Papa Francesco: “a me non piace dire migranti”, meglio “persone migranti”

Città del Vaticano – “A me non piace dire ‘migranti’, a me piace più dire ‘persone migranti’”. E’ quanto ha detto Papa Francesco ieri durante l’Udienza generale parlando a braccio. Lo ha fatto nella sua meditazione dedicata dal pontefice al viaggio dello scorso fine settimana in Marocco, un Paese dove “la Chiesa è molto impegnata nella vicinanza ai migranti”.

“Migranti – ha detto il Papa – è un aggettivo, le persone sono sostantivi”: “Noi siamo caduti nella cultura dell’aggettivo, usiamo tanti aggettivi e dimentichiamo tante volte i sostantivi, cioè la sostanza”.

“L’aggettivo va attaccato alla persona”, ha detto il Papa, esortando a dire: “Una persona migrante”. “Così c’è rispetto  per non cadere in questa cultura dell’aggettivo che è troppo liquida, troppo gassosa”. Nel viaggio in Marocco, ha sottolineato papa Francesco, “particolare attenzione ho dedicato alla questione migratoria, sia parlando alle autorità, sia soprattutto nell’incontro specificamente dedicato ai migranti. Alcuni di loro hanno testimoniato che la vita di chi emigra cambia e ritorna ad essere umana quando trova una comunità che lo accoglie come persona. Questo è fondamentale”. “Proprio a Marrakech, in Marocco, nel dicembre scorso è stato ratificato il ‘Patto mondiale per una migrazione sicura, ordinata e regolare’”, ha ricordato il Papa, evidenziando che “come Santa Sede abbiamo offerto il nostro contributo che si riassume in quattro verbi: accogliere i migranti, proteggere i migranti, promuovere i migranti e integrare i migranti”. “Non si tratta di calare dall’alto programmi assistenziali, ma di fare insieme un cammino attraverso queste quattro azioni, per costruire città e Paesi che, pur conservando le rispettive identità culturali e religiose, siano aperti alle differenze e sappiano valorizzarle nel segno della fratellanza umana”.

Temi: