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Papa Francesco: il 31 maggio a Malta

10 Febbraio 2020 - Città del Vaticano - Papa Francesco compirà un viaggio apostolico a Malta, nel cuore del Mediterraneo. L'annuncio è arrivato stamani dalla Santa Sede. “Accogliendo l'invito del Presidente della Repubblica di Malta, delle Autorità e della Chiesa Cattolica del Paese, Sua Santità Papa Francesco compirà un Viaggio Apostolico a Malta e a Gozo il 31 maggio 2020. Il programma del viaggio sarà pubblicato a suo tempo”, ha detto il direttore della Sala stampa della Santa Sede, Matteo Bruni. Motto della visita sarà “They showed us unusal kindness” (Essi mostrarono un'insolita gentilezza). Nel logo si vedono delle mani che si indirizzano verso la Croce, provenienti da una nave in balìa delle onde. Le mani rappresentano un segno di accoglienza verso il prossimo e di assistenza a coloro che sono in difficoltà, abbandonati al loro destino. La barca ricorda il drammatico racconto del naufragio dell'apostolo Paolo sull'isola di Malta e l'accoglienza riservata dai maltesi all'apostolo e ai naufraghi.

Papa Francesco: tratta di persone “vera piaga”

10 Febbraio 2020 - Città del Vaticano - Sabato,  nella memoria liturgica di Santa Giuseppina Bakhita, si è celebrata la Giornata mondiale di preghiera e riflessione contro la Tratta di persone. Per “sanare questa piaga – perché è una vera piaga! – che sfrutta i più deboli, è necessario l’impegno di tutti: istituzioni, associazioni e agenzie educative”, ha detto ieri Papa Francesco al termine dell’Angelus in piazza San Pietro. “Sul fronte della prevenzione – ha quindi aggiunto -  mi preme segnalare come diverse ricerche attestino che le organizzazioni criminali usano sempre più i moderni mezzi di comunicazione per adescare le vittime con l’inganno. Pertanto, è necessario da una parte educare a un uso sano dei mezzi tecnologici, dall’altra vigilare e richiamare i fornitori di tali servizi telematici alle loro responsabilità”. Prima della preghiera mariana dell’Angelus il papa ha detto che Gesù “ci invita a non avere paura di vivere nel mondo, anche se in esso a volte si riscontrano condizioni di conflitto e di peccato”, perché “di fronte alla violenza, all’ingiustizia e all’oppressione, la Chiesa non può chiudersi in se stessa” né “abbandonare la sua missione evangelizzatrice e di servizio”.

Papa Francesco: siamo cristiani o mondani? Dio ci giudicherà con la stessa misura

30 Gennaio 2020 - Città del Vaticano - E' ricca di frasi e consigli di Gesù la pagina che il Vangelo di Marco (Mc 2, 21-25) ci propone oggi. Papa Francesco ne sceglie uno tra tutti, per soffermarsi a riflettere in un dialogo costante con i fedeli riuniti nella cappella di Casa Santa Marta, riferisce Vatican News. “Con la misura con la quale misurate sarà misurato a voi”. Tutti noi, afferma il Papa, facciamo i conti con la vita, lo facciamo nel presente e soprattutto, lo faremo alla fine della nostra esistenza, e questa frase di Gesù ci “dice proprio come sarà quel momento”, ovvero come sarà il giudizio. Perché - prosegue papa Francesco - se il passo delle Beatitudini e l'analogo capitolo 25 del Vangelo di Matteo ci mostrano “le cose che dobbiamo fare” - il come farle, lo “stile con il quale dovremo vivere” - la “misura”, “è quello che il Signore dice qui”: “Con quale misura io misuro gli altri? Con quale misura misuro me stesso? E’ una misura generosa, piena di amore di Dio o è una misura di basso livello? E con questa misura sarò giudicato, non sarà un’altra: quella, proprio quella che faccio io. Qual è il livello nel quale ho messo la mia asticella? A un livello alto? Dobbiamo pensare a questo. E questo lo vediamo non solo, non tanto nelle cose buone che facciamo o nelle cose cattive che facciamo ma nello stile continuo di vita”. Ognuno di noi - rimarca il Papa - ha infatti uno stile, “un modo di misurare se stesso, le cose e gli altri” e sarà lo stesso che il Signore userà con noi. Quindi - spiega - chi misura con egoismo, così sarà misurato; chi non ha pietà e pur di arrampicarsi nella vita “è capace di calpestare la testa di tutti”, sarà giudicato allo stesso modo, cioè “senza pietà”. A questo il Papa contrappone dunque lo stile di vita del cristiano e spiega quale sia il modello: “E come cristiano io mi domando qual è la pietra di riferimento, la pietra di paragone per sapere se sono in un livello cristiano, un livello che Gesù vuole? E’ la capacità di umiliarmi, è la capacità di subire le umiliazioni. Un cristiano che non è capace di portare con sé le umiliazioni della vita, manca di qualcosa. E’ un cristiano di ‘vernice’ o per interesse. ‘Ma perché padre questo?’. Perché lo ha fatto Gesù,  annientò sé stesso, dice Paolo: ‘Annientò sé stesso fino alla morte e alla morte di croce’. Lui  era Dio ma non si aggrappò a quello: annientò sé stesso. Questo è il modello”. E come esempio di uno stile di vita definito “mondano” e incapace di seguire il modello di Gesù, il Papa cita le “lamentele” che gli riferiscono i vescovi quando hanno difficoltà a trasferire i sacerdoti nelle parrocchie perché ritenute “di categoria inferiore” e non superiore come ambirebbero e dunque vivono il trasferimento come una punizione. Ecco dunque come riconoscere il “mio stile”, il “mio modo di giudicare” - commenta il Papa - dal comportamento che assumo davanti alle umiliazioni: “Un modo di giudicare mondano, un modo di giudicare peccatore, un modo di giudicare imprenditoriale, un modo di giudicare cristiano”. E conclude: “Con la misura con la quale misurate sarà misurato a voi”, la stessa misura. Se è una misura cristiana, che segue Gesù, nella sua strada, con la stessa sarò giudicato, con molta, molta, molta pietà, con molta compassione, con molta misericordia. Ma se la mia misura è mondana e soltanto uso la fede cristiana - sì, faccio, vado a messa, ma vivo come mondano - sarò misurato con quella misura. Chiediamo al Signore la grazia di vivere cristianamente e soprattutto di non avere paura della croce, delle umiliazioni, perché questa è la strada che lui ha scelto per salvarci e questo è quello che garantisce che la mia misura è cristiana: la capacità di portare la croce, la capacità di subire qualche umiliazione”.  

