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Mci Bienne: attività di vicinanza ai fedeli della comunità italiana

11 Aprile 2020 - Bienne - A seguito delle direttive delle autorità politiche e religiose locali, finalizzate a ridurre al minimo i rischi di contagio COVID-19, l'accesso agli uffici e alla Cappella della Missione Cattolica Italiana di Bienne e i contatti fisici diretti sono stati assolutamente bloccati o limitati all'essenziale. La nostra Missione Cattolica di Lingua Italiana, per venire incontro alle esigenze di fede della locale comunità italofona in questo particolare e difficile periodo, ha messo in atto le seguenti attività pastorali complementari: invio regolare di materiali e idee come stimolo per la catechesi e la formazione a distanza alle famiglie dei bambini/e-ragazzi/e e ai giovanissimi; creazione e attivazione di un Gruppo Facebook denominato "BIENNESOLIDALE" "un Gruppo di servizio della Missione Cattolica di Lingua Italiana di Biel/Bienne. Perché la solidarietà diventi reale servizio gratuito a chi ha bisogno di ascolto, consigli, acquisti di alimentari di prima necessità e medicine, necessità di accompagnamento e trasporto". Le richieste sono giornaliere e ad oggi siamo riusciti a dare risposta a tutte le richieste pervenute, grazie alla sensibilità e alla disponibilità di diversi volontari; la creazione e l'attivazione di un canale YouTube dedicato “https://www.youtube.com/watch?v=KDCGH7Cnju4 ", per permettere ai fedeli interessati di seguire dal vivo o in differita le celebrazioni dei periodi prepasquale, pasquale e postpasquale. I video vengono successivamente rigirati anche attraverso altri canali social. La fruizione del servizio è in crescita. Di tutte queste offerte è stata data comunicazione scritta via posta o nei rispettivi gruppi di discussione in rete ad ogni famiglia e/o membro della comunità. Altre iniziative sono allo studio, in funzione delle situazioni che si presenteranno. (Francesco Margarone - animatore pastorale della Missione Cattolica di Lingua Italiana di Bienne).

Covid-19, una riflessione dalla Germania

11 Aprile 2020 -

Colonia - Qualche giorno fa ci siamo, più o meno, tutti commossi davanti alla prima pagina del quotidiano tedesco Bildche a caratteri cubitali sciveva: "Siamo con voi", riferendosi all‘Italia e agli italiani. Una settimana dopo, die Welt, giornale che appartiene allo stesso gruppo editoriale della Bild (Axel-Springer-Verlag) scrive: „Signora Merkel, rimanga ferma sulle sue decisioni. In Italia, la mafia aspetta solo una nuova pioggia di soldi da Bruxelles “. Un titolo che evidenzia da una parte i consolidati pregiudizi nei confronti dell‘Italia, dall‘altra, senza filtri di sorta, i mali storici del nostro Paese.

Non tutti in Germania la pensano così: a venirci incontro è, al contrario, un‘articolo pubblicato sull‘autorevole settimanale der Spiegel, dal titolo: "Il rifiuto tedesco degli Eurobonds è non solidale, gretto e vigliacco". Insomma, la convinzione che saranno solo i contribuenti tedeschi a dover sborsare per mettere una toppa alla crisi finanziaria italiana, dovuta esclusivamente agli sperperi e all‘incapacità gestionale dei conti pubblici, non è univoca. Non voglio però qui lanciarmi in analisi politiche, o metapolitche, sulla posizione del Governo tedesco davanti alle richieste di aiuti, o meglio sarebbe dire di sostegni finanziari, che l‘Italia e altri Paesi invocano. Lascio questo compito a chi è più competente di me.

Vorrei solo avanzare una personale riflessione su come l‘emergenza sanitaria, e tutte le sue conseguenze, vengano vissute in Germania. L‘impatto quotidiano sulla vita e sui comportamenti delle persone è molto attenuato. Partendo dalle limitazioni di movimento e di spostamento che sono, per legge, blande. E infatti non sono in molti coloro che hanno preso davvero alla lettera il motto "io resto a casa“. Almeno a Düsseldorf, città dove vivo; sensazione che credo si possa però estendere al resto della Germania (tranne alcune eccezioni). Si continua ad uscire per strada, ad andare nei parchi, i fidanzati vanno a trovare le fidanzate, i bambini giocano insieme, ci si invita per fare una grigliata… Il numero straordinariamente e fortunatamente basso di decessi, un sistema sanitario meglio strutturato e una gestione dell‘informazione in modalità "antipanico“, hanno determinato, a mio giudizio, una percezione della tragicità della pandemia in forma più leggera. Quasi come se questa terribile situazione riguardasse solo più gli altri paesi che non la Germania. Fattore ancora più determinante, in grado di spiegare ciò che io valuto come un minore coinvolgimento emotivo, quello dell‘aspetto economico. Il Governo tedesco ha messo in piedi, rapidamente, una serie di pacchetti di aiuto alle imprese e ai singoli, con effetti immediati. Velocità nell‘accedere ad ammortizzatori sociali come la cassa integrazione, o contributi a fondo perduto per i liberi professionisti e per i lavoratori autonomi. A fine marzo, sul conto corrente di chi ne aveva fatto richiesta, i soldi erano già arrivati. Non solo: la possibilità di ricorrere, senza grandi ostacoli burocratici, al Wohngeld (soldi per la casa), rivolta a tutti coloro che hanno difficoltà a pagare l‘affitto a fine mese. Uno dei tanti sostegni economici previsti da anni in Germania, tramite il quale la città di residenza si prende in carico l‘affitto del cittadino, o una parte di esso, in caso di difficoltà economiche. Ed è partendo da queste premesse che mi sento di dire che il Covid-19 non è uguale per tutti. Perché quando i lettori della Bild, o della Welt, che si misurano con il proprio vissuto e si confrontano solo con le proprie esperienze ai tempi del virus, faticano a capire cosa  stia davvero succedendo in Italia. Lo strazio delle bare portate via da camionette militari, la solitudine davanti alla morte, la reclusione tra le mura domestiche e i soldi che a fine mese non ci sono e che nessuno ti dà, o quelli stanziati dal Governo che ancora devono arrivare. E allora anche le richieste di sostegni finanziari, probabilmente, si capiscono più difficilmente.

