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Papa Francesco “non chiudere gli occhi, il cuore e la mano a chi bussa alle vostre porte”

6 Maggio 2019 - Sofia - Migrazioni e “inverno demografico”. Sono le due sfide più urgenti che la Bulgaria si trova ad affrontare, secondo papa Francesco in visita in questo Paese e in Macedonia. “Ora, in questo frangente storico, a trent’anni dalla fine del regime totalitario che ne imprigionava la libertà e le iniziative – ha detto il papa nel suo primo discorso ieri a Sofia – la Bulgaria si trova ad affrontare le conseguenze dell’emigrazione, avvenuta negli ultimi decenni, di più di due milioni di suoi concittadini alla ricerca di nuove opportunità di lavoro”. “Nel medesimo tempo la Bulgaria – come tanti altri Paesi del vecchio continente – deve fare i conti con quello che può essere considerato come un nuovo inverno”, ha proseguito il Papa: quello demografico, che è sceso come una cortina di gelo su tanta parte dell’Europa, conseguenza di una diminuzione di fiducia verso il futuro”. “Il calo delle nascite, dunque, sommandosi all’intenso flusso migratorio, ha comportato lo spopolamento e l’abbandono di tanti villaggi e città”, ha detto il pontefice. La Bulgaria, inoltre, “si trova a confrontarsi con il fenomeno di coloro che cercano di fare ingresso all’interno dei suoi confini, per sfuggire a guerre e conflitti o alla miseria, e tentano di raggiungere in ogni modo le aree più ricche del continente europeo, per trovare nuove opportunità di esistenza o semplicemente un rifugio sicuro”. Poi le parole rivolte al presidente bulgaro, incontrato poco prima in privato: “Conosco l’impegno con cui i governanti di questo Paese, da anni, si sforzano di creare le condizioni affinché, soprattutto i giovani, non siano costretti a emigrare”: “Vorrei incoraggiarvi a continuare su questa strada a compiere ogni sforzo per promuovere condizioni favorevoli affinché i giovani possano investire le loro fresche energie e programmare il loro futuro personale e familiare, trovando in patria condizioni che permettano una vita degna”. “E a voi, che conoscete il dramma dell’emigrazione, mi permetto di suggerire di non chiudere gli occhi, il cuore e la mano – come è nella vostra tradizione – a chi bussa alle vostre porte”. “Il vostro Paese – ha sottolineato - si è sempre distinto come un ponte fra est e ovest, capace di favorire l’incontro tra culture, etnie, civiltà e religioni differenti, che da secoli hanno qui convissuto in pace. Lo sviluppo, anche economico e civile, della Bulgaria passa necessariamente attraverso il riconoscimento e la valorizzazione di questa sua specifica caratteristica. Possa questa terra, delimitata dal grande fiume Danubio e dalle sponde del mar Nero, resa fertile dall’umile lavoro di tante generazioni e aperta agli scambi culturali e commerciali, integrata nell’Unione europea e dai solidi legami con Russia e Turchia, offrire ai suoi figli un futuro di speranza. Dio benedica la Bulgaria, la conservi pacifica e accogliente e la renda prospera e felice!”.  

Papa Francesco: in Bulgaria la visita ad un campo profughi

3 Maggio 2019 - Città del Vaticano -Inizierà domenica, 5 maggio, il 29.esimo viaggio apostolico di Papa Francesco in Bulgaria e nella Macedonia del Nord. Un viaggio durante il quale il pontefice non trascurerà certamente l’ attenzione alle realtà spesso dimenticate. Lunedì, infatti, visiterà, in forma privata, un campo profughi a Sofia, come si legge nel programma del viaggio  presentato questa mattina in Vaticano dal Direttore della Sala Stampa della Santa Sede, Alessandro Gisotti. “Spero che l’incontro del Papa con i profughi possa incoraggiare un clima di accoglienza”, ha detto ai microfoni di Vatican News Vanya Klecherova, responsabile per la comunicazione di Caritas Bulgaria, e “spero che questo gesto del Santo Padre possa far capire a tutti che siamo uguali nelle vulnerabilità”. “Non ci sarà un discorso del Papa”,  ha detto Gisotti informando che il Papa incontrerà un centinaio di persone e riceverà dei disegni da parte dei bambini del campo.  