Papa Francesco fa da “assistente” ad un clown durante l’Udienza generale

8 Gennaio 2020 - Città del Vaticano – Nella prima udienza generale del nuovo anno un fuori programma per Papa Francesco. Un gruppo(oltre 60 persone) di artisti del Circo ‘Aqua’ si sono esibiti sul palco. Il papa ha mostrato di gradire le evoluzioni di pattinatori, giocolieri, contorsioniste, equilibristi, danzatrici e clown a ritmo di musica. Francesco ha fatto anche da “assistente” ad un clown che gli ha consegnato due maracas multicolori e poi gli ha passato un disco che Francesco ha lanciato ad un cenno di un giocoliere. Papa Francesco, al termine della esibizione, ha salutato uno per uno gli artisti. (R.I)

Papa Francesco: essere sensibili ai tanti naufraghi della storia che approdano esausti sulle nostre coste

8 Gennaio 2020 - Città del Vaticano –  “Chiediamo oggi al Signore di aiutarci a vivere ogni prova sostenuti dall’energia della fede; e ad essere sensibili ai tanti naufraghi della storia che approdano esausti sulle nostre coste, perché anche noi sappiamo accoglierli con quell’amore fraterno che viene dall’incontro con Gesù. È questo che salva dal gelo dell’indifferenza e della disumanità”. Così Papa Francesco questa mattina al termine della catechesi  sugli Atti degli Apostoli durante l’Udienza Generale nell’Aula Paolo VI in Vaticano. Il pontefice ha incentrato la sua meditazione sul tema: “Non ci sarà alcuna perdita di vite umane in mezzo a voi” - At 27,22. L’Apostolo Paolo – ha detto il Papa -  “ci insegna a vivere le prove stringendoci a Cristo, per maturare la convinzione che Dio può agire in qualsiasi circostanza, anche in mezzo ad apparenti fallimenti e la certezza che chi si offre e si dona a Dio per amore, sicuramente sarà fecondo”. Nel commentare il brano degli Atti degli Apostoli che racconta il naufragio dell’Apostolo sull’isola di Malta il papa sottolinea che “quando la morte sembra ormai prossima e la disperazione pervade tutti, Paolo interviene. Egli è l’uomo della fede e sa che anche quel ‘pericolo di morte’ non può separarlo dall’amore di Cristo e dall’incarico che ha ricevuto”. Anche l’arrivo a Malta è difficile e Paolo “viene morso da una vipera ma non subisce alcun danno e viene scambiato addirittura per una divinità. In realtà, quel beneficio viene dal Signore Risorto che lo assiste”. Il racconto degli Atti degli Apostoli mostra così che “il disegno che guida Paolo verso Roma mette in salvo non solo l’Apostolo, ma anche i suoi compagni di viaggio, e il naufragio, da situazione di disgrazia, si muta in opportunità provvidenziale per l’annunzio del Vangelo”.  

Circo: una rappresentanza del circo “Aqua” oggi all’Udienza con papa Francesco

8 Gennaio 2020 - Città del Vaticano – I rappresentanti del Circo “Aqua” – presente in questi giorni di Natale a Roma con il loro spettacolo -  saranno presenti all’Udienza generale di Papa Francesco. E’ prevista anche una loro breve esibizione davanti al Pontefice con clown, giocolieri, pattinatori e acrobati. Il circo rimarrà a Roma fino al prossimo 9 febbraio in via Cristoforo Colombo, di fianco a Euroma2. Lo show racconta la storia di un’ammaliante sirena e dell’uomo degli abissi che lotta contro l’inquinamento dei mari. Sotto al tendone avventure mozzafiato, acrobazie e attrazioni di fine arte circense messe in atto da oltre 50 artisti tra giochi d’acqua ed effetti speciali.