Luciana Mella - Giornalista

Don Maffeis: viviamo questo giorno con perseveranza e con la pazienza dell’attesa

11 Aprile 2020 -   Roma - “Il giorno più lungo, più difficile, incastonato tra le tenebre del Venerdì Santo e l’alba di Pasqua, il giorno del silenzio di Dio, dello smarrimento dei discepoli, del loro pianto disperato quando tutte le aspettative vengono meno e le stesse parole della fede sembrano prive di forza, di mordente, di verità”. Don Ivan Maffeis, sottosegretario e portavoce della Cei, definisce, in un video pubblicato sui media Cei, così il Sabato Santo che è anche “il giorno di Maria, la madre, che, nel dolore per la morte del figlio, non smette di aspettare, di credere che il sepolcro non resterà alla fine della strada”. Il senso di questo giorno, ammette don Maffeis, “è dilatato dalla grave situazione sanitaria ed economica nella quale ci troviamo, con tutte le insicurezze e le paure che ci butta addosso”. Secondo il sottosegretario della Cei, tuttavia, “è un giorno che più che subire, possiamo provare ad abitare”. Ad esempio, “coltivando la memoria dei nostri cari non solo con la nostalgia, non solo col dolore del distacco e dell’assenza, ma facendo nostro il loro esempio di vita, la loro fiducia in Dio, i tanti segni che ci hanno lasciato e che costituiscono il vero patrimonio di ciò che siamo”. L’invito è allora quello di vivere “questo lungo Sabato Santo, questa stagione di mezzo con perseveranza, con la pazienza dell’attesa, senza smettere di leggere questo nostro tempo con uno sguardo di fede che non vuol dire sottovalutare le difficoltà, ma credere che Colui che fa nuove tutte le cose non si dimentica né del crocifisso né in Lui di ciascuno di noi”. ​  

Mci Parigi: la lettera del missionario alla comunità italiana

10 Aprile 2020 -
Parigi - "Siamo nel pieno della Settimana Santa, nel mistero della passione, morte e risurrezione di Cristo, luogo in cui nasce e cresce la nostra fede. Date le dolorose e tragiche circostanze create dal coronavirus, vivremo questa settimana senza la presenza fisica del popolo di Dio alle celebrazioni del Triduo pasquale. Un fatto che ricorderemo senz’altro per tanti anni". Lo ricorda in una lettera il responsabile della Missione Cattolica Italiana di Parigi, p. Barly Kweme. Il sacerdote, da prete novello, non nasconde la "tristezza nel pensare che la Cappella della Sainte Famille a rue de Montreuil e la Chiesa di Saint Pierre de Chaillot non apriranno le porte. Non avrò nessuno da confessare, nessuno del coro con cui decidere i canti. Ma com’è possibile? Mi consolo comunque nel sapere che, se anche non ci sarà nessun fedele in chiesa, c’è Chiesa in ogni fedele. Non ci saranno confessioni, ma ci saranno contrizioni che faranno cantare le anime al ritmo della misericordia, di cui il mondo intero ha tanto bisogno in questo momento. Non ci sarà catechismo, ma genitori che insegnano ai figli a essere cristiani. Mi consolo pure - aggiunge - nel vedere, oltre alla vostra partecipazione alle celebrazioni trasmesse in streaming, l’impegno nella condivisione di preghiere, riflessioni, sussidi e la creatività di cui date prova attraverso internet. Mi entusiasmo nel vedere e sentire così forte la vicinanza dei miei confratelli religiosi scalabriniani, che in questo momento si mettono tutti al servizio per le celebrazioni della Missione Cattolica Italiana di Parigi. Questo mi consola e mi ricorda che la Chiesa è una madre combattiva e il suo amatissimo Sposo, Lui, il pedagogo interiore, lavora dal di dentro nei suoi figli". Dopo una riflessione sul Triduo pasquale, iniziato ieri, il religioso sottolinea che la Pasqua "ci invita ad attingere alla saggezza degli anziani e della nostra esperienza personale per scoprire che dopo ogni venerdì santo della nostra vita c’è sempre una pasqua, perché Dio non ci mette mai alla prova al di là delle nostre forze. Lui sa di cosa e di quanto siamo capaci. Il venerdì della nostra vita ci dà la capacità della resilienza, perché dopo la pasqua possiamo valorizzare il calore della famiglia, l’affetto intimo che si respira o si dovrebbe respirare in ogni casa, l’importanza delle relazioni". Da qui l'augurio che la Santa Pasqua possa "portarci un nuovo calore interiore, anche perché si dice che questo virus tema il calore allo stesso modo in cui il male spirituale teme il fervore spirituale". Il missionario invita a unirsi alle celebrazioni di Papa Francesco:  la missione non trasmetterà i riti del Triduo Pasquale " ma ci ritroveremo per la domenica di Pasqua tramite la pagina Facebook e il sito della missione", conclude.

R.I.

Mci Losanna: iniziative per la Pasqua al tempo del coronavirus

10 Aprile 2020 - Losanna - Gli uffici della Missione Cattolica Italiana di Losanna sono stati chiusi al pubblico come tante altre Mci in Europa. Ma il missionario ed i collaboratori sono a fianco dei fedeli rispondendo al telefono e alle mail e con tutti coloro che hanno bisogno di interloquire con la Missione . In un supplemento del periodico “Messaggero”, si trovano tutte le informazioni per seguire le Messe, la preghiera da casa e alcuni riflessioni per questo tempo. La Missione ed i catechisti - informa il missionario don Gian Paolo Turati – sono in costante collegamento con ragazzi e i giovani. Il gruppo giovanile ha continuato le sue attività in videoconferenza. Alcuni volontari della Missione si sono proposti circa l’iniziativa diocesana di un telefono amico per rispondere ai bisogni delle persone in questo momento (solitudine, depressione, richiesta di preghiere, richiesta d’aiuto materiale ad es. circa la spesa).

