Primo Piano

Fonte d’Ismaele: giornate al mare per i profughi ucraini

25 Agosto 2022 -

Roma - Le donne e i bambini provenienti dall’Ucraina e attualmente ospiti presso il Centro Fonte d’Ismaele trascorreranno alcuni di questi giorni di fine estate al mare, grazie a un accordo tra l’associazione, Atac e il Dopolavoro dell'Azienda. Oggi il primo appuntamento presso lo stabilimento balneare di Ostia del Dopolavoro, poi l’esperienza verrà ripetuta martedì 30 agosto, giovedì 1 settembre e da martedì 6 fino a venerdì 9 settembre.

 

“Fin dallo scoppio di questa atroce guerra, ormai sei mesi fa, - spiega Lucia Ercoli, coordinatrice di Fonte d’Ismaele - ci siamo attivati per un’accoglienza di tipo familiare per le persone costrette a fuggire dall’Ucraina. Per un po’ abbiamo sperato che prevalesse la logica del buon senso e la guerra potesse terminare presto, ma non è andata così e le persone che sono arrivate qui in Italia sono sempre più smarrite e disperate”.

 

“Per questo - prosegue - ringraziamo sentitamente il Dopolavoro Atac Cotral,  con il quale abbiamo già condiviso questa esperienza a luglio, che mettendo nuovamente a disposizione il proprio stabilimento balneare permette alle donne e ai bambini che ospitiamo di trascorrere qualche giorno di spensieratezza, nonostante il loro pensiero sia sempre ai figli, ai mariti e ai padri che sono rimasti in Ucraina a combattere e alle preoccupazioni per un futuro tutto da decifrare”. 

 

“In particolare, - conclude - queste giornate speriamo possano essere importanti per i più piccoli, vittime innocenti della pazzia della guerra come le ha definite anche Papa Francesco, coloro i quali rischiano di subire i danni maggiori, sia sul piano fisico che sul piano emotivo e psicologico”.

 

GMMR: Papa Francesco, “migranti e rifugiati rivitalizzano comunità ecclesiali che li accolgono”

25 Agosto 2022 -
Città del Vaticano - “La diversità di espressioni di fede e di devozioni è occasione per crescere in cattolicità”. È il messaggio di Papa Francesco nel quinto video della campagna comunicativa promossa dalla Sezione Migranti e Rifugiati (M&R) in vista della 108ª Giornata mondiale del migrante e del rifugiato (Gmmr) che ricorre il prossimo 25 settembre sul tema, scelto dal Papa,  “Costruire il futuro con i migranti e i rifugiati”. Il Pontefice evidenzia nel video come la presenza di migranti e rifugiati stia rivitalizzando le comunità ecclesiali in cui vengono accolti. La parrocchia Saint Mary of the Lake and Our Lady of Lourdes di Chicago ne è un esempio: ricca di varie nazionalità di migranti, celebra la diversità multiculturale anche nei sacramenti. Nel video, i parrocchiani testimoniano come la presenza di varie tradizioni e culture religiose permette di promuovere l’unità e arricchisce la fede di ognuno.

Giovani per la Pace: da domani 1000 giovani ad Amsterdam da 15 paesi europei

25 Agosto 2022 - Roma - “A Global Friendship for a Global Peace”. Torna, finalmente in presenza, dopo due anni di stop a causa della pandemia, l’incontro internazionale dei Giovani per la Pace europei. Non più e non solo online. In un tempo segnato dalla terribile guerra in Ucraina – il più grave conflitto sul suolo europeo dalla fine della seconda guerra mondiale – Amsterdam ospiterà dal 26 al 28 agosto un grande evento per la pace, promosso da questo movimento legato alla Comunità di Sant’Egidio, che si è mobilitato nei mesi scorsi in numerose città europee contro la guerra ed è impegnato, ogni giorno, nelle periferie con i bambini in difficoltà, i senza dimora, gli anziani soli e i rifugiati. Attesi nella capitale olandese 1000 giovani da 15 Paesi europei, tra cui l’Ucraina: una delegazione di 35 giovani, provenienti da Kiev, Kharkiv, Leopoli, Ivano-Frankivsk e Donetsk. Si confronteranno su diversi temi - migrazioni, povertà, ecologia - e daranno voce alle speranze di pace della loro generazione, per diffondere una cultura della solidarietà e dell’integrazione. Sabato mattina i partecipanti, studenti universitari e delle scuole superiori, si recheranno alla casa di Anna Frank, per ricordare l’orrore della Shoah e rinnovare il loro impegno a contrastare ogni forma di violenza e razzismo.

Unhcr: oltre mille migranti morti nel Mediterraneo

25 Agosto 2022 - Roma -  Oltre mille migranti morti nel Mediterraneo nel 2022. Il dato aggiornato in questi giorni dall' Alto commissariato Onu per i rifugiati (Unhcr) è di 1.004 migranti morti dall' inizio del 2022 nel tentativo di attraversare il Mediterraneo per raggiungere l' Europa. Una strage di enormi proporzioni che prosegue, spesso nell' indifferenza collettiva, e che parla del dramma di persone in fuga dal proprio Paese in cerca di un futuro migliore. Secondo l' Unhcr, un totale di 73.928 rifugiati e migranti sono giunti via mare dall' inizio dell' anno in Italia, Grecia, Spagna, Cipro e Malta. La maggioranza di questi, oltre 50.000, sono arrivati in Italia. Quella dei migranti morti nelle traversate del Mediterraneo è purtroppo una costante degli ultimi anni: un recente rapporto dell' agenzia dell' Onu per i rifugiati ha indicato che, tra il 2014 e il 2021, oltre 24.400 persone hanno perso la vita o sono scomparse nel tentativo di raggiungere l' Europa via mare. In queste ore si attendono intanto nuovi sbarchi di migranti in Italia: sono attese a Porto Empedocle, in provincia di Agrigento, 500 persone soccorse ieri dalla nave della Marina militare Diciotti, mentre a Pozzallo arriverà un' altra imbarcazione con a bordo circa 250 migranti soccorsi. Nel porto di Taranto è attesa invece la nave Geo Barents dell' Ong Medici senza frontiere, con a bordo 106 migranti soccorsi tre giorni fa. Ma il fenomeno delle traversate in mare non preoccupa solo i Paesi del Mediterraneo. Nel Regno Unito è stato raggiunto ieri il nuovo record nel numero di persone che attraversa in piccole imbarcazioni il canale della Manica dal nord della Francia. Il ministero della Difesa di Londra ha riferito di 1.295 migranti arrivati in 24 ore sulle coste britanniche, ovvero una cifra che batte il precedente record di 1.185 arrivi registrato lo scorso novembre. Complessivamente, nel 2022 ci sono stati fino ad ora 22.670 attraversamenti del Canale della Manica per raggiungere il Regno Unito, quasi il doppio rispetto allo stesso periodo del 2021.  