Papa Francesco: no allo spirito del mondo, ci porta alla corruzione

7 Gennaio 2020 - Città del Vaticano - La vita cristiana è rimanere in Dio, seguendo lo Spirito Santo e non lo spirito del mondo, che porta alla corruzione, al non distinguere il bene dal male. Papa Francesco riprende le celebrazioni del mattino a Casa Santa Marta, e nell’ omelia, riferisce Vatican News, commenta così il brano dalla prima lettera di san Giovanni apostolo, prima lettura nella liturgia del giorno, nel quale l’evangelista riprende il consiglio di Gesù ai suoi discepoli: “Rimanete in Dio”. Uno può “essere nelle città più peccaminose, nelle società più atee, ma se il cuore rimane in Dio”, sottolinea il Papa, quest’uomo e questa donna portano la salvezza. E ricorda l’episodio narrato negli Atti degli Apostoli, che arrivano in una città e incontrano dei cristiani battezzati da Giovanni. Chiedono loro: “Avete ricevuto lo Spirito Santo?”, ma questi nemmeno sapevano che ci fosse. Quanti cristiani, commenta papa Francesco, anche oggi identificano lo Spirito Santo solo con la colomba e non sanno che “è quello che ti fa rimanere nel Signore è la garanzia, la forza per rimanere nel Signore”. Il Pontefice parla poi dello spirito del mondo, che è contrario allo Spirito Santo. “Gesù, nell’Ultima Cena – ricorda - non chiede al Padre di togliere i discepoli dal mondo”, perché la vita cristiana è nel mondo, “ma di proteggerli dallo spirito del mondo, che è il contrario”. Ed è, sottolinea, “anche peggio di fare un peccato. È un’atmosfera che ti rende incosciente, ti porta ad un punto che tu non sai riconoscere il bene dal male”. Invece, per rimanere in Dio, “dobbiamo chiedere questo dono” dello Spirito santo, che è la garanzia. Da questo “conosciamo che rimaniamo nel Signore”. Ma come possiamo sapere, si chiede Papa Francesco, se abbiamo lo Spirito Santo o lo spirito del mondo? San Paolo, spiega, ci dà un consiglio: “Non rattristare lo Spirito Santo. Quando noi andiamo verso lo spirito del mondo rattristiamo lo Spirito Santo e lo ignoriamo, lo lasciamo da parte e la nostra vita va per un’altra strada”. Lo spirito del mondo, aggiunge il Papa, è dimenticare, perché “il peccato non ti allontana da Dio se tu te ne accorgi e chiedi perdono, ma lo spirito del mondo ti fa dimenticare cosa è il peccato” si può fare tutto. E racconta che in questi giorni un sacerdote gli ha fatto vedere un filmato di cristiani che festeggiavano il nuovo anno in una città turistica, in un Paese cristiano: “Festeggiavano il primo dell’anno con una mondanità terribile, sprecando dei soldi e tante cose. Lo spirito del mondo. ‘Questo è peccato?’ – ‘No caro: questa è corruzione, peggio del peccato’. Lo Spirito Santo ti porta verso Dio e se tu pecchi lo Spirito Santo ti protegge e ti aiuta ad alzarti, ma lo spirito del mondo ti porta verso la corruzione, al punto tale che tu non sai distinguere cosa è buono e cosa è male: è tutto lo stesso, tutto è uguale”. Papa Francesco ricorda una canzone argentina che dice: “Vai, vai, vai… tutto è uguale che laggiù nel forno ci incontreremo”. Lo spirito del mondo, commenta, ti porta all’ incoscienza “di non distinguere il peccato”. E come posso sapere, si domanda ancora il Pontefice, se “sono sulla strada della mondanità, dello spirito del mondo, o seguo lo Spirito di Dio?”: “L’apostolo Giovanni ci dà un consiglio: ‘Carissimi, non prestate fede ad ogni spirito (cioè a ogni sentimento, a ogni ispirazione, a ogni idea), ma mettete alla prova gli spiriti, per saggiare se provengono veramente da Dio (o dal mondo’. Ma cos’è questo mettere alla prova allo Spirito? È semplicemente questo: quando tu senti qualcosa, ti viene voglia di fare qualcosa o ti viene un’idea, un giudizio di qualcosa, domandati: questo che sento è dallo Spirito di Dio o dallo spirito del mondo?”. E come si fa? Il consiglio di Papa Francesco è di domandarsi “una volta, due volte al giorno, o quando tu senti qualcosa che ti viene in mente”: Questa cosa che sento, che voglio fare, da dove viene? “Dallo spirito del mondo o dallo Spirito di Dio? Questo mi farà buono o mi butta verso quella strada della mondanità che è un’incoscienza?”. Tanti cristiani, lamenta il Papa “vivono senza sapere cosa succede nel proprio cuore”. Per questo San Paolo e San Giovanni dicono: “Non prestate fede a ogni spirito”, a quello che sentite, ma mettetelo alla prova. E così “sapremo cosa succede nel nostro cuore”. Perché, conclude Francesco: “Tanti cristiani hanno il cuore come una strada e non sanno chi va e chi torna, vanno e vengono, perché non sanno esaminare cosa succede dentro”: “Per questo io mi raccomando, tutti i giorni, prendete un po’ di tempo, prima di andare a letto o a mezzogiorno – quando voi volete – e chiedetevi: cosa è passato nel mio cuore oggi? Cosa mi è venuto voglia di fare, di pensare? Qual è lo spirito che si è mosso nel mio cuore? Lo Spirito di Dio, il dono di Dio, lo Spirito Santo che mi porta sempre avanti all’incontro con il Signore o lo spirito del mondo che mi allontana dal Signore soavemente, lentamente; è una scivolata lenta, lenta, lenta”. Chiediamo questa grazia, è il consiglio finale del Pontefice, “di rimanere nel Signore e preghiamo lo Spirito Santo, affinché, ci faccia rimanere nel Signore e ci dia la grazia di distinguere gli spiriti, cioè cosa si muove dentro di noi. Che il nostro cuore non sia una strada”, che sia il punto di incontro fra noi e Dio.

Papa Francesco: “la Santa Famiglia solidarizza con tutti coloro che sono costretti ad abbandonare la propria terra”

30 Dicembre 2019 - Città del Vaticano - “La Santa Famiglia solidarizza con tutte le famiglie del mondo obbligate all’esilio, solidarizza con tutti coloro che sono costretti ad abbandonare la propria terra a causa della repressione, della violenza, della guerra”. Lo ha detto ieri Papa Francesco, durante la preghiera dell’Angelus, nella giornata dedicata dalla Chiesa alla Sacra Famiglia di Nazareth. Una faniglia – ha spiegato il papa nella sua meditazione - “totalmente disponibile alla volontà di Dio”. Una famiglia che si inserisce “nell’ambito della santità che è dono di Dio ma, al tempo stesso, è libera e responsabile adesione al progetto di Dio”. Il papa ha, quindi pregato, affinchè la Santa Famiglia “possa essere modello delle nostre famiglie, affinché genitori e figli si sostengano a vicenda nell’adesione al Vangelo, fondamento della santità della famiglia”. La famiglia è “un tesoro prezioso e bisogna sempre sostenerla e tutelarla, avanti! Finiamo l'anno in pace e in famiglia, comunicando l'uno con l'altro”. (R.I.)

Papa Francesco: migranti forzati “grido nel deserto della nostra umanità”

21 Dicembre 2019 - Città del Vaticano - I migranti forzati rappresentano in questo momento “un grido nel deserto della nostra umanità”. La Chiesa è chiamata a “ricordare a tutti che non si tratta solo di questioni sociali o migratorie ma di persone umane, di fratelli e sorelle che oggi sono il simbolo di tutti gli scartati della società globalizzata”. Lo ha detto questa mattina Papa Francesco nel discorso alla Curia Romana per gli auguri di Natale. La Chiesa, ha aggiunto, è chiamata a “testimoniare che per Dio nessuno è ‘straniero’ o escluso’. È chiamata a svegliare le coscienze assopite nell’indifferenza dinanzi alla realtà del Mar Mediterraneo divenuto per molti, troppi, un cimitero”. “Radicata nella sua tradizione di fede e richiamandosi, negli ultimi decenni, al magistero del Concilio Vaticano II – ha sottolineato il Papa citando la Populorum progressio –  la Chiesa ha sempre affermato la grandezza della vocazione di tutti gli esseri umani, che Dio ha creato a sua immagine e somiglianza perché formassero una sola famiglia; e al tempo stesso ha cercato di abbracciare l’umano in tutte le sue dimensioni”. “L’umanità è la cifra distintiva con cui leggere la riforma”, il suggerimento di Francesco: “L’umanità chiama, interpella e provoca, cioè chiama a uscire fuori e a non temere il cambiamento. Non dimentichiamo che il Bambino adagiato nel presepe ha il volto dei nostri fratelli e sorelle più bisognosi, dei poveri che sono i privilegiati di questo mistero e, spesso, coloro che maggiormente riescono a riconoscere la presenza di Dio in mezzo a noi”. (R.I.)  

Papa Francesco: impegno imprescindibile della Chiesa a salvare vite umane

19 Dicembre 2019 - Città del Vaticano – “Come possiamo non ascoltare il grido disperato di tanti fratelli e sorelle che preferiscono affrontare un mare in tempesta piuttosto che morire lentamente nei campi di detenzione libici, luoghi di tortura e schiavitù ignobile? Come possiamo rimanere indifferenti di fronte agli abusi e alle violenze di cui sono vittime innocenti, lasciandoli alle mercé di trafficanti senza scrupoli? Come possiamo ‘passare oltre’, come il sacerdote e il levita della parabola del Buon Samaritano facendoci così responsabili della loro morte? La nostra ignavia è peccato!”.Papa Francesco, nella tarda mattinata di oggi, ha incontrato i rifugiati arrivati recentemente da Lesbo con i corridoi umanitari e ha fatto collocare una croce, con un giubbotto salvagente nell’accesso al Palazzo Apostolico dal Cortile del Belvedere in ricordo dei migranti e dei rifugiati. E’ il giubbotto di un migrante morto durante la sua traversata per raggiungere l’Europa e che è stato consegnato al Papa. “Questo è il secondo giubbotto salvagente che ricevo in dono”, ha detto spiegando che il primo gli era stato regalato da un gruppo di soccorritori e apparteneva a una bambina morta. “L’ho donato poi ai due Sottosegretari della Sezione Migranti e Rifugiati del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale”: “ho detto loro: ‘Ecco la vostra missione!” sottolineando che con questo gesto ha voluto “significare l’imprescindibile impegno della Chiesa a salvare le vite dei migranti, per poi poterli accogliere, proteggere, promuovere ed integrare”. Il secondo giubbotto rappresenta “un’altra morte causata dall’ingiustizia. Già, perché è l’ingiustizia che costringe molti migranti a lasciare le loro terre. È l’ingiustizia che li obbliga ad attraversare deserti e a subire abusi e torture nei campi di detenzione. È l’ingiustizia che li respinge e li fa morire in mare”. I soccorritori “mi hanno raccontato come stiano imparando l’umanità dalle persone che riescono a salvare. Mi hanno rivelato come in ogni missione riscoprano la bellezza di essere un’unica grande famiglia umana, unita nella fraternità universale”, ha detto ancora il Papa che ha deciso di esporre questo giubbotto salvagente, “crocifisso” su questa croce, per “ricordarci che dobbiamo tenere aperti gli occhi, tenere aperto il cuore, per ricordare a tutti l’impegno inderogabile di salvare ogni vita umana, un dovere morale che unisce credenti e non credenti”. Papa Francesco ha un’identità ringraziato il Signore “per tutti coloro che hanno deciso di non restare indifferenti e si prodigano a soccorrere il malcapitato, senza farsi troppe domande sul come o sul perché il povero mezzo morto sia finito sulla loro strada. Non è bloccando le loro imbarcazioni – ha quindi detto - che si risolve il problema. Bisogna impegnarsi seriamente a svuotare i campi di detenzione in Libia, valutando e attuando tutte le soluzioni possibili. Bisogna denunciare e perseguire i trafficanti che sfruttano e maltrattano i migranti, senza timore di rivelare connivenze e complicità con le istituzioni. Bisogna mettere da parte gli interessi economici perché al centro ci sia la persona, ogni persona, la cui vita e dignità sono preziose agli occhi di Dio. Bisogna soccorrere e salvare, perché siamo tutti responsabili della vita del nostro prossimo, e il Signore ce ne chiederà conto al momento del giudizio”. (Raffaele Iaria)