Papa Francesco: lo Spirito Santo sia il protagonista della nostra vita

30 Aprile 2019 - Città del Vaticano - Possiamo rinascere “da quel poco che siamo”, dalla “nostra esistenza peccatrice” solamente con “l’aiuto della stessa forza che ha fatto risorgere il Signore: con la forza di Dio” e per questo “il Signore ci ha inviato lo Spirito Santo”. Da soli non ce la possiamo fare. Lo ha ricordato, come riferisce VaticanNews, questa mattina Papa Francesco nell'omelia della Messa a Casa Santa Marta, tutta incentrata sulla risposta di Gesù a Nicodemo - proposta dal Vangelo di oggi (Gv 3,7-15) - che domandava come questo potesse accadere. Una domanda che anche noi facciamo. Gesù parla di “rinascere dall'alto” e il Papa traccia questo legame fra la Pasqua e il messaggio di rinascere. Il messaggio della Risurrezione del Signore è “questo dono dello Spirito Santo”, ricorda, e, infatti, nella prima apparizione di Gesù agli apostoli, la stessa domenica della Risurrezione, dice loro: “Ricevete lo Spirito Santo”. “Questa è la forza! Noi non possiamo nulla senza lo Spirito”, spiega il Papa ricordando che la vita cristiana non è soltanto comportarsi bene, fare questo, non fare quell'altro. “Noi possiamo fare questo”, possiamo anche scrivere la nostra vita con “calligrafia inglese”, ma la vita cristiana rinasce dallo Spirito e quindi bisogna fargli posto: “È lo Spirito che ci fa risorgere dai nostri limiti, dalle nostre morti, perché noi abbiamo tante, tante necrosi nella nostra vita, nell'anima. Il messaggio della risurrezione è questo di Gesù a Nicodemo: bisogna rinascere. Ma come mai lascia posto allo Spirito? Una vita cristiana, che si dice cristiana, che non lascia posto allo Spirito e non si lascia portare avanti dallo Spirito è una vita pagana, travestita da cristiana. Lo Spirito è il protagonista della vita cristiana, lo Spirito - lo Spirito Santo - che è con noi, ci accompagna, ci trasforma, vince con noi. Nessuno è mai salito al cielo, se non Colui che è disceso dal cielo, cioè Gesù. Lui è disceso dal cielo. E Lui, nel momento della risurrezione, ci dice: ‘Ricevete lo Spirito Santo’, sarà il compagno di vita, di vita cristiana”. Non può, dunque, esserci una vita cristiana senza lo Spirito Santo, che è “il compagno di ogni giorno”, dono del Padre, dono di Gesù: “Chiediamo al Signore che ci dia questa consapevolezza che non si può essere cristiani senza camminare con lo Spirito Santo, senza agire con lo Spirito Santo, senza lasciare che lo Spirito Santo sia il protagonista della nostra vita”. Bisogna, quindi domandarsi quale sia il suo posto nella nostra vita, “perché – ribadisce – tu non puoi camminare in una vita cristiana senza lo Spirito Santo”. Bisogna chiedere al Signore la grazia di capire questo messaggio: “il nostro compagno di cammino è lo Spirito Santo”.