Gelsomina e la strada dal circo al grande schermo

24 Agosto 2022 - Roma - Il primo grande attore a portare il fascino del circo al cinema usando la maschera del clown è stato Ridolini al tempo del muto, quel Larry Semon che si infarinava la faccia e indossava pantaloni ascellari (un Fantozzi ante litteram?) compiendo davanti alla cinepresa piroette e acrobazie che lasciavano lo spettatore col fiato sospeso. Goffo, ridicolo e pasticcione come un anarchico “Augusto” dal naso adunco e dallo sguardo stralunato, il personaggio di Ridolini non era, però, né il romantico “Tramp” di Charlot nè l’eroe funambolesco e surreale impersonato da Buster Keaton. Se c’è invece una figura entrata nell’immaginario collettivo come l’espressione cinematografica più sublime e pura della clownerie, anzi evocativa del circo tout court, è la Gelsomina de La strada di Giulietta Masina e Federico Fellini: una Cenerentola scanzonata e ribelle che impara il mestiere del saltimbanco seguendo quell’energumeno di Zampanò e facendosi ammaliare dal funambolo detto “Il Matto” il quale le insegna però, soprattutto, la grazia dello stare al mondo. Una “farfalla” triste che cerca amore e sprizza umanità, un tenero pagliaccio quasi asessuato, col viso imbiancato e un punto rosso sul naso, la maglietta a righe sotto a un cappottaccio e la parrucca bionda (in realtà erano i capelli suoi, resi ispidi e impiastricciati da borotalco e sapone da barba). Uno scricciolo che fa smorfie e zompa buffamente al ritmo del trombone e della grancassa. A Hollywood, dopo l’Oscar, anche la critica la osannò: «The female Charlot». Lo stesso Chaplin ne rimase colpito: «La Masina è l’attrice che ammiro di più». Gelsomina è un’anima candida e sprovveduta che porta con sè il Mistero. Semplice e profonda. Per questo ha segnato la storia del cinema. Ma quel modo di recitare della Masina – molto di più di un’attrice sagomata dal despota Federico, marito e regista –, i saltelli, gli ammiccamenti e le tenere moine ispireranno altre grandi del cinema e del varietà, come Leslie Caron, per esempio, nel musical Gigi di Vincente Minnelli. E, poi, a pensarci bene, cos’è lo Sbirulino televisivo della Mondaini se non una versione spensierata e colorata della Gelsomina di Zampanò senza più il velo della malinconia del povero che cerca riscatto e considerazione? Un’altra analogia da tubo catodico che ci viene in mente è quella dello Scaramacai di Pinuccia Nava, nato nel 1955 dalle fertili penne di Umberto Simonetta e Guglielmo Zucconi: «Mi sun un pagliaccetto senza casa e senza tetto» era il suo tormentone. Non solo “Tv dei ragazzi”, molto di più. Non c’era ancora Zelig e il circo piaceva a tutti. Ma il mito rimane pur sempre lei, la Gelsomina del film preferito da Papa Francesco. «Mi piace perché La strada tratta del sacro, di quel bisogno primitivo e specifico dell’uomo che ci spinge ad andare oltre», confidò il Pontefice in un’intervista a Civiltà Cattolica. È lei, la Masina-Gelsomina, a incarnare l’essenza del circo e dei clown sul grande schermo. E sarà per sempre così. Perché è la voce, l’anima, il corpo stesso, fragile e minuto, degli oppressi che riescono a sorridere e a far sorridere anche di fronte a un destino avverso e che sono capaci di guardare con stupore dove gli altri dal cuore indurito non guardano più. Ci fa ingobbire di malinconia, Gelsomina. Ma ci lascia pure una viva speranza dentro. Perché, come le dice il Matto: «Tu non ci crederai ma tutto quello che c’è a questo mondo serve a qualcosa. Ecco, prendi quel sasso lì per esempio... Non so cosa serve questo sasso io, ma a qualche cosa deve servire. Perché se questo è inutile, allora è inutile tutto, anche le stelle. E anche tu, anche tu servi a qualcosa, con la tu’ testa di carciofo». Meraviglia del cinema, e del genio di chi lo sa fare. Giulietta e Federico. Tutti e due “clown”, con Gelsomina e Cabiria, personaggi ritagliati sulle angosce di una povera bambina emiliana “adottata” dalla ricca zia di Roma e sui sogni-desideri del più grande direttore di circo di tutti i tempi, quel regista che col megafono e la vocina rotta sapeva spiegare agli attori sul set come si trasforma l’inizio di una lacrima in una risata sommessa. Come la voleva lui. Amara e dolce insieme. (Fulvio Fulvi - Avvenire)

La preghiera incessante del Papa di fronte al «pericolo di autodistruggersi»

24 Agosto 2022 -

Città del Vaticano - In sei mesi di conflitto in Ucraina, come ricorda un ampio servizio curato da Vatican News, sono stati incessanti gli appelli di papa Francesco per la pace. Ne citiamo solo alcuni: «Ogni guerra rappresenta una sconfitta per tutti» (Angelus 27 marzo), esortando a rovesciare la prospettiva e quindi «a sconfiggere la guerra» (Udienza generale 23 marzo). «Di fronte al pericolo di autodistruggersi, l’umanità comprenda che è giunto il momento di abolirla», ripudiarla, «cancellarla dalla storia dell’uomo prima che sia lei a cancellare l’uomo dalla storia».

«Dio è solo Dio della pace, non della guerra» e «sta con gli operatori di pace» (Angelus 27 febbraio). Con il pensiero rivolto oltre l’Europa, ai conflitti dimenticati in Siria, Yemen o Myanmar, per citare alcuni tasselli della «terza guerra mondiale a pezzi», il Pontefice ha più volte richiamato a non considerare mai nessun conflitto armato come inevitabile. Occorre contrastare con ogni forza il rischio di abituarsi, o addirittura dimenticare la «tragica realtà» di quanto accade in Ucraina, o altrove. La guerra richiama «lo spirito di Caino» che uccise il fratello Abele. Il Mercoledì delle Ceneri del 2 marzo il Pontefice ha aperto la Quaresima nel segno del digiuno e della preghiera per la pace in Ucraina. Al Cuore Immacolato di Maria, il 25 marzo, nel giorno dell’Annunciazione, ha consacrato l’umanità, in special modo la Russia e l’Ucraina: «Liberaci dalla guerra, preserva il mondo dalla minaccia nucleare ». «Continuiamo, per favore, a pregare ogni giorno il Rosario per la pace». (Regina Coeli - 8 maggio).

Il Papa ha esortato i leader politici ad un «serio esame di coscienza al cospetto di Dio: non portate l’umanità alla rovina per favore!». Da qui il monito: «Si mettano in atto vere e concrete trattative per un cessate il fuoco e per una soluzione sostenibile. Si ascolti il grido disperato della gente che soffre, si fermi la macabra distruzione di città e villaggi». Costanti il richiamo a favorire corridoi umanitari sicuri e a mettere in campo azioni di aiuto nei confronti della popolazione martoriata dalle bombe. Con la stessa premura Francesco non ha mai mancato di ringraziare uomini e donne di buona volontà che hanno aperto le porte ai profughi nei quali, ha ricordato, è presente Cristo: «Non stanchiamoci di accogliere con generosità, come si sta facendo: non solo ora, nell’emergenza, ma anche nelle settimane e nei mesi che verranno». «Pensiamo a queste donne, a questi bambini che con il tempo, senza lavoro, separate dai loro mariti, saranno cercate dagli 'avvoltoi' della società. Proteggiamoli, per favore».