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Papa Francesco alla comunità filippina di Roma: la vostra fede sia “lievito” nelle comunità parrocchiali alle quali appartenete oggi

15 Dicembre 2019 -  

Città del Vaticano - Papa Francesco, dopo la recita dell’Angelus, durante il quale ha benedetto i Bambinelli che i ragazzi di Roma hanno portato in piazza, nel primo pomeriggio ha voluto presiedere una celebrazione eucaristica nella Basilica di San Pietro con la comunità filippina della Capitale in occasione del primo giorno della  tradizione religiosa filippina del Simbang Gabi, “Messa della Notte” e che segna l’inizio della novena in  preparazione al Natale. Si tratta di una delle tradizioni più antiche dei fedeli cattolici filippini e che coinvolge milioni di comunità residenti in varie parti del mondo.

Viene chiamata anche in altri modi nella tradizione cattolica filippina perché, in genere, la messa viene celebrata all’alba. Quindi “Messa del Gallo” oppure “Messa del sacrificio per la difficoltà che spesso hanno i fedeli a partecipare perché è difficile, per quanti lavorano, alzarsi all’alba ogni mattina. La vostra fede “sia lievito nelle comunità parrocchiali alle quali appartenete oggi”, ha detto il Papa rivolgendosi ai circa 7mila fedeli presenti in Basilica: “siamo chiamati ad essere fermento in una società che spesso non riesce più a gustare la bellezza di Dio e a sperimentare la grazia della sua presenza”.

Il papa, applaudito dai fedeli, ha anche ricordato che nelle Filippine, da secoli, esiste questa novena in preparazione al Santo Natale chiamata Simbang-Gabi. Negli ultimi decenni “grazie ai migranti filippini, tale devozione ha superato i confini nazionali ed è approdata in tanti altri Paesi. Da anni si celebra Simbang-Gabi anche nella diocesi di Roma, e oggi la celebriamo insieme qui, nella Basilica di San Pietro”, ha detto il pontefice sottolineando che “attraverso questa celebrazione ci vogliamo preparare al Natale secondo lo spirito della Parola di Dio che abbiamo ascoltato, rimanendo costanti fino alla venuta definitiva del Signore, come ci  raccomanda l’apostolo Giacomo. Ci vogliamo impegnare a manifestare  l’amore e la tenerezza di Dio verso tutti, specialmente verso gli  ultimi. Siamo chiamati ad essere fermento in una società che spesso non riesce più a gustare la bellezza di Dio e a sperimentare la grazia della sua presenza”.

A salutare il papa, a nome della comunità cattolica filippina residente a Roma, p. Ricky Gente, cappellano della comunità che ha voluto sottolineare, dopo averlo ringraziato per questa celebrazione, che da “recettori della fede i filippini sono oggi, anche come migranti, veri e propri discepoli missionari: "l’accoglienza che riceviamo qui nella Basilica di San Pietro incarna il messaggio evangelico: ‘Ero straniero e mi avete accolto’. Lei è Pietro, il vescovo di Roma, il nostro vescovo, che ci fortifica e ispira nella fede con il messaggio di accogliere, proteggere, promuovere e integrare migranti e rifugiati come noi nella Chiesa”. “Abbiamo colori della pelle diversi – ha quindi aggiunto - culture e tradizioni diverse, ma siamo come l’arcobaleno colorato dell’amore e la misericordia di Dio, Padre di tutti noi”.

E’ la prima volta che questa celebrazione – che si svolge da quattro anni nella basilica du San Pietro - è stata presieduta dal pontefice. La comunità filippina è molto numerosa in Italia e a Roma. Nella Capitale – dove ci sono oltre 60 cappellanie cattoliche filippine - si ritrovano, nei momenti importanti, nella Basilica di San Pudenziana a loro affidata nel 1991, anno in cui Giovanni Paolo II eresse la cappellania cattolica filippina. Qundi tra due anni la comunità festeggerà il trentesimo anniversario della sua presenza a Roma con una serie di iniziative

Il promo incontro di questa comunità con papa avvenne proprio con Giovanni Paolo II nel febbraio del 2002. Per loro, quella volta, si aprirono le porte  dell’Aula Paolo VI.

“Sarà un momento importante per tutte le comunità e i fedeli filipponi che vivono e lavorano oggi a Roma e in Italia”, dice a www.migrantesonline.it il Direttore dell’Ufficio Migrantes della diocesi di Roma che oggi era presente in Basilica come in ogni momento importante delle varie comunità etniche di Roma. “Momenti come questi aiutano – aggiunge – a dare un messaggio positivi di comunità che vivono una loro fede in un contesto che non sentono ‘straniero’ ma loro: nessuno è straniero nella Chiesa e speriamo anche nella società. Il papa era molto contento di questo momento come lo era stato già domenica scorsa con la comunità congolese”. Sono “esempi belli” per tutta la comunità che giorno per giorno vive una propria fede e che oggi viene aiutata nel riscoprirla attraverso proprio le parole del pontefice. Una comunità come tutte le altre, che vanno “sostenute” e “accompagnate”, conclude mons. Felicolo. (Raffaele Iaria)

