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Da dieci anni una rete internazionale per liberare le schiave

3 Ottobre 2019 - Roma - Per festeggiare i primi 10 anni di vita, Talitha Kum, rete internazionale della vita consacrata contro la tratta di persone, si è riunita nei giorni scorsi in assemblea generale a Roma e ha raccolto delle testimonianze di persone liberate. «È importante far conoscere esternamente quello che è il dramma della tratta – spiega suor Gabriella Bottani, coordinatrice della rete internazionale –. Lo è per chi racconta la storia perché sta facendo un percorso e ad un certo punto sente come terapeutico il raccontarsi… dall’altra parte ciò può diventare una gabbia che chiude la persona dentro una storia e non la vediamo più come persona con il proprio nome, ma la identifichiamo come sopravvissuta. C’è sempre una tensione tra il bene che una storia può fare a chi la legge e che può sensibilizzarsi e può capire, attraverso storie vere, che la schiavitù oggi continua ad esistere… ma allo stesso tempo dobbiamo tutelare questo mondo di cura e di crescita nella libertà che stiamo costruendo con gesti semplici, quotidiani che sono quelli del prendersi cura della vita». Una necessaria premessa per capire la fatica e la delicatezza che ogni storia porta con sé. Come quella di Sophia, originaria della Bielorussia, che racconta del suo matrimonio forzato: «La mia famiglia era povera ma felice. Tutto è cambiato quando sui social media ho conosciuto un uomo che viveva in California. Dopo un periodo di conversazioni in chat è venuto a trovarmi e poi mi ha proposto di sposarlo e trasferirmi da lui. Ma all’euforia dei primi mesi seguirono le violenze. Mi resi conto lentamente che il nostro non era un vero matrimonio ma un modo per ottenere denaro, avere una domestica a tempo pieno e un corpo su cui sfogare aggressività e rabbia. Una mattina ho chiamato una cooperativa e tramite loro sono riuscita a scappare. Mi hanno detto che ero vittima di 'schiavitù per corrispondenza' e mi hanno affidato a una casa-rifugio gestita da suore. Ho potuto frequentare la scuola, mi sono iscritta all’università e lì ho conosciuto il mio nuovo marito. Ora ho una famiglia felice». O come quella di Paola, colombiana: «Sono stata rapita dalle Farc – le forze armate rivoluzionarie della Colombia – quando ero solo una ragazzina e fin dal giorno dopo fui costretta a indossare un’uniforme: era di un militare che era stato ucciso dai guerriglieri. In questi anni ho subito lavori forzati e sfruttamento sessuale. Avevo diversi obblighi: sorvegliare il campo, tagliare la legna, prendere l’acqua dal fiume, cucinare. Ma anche caricare gli esplosivi e sollevare trincee a difesa degli attacchi nemici. È stato solo grazie a Talitha Kum se sono riuscita a scappare e a trovare supporto fisico e psicologico. Il mio cammino è aperto alla speranza da quando ho incontrato il mio attuale compagno, anche lui ex guerrigliero, oggi padre dei miei bambini». E come tante altre. «È importante parlare di processi di libertà e di liberazione – conclude suor Bottani – quando siamo liberi allora siamo persone con la nostra esperienza, il nostro vissuto, i limiti e le ricchezze. Meno etichette diamo, più spazio lasciamo a queste nostre sorelle e fratelli di costruire la vita in pienezza per considerarli come altri da me, ma con lo stesso valore e dignità». (Luisa Pozzar – Avvenire)    

Tratta: una “tre giorni” a porte chiuse per 200 esperti internazionali

12 Aprile 2019 - Sacrofano - In Inghilterra gli organismi ecclesiali collaborano con la polizia per prevenire e puntare il traffico di esseri umani. «Perché nel mondo non c’è istituzione più capillare e attenta della Chiesa cattolica», hanno spiegato da Scotland Yard. In Brasile le religiose di diversi ordini percorrono i quartieri più rischiosi per sottrarre le ragazze allo sfruttamento sessuale. In Africa missionari e laici vengono minacciati ogni giorno perché denunciano le nuove schiavitù, minacciando gli affari degli schiavisti. In Oriente si moltiplicano i progetti per individuare e bloccare le cliniche dell’orrore, dove anche i minorenni vengono sottoposti all’espianto di organi. Sono migliaia le iniziative di ispirazione cattolica contro la tratta di esseri umani. E adesso, grazie al coordinamento della Sezione migranti e rifugiati della Santa Sede, potranno diventare la principale rete mondiale contro il 'contrabbando' di persone. Per tre giorni delegati da tutto il mondo si sono confrontati a Sacrofano per elaborare strategie operative agli Orientamenti pastorali approvati nello scorso febbraio dal Pontefice. L’incontro ha avuto lo scopo di «promuovere una comprensione più ampia e approfondita del fenomeno della tratta e contribuire a coordinare azioni volte a sradicarlo», hanno spiegato i promotori. Nel corso di sette sessioni di lavoro a porte chiuse si sono confrontati 200 tra vescovi, sacerdoti, religiosi e religiose, coordinatori di progetti, rappresentanti di organizzazioni cattoliche e fondazioni ed esperti di tratta provenienti da varie parti del mondo. Tra essi anche un gruppo di una decina di giornalisti di testate internazionali (tra cui Avvenire), ai quali è stato chiesto di suggerire linee guida non solo per campagne di sensibilizzazione, ma ideare strumenti operativi per gli operatori della comunicazione. Nascerà, perciò, la prima rete internazionale di reporter investigativi che affronterà con inchieste sul campo il traffico di persone e le nuove schiavitù: dallo sfruttamento sessuale alla pedofilia, al mercato degli organi umani, al turismo sessuale. Un progetto di cooperazione tra media secondo modalità operative che impegneranno non solo la stampa di ispirazione cattolica. Attraverso gruppi di lavoro ad alta specializzazione è stato possibile «facilitare lo scambio di esperienze, punti di vista e pratiche efficaci nel ministero della Chiesa, affrontando la piaga della tratta», hanno ricordato padre Fabio Baggio e padre Michael Czerny, sottosegretari della sezione istituita da papa Francesco. Oltre 500 sono le proposte emerse per affrontare quelle che monsignor Paul Richard Callagher, Segretario per il rapporti con gli Stati, ha ribadito essere un «crimine contro l’umanità», ribadendo così il principio più volte richiamato in questi anni e ribadito ieri dal pontefice. «Abbiamo appreso – ha detto monsignor Marcelo Sanchez Sorondo, presidente della Pontificia Accademia delle Scienze – quanto straordinario sia il lavoro di quanti, in tutto il mondo, affrontano questa piaga cercando e proponendo soluzioni». (Nello Scavo)