Francesco ha fatto visita all’ambasciatore russo a Roma; ha avuto colloqui telefonici con il presidente ucraino Zelensky; ha ringraziato più volte i giornalisti che mettono a rischio la propria vita; ha incoraggiato e salutato con favore come segno di speranza la partenza dai porti ucraini delle prime navi cariche di cereali. Una sollecitudine che si è esplicitata nell’impegno fattivo della Santa Sede ad adoperarsi senza riserva per mettersi al servizio della pace, con l’invio in Ucraina dei cardinali Krajewski e Czerny, rispettivamente Elemosiniere e prefetto del dicastero per lo Sviluppo umano integrale e, a maggio, di monsignor Paul Richard Gallagher, segretario per i Rapporti con gli Stati. Il Papa non lo ha mai nascosto: nell’intimo coltiva il desiderio di «aprire una porta», di recarsi nelle zone coinvolte dal conflitto prima a Mosca e poi a Kiev: «È sul tavolo », «vorrei andarci». «Per servire la causa della pace».

Mediterraneo: a Fondi un incontro con il card. Montenegro

24 Agosto 2022 - Roma - «Mediterraneo» sarà la parola che farà da filo rosso alla serata di domani che si svolgerà dalle 21 a Fondi (arcidiocesi di Gaeta e provincia di Latina) al monastero di San Magno. Ospite della serata sarà l’arcivescovo emerito di Agrigento, il cardinale Francesco Montenegro, già presidente della Fondazione Migrantes. A introdurre l’evento sarà l’arcivescovo di Gaeta, mons.  Luigi Vari. La serata continuerà con lo spettacolo “Una traccia di non assuefazione” con Luca Maceri per la regia di Laura Fantini. La piéce è tratta da “Aiutarli a casa nostra. Per un’Europa della compassione” di Vincenzo Sorrentino.

Papa Francesco: il pensiero e la preghiera per i bambini e i rifugiati ucraini

24 Agosto 2022 - Città del Vaticano - Papa Francesco alla fine dell'udienza generale di questa mattina ha pregato per l'Ucraina, per i "tanti innocenti che stanno pagando la pazzia, la pazzia di tutte le parti, perché la guerra è una pazzia".  "Penso - ha aggiunto - ai bambini: tanti morti, poi tanti rifugiati, qui ce ne sono tanti. Tanti feriti. Tanti bambini ucraini e bambini russi sono diventati orfani: l'orfanità non ha nazionalità, hanno perso il papà e la mamma, sia russi sia ucraini". (R.I.)

Villa Literno: oggi la memoria di Jerry Masslo e di tutte le vittime dell’intolleranza e del razzismo

24 Agosto 2022 -

Roma - Oggi, a 33 anni dalla sua morte, la Comunità di Sant’Egidio invita tutti a ricordare Jerry Essan Masslo, il profugo sudafricano, amico e ospite della Comunità alla fine degli anni Ottanta, che fu ucciso per rapina nella povera baracca dove viveva insieme ai suoi compagni per la raccolta dei pomodori. Il suo omicidio commosse l’Italia provocando la prima grande manifestazione antirazzista dell’ottobre 1989 e suggerendo i primi provvedimenti legislativi nei confronti degli immigrati.

In un tempo difficile, che ha visto registrare nuovi atti di razzismo e il gravissimo omicidio di Alika, nigeriano, a Civitanova Marche - dice oggi una nota di Sant'Egidio - "non vogliamo dimenticare il dramma dei braccianti stranieri sfruttati nelle campagne e costretti a vivere in alloggi più che precari. Di fronte a sentimenti di intolleranza e alla predicazione dell’odio, che corre troppo spesso sui social, occorre invece costruire, per tutti, un futuro di pace, di giustizia e di integrazione". L'appuntamento è per oggi alle 17.30 al cimitero di Villa Literno, per la memoria di Jerry Essan Masslo e dei tanti migranti morti, in diverse circostanze, mentre erano in Italia al lavoro nei campi.

Unesco: ad Angela Merkel il Félix Houphouët-Boigny Peace Prize 2022 per il suo impegno nell’accoglienza dei rifugiati

24 Agosto 2022 -
Roma - E’ stato assegnato ad Angela Merkel, ex cancelliera federale tedesca, il Félix Houphouët-Boigny Peace Prize dell’Unesco 2022 “in riconoscimento dei suoi sforzi per accogliere i rifugiati”. “Tutti i membri della giuria sono stati toccati dalla sua coraggiosa decisione nel 2015 di accogliere più di 1,2 milioni di rifugiati, in particolare provenienti da Siria, Iraq, Afghanistan ed Eritrea. Questa è l’eredità che lascia”, ha affermato il presidente della giuria, il premio Nobel per la pace 2018 Denis Mukwege. “La sofferenza è universale, ecco perché anche le soluzioni fornite alla sofferenza devono essere universali. Costruire la pace significa aprire le porte a coloro che soffrono. La decisione della giuria ci ha ricordato che il modo in cui trattiamo migranti e rifugiati è una questione critica”, ha sottolineato Audrey Azoulay, direttore generale Unesco.
La giuria - riferisce l'agenzia Sir - ha inoltre assegnato una menzione d’onore a Julienne Lusenge per il suo impegno nei confronti delle donne vittime di violenze sessuali. Nota per il suo lavoro nel Nord Kivu nella Repubblica democratica del Congo, Lusenge ha denunciato l’uso dello stupro come “arma di guerra” ed è una strenua paladina dei diritti delle donne. A breve verranno annunciati data e luogo della cerimonia di consegna. Creato nel 1989, questo Premio annuale onora un individuo, un’istituzione o un ente pubblico o privato che ha contribuito in modo significativo alla promozione, ricerca, salvaguardia o mantenimento della pace, in conformità con la Carta delle Nazioni unite e la Costituzione dell’Unesco. Lo hanno ricevuto personalità di fama mondiale, tra cui Nelson Mandela e Frederik W. De Klerk.