Vignali: difendiamo gli emigrati dalla crisi

10 Aprile 2020 -   Roma - Assistenza agli italiani bloccati all’estero che hanno urgenza di rientrare e sostegno a chi da tempo vive fuori dai confini nazionali ma che si trova ora in difficoltà. La tutela dei nostri connazionali sparsi per il mondo è da sempre al centro dell’azione del ministero degli Affari esteri, ma ora - causa emergenza Coronavirus - l’attenzione è ancora più alta. “Tutta la rete consolare italiana è fortemente impegnata, in questo momento, nelle operazioni di assistenza agli italiani che hanno necessità e urgenza di tornare in Italia”, afferma a 9colonne Luigi Maria Vignali, direttore generale per gli Italiani all’estero della Farnesina. Una rete consolare che “dà informazioni e coordina, in seno al ministero, gli imbarchi e la preparazione dei voli, si occupa di fornire ogni indicazione utile ai tanti connazionali”, prosegue Vignali ricordando che “ai 6 milioni di iscritti negli schedari consolari si aggiungono decine di migliaia di studenti, lavoratori temporanei, turisti, che hanno bisogno di assistenza”. Questo comporta un impegno importante di tutta la rete del ministero degli Esteri, “aperta costantemente alle richieste degli italiani nel mondo: le segue e, anche se non immediatamente, riesce a risolverle tutte”. Per poter rientrare in Italia “la condizione fondamentale è quella di uno stato di necessità e di urgenza legato in particolare a motivi di lavoro o di salute - spiega il direttore generale per gli Italiani all’estero -. Situazioni che hanno bisogno di un’autocertificazione da parte dell’interessato e che devono essere particolarmente stringenti. Ci devono essere condizioni legate, ad esempio, alla perdita del lavoro, quindi alla mancanza di mezzi di sussistenza all’estero, o motivi di salute non legate all’epidemia e che richiedono cure mediche in Italia”. Vignali ricorda poi che “chi torna deve stare in isolamento, avvertendo le autorità sanitarie, per almeno due settimane, anche se non ha nessun sintomo e se non ha avuto nessun ‘rapporto’ con il virus”. Ad aiutare la direzione generale in questa attività di sostegno e assistenza, c’è la rappresentanza italiana all’estero, una rete preziosa attiva sui territori. “Continuiamo a tenerci strettamente in contatto con l’associazionismo italiano nel mondo, in particolare con i Comites - sottolinea Vignali - che possono avere un ruolo di raccordo con gli italiani, possono aiutarci a veicolare le iniziative di sostegno alla Protezione civile italiana, agli ospedali e agli enti di ricerca come il Sacco di Milano o lo Spallanzani di Roma, e possono anche fornire assistenza ai nostri connazionali”. In questo senso la direzione generale per gli Italiani all’estero della Farnesina è pronta “a sostenere i Comites, anche finanziariamente, laddove ci fossero iniziative di assistenza che ci vogliono proporre”. L’attività del ministero degli Esteri, in questo particolare momento di crisi, si sviluppa su due linee principali: “L’assistenza agli italiani, in particolare a chi è temporaneamente all’estero e che chiede di tornare, e il reperimento, attraverso la sua rete diplomatico-consolare, di dispositivi sanitari, come ventilatori e mascherine”, continua Vignali. E mentre l’Unità di crisi “si occupa soprattutto dei rimpatri”, la direzione generale per gli Italiani all’estero “segue più da vicino la situazione dei connazionali che rimangono all’estero e che hanno bisogno di servizi da parte della rete consolare, che devono continuare a essere forniti, di assistenza e di emergenza, in particolare per gli indigenti e per chi ha perso il lavoro”. “Servizi di prossimità che la rete diplomatica continua a dare e per i quali la nostra direzione generale svolge una funzione importante di coordinamento”, continua Vignali. Dalle nostre comunità nel mondo continuano ad arrivare iniziative di solidarietà rivolte all’Italia, a testimonianza di quel filo che da sempre lega gli emigrati italiani al loro Paese d’origine. “I nostri connazionali all’estero non hanno mai fatto mancare, in nessun momento, il sostegno all’Italia, lo stanno facendo anche ora con iniziative di solidarietà - sottolinea Vignali”. Da un lato, quindi, “la solidarietà degli italiani all’estero verso il nostro Paese” e dall’altro “l'attività del ministero degli Esteri per gli italiani in difficoltà”. Ma non c’è solo la solidarietà a far sentire l’Italia orgogliosa delle sue comunità nel mondo: “Ci sono tanti italiani nel mondo che ricoprono ruoli a livello politico, amministrativo, economico e del mondo accademico: in questo momento sono al centro della ricerca per sconfiggere il virus e questo è un ulteriore motivo di orgoglio per il ntro Paese”, conclude Vignali. (Sab - 9colonne)  

Congo: le preoccupazioni per il Covid 19 dal racconti di un giovane studente

10 Aprile 2020 - Firenze - A Kinshasa la situazione è "più psicologica che reale. Ci sono un po' di casi ma non c'è ancora diffusione. Se la cosa diventasse molto seria, non sarà più il Covid a provocare più morti ma sarà la fame e la delinquenza... perchè non si potrà chiedere a un genitore che sfama la sua famiglia alla giornata di rimanere a casa per una durata indefinita. Impossibile". E' la testimonianza di un giovane studente congolese in Italia  a contatto con la propria famiglia. Ci sarà il rischio - scrive al direttore del Centro Internazionale "G.La Pira", Maurizio Certini - che alcuni gruppi  organizzati con armi diventino "i padroni della città. È una situazione opposta a quella che vediamo in Italia". Il Governo" impotente nel prendere decisioni restrittive, e quando sono prese è quasi impossibile applicarle... hanno provato a isolare Kinshasa dalle altre regioni, ma è durato due giorni, poi si sono arresi alla realtà, e hanno tolto il blocco..". Una delle preoccupazioni è anche l'annuncio di un medico di Kin  che il Congo è stato scelto per effettuare test del vaccino contro il Covid19 "ma senza dare spiegazioni accurate e approfondite. Questo (anche se non è vero) ha infiammato la popolazione. Ho sentito proprio adesso una mia nipote che aveva un forte mal di testa, gli ho chiesto di andare all'ospedale, ma - racconta - all'ospedale  non va più nessuno , perché la gente ha paura che le dicano di avere corvid 19 per un semplice sintomo associato, tanto tamponi non ci sono, e sopratutto le persone hanno paura di diventare cobay per i test del vaccino e non ne vogliono sapere... Capisco l'ignoranza - conclude - ma questa è la pura realtà dello stato dei cittadini in questi paesi... insomma la situazione è confusionale e psicologica..."

Lucchesi nel mondo: anche a Mosca decretato il “lockdown”