Papa Francesco: cedere al fallimento è la desolazione cristiana

10 Aprile 2019 - Città del Vaticano - A volte i cristiani “preferiscono il fallimento”, che lascia spazio alle lamentele, all'insoddisfazione, “campo perfetto per la semina del diavolo”. Nell’omelia della Messa celebrata nella cappella della Casa Santa Marta, ieri Papa Francesco ha riflettuto, come riferisce Vatican News, sulla “stanchezza”, raccontata nel Libro dei Numeri (Nm 21,4-9). “Il popolo di Dio – si legge – non sopportò il viaggio”: “l’entusiasmo” e la “speranza” della fuga dalla schiavitù in Egitto si erano sbiaditi poco alla volta sulla riva del mare e poi nel deserto, arrivando a mormorare contro Mosè. “Lo spirito di stanchezza ci toglie la speranza”, ha rimarcato il Pontefice, “la stanchezza è selettiva: sempre ci fa vedere il brutto del momento che stiamo vivendo e dimenticare le cose buone che abbiamo ricevuto”: “E noi, quando siamo in desolazione, non sopportiamo il viaggio e cerchiamo rifugio o negli idoli o nella mormorazione, o tante cose … Questo è un modello per noi. E questo spirito di stanchezza in noi cristiani ci porta anche a un modo di vivere insoddisfatto: lo spirito di insoddisfazione. Tutto non ci piace, tutto va male … lo stesso Gesù ci ha insegnato questo quando dice di questo spirito di insoddisfazione che noi siamo come i bambini che giocano”. Alcuni cristiani cedono al “fallimento”, a volte hanno “paura delle consolazioni”, ha proseguito Papa Bergoglio, “paura della speranza”, “paura delle carezze del Signore”, conducendo “una vita da prefiche mancate”: “Questa è la vita di tanti cristiani. Vivono lamentandosi, vivono criticando, vivono nella mormorazione, vivono insoddisfatti. ‘Il popolo non sopportò il viaggio’. Noi cristiani tante volte non sopportiamo il viaggio. E la nostra preferenza è l’attaccamento al fallimento, cioè la desolazione. E la desolazione è del serpente: il serpente antico, quello del Paradiso terrestre. E’ un simbolo, qui: lo stesso serpente che aveva sedotto Eva e questo è un modo di far vedere il serpente che hanno dentro, che morsica sempre nella desolazione”. Trascorrere la vita a lamentarsi: capita a quanti “preferiscono il fallimento”, “non sopportano la speranza”, “non sopportarono la risurrezione di Gesù”: “Fratelli e sorelle, ricordiamo questa frase soltanto: ‘Il popolo non sopportò il viaggio’. I cristiani non sopportano il viaggio. I cristiani non sopportano la speranza. I cristiani non sopportano la guarigione. I cristiani non sopportano la consolazione. Siamo più attaccati all’insoddisfazione, alla stanchezza, al fallimento. Il Signore ci liberi da questa malattia”.

Papa: i testi delle Meditazioni della Via Crucis dedicate alla tratta degli essere umani

Città del Vaticano - Papa Francesco ha affidato quest'anno la preparazione dei testi per la Via Crucis del Venerdì Santo al Colosseo a Suor Eugenia Bonetti, missionaria della Consolata e Presidente dell’Associazione “Slaves no more”. Lo ha reso noto il Direttore della sala Stampa della Santa Sede, Alessandro Gisotti, sottolineato che “al centro delle meditazioni la sofferenza di tante persone vittime della tratta di esseri umani”. (R.I.)

Papa Francesco: “a me non piace dire migranti”, meglio “persone migranti”

Città del Vaticano - “A me non piace dire ‘migranti’, a me piace più dire ‘persone migranti’”. E’ quanto ha detto Papa Francesco ieri durante l’Udienza generale parlando a braccio. Lo ha fatto nella sua meditazione dedicata dal pontefice al viaggio dello scorso fine settimana in Marocco, un Paese dove “la Chiesa è molto impegnata nella vicinanza ai migranti”. “Migranti – ha detto il Papa - è un aggettivo, le persone sono sostantivi”: “Noi siamo caduti nella cultura dell’aggettivo, usiamo tanti aggettivi e dimentichiamo tante volte i sostantivi, cioè la sostanza”. “L’aggettivo va attaccato alla persona”, ha detto il Papa, esortando a dire: “Una persona migrante”. “Così c’è rispetto  per non cadere in questa cultura dell’aggettivo che è troppo liquida, troppo gassosa”. Nel viaggio in Marocco, ha sottolineato papa Francesco, “particolare attenzione ho dedicato alla questione migratoria, sia parlando alle autorità, sia soprattutto nell’incontro specificamente dedicato ai migranti. Alcuni di loro hanno testimoniato che la vita di chi emigra cambia e ritorna ad essere umana quando trova una comunità che lo accoglie come persona. Questo è fondamentale”. “Proprio a Marrakech, in Marocco, nel dicembre scorso è stato ratificato il ‘Patto mondiale per una migrazione sicura, ordinata e regolare’”, ha ricordato il Papa, evidenziando che “come Santa Sede abbiamo offerto il nostro contributo che si riassume in quattro verbi: accogliere i migranti, proteggere i migranti, promuovere i migranti e integrare i migranti”. “Non si tratta di calare dall’alto programmi assistenziali, ma di fare insieme un cammino attraverso queste quattro azioni, per costruire città e Paesi che, pur conservando le rispettive identità culturali e religiose, siano aperti alle differenze e sappiano valorizzarle nel segno della fratellanza umana”.

Laphidil: ci deve essere una vicinanza tra Chiesa ‘adulta’ e Chiesa ‘giovane’

Città del Vaticano – A presentare questa mattina l’Esortazione apostolica “Cristo Vive” di Papa Francesco dopo il Sinodo sui giovani dello scorso anno, anche Laphidil Opping Twumasi, 25 anni, responsabile del gruppo dei giovani della comunità ghanese della diocesi di Vicenza. Studentessa del corso magistrale di Ingegneria Biomedica all’Università di Bologna Laphidil ha partecipato alla Riunione Presinodale dei Giovani a Roma e ha seguito il percorso del Sinodo fino all’emissione del Documento Finale. L’Esortazione presentatata questa mattina nella Sala Stampa della Santa Sede ha suscitato nella giovane ghanese “un’emozione indescrivibile, perché leggendolo mi è sembrato di parlare con una persona vicina, come un padre che mi offre consigli e suggerimenti. È un Documento che, alla luce della relazione con Cristo, illumina le diverse realtà della vita dei giovani. È facile da capire e – ha detto - non si perde in arcaismi, anzi, ho trovato termini come tutorial, zapping ed influencer che direi sono termini giovanili. È stata una scoperta piacevole scorgere tali termini in un Documento Ufficiale della Chiesa”. Da qui l’invito di Laphidil ai giovani a leggerlo “con calma, con i nostri tempi, perché sono certa che ognuno di noi ci troverà qualcosa che lo riguarda”. “Per me – ha aggiunto - è stato emozionante anche trovare citazioni testuali e anche interi paragrafi presi dal nostro Documento Presinodale, ed avendo fatto parte del gruppo di redazione a suo tempo, sento che quelle notti dove siamo rimasti svegli a mettere insieme quel Documento non sono trascorse invano. Devo dire che c’è stato uno sforzo e la volontà di sentire il nostro grido, di ascoltarci veramente”. L’Esortazione ha spiegato la giovane non è un “manuale di sola dottrina ed insegnamenti, ma per me sembra una guida e un insieme di suggerimenti, qualcosa alla quale fare riferimento quando ci sentiamo un po’ persi. Non ha risposte preconfezionate alle nostre domande perché sarebbe anche fisicamente impossibile inglobare e fare un tutt’uno della vastità e diversità di problematiche che abbiamo noi giovani e la Chiesa in generale nel mondo, perché appunto siamo diversi. Sta a noi adesso come giovani nella Chiesa, inseriti nella pastorale giovanile, nelle parrocchie, nelle varie aggregazioni ecclesiali, nelle unità pastorali in generale, alzarci e darci da fare. Dobbiamo prendere in mano il Documento finale del Sinodo e questa Esortazione Apostolica, estrapolare i temi e le realtà a noi più vicine ed adattarle alle nostre esigenze, altrimenti tutto il lavoro fatto in questi due anni diventerebbe fine a se stesso”. Laphidil evidenzia, concludendo il suo intervento, che c’è “un bisogno reciproco, ci deve essere una vicinanza tra Chiesa ‘adulta’ e Chiesa ‘giovane’, perché noi giovani abbiamo forza, entusiasmo, carisma, ma abbiamo bisogno dell’esperienza e della conoscenza degli adulti che ci mostrino la strada e ci aiutino ad incanalare i nostri doni. Devono camminare insieme a noi per aiutarci a realizzare le nostre idee ed i nostri sogni”. (R.I.)