Ordine di Malta: aiuti umanitari in 65 località ucraine

24 Agosto 2022 -
Roma - “Ogni notte abbiamo paura quando scatta l’allarme bomba. Da sei mesi l’intero Paese sta vivendo la crudeltà di questa guerra. La paura è diventata una costante compagna della gente. Ma finché sarà possibile, continueremo il nostro lavoro umanitario e ci prenderemo cura dei feriti, dei malati e dei rifugiati che hanno bisogno di aiuto”, afferma Pavlo Titko, responsabile del Malteser Ucraina (l’organizzazione dell’Ordine di Malta in Ucraina) da Leopoli. Lo riferisce un comunicato dell’Ordine. Dall’inizio della guerra, il 24 febbraio 2022, il Malteser Ucraina sostiene i rifugiati. Più di 365mila pasti caldi sono stati distribuiti nelle stazioni ferroviarie, ai valichi di frontiera e nelle città, e due rifugi collettivi sono stati allestiti immediatamente. I rifornimenti sono stati consegnati da Leopoli a circa 65 città e paesi del sud e dell’est dell’Ucraina. Il programma di sostegno psicosociale, già in atto dal 2015, è stato esteso a tutta l’Ucraina e dall’inizio della guerra sono state effettuate 13mila sessioni di consulenza psicosociale per gli sfollati interni. I bambini sfollati hanno potuto frequentare un campo estivo. È inoltre in corso di realizzazione un ampio progetto finanziato dal ministero degli Esteri tedesco, in collaborazione con un ospedale di Leopoli, per la fornitura di protesi ai pazienti che hanno subito l’amputazione di arti. Intanto, gli operatori umanitari si stanno già preparando per la stagione invernale. “La fine della guerra non è ancora in vista e le infrastrutture nei territori orientali dell’Ucraina sono gravemente danneggiate. Per questo motivo nelle prossime settimane distribuiremo alle persone particolarmente bisognose importanti generi di soccorso specifici per l’inverno, come coperte e batterie solari”. Circa 900mila persone vivono attualmente in rifugi di emergenza e migliaia in villaggi difficilmente accessibili o in case danneggiate. “Prevediamo che durante l’inverno arriveranno ancora più persone nell’Ucraina occidentale. Nell’est del Paese, le temperature possono scendere a meno 20 gradi in quel periodo dell’anno. Senza elettricità e riscaldamento, le persone morirebbero di freddo”, avverte Titko. Un rifugio collettivo a ovest di Leopoli è in fase di ristrutturazione per renderlo a prova di inverno e per creare spazio vitale per un massimo di 120 persone. Fin dall’inizio della guerra, l’Ordine di Malta tedesco ha consegnato oltre 5.500 tonnellate di beni all’Ucraina e ai paesi limitrofi. Forniture mediche, ambulanze, medicinali, tende, letti da campo, coperte, cibo e cucine da campo sono stati inviati in Ucraina da molte associazioni dell’Ordine di Malta in Europa: Polonia, Ungheria, Romania, Francia, Italia e molte altre. Importante anche lo sforzo profuso dai Gran Priorati dell’Ordine. “Tutti gli europei devono continuare a contribuire ad alleviare le sofferenze dell’Ucraina”, l’appello del presidente del Malteser International Europe, Douglas Graf von Saurma-Jeltsch: “La guerra sta peggiorando e sempre più persone saranno ferite sia mentalmente che fisicamente. Chiunque possa donare denaro o impegno a donne, bambini e uomini, è pregato di farlo, perché molte persone in difficoltà dipendono ancora dagli aiuti umanitari”.

Migrantes Taranto: domani incontro di preghiera per la pace in Ucraina

23 Agosto 2022 -
Taranto - Domani a Taranto un incontro di preghiera per la pace in Ucraina. L'iniziativa è dell'Ufficio Migrantes della diocesi tarantini insieme all' Associazione Italo /Ucraina “Sylni Rasom” (Forti insieme) e alla Parrocchia Concattedrale. All'incontro - che si svolgerà alle 20,00 sul sagrato della  della cattedrale - sarà presente la Comunità Ucraina che vibe nella città insieme ai profughi presenti nella Provincia. "Si ricorderà il 31° anniversario di indipendenza dell'Ucraina ed i sei mesi dell’inizio della guerra", dice la direttrice dell'ufficio Migrantes,Marisa Metrangolo.

Cei: online la Sintesi nazionale della fase diocesana del Sinodo

23 Agosto 2022 - Roma – Online sui siti https://camminosinodale.chiesacattolica.it e https://www.chiesacattolica.it la Sintesi nazionale della fase diocesana del Sinodo 2021-2023 “Per una Chiesa sinodale: Comunione, partecipazione e missione” che la Presidenza della Cei ha consegnato il 15 agosto alla Segreteria generale del Sinodo dei vescovi. Il Sinodo è inteso come un processo sinodale e culminerà nel 2023 con la fase universale, preceduta da quella continentale. “Il documento, disponibile online, dà sinteticamente conto del percorso compiuto nell’anno pastorale 2021-2022, dedicato all’ascolto e alla consultazione capillare del popolo di Dio”, spiega una nota dell’Ufficio nazionale per le comunicazioni sociali della Cei. Questo primo “step”, viene spiegato nella nota, “è stato armonizzato, per volere dei vescovi, con il Cammino sinodale delle Chiese che sono in Italia, che sta interessando sempre di più i diversi territori con proposte e progetti”. La Sintesi, dunque, offre “una panoramica del primo anno di Cammino sinodale, che fino al 2025 sarà strutturato in tre momenti: fase narrativa (2021-2022 e 2022-2023); fase sapienziale (2023-2024); fase profetica (2025)”. “Il coinvolgimento – viene riportato nella Sintesi – è stato ampio ed eterogeneo: dalle Chiese locali nelle loro articolazioni (diocesi, parrocchie, zone pastorali o foranie…) e in tutte le loro componenti, con lo sforzo di raggiungere anche i mondi della politica, delle professioni, della scuola e dell’università, fino ai luoghi della sofferenza e della cura, alle situazioni di solitudine e di emarginazione”. Nonostante “incertezze e perplessità”, soprattutto nella fase iniziale, “le Chiese in Italia hanno cercato di superare individualismi, scetticismi e steccati, e si sono messe in cammino: è stato costituito un Gruppo di coordinamento nazionale, si sono formati circa 50.000 gruppi sinodali, con i loro facilitatori, per una partecipazione complessiva di mezzo milione di persone. Più di 400 referenti diocesani hanno coordinato il lavoro, insieme alle loro équipe. Sono 200 le sintesi diocesane e 19 quelle elaborate da altri gruppi – per un totale di più di 1.500 pagine – pervenute alla Segreteria generale della Cei a fine giugno”. I diversi contributi giunti non vengono citati nominalmente, ma sono assorbiti all’interno del testo nella loro ricchezza e pluriformità. “Non si è semplicemente parlato di sinodalità, ma la si è vissuta, facendo i conti anche con le inevitabili fatiche: nel lavoro dell’équipe diocesana – presbiteri, diaconi, laici, religiosi e religiose insieme, giovani e adulti, e con la presenza partecipe del vescovo –, nell’accompagnamento discreto e sollecito delle parrocchie e delle realtà coinvolte, nella creatività pastorale messa in moto, nella capacità di progettare, verificare, raccogliere, restituire alla comunità”, rileva la Sintesi evidenziando che “l’esperienza fatta è stata entusiasmante e generativa per chi ha accettato di correre il rischio di impegnarvisi: in molti contesti ha contribuito a rivitalizzare gli organismi di partecipazione ecclesiale, ha aiutato a riscoprire la corresponsabilità che viene dalla dignità battesimale e ha lasciato emergere la possibilità di superare una visione di Chiesa costruita intorno al ministero ordinato per andare verso una Chiesa ‘tutta ministeriale’, che è comunione di carismi e ministeri diversi”. Nella parte centrale, il documento presenta i dieci “nuclei” attorno a cui sono state organizzate le riflessioni emerse dalle sintesi diocesane: ascoltare, accogliere, relazioni, celebrare, comunicazione, condividere, dialogo, casa, passaggi di vita e metodo. “La loro pluralità – viene precisato – non rappresenta un limite da superare, attraverso un’operazione di omogeneizzazione o di gerarchizzazione, ma contribuisce a custodire il fondamentale pluralismo dell’esperienza delle Chiese in Italia, con tutta la varietà di accenti e sensibilità da cui sono attraversate e di cui sono portatrici”. Il discernimento sulle sintesi diocesane e l’elaborazione dei dieci nuclei hanno permesso di individuare alcune “priorità” che, con l’obiettivo di alimentare e sostenere il Cammino sinodale delle Chiese in Italia in comunione con il processo in corso a livello universale, si è scelto di raggruppare lungo tre assi, definiti “cantieri sinodali”: quello “della strada e del villaggio (l’ascolto dei mondi vitali)”, quello “dell’ospitalità e della casa (la qualità delle relazioni e le strutture ecclesiali)” e quello “delle diaconie e della formazione spirituale”. Questi cantieri potranno essere adattati liberamente e ogni Chiesa locale potrà aggiungerne un quarto che valorizzi una priorità risultante dal percorso compiuto lungo il primo anno. “Quella del cantiere – ricorda la Sintesi – è un’immagine che indica la necessità di un lavoro che duri nel tempo, che non si limiti all’organizzazione di eventi, ma punti alla realizzazione di percorsi di ascolto e di esperienze di sinodalità vissuta, la cui rilettura sia punto di partenza per le successive fasi del Cammino sinodale nazionale”. (G.Alfaro.)