10 Aprile 2020 - Mosca - Chi vive a Mosca spesso riceve messaggi di allerta sul suo telefono cellulare. Informano sulle condizioni metereologiche. Lunedì 30 marzo, all’una di notte, l’Ufficio Centrale di Meteorologia comunicava che dalle 6:00 “erano attese pioggia, nevischio, neve, raffiche di vento, tempesta di neve, diminuzione della temperatura...”. Dieci gradi in meno non sono pochi, ma poche ore prima c’era stato un annuncio assai più importante, storico: il sindaco di Mosca, Sergey Sobianin, decretava il “lockdown” della città. Durante la settimana precedente i cittadini della Federazione Russa, salvo quelli impegnati in servizi essenziali, erano stati messi in “vacanza retribuita”, come misura per contenere l’epidemia di Covid19. Poco dopo la metà di marzo il numero dei contagi, soprattutto a Mosca, aveva infatti preso una diversa piega: decine di nuovi casi al giorno, non più poche unità. Mentre scrivo sono stati superati i 4700 contagiati. L’annuncio del sindaco Sobianin, rafforzato dal repentino cambio metereologico, deve aver colto i moscoviti domenica sera, mentre preparavano il ritorno dalle dacie. Le case di campagna, versione russa, dove immagino molti abbiano passato la settimana di vacanza. Per quello che riguarda me, e la mia compagna, l’isolamento, volontario, era iniziato però un mese prima: pochi giorni dopo il ritorno dall’Italia. Partimmo da Mosca intorno al 20 febbraio, per un viaggio che, per ragioni di famiglia, non era posticipabile. All’arrivo a Fiumicino ci accolsero col controllo della temperatura, ma salvo questo dettaglio, lo scenario italiano, e l’atmosfera, erano ancora lontani dalla gravissima situazione attuale. In quei giorni in Italia, tra amici e parenti, ero la persona più in allerta, invitavo tutti alla massima precauzione. Avevo letto degli articoli che ricordavano le dinamiche della crescita esponenziale delle epidemie, che collegai a un aneddoto raccontatomi dai miei genitori quando ero bambino: un solo chicco di riso raddoppiato per ognuna della 64 caselle di una scacchiera, supera la quantità di riso raccolto in tutto il mondo per molti anni. Inoltre, a Mosca, insegno in due Università, Hse e Rudn nella seconda vi sono studenti da più di 150 paesi del mondo. Già il 30 gennaio Rudn aveva stabilito per tutti gli studenti in arrivo dalla Cina un isolamento di 14 giorni. Non stavo tenendo lezioni, non ero stato toccato concretamente, ma l’epidemia si era fatta sentire, entrando nella mia sfera lavorativa. Nei pochi giorni trascorsi tra Lucca e Roma, il virus aveva preso molto terreno nel Nord e cominciavano ad esserci vari casi anche in Toscana e nel Lazio. Il volo di ritorno a Mosca lo abbiamo fatto indossando mascherine chirurgiche. All’aeroporto ci aspettavamo controlli, invece niente. Roma, evidentemente, ancora non preoccupava. Altri passeggeri, in arrivo da Milano, sono stati accolti da tute bianche e mascherine protettive: controlli e raccolta di informazioni. Partiti da Mosca in una situazione in cui il problema erano gli arrivi dalla Cina, vi siamo ritornati quando l’Europa stava diventando il focolaio principale. I numeri degli infetti e dei decessi in Italia, in particolare, crescevano seguendo una inesorabile curva esponenziale. Abbiamo deciso di chiuderci in casa, salvo lavoro e spese essenziali. E questo non perché fosse richiesto o perché avessimo alcun sintomo. Per prudenza. Inoltre, il nostro stato d’animo si era ormai sintonizzato sulla situazione italiana: numeri, storie, conferenze stampa sul cellulare, scelte tardive, frustrazione, dibattiti e proposte su Twitter. E soprattutto contatti con le famiglie. Come con mia nonna, nata nel 1932, che in una video-chiamata da Verrucolette in Garfagnana, mi ha detto: “È peggio della guerra, perché dalla guerra ti puoi "rimpiattare", da questo no». Dove non arriva la consapevolezza matematica della crescita esponenziale, arriva il buon senso. Spero che saranno applicati entrambi nelle prossime decisioni qui a Mosca, in Italia, in Toscana, a Lucca. (Leonardo Romei - Toscana Oggi – In Cammino – Lucca)    

Don Maffeis: attraversiamo questa notte di dolore e angoscia affidandoci al Padre

10 Aprile 2020 -
Il nostro pensiero, afferma, “va ai morti di questa pandemia, tante volte invisibili, rapiti come sono stati, sottratti agli affetti, partenze strazianti che aggiungono dolore a dolore nel cuore di chi rimane”, ma anche a “tanti nostri anziani, la cui morte impoverisce le nostre famiglie e le nostre comunità di quel patrimonio di esperienza, di relazioni, di saggezza”. Don Maffeis non dimentica poi “i 100 sacerdoti che il virus si è portato via: vite spese per lo più nel nascondimento e nel servizio, vite che hanno intessuto la storia delle nostre comunità”. “In un tempo di smarrimento e desolazione, sostiamo ai piedi della Croce: ci accorgeremo che non appartiene solo al regno della morte”, assicura il sottosegretario della Cei evidenziando che “la croce è memoria viva di Colui donando che muore donando se stesso, che avvolge le nostre fragilità e i nostri peccati con l’amore di Dio Padre, quel Padre nelle cui mani si abbandona con fiducia”. “Ci sia data la grazia – conclude – di attraversare questa notte del dolore e dell’angoscia affidandoci al Padre fino a trovare in Lui misericordia e pace”.

Papa Francesco: Passione alle 18 e alle 21 la Via Crucis in piazza

10 Aprile 2020 - Roma - Oggi papa Francesco presiederà la celebrazione della Passione del Signore alle ore 18 presso l’Altare della Cattedra nella Basilica di San Pietro. Dopo la processione iniziale Francesco compirà la prostrazione sotto i gradini del presbiterio. Il bacio alla croce sarà limitato al solo celebrante. A tenere l’omelia sarà padre Raniero Cantalamessa, predicatore della casa pontificia. Alle ore 21, sul sagrato della Basilica Vaticana, avrà quindi luogo la Via Crucis. La croce sarà condotta da due gruppi di cinque persone ciascuno, quello della casa di reclusione “Due Palazzi” di Padova e quello della Direzione sanità e igiene del Vaticano. Il percorso avrà inizio nei pressi dell’obelisco, girerà attorno allo stesso poi procederà verso il ventaglio sotto cui sarà collocato il Crocifisso di San Marcello. Le celebrazioni di oggi saranno trasmesse in diretta da Tv2000, che alle 16 manderà in onda anche la Via Crucis da Amatrice con il vescovo di Rieti, Domenico Pompili. Domani su Tv2000, in diretta alle ore 17, la ostensione straordinaria della Sindone accompagnata dalla preghiera dell’arcivescovo di Torino, Cesare Nosiglia.  