Pasqua

Roma- “Il Calvario è un cammino di sofferenza e solitudine che continua ai nostri giorni”. Papa Francesco ha voluto ricordarlo in occasione della GMG, quando al termine della Via Crucis celebrata a Panama ha domandato: “Come reagiamo di fronte a Gesù che soffre, cammina, emigra nel volto di tanti nostri amici, di tanti sconosciuti che abbiamo imparato a rendere invisibili? Consoliamo e accompagniamo il Signore, indifeso e sofferente, nei più piccoli e abbandonati? Lo aiutiamo a portare il peso della croce, come il Cireneo, facendoci operatori di pace, creatori di alleanze, fermenti di fraternità? Abbiamo il coraggio di rimanere ai piedi della croce come Maria?”. Interrogativi profondi, forti, dirompenti. Mentre percorriamo questo ultimo tratto della Quaresima che ci conduce alla Settimana Santa e alla Pasqua, abbiamo deciso di soffermarci sull’attualità del messaggio della Risurrezione, che può aiutarci a guardare in modo diverso i crocifissi di oggi, in qualunque luogo si trovino. Augurandoci, con le parole di Bergoglio, di “immedesimarci col buon ladrone che ha guardato il Figlio di Dio con occhi pieni di vergogna, di pentimento e di speranza e che, con gli occhi della fede, ha visto nella sua apparente sconfitta la divina vittoria e così si è inginocchiato dinanzi alla sua misericordia e con onestà ha derubato il paradiso”.(don Leonardo Di Mauro, don Francesco Soddu, don Giuseppe Pizzoli, don Giovanni De Robertis e don Bruno Bignami)

Esortazione Apostolica: migrazioni “fenomeno strutturale” e “non un’emergenza transitoria”

Città del Vaticano - I tanti giovani direttamente coinvolti nelle migrazioni rappresentano a livello mondiale “un fenomeno strutturale e non un’emergenza transitoria. A scriverlo è papa Francesco nell’esortazione Apostolica “Christus vivit”, “Cristo vive” presentata questa mattina nella Sala Stampa della Santa Sede. Per il pontefice le migrazioni possono avvenire all’interno dello stesso Paese oppure tra Paesi diversi. La “preoccupazione” della Chiesa riguarda in particolare coloro che “fuggono dalla guerra, dalla violenza, dalla persecuzione politica o religiosa, dai disastri naturali dovuti anche ai cambiamenti climatici e dalla povertà estrema: molti di loro sono giovani. In genere sono alla ricerca di opportunità per sé e per la propria famiglia. Sognano un futuro migliore e desiderano creare le condizioni perché si realizzi”. I migranti, scrive ancora il papa citando la Lettera agli Ebrei, “ci ricordano la condizione originaria della fede, ovvero quella di essere ‘stranieri e pellegrini sulla terra’”.  92. Altri migranti sono “attirati dalla cultura occidentale, nutrendo talvolta aspettative irrealistiche che li espongono a pesanti delusioni. Trafficanti senza scrupolo, spesso legati ai cartelli della droga e delle armi, sfruttano la debolezza dei migranti, che lungo il loro percorso troppo spesso incontrano la violenza, la tratta, l’abuso psicologico e anche fisico, e sofferenze indicibili”. Il papa segnala quindi “la particolare vulnerabilità dei migranti minori non accompagnati, e la situazione di coloro che sono costretti a passare molti anni nei campi profughi o che rimangono bloccati a lungo nei Paesi di transito, senza poter proseguire il corso di studi né esprimere i propri talenti. In alcuni Paesi di arrivo, i fenomeni migratori suscitano allarme e paure, spesso fomentate e sfruttate a fini politici. Si diffonde così una mentalità xenofoba, di chiusura e di ripiegamento su se stessi, a cui occorre reagire con decisione”, si legge nel testo di nove capitoli divisi in 299 paragrafi.  Per il papa i giovani che migrano “sperimentano la separazione dal proprio contesto di origine e spesso anche uno sradicamento culturale e religioso. La frattura riguarda anche le comunità di origine, che perdono gli elementi più vigorosi e intraprendenti, e le famiglie, in particolare quando migra uno o entrambi i genitori, lasciando i figli nel Paese di origine”. In questa la Chiesa ha un “ruolo importante come riferimento per i giovani di queste famiglie spezzate. Ma quelle dei migranti sono anche storie di incontro tra persone e tra culture: per le comunità e le società in cui arrivano – si legge nel paragrafo dedicato ai migranti “paradigma del nostro tempo” -  una opportunità di arricchimento e di sviluppo umano integrale di tutti. Le iniziative di accoglienza che fanno riferimento alla Chiesa hanno un ruolo importante da questo punto di vista, e possono rivitalizzare le comunità capaci di realizzarle”. “Grazie alla diversa provenienza dei Padri, rispetto al tema dei migranti il Sinodo ha visto l’incontro di molte prospettive, in particolare tra Paesi di partenza e Paesi di arrivo. Inoltre è risuonato il grido di allarme di quelle Chiese i cui membri sono costretti a scappare dalla guerra e dalla persecuzione e che vedono in queste migrazioni forzate una minaccia per la loro stessa esistenza. Proprio il fatto di includere al suo interno tutte queste diverse prospettive mette la Chiesa in condizione di esercitare un ruolo profetico nei confronti della società sul tema delle migrazioni”. Da qui la richiesta particolare ai giovani di “non cadere nelle reti di coloro che vogliono metterli contro altri giovani che arrivano nei loro Paesi, descrivendoli come soggetti pericolosi e come se non avessero la stessa inalienabile dignità di ogni essere umano”. (R.Iaria)