Papa Francesco: presentato il logo della visita in Kazakhstan

23 Agosto 2022 - Città del Vaticano - “Messaggeri di pace e di unità”. Questo il motto del viaggio di papa Francesco in Kazakhstan previsto dal 13 al 15 settembre prossimo. Nel logo, reso noto oggi, una colomba con un ramo d’ulivo. Le ali sono raffigurate da due mani giunte a voler simboleggiare quelle dei messaggeri della pace e dell’unità. Il cuore, all’interno delle ali, rappresenta l’amore, frutto della comprensione reciproca, della cooperazione e del dialogo", spiega la Sala Stampa della Santa Sede. Il ramo d'ulivo stilizzato è raffigurato con un’immagine ornamentale tipica kazaka. Sullo sfondo uno “shanyrak” (di colore celeste), elemento della dimora tradizionale del popolo kazako, “la yurta”, e, all’interno, una croce di colore giallo. I colori utilizzati, il celeste e giallo, sono gli stessi della bandiera del Kazakhstan; il giallo e il bianco, quelli della bandiera vaticana. Il verde del ramoscello simboleggia la speranza.

Sbarchi, la rotta turca è la più battuta

23 Agosto 2022 -

Roma - Gran lavoro, lo scorso fine settimana, per i trafficanti di uomini sulla rotta turca. Centinaia di arrivi sulle coste joniche calabresi, sia a Crotone sia a Roccella Jonica. Ma anche due approdi sulle coste pugliesi del Salento. Viaggi non facili, tutt’altro che 'rotta di lusso', come a volte si legge. Lo dimostravano i volti stanchi e la forte disidratazione delle 59 persone sbarcate domenica nel porto di Santa Maria di Leuca, la zona più a sud del 'tacco dello stivale'. Erano su un catamarano a vela intercettato al largo dalle motovedette della Guardia di finanza.

Sei palestinesi, 7 siriani, 26 iraniani, 18 iracheni, due dell’Azerbaijan, probabilmente gli scafisti. Tra loro 13 donne e 7 bambini. L’accoglienza è stata curata dalla Croce rossa e dalla Caritas diocesana di Ugento-Santa Maria di Leuca. «Siamo una comunità che non vuole restare indifferente agli sbarchi», ci spiega il direttore, don Lucio Ciardo. 24 ore prima, 70 immigranti erano sbarcati sulla costa a sud di Lecce, a Gagliano del Capo. Erano a bordo di un gommone avvistato al largo dagli uomini del Roan della Guardia di finanza di Bari. Gli immigrati sono di nazionalità benga-lese, afghana, iraniana, siriana, kuwaitiana, irachena e pachistana. Tra loro 14 minori e 8 donne. L’utilizzo di un gommone fa pensare alla presenza di una 'nave madre', già accaduto più volte proprio per gli sbarchi pugliesi, o alla partenza da porti più vicini, come quelli albanesi e montenegrini. È, infatti, quasi impossibile fare un viaggio di vari giorni su barche così piccole e poco sicure. Per questo la rotta turca si caratterizza per l’utilizzo di barche a vela. Come per gli ultimi sbarchi calabresi. Tre nel porto di Roccella Jonica. Venerdì una barca con 28 persone del Bangladesh, tutti uomini, tranne una donna. Sabato la Guardia costiera ha soccorso un’imbarcazione con 100 persone. Del gruppo facevano parte una mezza dozzina di donne e diversi minori, alcuni dei quali non accompagnati. Una volta raggiunta la barca, la Guardia costiera ha trasbordato i migranti sulla motovedetta. Domenica terzo sbarco di 50 profughi di varie nazionalità. Tra loro diverse donne e numerosi bambini e minori non accompagnati. Si trovavano a bordo di una barca a vela alla

deriva partita sei giorni prima dalla Turchia. Era a 107 miglia dalla costa calabrese e aveva lanciato alcune richieste di soccorso. Una volta raggiunta l’imbarcazione, la Guardia costiera, viste le brutte condizioni del mare, ha trasbordato i migranti. Martedì scorso, sempre a Roccella, erano sbarcate 244 persone, in questo caso provenienti dalla Cirenaica a bordo di un barcone, mentre una barca a vela con 71 persone (61 uomini, 10 donne delle quali 5 mino-ri), afghani, iracheni e iraniani, si era arenata sulla spiaggia di Brancaleone. Con questi arrivi è salito a 42 il numero degli sbarchi nella Locride nel 2022. Di questi, 35 a Roccella.

Non si ferma neanche l’esodo verso il Crotonese dove negli ultimi sette giorni sono arrivate più di 1.200 persone. Dopo le 430 di mercoledì scorso, tra venerdì e sabato sono arrivati 123 migranti soccorsi da Capitaneria di Porto e Finanza. Inoltre un centinaio di persone, sempre sabato, è stato trasbordato sulla motovedetta Cp 321 della Capitaneria di porto di Crotone da un veliero salpato dalla Turchia cinque giorni prima. Le operazioni di soccorso, avvenute a 10 miglia da Capocolonna, sono state coadiuvate da una petroliera maltese che ha protetto la barca a vela dal moto ondoso durante il trasbordo. (Antonio Maria Mira)

Consiglio d’Europa: Comitato anti-tortura annuncia visite in otto Paesi

22 Agosto 2022 -
Roma - Il Comitato europeo per la prevenzione della tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti (Consiglio d’Europa) annuncia il suo programma di visite periodiche per il 2023. Il Comitato ha intenzione di esaminare il trattamento delle persone private della propria libertà nei seguenti Paesi: Albania, Armenia, Cipro, Ungheria, Lussemburgo, Macedonia del Nord, Malta, Slovacchia. “Le persone e le organizzazioni in possesso di informazioni riguardanti la situazione di persone private della libertà in uno di questi Paesi e che ritengano possano risultare utili al Cpt, sono invitate a sottoporle all’attenzione del Comitato”, spiega un comunicato. Nel 2023, il Cpt “organizzerà anche delle visite ad hoc in diversi Paesi e potrebbe decidere, in base alle circostanze, di rimandare una o più visite periodiche al 2024”.