Migranti cattolici in Italia: preghiera e sante Messe in streaming

10 Aprile 2020 - Roma - A causa dell'emergenza sanitaria che stiamo vivendo, i riti della Settimana Santa non si svolgeranno con il popolo. Sia la Santa Sede sia la Chiesa italiana si sono organizzate per permettere ai fedeli di partecipare almeno attraverso la televisione, la radio e i mezzi di comunicazione digitale. Qui di seguito alcune iniziative come riportato dal sito istituzionale della Fondazione Migrantes Comunità francofona In diretta su FacebookYouTube e Zoom Cloud Meetings. Santa Messa ogni domenica alle ore 11.00 trasmessa dalla Parrocchia San Giovanni Battista di Cona, Ferrara. Martedì, Santo Rosario alle ore 17.00 (tramite Zoom Cloud Meetings). Giovedì, Adorazione Eucaristica silenziosa dalle 17.30 alle 18.00. Venerdì 3 aprile e 10 aprile Via Crucis alle ore 18.00. Santa Messa della Domenica delle Palme (5 aprile) alle ore 11.00. Giovedì della lavanda dei piedi alle ore 21.00 Veglia del Sabato Santo con Santa Messa (11 aprile) alle ore 17:00. Santa Messa di Pasqua (12 aprile) alle ore 11:00. Referente: don Rodrigo Akakpo, vicedirettore Ufficio Migrantes di Ferrara e cappellano della comunità francofona in Italia Comunità africane francofone Tramite l'applicazione ZOOM Cloud Meetings. Santo Rosario in francese in diretta ogni giovedì alle ore 17.30. Referente: Don Mathieu Malick Faye, Coordinatore Nazionale Migrantes per le comunità cattoliche affricane di lingua francofone in Italia Comunità anglofone Tramite Facebook. Santa Messa in diretta ogni domenica alle 10.00. Referente: Donatella D'Anna, Ufficio Migrantes di Caltanissetta. Comunità ungherese Tramite Facebook e YouTube in diretta. Santa Messa ogni domenica alle ore 11.00 trasmessa dalla cappella della Casa di Santo Stefano d'Ungheria, Roma. Veglia del Sabato Santo con Santa Messa (11 aprile) alle ore 18:00. Santa Messa di Pasqua (12 aprile) alle ore 18:00. Referente: Padre Németh László, coordinatore nazionale degli ungheresi cattolici in Italia. Comunità srilankese Celebrazioni della Settimana Santa sul canale televisivo srilankese di Napoli, trasmesse in diretta da Roma. Qui il programma completo. Referente: Mons. Neville Joe Perera, coordinatore nazionale degli srilankesi cattolici in Italia. Comunità filippina Tramite YouTube. Sante Messe quotidiane: Lunedì-Sabato ore 7:30 (14:30 Filippine) e Domenica ore 8:00 (15:00 Filippine). Programma completo della Settimana Santa 2020 Comunità greco-cattolica romena Tramite le rispettive pagine Facebook. Celebrazioni trasmesse da Ladispoli e diocesi di Porto Santa Rufina, padre Valentin Marcu: 12 aprile Domenica delle Palme: ore 10,00 - La Divina Liturgia 13 aprile Lunedì Santo: ore 21,00 - La Divina Liturgia dei Doni Presantificati 14 aprile Martedì Santo: ore 21,00 - La Divina Liturgia dei Doni Presantificati 15 aprile Mercoledì Santo: ore 21,00 - La Divina Liturgia dei Doni Presantificati 16 aprile Giovedì Santo: ore 21,00 - La celebrazione della tremenda Passione di Cristo 17 aprile Venerdì Santo: ore 15,00 - Ora Nona – ore 21,00 - L'ufficio della Sepoltura del Signore 18 aprile Sabato Santo: ore 21,00 - Veglia Pasquale 19 aprile Domenica di Pasqua: ore 10,00 - La Divina Liturgia Celebrazioni trasmesse da San Donà di Piave (diocesi di Treviso), padre Lucian Mihut: 12 aprile Domenica delle Palme: ore 10,00 - Divina Liturgia 17 aprile Venerdì Santo: ore 19,00 - Via Crucis e meditazione 18 aprile Sabato Santo: ore 22,00 - Veglia Pasquale alle 19 aprile Domenica della Risurrezione del Signore: ore 10,00 - Divina Liturgia Celebrazioni trasmesse da Rovigo (diocesi di Rovigo), padre Ionut Ursuleac: 16 aprile Giovedì Santo: ore 18,30 - La celebrazione della tremenda Passione di Cristo 17 aprile Venerdì Santo: ore 18,30 - L'ufficio della Sepoltura del Signore 18 aprile Sabato Santo: ore 23,00 - Veglia Pasquale e Divina Liturgia

Pisa: laurea alla Memoria a Christin Kamdem Tadjudje

9 Aprile 2020 - Pisa - Nella notte tra il 21 e il 22 marzo scorsi, dopo aver contratto l'infezione da COVID 19, è venuto a mancare Christin Kamdem Tadjudje: uno studente universitario di trent’anni, iscritto a Scienze Agrarie, che aveva scelto Pisa per prepararsi con lo studio alla vita adulta. Christin era arrivato dal Camerun. Lo si legge in una nota giunta alla nostra redazione, l’Associazione “Sante Malatesta Onlus” di Pisa. “Lo abbiamo conosciuto un paio di anni fa – scrive l’associazione - quando si è rivolto all'Associazione Sante Malatesta dopo aver perso la borsa di studio dell’Agenzia per il Diritto allo Studio Universitario e, con essa, alloggio, mensa e sostegno finanziario. Per statuto la nostra Associazione offre aiuto agli studenti universitari stranieri provenienti da Paesi in difficoltà accompagnandoli nella loro formazione, fino alla laurea”. Christin era orfano di madre ed aveva due fratelli e una sorella. Il padre è malato da tempo e Christin faceva lavori part-time per poter aiutare sia i fratelli che il padre, che aveva frequenti ricoveri ospedalieri. Christin aveva “passione ed interesse per gli studi in Agraria e buoni voti. A giugno 2019, in occasione della cena interculturale dell’Associazione, per premiare il suo buon percorso di studi gli abbiamo assegnato una delle borse di studio che l'Associazione annualmente mette a disposizione dei più meritevoli grazie alla generosità di Soci e Sostenitori. Ci aveva ripagato con gioia e soddisfazione: il 7 Aprile Christin avrebbe dovuto laurearsi, realizzando un sogno partito da lontano.Aveva intenzione di ritornare in Camerun, diventare un imprenditore agricolo e fare squadra – così diceva – con altri colleghi imprenditori agricoli dei paesi vicini”. L'Università di Pisa, con “sensibilità” ed “attenzione”, ha deciso comunque di conferirgli nello stesso giorno la laurea alla memoria, come “segno per non disperdere gli anni di sacrifici e impegno”. “Congratulazioni, Christin: nonostante tutto hai conquistato il tuo sogno”, conclude l’associazione.