Esortazione Apostolica: “Migranti paradigma del nostro tempo”

Città del Vaticano - “Migranti come paradigma del nostro tempo”. Così Papa Francesco presenta i migranti nell’Esortazione Apostolica post sinodale “Christus vivit”, “Cristo vive”, dedicata ai giovani e resa nota oggi. Il pontefice nel documento indirizzato “ai giovani e a tutto il popolo di Dio” ricorda i tanti giovani coinvolti nelle migrazioni. “La preoccupazione della Chiesa – scrive - riguarda in particolare coloro che fuggono dalla guerra, dalla violenza, dalla persecuzione politica o religiosa, dai disastri naturali dovuti anche ai cambiamenti climatici e dalla povertà estrema”: sono alla ricerca di un’opportunità, sognano un futuro migliore. Altri migranti sono “attirati dalla cultura occidentale, nutrendo talvolta aspettative irrealistiche che li espongono a pesanti delusioni. Trafficanti senza scrupolo, spesso legati ai cartelli della droga e delle armi, sfruttano la debolezza dei migranti”. Papa Francesco segnala la “particolare vulnerabilità dei migranti minori non accompagnati”: in alcuni Paesi di arrivo  - scrive -  i fenomeni migratori suscitano “allarme e paure, spesso fomentate e sfruttate a fini politici. Si diffonde così una mentalità xenofoba, di chiusura e di ripiegamento su se stessi, a cui occorre reagire con decisione”. I giovani migranti spesso sperimentano anche uno sradicamento culturale e religioso. Il Papa chiede “in particolare ai giovani di non cadere nelle reti di coloro che vogliono metterli contro altri giovani che arrivano nei loro Paesi, descrivendoli come soggetti pericolosi”. (R.I.)