Firmato il decreto per l’esonero dedicato alle cooperative sociali che assumono rifugiati

22 Agosto 2022 - Roma - ll Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, sul proprio sito istituzionale, ha comunicato nei giorni scorsi che è stato firmato il decreto interministeriale diretto a definire le modalità di assegnazione del contributo destinato alle cooperative sociali che hanno assunto nel triennio 2018 -2020 soggetti titolari dello status di protezione internazionale. Le predette cooperative hanno diritto ad un esonero dal versamento dei contributi previdenziali a carico del datore di lavoro, con esclusione dei premi e contributi dovuti all'INAIL, nel limite massimo di 350 euro mensili. La legge di bilancio 2018 ha previsto che l’agevolazione trova applicazione per l’intero triennio (dal 1° gennaio 2018 al 31 dicembre 2020) per le assunzioni effettuate:con contratto di lavoro a tempo indeterminato dal 1° gennaio 2018; con contratti stipulati fino al 31 dicembre 2018 in favore delle persone titolari, dalla data del 10 gennaio 2016, dello status di protezione internazionale. Le cooperative sociali dovranno presentare la domanda direttamente all’INPS. Il contributo sarà riconosciuto sulla base dell’ordine cronologico di invio dell’istanza e fino all’esaurimento delle risorse disponibili messe a disposizione da parte del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali (pari a 500 mila euro per ciascun anno). Si specifica che non saranno riconosciute ulteriori agevolazioni, salvo l’eventuale integrazione delle risorse finanziarie entro il limite massimo complessivo previsto per il predetto triennio, pari a 1,5 milioni di euro, ai sensi dell'art. 1, comma 109, della legge 205 del 27 dicembre 2017. Appare opportuno ricordare che, in attuazione di regolamentazioni dell'Unione Europea, il nostro sistema prevede tre figure di protezione: status di rifugiato; protezione sussidiaria; protezione umanitaria. L'eventuale non conformità alla normativa europea delle leggi di attuazione può essere sindacata in via pregiudiziale davanti alla Corte di giustizia UE. Lo status di rifugiato riguarda: il cittadino straniero il quale, per il timore fondato di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza ad un determinato gruppo sociale o opinione politica, si trova fuori dal territorio del Paese di cui ha la cittadinanza e non può o, a causa di tale timore, non vuole avvalersi della protezione di tale Paese;  l'apolide che si trova fuori dal territorio nel quale aveva precedentemente la dimora abituale per le stesse ragioni citate e non può o, a causa di timore, non vuole farvi ritorno.  La protezione sussidiaria concerne il cittadino straniero che non possiede i requisiti per essere riconosciuto come rifugiato, ma nei cui confronti sussistono fondati motivi di ritenere che, se ritornasse nel Paese di origine, o, nel caso di un apolide, se ritornasse nel Paese nel quale aveva precedentemente la dimora abituale, correrebbe il rischio effettivo di subire un grave danno, da individuarsi: nella condanna a morte o nell'esecuzione della pena di morte; nella tortura o altra forma di pena o trattamento inumano o degradante; nella minaccia grave e individuale alla vita o alla persona derivante da violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale. La protezione umanitaria, che non è uno status, è invece prevista da leggi nazionali che attuano il “suggerimento europeo” di proteggere persone in stato di vulnerabilità, per le quali sussistano gravi motivi umanitari. Lo status di rifugiato è tendenzialmente permanente mentre la protezione sussidiaria dura 5 anni rinnovabili; entrambi possono essere revocati per seri motivi oppure per il miglioramento radicale della situazione del Paese di origine. (Alessandro Pertici)      