Papa Francesco: pace come cammino di speranza

12 Dicembre 2019 - Città del Vaticano - “Ogni guerra, in realtà, si rivela un fratricidio che distrugge lo stesso progetto di fratellanza, inscritto nella vocazione della famiglia umana”. Lo ricorda papa Francesco nel Messaggio per la 53° Giornata Mondiale della Pace, che si celebrerà il prossimo primo gennaio, e che quest’anno ha per tema “La Pace come cammino di speranza: dialogo, riconciliazione e conversione ecologica”. “La guerra – spiega il papa nel messaggio diffuso oggi – comincia spesso con l’insofferenza per la diversità dell’altro, che fomenta il desiderio di possesso e la volontà di dominio. Nasce nel cuore dell’uomo dall’egoismo e dalla superbia, dall’odio che induce a distruggere, a rinchiudere l’altro in un’immagine negativa, ad escluderlo e cancellarlo”. La guerra, aggiunge Bergoglio, “si nutre di perversione delle relazioni, di ambizioni egemoniche, di abusi di potere, di paura dell’altro e della differenza vista come ostacolo; e nello stesso tempo alimenta tutto questo”. Eppure, sottolinea Papa Francesco , “il desiderio di pace è profondamente inscritto nel cuore dell’uomo e non dobbiamo rassegnarci a nulla che sia meno di questo”. “Come, allora, costruire un cammino di pace e di riconoscimento reciproco? Come rompere la logica morbosa della minaccia e della paura? Come spezzare la dinamica di diffidenza attualmente prevalente?”, domanda il pontefice evidenziando che “la cultura dell’incontro tra fratelli e sorelle rompe con la cultura della minaccia”. Occorre “abbandonare il desiderio di dominare gli altri e imparare a guardarci a vicenda come persone, come figli di Dio, come fratelli”. “L’altro non va mai rinchiuso in ciò che ha potuto dire o fare, ma va considerato per la promessa che porta in sé”, è il monito di Francesco per il quale “solo scegliendo la via del rispetto si potrà rompere la spirale della vendetta e intraprendere il cammino della speranza”.  

Il Circo di Mosca all’udienza con Papa Francesco

11 Dicembre 2019 -
Città del Vaticano - Si è molto divertito Papa Francesco questa mattina in Aula Paolo VI.  Dopo la catechesi e prima dei saluti in lingua italiana ha, infatti, assistito all'esibizione del Circo di Mosca, il “Great Moscow State City”, i cui giovani artisti e giocolieri hanno eseguito sul palco acrobazie ed evoluzioni, che il papa ha seguito con interesse. Alla fine l’artista più giovane, autrice degli esercizi con il maggiore livello di difficoltà, ha abbracciato calorosamente il Papa e gli ha offerto una delle forcine che servono per raccogliere i capelli durante i numeri acrobatici. Poi, dopo il saluto con gli altri circensi, la bimba biondissima, occhi azzurri color del cielo, è tornata ad abbracciare il Santo Padre mettendosi fiera al suo fianco.

Papa Francesco: fondiamo la nostra vita sul Signore e non sulle apparenze

5 Dicembre 2019 - Città del Vaticano – “L'elogio della solidità” è al cuore della Liturgia di oggi, col Vangelo di Matteo ( Mt7,21.24-27) in cui Gesù mette a confronto l'uomo saggio e l'uomo stolto: l'uno, pone il Signore a fondamento della sua vita, costruendo la propria casa sulla roccia, l'altro non ascolta la Parola di Dio e vive di apparenze, costruendo così la propria casa su un fondamento debole, come può essere la sabbia. Da qui si sviluppa l'omelia che il Papa pronuncia nella Messa mattutina a Casa Santa Marta, in un dialogo continuo con i fedeli ai quali chiede di riflettere proprio su “saggezza e debolezza”, ovvero su quale sia il fondamento delle nostre speranze, delle nostre sicurezze e della nostra vita, e chiedendo la grazia di saper discernere dove sia la roccia e dove la sabbia: “La roccia. Così è il Signore. Chi si affida al Signore sarà sempre sicuro, perché le sue fondamenta sono sulla roccia. È quello che dice Gesù nel Vangelo. Parla di un uomo saggio che ha costruito la sua casa su una roccia, cioè sulla fiducia nel Signore, sulle cose serie. E anche questa fiducia è un materiale nobile, perché il fondamento di questa costruzione della nostra vita è sicuro, è forte”. Il saggio è dunque chi edifica sulla roccia, al contrario lo stolto - prosegue papa Francesco - è quello che sceglie la “sabbia che si muove” e che viene spazzata via da venti e pioggia. E' così  - fa notare - anche nella vita quotidiana, nei palazzi che si costruiscono senza buone fondamenta e quindi crollano, e nella nostra esistenza personale: “E anche la vita nostra può essere così, quando le mie fondamenta non sono forti. Viene la tempesta – e tutti noi abbiamo tempeste nella vita, tutti, dal Papa all’ultimo, tutti – e non siamo capaci di resistere. E tanti dicono: ‘No, io cambierò vita’ e pensano che cambiare vita sia truccarsi. Cambiare vita è andare a cambiare i fondamenti della vita, cioè mettere la roccia che è Gesù. ‘Io vorrei ripristinare questa costruzione, questo palazzo, perché è molto brutto, molto brutto e io vorrei abbellirlo un po’ e anche assicurare le fondamenta’. Ma se rifaccio il trucco e faccio una ‘romanella’, la cosa non va avanti; cadrà. Con le apparenze, la vita cristiana cade”. Solo Gesù è dunque il fondamento sicuro, le apparenze non aiutano, e questo si vede anche in confessionale - è l'esempio che fa il Papa - solo chi lì si riconosce peccatore, debole, desideroso di salvezza, dimostra di avere una vita basata sulla roccia, in quanto crede e conta su Gesù come sua salvezza. Convertirsi quindi a ciò che non crolla e non passa: accadde così a san Francesco Borgia nel 1500, quando questo ex cavaliere di corte, dinanzi al corpo ormai disfatto della imperatrice Isabella, prese coscienza della caducità e della vanità delle cose terrene e scelse il Signore e divenne santo: “Noi non possiamo edificare la nostra vita sulle cose passeggere, sulle apparenze, sul fare finta che tutto va bene. Andiamo alla roccia, dove c’è la nostra salvezza. E lì saremo felici tutti. Tutti”. La preghiera a cui quindi il Papa invita ognuno di noi, in questo giorno di Avvento, è a pensare a quale fondamento diamo alla nostra vita, se la solida roccia o la sabbia vana, chiedendo al Signore la grazia di saper discernere.  