Papa Francesco: costruire ponti e non muri

Città del Vaticano – E’ rientrato ieri sera in Vaticano Papa Francesco dopo due giorni in Marocco, a Rabat, 28esimo viaggio apostolico. Prima di partire, sabato mattina, a Santa Marta, ha incontrato un gruppo di migranti marocchini ospitati in Italia. Si tratta, come spiegava la Sala Stampa della Santa Sede, di “due famiglie, ognuna delle quali con due  bambini, due giovani donne ed un ragazzo”. Ad accompagnarli l’Elemosiniere apostolico, card. Konrad Krajewski. Anche a Rabat il pontefice ha voluto incontrare un gruppo di migranti. Davanti a loro ha illustrato il senso dei quattro verbi - accogliere, proteggere, promuovere e integrare - da lui posti a base di ogni politica migratoria nel messaggio per la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato dello scorso anno. Per papa Francesco accogliere significa “innanzitutto offrire a migranti e rifugiati possibilità  più ampie di ingresso sicuro e legale nei paesi di destinazione”. “L’ampliamento dei canali migratori regolari è  di fatto uno degli obiettivi principali del Patto mondiale” ha spiegato aggiungendo che “questo impegno comune è necessario per non accordare nuovi spazi ai ‘mercanti di carne umana’ che speculano sui sogni e sui bisogni dei migranti”. Proteggere vuol dire assicurare la difesa “dei diritti e della dignità dei migranti e dei rifugiati, indipendentemente dal loro status migratorio”, ha spiegato ancora il papa sottolineando che “la protezione va assicurata anzitutto lungo le vie migratorie, che sono spesso, purtroppo, teatri di violenza, sfruttamento e abusi di ogni genere”. Il pontefice ha quindi chiesto anche “una particolare attenzione ai migranti in situazione di grande vulnerabilità, ai numerosi minori non accompagnati e alle donne”. Parlando poi del terzo verbo, promuovere, papa Francesco ha spiegato che “promuovere significa assicurare a tutti, migranti e locali, la possibilità di trovare un ambiente sicuro dove realizzarsi integralmente”. E la “promozione comincia col riconoscimento che nessuno è uno scarto umano, ma è portatore di una ricchezza personale, culturale e professionale che può recare molto valore là dove si trova”. Per il papa la promozione umana dei migranti e delle loro famiglie “inizia anche dalle comunità di origine, là dove dev’essere garantito, insieme al diritto di emigrare, anche quello di non essere costretti a emigrare, cioè il diritto di trovare in patria condizioni che permettano una vita degna”. E poi integrare che vuol dire “impegnarsi in un processo che valorizzi al tempo stesso il patrimonio culturale della comunità che accoglie e quello dei migranti, costruendo così una società interculturale e aperta”. “Sappiamo – ha detto - che non è per nulla facile entrare in una cultura che ci è estranea – tanto per chi arriva, quanto per chi accoglie –, metterci nei panni di persone tanto diverse da noi, comprendere i loro pensieri e le loro esperienze. Così, spesso, rinunciamo all’incontro con l’altro e innalziamo barriere per difenderci”. Integrare, invece, “richiede di non lasciarsi condizionare dalle paure e dall’ignoranza”. “Cari amici migranti, la Chiesa – ha quindi aggiunto il papa - riconosce le sofferenze che segnano il vostro cammino e ne soffre con voi”: “raggiungendovi nelle vostre situazioni così diverse, essa tiene a ricordare che Dio vuole fare di tutti noi dei viventi. Essa desidera stare al vostro fianco per costruire con voi ciò che è il meglio per la vostra vita. Perché ogni uomo ha diritto alla vita, ogni uomo ha il diritto di avere dei sogni e di poter trovare il suo giusto posto nella nostra casa comune! Ogni persona ha diritto al futuro”. Il tema migranti è stato toccato dal pontefice anche sul volo di ritorno rispondendo alle domande dei giornalisti. “Sentiamo dolore quando vediamo le persone che preferiscono costruire dei muri. Perché coloro che costruiscono i muri finiranno prigionieri dei muri che hanno costruito. Invece quelli che costruiscono ponti, andranno tanto avanti”. Per il papa costruire ponti è “una cosa che va quasi oltre l’umano, ci vuole uno sforzo molto grande. Mi ha sempre toccato tanto una frase del romanzo di Ivo Andric, ‘Il ponte sulla Drina’: dice che il ponte è fatto da Dio con le ali degli angeli perché gli uomini comunichino”. I ponti, per Papa Francesco, comunicano mentre i muri  “sono contro la comunicazione, sono per l’isolamento e quelli che li costruiscono diventeranno prigionieri”. (Raffaele Iaria)