Le suore di Casablanca

22 Agosto 2022 - Casablanca - «Elles vivent en communauté, elles meurent en communauté!» (vivono in comunità e muoiono in comunità) mi soffia qualcuno, discretamente, al funerale. Si, sono tutte là, presenti, disseminate tra i banchi di chiesa. Sono una trentina di Missionarie Francescane di Maria, la maggior parte anziane, con alle spalle 40/50 anni di Marocco. Tutta una vita nell’insegnamento, nella sanità, negli ospedali, nell’associazionismo. Una vita spesa a fondo perduto per questo popolo del Marocco, coltivando ogni giorno una sorprendente fraternità. Sì, tutte erano attorno alla suora morente per l’ultima Ave Maria. Tutte attorno alla bara in questa chiesa immacolata, ispirata dai tappeti alle pareti all’arte araba. Tutto qui si vive nel mistero dell’incarnazione. Sopra la bara dei simboli, presentati come sempre uno a uno all’inizio della celebrazione. Una croce di san Damiano. Le regole di vita, che lei amava mettere in pratica. Dei lumini, per gli incontri quotidiani, luminosi, con i giovani musulmani : l’insegnamento era la sua passione. Una armonica, perfino, con cui amava allietare momenti di comunità. Qualcuno, poi, ricorda il percorso di vita, tra Algeria e Marocco, mettendo in luce le sue qualità, passate inosservate, forse… Come quella stupenda – ereditata dalla sua terra di Normandia - «di saper dire tutto e saper sentirsi dire tutto». La franchezza! In un altro quartiere, dal nome di Bourgogne, si notano povertà e trascuratezza. Già da lontano, tuttavia, una piccola siepe vi attira: è fiorita, curata. Crea un altro clima, anzi, si fa messaggio. Povertà e bellezza possono coabitare insieme. Ed è qui che abitano anche loro, le Piccole sorelle di Gesù. Nate nel deserto dell’Algeria come un dono di Dio, quando il deserto sa farsi fecondo, ne portano sempre le caratteristiche, come i cromosomi di un carisma: semplicità, essenzialità, preghiera e fraternità. Sono distribuite in piccole comunità nel Marocco, ben radicate in mezzo alla gente, seppure di tante nazionalità. Parlano arabo come tutti e vivono il mistero di Nazareth in terra d’islam. Coltivano la contemplazione e la fratellanza universale, ereditate da Charles de Foucauld. Alla messa che celebriamo nella loro umile, accogliente cappella le ostie sono pezzetti di pane preparati con cura dalle loro vicine di casa, musulmane. «È per la vostra preghiera» dicono, felici che si preghi anche per loro. L’islam non è un’ideologia, vi ripetono le Piccole sorelle, ma sono persone. Che esse incontrano ed amano quotidianamente. E questo traspare in loro ad ogni occasione, come per l’ultima arrivata, pronta a fare un duro lavoro di strada, cioè la pulizia del quartiere. Ed è per conoscere la gente. In verità, il loro senso del servizio nelle piccole cose le rende grandi. In un altro quartiere ancora vivono le Clarisse. Sarà un po’ difficile trovarle, si dovrà forse suonare al campanello di qualche vicino... Un muro alto, bianco, nessuna iscrizione fuori come già facessero parte dell’invisibile: è il loro monastero. Sono di varie parti dell’Africa, la superiora è italiana. Al loro canto si aggiunge il suono allegro delle nacchere, del tamburello ed altri strumenti, come in un qualsiasi villaggio africano. Il clima austero del monastero ritorna subito dopo. Allora, il silenzio si fa mistico. La preghiera sale dall'anima stessa. Era il desiderio di Chiara d’Assisi di venire un giorno nella terra dell’islam, come fu per Francesco. Il desiderio risale a otto secoli fa e il giorno è oggi, con loro. «Il nostro impegno è la preghiera vissuta in questo Paese con i voti di castità, povertà, obbedienza e clausura», vi diranno, misurando le parole. Preparano le ostie per le varie parrocchie della diocesi. Dalle loro mani, inoltre, escono biscotti dorati dall’intenso profumo di vaniglia. Discretamente, come un ospite gradito, i biscotti entrano nelle case musulmane. Fino a quando qualcuno esclamerà: «Abbiamo finito i biscotti 'de nos soeurs!'». Ed eccoli, allora, di nuovo al monastero… Queste «donne che pregano» sono una grazia per i cristiani. Ma anche testimoni apprezzate per il popolo musulmano che le circonda. Sono segno dell’importanza vitale della presenza di Dio nell’esistenza di ogni essere umano. Da non dimenticare, poi, le tre suore venute recentemente alla chiesa di St. Francois dal Benin, per vari servizi pastorali alla comunità, in particolare, la catechesi: sono le Oblate Catechiste Piccole Servanti dei poveri.  Nel quartiere "Oasi" si erge un imponente e bella costruzione, l'Ècole du Carmel St. Joseph. È diretta da suore venute dal Libano, parlano tranquillamente arabo o francese. Fa parte delle scuole cattoliche, ma di cristiano c'è ben poco, si direbbe, a prima vista... Tutto il migliaio di allievi è, infatti, musulmano, il corpo insegnante è musulmano, così pure il personale di servizio. Ma resta la sostanza. I valori a cui si ispira la scuola sono evangelici, come il rispetto dell'altro, la solidarietà, l'apertura di mente e di cuore, la sincerità, il perdono. Tutto sta scritto nei suoi regolamenti. E, in terra d'Islam, é una bella novità!. Nel quartiere «Roches Noires», vi sorprenderà una suggestiva chiesa gotica con le sue altissime guglie, diventata una frequentata moschea. Il quartiere, svuotato della presenza francese, aveva a suo tempo visto naturale questa scelta : un luogo di preghiera per altri fedeli, un'altra fede. Rimane in piedi, però, un segno della presenza di Cristo. A due passi, infatti, abitano le suore di Madre Teresa. Verrà ad aprirvi una giovane con un bimbo tra le braccia e poi un’altra con un pancione di otto mesi,… sono una ventina di ragazze-madri accolte qui con i loro piccoli. Vivono come in una grande famiglia, imparano a stare insieme, a trovare un piccolo lavoro, a far crescere il loro bambino. Ad affrontare una vita, in fondo, che per la società musulmana è una vergogna e una maledizione. Ma per le suore di Madre Teresa sono proprio loro, in fondo, a pronunciare quelle parole scritte in cappella, accanto al Cristo crocifisso: I thirst (Ho sete). Sì, hanno sete di dignità. Qualcuno vi racconterà, poi, il lungo cammino di riconciliazione con le rispettive famiglie, quando la mamma della ragazza si presenterà, finalmente, un giorno per vedere il bambino… Ma se capitate il martedi, le suore le trovate indaffaratissime in cucina. Per tutto il giorno preparano il cibo, che poi distribuiranno il giorno dopo agli incroci delle strade di Casablanca. Dove si ferma il loro pulmino, come per un alveare, arriva subito attorno uno sciame di giovani migranti subsahariani. Sono là a chiedere di solito l’elemosina alle auto, ferme al semaforo. E sono centinaia. Per loro, queste suore sono un segno della provvidenza di Dio. Un segno del cielo. «Ci sono persone nel mondo così affamate – ricordava Gandhi – che Dio non puo' apparire loro se non in forma di pane». "Ma quando mai vi riposate... ?" faccio a una di loro, indiana, stanca ma sorridente, nel suo bel sari bianco e blu. «Lo faremo lassù» mi fa, alzando l’indice. E sarà per ricevere, finalmente, l’abbraccio del Signore, che hanno servito fino alla fine. Negli ultimi. E in terra musulmana... che tutte hanno immensamente amato. Sì, per davvero, benedette suore di Casablanca! (Renato Zilio)

Card. Zuppi: “Perdonanza occasione straordinaria per combattere le pandemie che segnano l’umanità”

22 Agosto 2022 -
Foto Romena
“Perdonanza occasione straordinaria per combattere le pandemie che segnano l’umanità. Celestino come Francesco voleva la riforma della Chiesa”: queste le parole del card. Matteo Maria Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Cei, contenute in un video messaggio inviato all’arcidiocesi dell’Aquila, in vista della visita pastorale di Papa Francesco, il prossimo 28 agosto. “Alla pandemia da Covid – afferma il cardinale – se ne sono aggiunte altre o, forse, quella pandemia ci ha fatto vedere che ne esistono altre. Penso, soprattutto, a quella della guerra, che porta tanta sofferenza e tanta morte, e ci fa capire quanto sia fragile la nostra vita e la pace stessa e, quindi, anche quanto sia importante l’impegno per combattere il male. Credo che la Perdonanza sia davvero un’occasione straordinaria per guardare in faccia al male e per rinnovare il nostro impegno per vincerlo, dal momento che tutti ne vediamo i frutti terribili e la tempesta che esso provoca, con la complicità degli uomini”. Davanti a tanta sofferenza, “causata poi dall’indifferenza, dal “si salvi chi può”, dal credere che sia uguale sia il vivere bene sia il vivere male”, Zuppi invoca “il perdono” di cui “abbiamo sempre tutti un grande bisogno, perché ci accorgiamo di quanto sia facile assecondare la logica del male. E abbiamo bisogno del perdono per combattere il male, non tanto per stare un po’ meglio interiormente o per regolare i conti della nostra coscienza, per poi ricominciare daccapo. Il perdono è essere pieni dell’amore di Dio, è liberarsi da ciò che ci rende pesanti, chiusi, cattivi”. Soffermandosi sulla figura del Santo Pontefice, Celestino, che concesse, nel 1294, l’indulgenza della Perdonanza, il card. Zuppi rileva come, il suo brevissimo pontificato sia in piena sintonia con alcune delle preoccupazioni di Papa Francesco: “Papa Celestino voleva la riforma della Chiesa e, allo stesso modo, Papa Francesco, per portare il Vangelo ovunque nel mondo di oggi, ci chiede di uscire, di andare incontro agli altri, di non restare nelle abitudini di sempre. E, anche in questo senso, il perdono ci aiuta a vedere le realtà e il prossimo intorno a noi con interesse e con amore”. Il videomessaggio termina con l’auspicio che la presenza di Papa Francesco possa “aiutare a ricomprendere la straordinaria ricchezza della Perdonanza, ovvero, l’importanza e la necessità di chiedere perdono e di capire verso chi andare. Nella pandemia, tante volte, l’unica cosa che abbiamo cercato di fare è stato scappare, tentare di farcela da soli, evitare gli altri e i problemi. Invece dobbiamo affrontare il male rendendolo occasione di crescita nel bene e di preparazione di un futuro migliore. Questi sono mesi molto importanti, ricchi di sfide e di piani per preparare il mondo di domani”. Il video messaggio sarà trasmesso il prossimo 24 agosto alle ore 21 sull’emittente LaqTv e sarà disponibile sul sito dedicato alla visita pastorale del Pontefice a L’Aquila www.papafrancesco.laquila.it.