Mci Stoccarda: le celebrazione on line in questo tempo di pandemia

9 Aprile 2020 - Stoccarda - Per poter essere più vicini alla comunità in questo periodo di pandemia la Missione Cattolica Italiana di Stoccarda hanno aperto una pagina facebook con notizie e flash religiosi, da cui si possono seguire le Celebrazioni trasmesse in streaming dalla loro cappella privata come la celebrazione quotidiana e festiva, l’Adorazione Eucaristica e la Via Crucis. Per il Triduo Pasquale oggi è prevista la Celebrazione alle ore 20.00; Venerdì Santo Liturgia della Passione alle ore 15.00 mentre Sabato Santo Veglia pasquale ore 21.30 dalla chiesa parrocchiale St. Martin in streaming.  

Mons. Palmieri: Roma “non perde l’appuntamento che il Signore  le dà per farsi incontrare nel povero e nell’ammalato”

9 Aprile 2020 - Roma – Da alcuni giorni a Roma è operativo un “Progetto per la fornitura straordinaria di generi di prima necessità per le famiglie dei campi e degli insediamenti rom”. Saranno coinvolti circa 500 famiglie che in questo periodo di pandemia stanno vivendo grossi difficoltà. L’iniziativa è della diocesi di Roma attraverso l’Ufficio Migrantes e Caritas diocesano, alcune parrocchie ed associazioni di volontariato. Ne abbiamo parlato con il vescovo ausiliare di Roma e delegato per la Carità e la pastorale Migrantes, mons. Gianpiero Palmieri. Mons. Palmieri, come legge la situazione che stiamo vivendo? “Viviamo a Roma e nel Lazio  una situazione particolarmente difficile, legata al fatto che molti migranti e rifugiati politici si trovavano già, ancor prima del diffondersi del Coronavirus, nella condizione precaria di non avere un luogo in cui abitare. Le leggi restrittive approvate dal precedente Governo, con le quali si rendeva difficile se non impossibile il rinnovo del permesso di soggiorno, visto il venir meno dei motivi umanitari, hanno spinto molte persone negli alloggi di fortuna o ad ingrossare le fila dei senza fissa dimora. E' ovvio che queste persone più di altre ora si trovano esposte al pericolo del contagio; alla precarietà sanitaria e alloggiativa si aggiunge per di più l'emergenza fame: le mense che abitualmente erano sufficienti per erogare pasti a chi ne aveva bisogno, non riescono più a soddisfare una domanda enormemente cresciuta. Quindi la situazione è critica da ogni punto di vista. E' della cronaca degli ultimi giorni il racconto di due fatti avvenuti a Roma, fatti emblematici del pericolo che può scoppiare in ogni momento negli insediamenti in cui vivono immigrati o rifugiati politici. Il primo a Torre Maura, nella palazzina che ospita il centro di accoglienza per 150 extracomunitari (dove un anno fa si scatenò la protesta anti-rom) mercoledì 1 aprile è stato portato via e trasferito in ospedale un ospite perché affetto da coronavirus: è scattata la chiusura totale dell'edificio, il presidio della Polizia, le grida di paura dei vicini alle finestre e il panico tra gli ospiti, fino al tentativo di suicidio di uno di loro. L'altro episodio è scoppiato nel ‘Selam Palace’ della Romanina, dove dal 2006 vivono 600 rifugiati: una coppia somala contagiata ha provocato la chiusura totale dell'edificio ora presidiato dall'Esercito. In questi due casi l'intervento di screaning sanitario degli abitanti del palazzo è stato immediato; ma ciò che spesso manca in questi grandi luoghi di aggregazione è la prevenzione, la verifica che le indicazioni sanitarie vengano capite ed osservate per il bene di tutti. Direi quindi in conclusione, per rispondere a questa domanda, che l'emergenza coronavirus sta riportando all'attenzione di tutti il problema drammatico di chi è più povero, di chi è costretto a vivere accalcato con altri in strutture non idonee o per strada... Se davvero ‘stiamo sulla stessa barca’ e se possiamo ‘uscirne fuori solo insieme’, evitare il diffondersi del contagio significa ora affrontare un problema troppo a lungo risolto con ‘soluzioni temporanee’ o con nessuna soluzione...”. A causa di questa pandemia si cominciano a “sentire problemi economici”, come ha denunciato Papa Francesco. Come rispondere guardando soprattutto “gli ultimi degli ultimi” come sono i migranti e i rom? “Credo che grande sia stato lo sforzo per intervenire d'urgenza sul problema economico, soprattutto alimentare. Il Governo italiano, la Regione e il Comune di Roma hanno cercato di elaborare in tempi rapidissimi piani di intervento d'emergenza. Anche la Chiesa e le realtà del Terzo Settore stanno dando il loro significativo contributo. Lo scopo è quello di raggiungere tutti, soprattutto chi non è intercettato dai servizi sociali. In questo le Caritas parrocchiali e le diverse realtà ecclesiali hanno un ruolo fondamentale. Sta succedendo un doppio miracolo: non solo la ‘macchina della solidarietà’ nella comunità cristiana e in tutta la società civile si è mossa anche stavolta, ma si sta anche cercando ai vari livelli di collaborare tra tutti, di non fare da soli. A Roma, per venire incontro al problema alimentare nei campi Rom, si sta realizzando una distribuzione massiccia, fatta nei villaggi attrezzati e negli insediamenti informali, mettendo insieme le risorse di viveri e di volontari di tante realtà: Caritas, Comunità di Sant’Egidio, Migrantes, parrocchie e tanti altri soggetti ecclesiali, in collaborazione con il Comune di Roma, la Polizia Municipale, la Croce Rossa, le ACLI e l'Associazione 21 Luglio. Siamo ‘costretti’ a metterci insieme e cosi...scopriamo che non è poi troppo male, anzi: ancora più chiaramente si realizza il regno di Dio  nel segno della comunione”. Per evitare il contagio cosa si sta facendo soprattutto per i profughi, per i migranti senza fissa dimora e per i rom che  vivono nei campi? “Mi piacerebbe essere smentito, ma a me sembra (parlo soprattutto di Roma, che conosco meglio) che ci si stia muovendo solo adesso sull'aspetto sanitario... Francamente mi sembra che sia un po' tardi, ma, come si dice, meglio tardi che mai! Ringrazio in modo particolare l'Ospedale Bambino Gesù per il lavoro volontario di controllo sanitario sui bambini dei grandi campi Rom di Roma: è un servizio che si fa sempre, tutto l'anno a cadenza settimanale, e che quindi si è rivelato particolarmente prezioso in questa situazione Come sta reagendo la città a questa emergenza senza precedenti? "Amo molto questa Roma coraggiosa, solidale, generosa, che emerge con forza in queste situazioni. E' nel cuore di tutti la scena di venerdì scorso, 27 marzo, quando il Papa attraversa la piazza vuota, la città ‘dal silenzio assordante’, ma che mai come in questo momento è compatta con il suo Vescovo e per di più unita, attraverso il segno della malattia del Cardinale Vicario, a tutti i ricoverati negli ospedali... Non so di quanti anni bisogna ritornare indietro per sentire un silenzio nella città così carico e profondo come quello che abbiamo ‘ascoltato’. Come nei giorni del funerale di Giovanni Paolo II, quando gli autisti degli autobus moltiplicavano le corse senza voler aumenti di stipendio, così oggi i tassisti, quando fanno un servizio ad un medico o ad un infermiere che va allo Spallanzani o ad uno degli altri centri ospedalieri per coronavirus , non vogliono essere pagati. Ho ascoltato già qualche volta questo racconto... E' la Roma che ‘non fa la stupida’ ma che non perde il suo appuntamento con la storia, l'appuntamento che il Signore  le dà per farsi incontrare nel povero e nell'ammalato”.

