rovine di una città distrutta come quella di Mosul, ha colto l’occasione per richiamare una verità che tocca l’umanità: per ricostruire un paese ferito, distrutto da anni di guerre, violenze, morte non basta fare memoria o ricostruire semplicemente gli edifici, ma è necessario un vero e proprio “disarmo interiore” che solo può portare intere famiglie, gruppi appartenenti a confessioni religiose diverse a riconciliarsi, a riscoprire la propria gente non più come “nemica”, rivale da combattere, ma come amica, fraterna. Questo cammino potrebbe diventare anche il cammino di ogni uomo e donna di buona volontà che scelga di intraprendere il lento e doloroso processo di liberazione da egoismi, da stereotipi, da sensi di onnipotenza e superiorità, passando dalla logica dell’ “io” alla logica del “noi”, da quella della competizione e della rivalità a quella della riconoscenza dell’altro, della comunione e compassione. Questo sarà possibile nella misura in cui saremo in grado di avviare nei vari ambiti della vita, piccoli processi capaci di coinvolgere ogni persona con i suoi valori, le sue ricchezze, e potenzialità costruendo una società più degna di essere vissuta, più umana. (Migrantes Torino - www.migrantitorino.it)
Carlo e l’integrazione che crea Valore: integrare persone, non migranti
5 Maggio 2021 - Roma - Ci sono persone che amano il loro lavoro e si svegliano contente, felici di poter iniziare un’altra giornata. Ci sono tanti che invece sentono il lavoro come una gabbia che li tiene prigionieri, giorno dopo giorno.
Carlo apparteneva a questa seconda folta schiera.
Ogni mattina si svegliava alle 5:20, faceva colazione di corsa e si dirigeva a Ciampino dove era impiegato come magazziniere.
Tutti i giorni uguali.
Ma del resto c'è chi sta peggio, no? Perché lamentarsi?
Come per tanti, anche per Carlo cambiare vita era impensabile: eppure ogni chiacchierata con il suo amico Marco Ruopoli, presidente di Sophia Impresa Sociale, gli apriva nuove prospettive. "Ci sono molti modi in cui in una persona si accende la scintilla, la fiamma che permette di cominciare una nuova vita. Per me è stata la fiducia di Marco".
Carlo incomincia a collaborare con i soci di Sophia, suoi coetanei, con grande semplicità: può dare una mano, e la da volentieri. E' portato per il lavori manuali, lo sa già, ma si scopre anche un abile oratore e un fermo "mediatore": sa mettere le persone d'accordo.
Marco gli propone quindi di gestire il team artigianale creato con i giovani migranti che partecipano al progetto Creare Valore Attraverso l’Integrazione: il team ha lo scopo di far lavorare i ragazzi che stanno imparando i mestieri di idraulico, elettricista e muratore dato che la loro condizione di vulnerabilità non gli permette ancora di trovare un lavoro all'esterno.
“Mi hanno detto: se non ci stavi ci scannavamo”, scherza emozionato Carlo: "la parte più bella è proprio nel rapporto con i membri della squadra". Il dialogo del resto è il marchio di fabbrica di Sophia che mette in pratica in ogni progetto. Per gestire una squadra è però necessaria anche la mano ferma, anche se “con gente che ne ha passate tante diventa difficile”.
In questa ottica, il progetto Creare Valore Attraverso l'Integrazione, realizzato con il sostegno della campagna Liberi di Partire, Liberi di Restare della CEI, promuove un percorso di integrazione che, mettendo la persona al centro, rimuove gli ostacoli concreti e supera le criticità interiori di ognuno. (A.S.)