Nei campi con contratti e orari regolari: tra imprese e diocesi scommessa vinta

22 Agosto 2022 -

Roma - Abdullah, David, Emmanuel, Happiness detto 'Felice', Joy, Raji detto Andò, compaiono e scompaiono tra le piante del grande frutteto. Raccolgono pesche. Rapidamente riempiono i cestelli e poi li caricano sul rimorchio di un piccolo trattore. Si muovono con facilità malgrado il terreno sconnesso. Hanno tutti le scarpe regolari da lavoro. Perché sono braccianti regolari, con contratto e orari regolari e presidi di sicurezza.

Siamo a Riesi (Caltanissetta), nei frutteti della Ecofarm OP, che produce pesche, albicocche e uva da tavola. Il 50% del fatturato dall’export. 10 dipendenti fissi e 300 stagionali, tra di loro 20 immigrati, di Somalia, Nigeria, Marocco e Pakistan, grazie alla collaborazione con la Caritas diocesana nell’ambito del Progetto Presidio e con l’Ufficio Migrantes. A disposizione anche un pullmino per trasportare i braccianti, guidato da uno di loro, togliendo uno degli 'affari' dei caporali. Non l’unica azienda coinvolta. Sono 80 gli immigrati inseriti nei percorsi lavorativi e 6 le aziende che li hanno assunti, più altre per i tirocini. A Delia, Riesi, San Cataldo e Santa Barbara. Non solo aziende agricole, c’è perfino una tipografia. E questo in appena un anno. Con gran soddisfazione dei lavoratori, italiani e immigrati, e delle aziende, come ci spiega Giuseppe Patrì, direttore di Ecofarm. «Li chiamano 'i ragazzi della diocesi', arrivano un’ora prima e partono un’ora dopo, hanno una volontà di ferro. Tra gli operai italiani c’era all’inizio scetticismo, ma poi i ragazzi africani hanno dimostrato di essere i più bravi». Ce lo dicono proprio quelli che incontriamo nel pescheto. «Joy è la più brava di tutti», indicando la giovane nigeriana che ci saluta mentre raccoglie le pesche. «Anche gli altri imprenditori non ci credevano ma ora mi chiamano e dicono 'non è che ci sono anche per noi?'». Anche perché, aggiunge, «i lavoratori diminuiscono, gli italiani non hanno voglia, ma non a causa del reddito di cittadinanza». Certo lo sfruttamento non è finito. «Chi li sfrutta fa concorrenza sleale. Io gli dico che stanno perdendo tempo perché poi gli operai se ne andranno. Invece qui da noi lavorano da anni, ormai sono riesini». Perché qui c’è rispetto per i lavoratori, per tutti.

Diversamente dalla Puglia, la Regione Sicilia non ha fatto un’ordinanza sugli orari da rispettare nei lavori in campagna, per evitare le ore più calde, «ma noi lo abbiamo fatto autonomamente – spiega l’imprenditore – e si lavora dalle 6 alle 13. Anche noi siamo nei campi con loro e sappiamo cosa vuole dire lavorare col caldo». Una scelta di giustizia convinta che viene da lontano. Rocco Patrì, il padre di Giuseppe, è stato fondatore ed è ancora presidente dell’associazione atiracket 'Noi e la Sicilia'. «Qui sanno che se arrivano a proporci cose illegali neanche li accogliamo». Non solo criminalità. Giuseppe denuncia l’esistenza di «un mare di agenzie interinali, anche del Nord, che con false cooperative propongono manodopera a non finire. Ma noi abbiamo sempre detto di no». Anche per questo sono diventati una garanzia per la grande distribuzione. La loro frutta finisce a Esselunga, Coop, Conad, Lidl che controllano la 'filiera etica'. Lo dimostra, mentre parliamo, l’arrivo di un’ispettrice della Lidl, incaricata di controllare il rispetto dei contratti e delle norme sulla sicurezza. Dentro i grandi capannoni decine di operai lavorano la frutta, con grandi mezzi e poi a mano per sistemarla negli imballaggi. Tutte donne, alcune straniere, tutte con i regolamentari abiti da lavoro. Ambienti ampi, puliti e arieggiati. È un bel segnale.

Ma non tutto è così nel Nisseno, raccontano Giulio Scarantino, responsabile del Progetto Presidio della Caritas e Donatella D’Anna, direttrice dell’Ufficio Migrantes. Ai due sportelli di ascolto si presentano ogni giorno 4-5 persone. «Quando si apre la stagione dei lavori in campagna, c’è la fila». Si distribuisco alimenti e prodotti di prima necessità. Ma si promuovono anche iniziative occupazionali come una sartoria e un laboratorio di sapone artigianale. «La migliore risposta allo sfruttamento è trovare opportunità di lavoro», sottolineano. Per questo è nata la collaborazione con le aziende agricole. Ma al di fuori lo scenario non cambia. «I braccianti sono pagati in nero 40 euro al giorno ma devono poi pagare il caporale per l’intermediazione e per il trasporto. E alla fine restano meno di 30 euro». Vivono nel centro storico di Caltanissetta, in vere e proprie topaie, in affitto o occupate. E anche qui c’è il 'mercato' delle false residenze: 250 euro l’una.

Contro tutto questo combatteva Adnan Siddique, il giovane pakistano ucciso a coltellate dai caporali nel 2020 per aver difeso i diritti dei braccianti. «Per noi è stato uno stimolo a fare di più, ma non è facile. La prima lotta è con gli sfruttati perché non riescono a capire. Vogliono i soldi subito anche se in nero, non sanno di essere sfruttati, non conoscono contributi né ferie. Per questo facciamo un corso sui diritti del lavoro». Le violenze non sono finite. «Un ragazzo è stato minacciato perché era venuto a lavorare con noi», rivelano gli operatori. Ma la preziosa collaborazione tra diocesi e imprese cresce. (A.M. Mira - Avvenire)