Raffaele Iaria

   

Svizzera: chiese cristiane chiedono “un gesto di umanità” per la situazione dei richiedenti asilo in Grecia

9 Aprile 2020 - Berna - La situazione dei richiedenti asilo nelle isole greche è “catastrofica ed è ulteriormente aggravata dalla pandemia di coronavirus”. Lo scrivono, oggi, la Conferenza Episcopale Svizzera, Chiesa cattolica cristiana della Svizzera e Chiesa evangelica riformata in Svizzera, in un appello sulla situazione dei richiedenti asilo nelle isole greche ulteriormente aggravata dalla pandemia di coronavirus. In un appello le tre Chiese nazionali chiedono che il gruppo di profughi non accompagnati e aventi legami familiari in Svizzera “siano evacuati rapidamente nel nostro Paese. La pandemia che si sta diffondendo non permette di perdere altro tempo prezioso. È necessario agire rapidamente – e a maggior ragione in questo periodo di Pasqua”. “In una prospettiva cristiana, il messaggio pasquale dona speranza e fiducia in questa difficile situazione: la morte non ha l’ultima parola e la Pasqua infonde una nuova dinamica di vita”, dichiara Felix Gmür, presidente della Conferenza dei vescovi svizzeri (CVS). In questo senso e con questo spirito, le Chiese forniscono il proprio aiuto sia con la raccolta di fondi sia tramite le loro organizzazioni umanitarie. Il fatto che l'Europa non abbia ancora trovato una risposta unitaria alla catastrofe dei profughi “non solleva i politici svizzeri dalle loro responsabilità”, si legge nel testo dell’appello: “in virtù dei trattati di Schengen e Dublino, esiste una responsabilità condivisa per la situazione dei rifugiati e della popolazione locale in Grecia. È quindi urgentemente necessario provvedere a evacuare almeno un piccolo numero di persone che hanno legami con la Svizzera”. “Un atto di umanità da parte della Svizzera non costituisce uno sforzo solitario nella politica europea dei rifugiati”, sottolinea Gottfried Locher, presidente della Chiesa evangelica riformata in Svizzera CERS: “La Svizzera può essere un modello per l'Europa in questo periodo di Pasqua in termini di umanità e atteggiamento”. Le tre Chiese nazionali invitano il Consiglio federale e i politici a permettere di riunire rapidamente con le loro famiglie in Svizzera i richiedenti asilo minorenni non accompagnati (RMNA) che si trovano a Lesbo e in altre località della Grecia. Finora sono stati identificati solo una ventina di minorenni non accompagnati con un legame familiare in Svizzera. Tuttavia, il numero reale dei cosiddetti RMNA “è molto più elevato. In questo caso, è necessario un maggiore impegno da parte della Svizzera ufficiale per collaborare con le autorità locali al fine di individuare gli aventi diritto ad entrare nel nostro Paese”. Da qui la richiesta al Consiglio federale di inviare nei prossimi giorni “un chiaro segnale di speranza e accogliere come richiedenti l'asilo in Svizzera queste giovani persone vulnerabili e a rischio che si trovano attualmente nei campi greci» dichiarano le tre Chiese nazionali”. In molti luoghi della Svizzera, le città e i comuni, le comunità parrocchiali, le organizzazioni di aiuto, ecclesiastiche e non, sono in grado di accogliere e assistere queste persone. In passato, il popolo svizzero ha dimostrato più volte la propria disponibilità con molte iniziative e progetti umanitari, spiegano le chiese svizzere che auspicano che il Consiglio federale voglia “sostenere e fare proprio un gesto di generosità a favore dei più deboli”. “La vita – e non la morte – dovrebbe avere l'ultima parola, perché il messaggio di speranza della Pasqua è universale e valido per tutti”, conclude Harald Rein, vescovo della Chiesa cattolica cristiana della Svizzera.  

Mci Monaco: nella laboriosità e nella creatività

8 Aprile 2020 - Monaco - Alla Missione cattolica italiana di Monaco di Baviera le cose procedono “nella laboriosità  e nella creatività”, dice a www.migrantesonline.it sr. Zaira Dovico: “siamo regolarmente in contatto telefonico o telematico con persone di varia età e condizione sociale che ricorrono a noi o rispondono alla nostra offerta di aiuto soprattutto nella linea di un sostegno spirituale o a volte materiale”. A chi impossibilitato per vari motivi non può fare la spesa o andare in farmacia, alcuni membri della comunità prestano personalmente un “lodevole servizio di assistenza che porta frutti di gioia, di sollievo, di forza nell´avversità e di speranza”. Anche i vari incontri di preghiera tramite Skype, primo fra tutti quello della celebrazione della S. Messa domenicale trasmessa via streaming dalla Cappella della Missione, costituiscono un appuntamento “significativo – ci spiega la religiosa - che lascia lievitare la fede cristiana dei singoli come dei gruppi contribuendo a rinsaldare i legami della carità e dell´amicizia”. Per il triduo pasquale e la Domenica di Pasqua è previsto pure  il collegamento attraverso il link creato dalla Missione:  “lo spirito di comunione ecclesiale assicura così l´unità sia pur a debita distanza!”.

R.I.