Papa Francesco: all’udienza generale anche un gruppo di sbandieratori

4 Dicembre 2019 - Città del Vaticano - Questa mattina nuova udienza generale di papa Francesco in Piazza San Pietro. Novemila i fedeli attesi. A fare da “coreografia” per tutta la durata dell’appuntamento anche  un gruppo di sbandieratori e musici di Foligno. Vestiti di rosso e di bianco nelle loro fogge medievali, hanno accompagnato con i loro squilli di tromba e il rullo dei tamburi il passaggio del Papa, che come di consueto ha percorso a piedi il tratto che lo separa dalla sua postazione al centro del sagrato, al termine del giro in papamobile tra i vari settori delimitati dal colonnato dei Bernini.

Il Papa e l’elogio della piccolezza

3 Dicembre 2019 - Città del Vaticano “La liturgia di oggi - esordisce Papa Francesco nell’omelia alla Messa a Casa Santa Marta oggi, come riferisce Vatican News  - parla delle cose piccole, parla di ciò che è piccolo, possiamo dire che oggi è la giornata del piccolo”. La Prima lettura è tratta dal libro del Profeta Isaìa dove si annuncia: “In quel giorno, un germoglio spunterà dal tronco di Iesse, un virgulto germoglierà dalle sue radici. Su di lui si poserà lo spirito del Signore…”. “La Parola di Dio fa l’elogio del piccolo”, dice il Papa, e fa una promessa, la promessa di un germoglio che spunterà e che cosa è più piccolo di un germoglio? Eppure “su di lui si poserà lo Spirito del Signore”. E il papa commenta: “la redenzione, la rivelazione, la presenza di Dio nel mondo incomincia così e sempre è così. La rivelazione di Dio si fa nella piccolezza. Piccolezza, sia umiltà sia... tante cose, ma nella piccolezza. I grandi si presentano potenti, pensiamo alla tentazione di Gesù nel deserto, come Satana si presenta potente,  padrone di tutto il mondo: “Io ti do tutto, se tu...”. Invece le cose di Dio incominciano germogliando, da un seme, piccole. E Gesù parla di questa piccolezza nel Vangelo”. Gesù gioisce e ringrazia il Padre perché si è rivelato non ai potenti, ma ai piccoli e ricorda che a Natale “andremo tutti al presepe dove c’è la piccolezza di Dio”. Quindi un richiamo forte: “In una comunità cristiana dove i fedeli, i sacerdoti, i vescovi, non prendono questa strada della piccolezza, manca futuro, crollerà. Lo abbiamo visto nei grandi progetti della storia: cristiani che cercavano di imporsi, con la forza, la grandezza, le conquiste... Ma il Regno di Dio germoglia nel piccolo, sempre nel piccolo, il seme piccolo, il seme di vita. Ma il seme da solo non può. E c’è un’altra cosa che aiuta e che dà la forza: “In quel giorno, un germoglio spunterà dal tronco di Iesse, un virgulto germoglierà dalle sue radici. Su di lui si poserà lo spirito del Signore.” “Lo Spirito sceglie il piccolo, sempre”, sottolinea ancora papa Francesco, perché “non può entrare nel grande, nel superbo, nell’autosufficiente”. E’ al cuore piccolo che avviene la rivelazione del Signore. Il Papa parla dunque degli studiosi di teologia per sottolineare come i teologi “non sono coloro che sanno tante cose di teologia”, questi si potrebbero chiamare "enciclopedisti" della teologia. “Sanno tutto - prosegue il Papa - ma sono incapaci di fare teologia perché la teologia si fa in ginocchio, facendoci piccoli”. E, dunque, sottolinea ancora “il vero pastore sia sacerdote, vescovo, papa, cardinale, chiunque sia, se non si fa piccolo, non è un pastore”. Piuttosto è un capo ufficio. E questo vale per tutti. “Da quello che ha una funzione che sembra più importante nella Chiesa, alla povera vecchietta che fa le opere di carità di nascosto”. Papa Francesco sgombra poi il campo da un dubbio che potrebbe sorgere e cioè che la strada della piccolezza porti alla pusillanimità, cioè alla chiusura in se stessi, alla paura. E dice che al contrario “la piccolezza è grande”, è capacità di rischiare “perché non ha niente da perdere”. Spiega che è proprio la piccolezza a portare alla magnanimità, perché ci fa capaci di andare oltre noi stessi sapendo che la grandezza la dà Dio. E cita una frase di San Tommaso d’Aquino, contenuta nella sua Summa teologica, che spiega come debba comportarsi, davanti alle sfide del mondo, un cristiano che si sente piccolo, per non vivere da codardo: “San Tommaso dice così, la sintesi è così: ‘Non spaventarsi delle cose grandi - oggi ce lo dimostra anche San Francesco Saverio - non spaventarsi, andare avanti; ma nello stesso tempo, tenere conto delle cose più piccole, questo è divino’. Un cristiano parte sempre dalla piccolezza. Se io nella mia preghiera mi sento piccolo, con i miei limiti, i miei peccati, come quel pubblicano che pregava in fondo alla chiesa, vergognoso: ‘Abbi pietà di me che sono peccatore’, andrai avanti. Ma se tu ti credi di essere un buon cristiano, pregherai come quel fariseo che non uscì giustificato: ‘Ti rendo grazie, Dio, perché sono grande’. No, ringraziamo Dio perché siamo piccoli”. Papa Francesco conclude la sua omelia dicendo che a lui piace tanto amministrare il Sacramento della Confessione e soprattutto gli piace confessare i bambini. Le loro confessioni, afferma, sono bellissime, perché raccontano i fatti concreti: “Ho detto questa parola”, ad esempio, e te la ripete. Il Papa infine commenta: “La concretezza di quello che è piccolo. 'Signore, io sono peccatore perché faccio questo, questo, questo, questo... Questa è la mia miseria, la mia piccolezza. Ma invia il tuo Spirito perché io non abbia paura delle cose grandi, non abbia paura che tu faccia delle cose grandi nella mia vita' ”.  