Commissione Ue e Consiglio d’Europa sui rom: “protezione diritti umani e accesso ai servizi durante la pandemia”

8 Aprile 2020 - Roma -“I governi devono essere supportati da tutti nella gestione di questa crisi e devono essere liberi di decidere le misure necessarie. Tuttavia, tutte le misure devono rispettare l’attuale quadro europeo dei diritti umani, compresi i principi di uguaglianza e non discriminazione”. A scriverlo oggi è il Consiglio d’Europa e la Commissione europea in occasione della Giornata internazionale dei rom Tra la popolazione Rom in Europa, composta da 10-12 milioni di persone, si contano ancora oggi numerose “vittime di povertà e di esclusione. La presenza di un diffuso antiziganismo rafforza e aggrava il loro disagio economico e sociale. Tali disuguaglianze – si legge nella nota congiunta - persistono malgrado i continui sforzi a livello nazionale, europeo e internazionale per affrontare i pregiudizi, le discriminazioni e i reati contro Rom e Viaggianti”. La Giornata internazionale dei Rom (l’8 aprile) è stata istituita per celebrare la cultura, la storia e la lingua dei Rom e per sensibilizzare sulle difficoltà che i Rom si trovano ancora a dovere affrontare. La Giornata è stata dichiarata ufficialmente nel 1990, in occasione del 4° Congresso dei Rom, per ricordare il primo grande incontro internazionale dei rappresentanti dei Rom, che si è svolto nel Regno Unito, a Orpington, nei pressi di Londra, dal 7 al 12 aprile 1971.          

Cei: stanziamento straordinario in un aiuto alla ripresa

8 Aprile 2020 -
Roma - Un aiuto straordinario della Chiesa italiana per sostenere persone e famiglie in situazioni di povertà o di necessità, enti e associazioni che operano per il superamento dell’emergenza provocata dalla pandemia, enti ecclesiastici in situazioni di difficoltà.
Ruota attorno a queste destinazioni la somma che la Presidenza della CEI – sentite tutte le Conferenze Episcopali Regionali – stanzia per contribuire a far fronte alle conseguenze sanitarie, economiche e sociali provocate dal Covid-19.
Si tratta di un importo straordinario di 200 milioni di euro, provenienti dall’otto per mille che i cittadini destinano alla Chiesa Cattolica e recuperati dalla finalità a cui erano stati destinati, essenzialmente l’edilizia di culto. Di questi, 156 milioni sono ora ripartiti, in modo proporzionale, fra tutte le Diocesi.
L’erogazione avverrà entro fine aprile e impegna a un utilizzo di tali risorse entro il 31 dicembre 2020; la rendicontazione - che dovrà essere inviata alla Segreteria Generale della CEI entro il 28 febbraio 2021 - si atterrà al dettato concordatario (Legge 222/85) e ai criteri di trasparenza, rafforzati dall’Assemblea Generale del maggio 2016.
Tenuto conto delle differenti situazioni esistenti sul territorio nazionale, le modalità di tale rendicontazione non seguiranno la griglia predisposta per i fondi ordinari, ma dovranno specificare: i soggetti destinatari delle erogazioni, le causali, le somme erogate, i relativi giustificativi - secondo prassi - delle attività sostenute.

Mci Basilea: la lettera del missionario ai fedeli

7 Aprile 2020 - Basilea – “È comunque Pasqua. Buona Pasqua! Gli auguri suonano un po’ ’stonati’ perché è una Pasqua alla quale ci mancheranno tante cose… Le riunioni di famiglia, un viaggio in Italia, una vacanza, e tanto altro. Ci mancherà l’incontro nella comunità, lo scambio dell’ulivo segno beneaugurante di pace, gli abbracci che le grandi feste ci riservano, le liturgie della Settimana Santa, la Messa solenne di Pasqua che permette di rivedere volti a scadenza annuale, il canto gioioso dell’Alleluia. Ci mancheranno le tradizioni che puntualmente in famiglia, nei segni pasquali e sulle tavole ci fanno dire che è Pasqua. Ma è comunque Pasqua”. Lo scrive il responsabile della Missione Cattolica di Basilea Farronato in una lettera ai fedeli italiani residenti a Basilea. Una Pasqua “che nulla toglie alla Vita che essa interpreta, alla Luce che essa emana, alla Verità che essa proclama. La Vita, la Luce, la Verità non verranno mai sotterrate o rinchiuse in un sepolcro. È Risorto! Rallegriamoci ed esultiamo. È il grido che rilancia la Vita verso l’eternità. È il raggio che illumina di Luce il creato e i suoi abitanti. È lo squarcio che permette alla Verità di farsi contemplare. Per noi cristiani dovrà essere comunque Pasqua. La vivremo in casa, in famiglia, forse in solitudine, nelle corsie degli ospedali, sul letto della malattia, chiusi dentro per rispettare l’altrui e propria salute. Gesù, il Risorto, entra a porte chiuse per aprirci alla Speranza”. Nella Mci molti i servizi attivi: i sacerdoti, le collaboratrici e l’assistente sociale della parrocchia rispondono alle esigenze urgenti dei parrocchiani: dalla spesa a domicilio alle pratiche burocratiche. E poi la celebrazione quotidiana, senza la presenza di fedeli, dell’Eucarestia. “Ci auguriamo, nella preghiera e nel ricordo vicendevole, di tornare presto alla normalità che ci riserverà uno spirito nuovo, una ritrovata solidarietà e una rinforzata appartenenza alla comunità cristiana”.  

Scalabriniane: bisogna prendersi cura dei centri di accoglienza per migranti, essenziali le condizioni sanitarie dei locali

7 Aprile 2020 - Roma -  “La crisi dettata dal coronavirus non può abbandonare il lavoro che si sta facendo a tutela degli ultimi. L’appello del Santo Padre non può essere dimenticato e, anzi, deve essere frutto di una nuova valorizzazione delle comunità, delle istituzioni e delle realtà sanitarie che sono impegnate sotto diversi punti di vista”. A dirlo è suor Neusa de Fatima Mariano, superiora generale delle Suore missionarie di San Carlo Borromeo/Scalabriniane. “Tra gli ultimi desidero ricordare anche i mille migranti giunti sulle coste di Malta. Testimoniano la necessità di non interrompere la catena degli aiuti", ha aggiunto suor Neusa: "è vero che le nazioni europee si trovano ora ad avere un nuovo fronte in casa, ma è grazie anche alla solidarietà che uniti si potrà vincere contro questa pandemia e risollevare un’economia ora in ginocchio. In Italia, giustamente adesso tutta la nostra attenzione è volta a questa pandemia, che tra l'altro sta toccando diversi campi di rifugiati. Non ci interessano i numeri, come ci ricorda il Papa, così come non possiamo fare l'equazione Covid 19 uguale migranti, oppure che i migranti siano immuni da questo virus. Invece vorremmo sollevare l'attenzione sulle  condizioni in cui vivono i migranti, proprio  nei centri di accoglienza. Promiscuità e condizioni sanitarie precarie non dovrebbero mai esserci. Oggi più di ieri l’igiene del luogo in cui si trovano è più che mai essenziale. Questo vale per loro ma anche per i tanti anziani che si trovano a vivere nelle case di cura”.