Papa Francesco alla comunità congolese: “la Chiesa è la casa di Dio: sentitevi sempre a casa”

1 Dicembre 2019 - Città del Vaticano – Nella prima domenica di Avvento, che segna l’inizio del nuovo anno liturgico, Papa  Francesco ha voluto celebrare una liturgia, nella Basilica di San Pietro in occasione del 25° anniversario della  nascita della Cappellania Cattolica congolese di Roma. “Siete venuti da lontano. Avete lasciato le vostre case, avete lasciato affetti e cose care”, ha detto loro il Papa nel corso dell’omelia: “giunti qui, avete trovato accoglienza insieme a difficoltà e imprevisti. Ma per Dio siete sempre invitati graditi. Per Lui non siamo mai estranei, ma figli attesi. E la Chiesa è la casa di Dio: qui, dunque, sentitevi sempre a casa”, l’invio del pontefice che riflette sulla tendenza delle società occidentali a chiudersi al prossimo, a ricercare solo il benessere per sé. "Il consumismo è un virus che intacca  la fede alla radice, perche’ ti fa credere che la vita dipenda solo  da quello che hai, e così ti dimentichi di Dio che ti viene incontro  e di chi ti sta accanto. Il Signore viene, ma segui piuttosto gli  appetiti che ti  vengono". Il Papa continua spiegando che la dove il “consumismo impera: quanta violenza, anche solo verbale, quanta rabbia  e voglia di cercare un nemico a tutti i costi. Così, mentre il mondo  è pieno di armi che provocano morti, non ci accorgiamo che continuiamo ad armare il cuore di rabbia". A salutare il papa sr. Rita Mboshu Kongo che ha voluto sottolineare come il Congo “è affetto dal cancro della guerra e dell’insicurezza, le cui vittime sono  i poveri e innocenti, particolarmente le donne e i bambini". La religiosa parla di "un genocidio che non si conosce, ma che denunciamo con  forza e che si svolge in totale silenzio a livello globale. Non è giusto, è offensivo nei nostri confronti. E’  assurdo per qualsiasi amico della vita e della pace. Vi chiediamo di  continuare a pregare per il nostro Paese, considerando l’efficacia della sua parola, e di sfidare tutte quelle grandi nazioni i cui leader sono senza cuore e che, per interessi economici e politici  egoistici, continuano a fare del Congo una giungla dove tutti possono  entrare e usarla, come fossero padroni”. (R.Iaria)    

Congolesi a Roma: domani celebrazione in rito zairese presieduta da Papa Francesco

30 Novembre 2019 - Città del Vaticano – Domani Papa Francesco, come annunciato da www.migrantesonline.it, celebrerà una liturgia eucaristica in occasione del 25º anniversario della nascita della Cappellania cattolica congolese di Roma. La celebrazione sarà nel rito zairese e si svolgerà nella Basilica di San Pietro. Approvato dalla Congregazione per il Culto Divino il 30 aprile 1988, sotto il titolo di “Messale romano per le diocesi dello Zaire” (ex nome della Repubblica democratica del Congo), il rito zairese o congolese è un adattamento del rito romano ordinario, spiega oggi la Sala Stampa della Santa Sede. Auspicato dai vescovi congolesi fin dal 1969, è il frutto di un lungo processo di inculturazione della liturgia, incoraggiato da Paolo VI e Giovanni Paolo II. Concretamente, “si trattava di aprire la liturgia ai valori culturali del popolo zairese”. I testi e i riti tengono conto della tradizione stilistica orale africana. Si insiste sulla partecipazione attiva dell’assemblea, uomini e donne, partecipazione che si esprime anche con movimenti ritmici e levando le braccia al cielo. Durante il Gloria i ministri danzano intorno all’altare. Molto spazio viene dato ai canti, spesso accompagnati da tamburi e altri strumenti tradizionali. I lettori vengono benedetti e inviati dal celebrante prima di dirigersi verso l’ambone. La Comunità Cattolica Congolese, che ha sede nella chiesa della Natività di Nostro Signore Gesù Cristo degli Agonizzanti, a piazza Pasquino, è stata fondata nel 1994 per volere del card. Frédéric Etsou, Arcivescovo di Kinshasa. (R.Iaria)

Papa Francesco: terminato il viaggio in Thailandia e Giappone

26 Novembre 2019 - Città del Vaticano - Papa Francesco è rientrato questa sera in Vaticano dopo un viaggio che lo ha portato in Thailandia e Giappone per il suo 32 viaggio apostolico, il quarto in Estremo Oriente. Papa Francesco ha infatti visitato la Corea nel 2014, lo Sri Lanka e le Filippine l'anno successivo e Myanmar e Bangladesh nel 2017. Il Papa, atterrato a Fiumicino, prima di tornare in Vaticano, come ormai consuetudine, si è recato nella basilica di Santa Maria Maggiore per pregare dinanzi all’icona mariana di Maria Salus Populi Romani e per ringraziarla per la riuscita del viaggio apostolico. (R.I.)

Papa Francesco: i poveri sono “preziosi” agli occhi di Dio

18 Novembre 2019 - Città del Vaticano –  Ieri la celebrazione della III Giornata Mondiale dei Poveri. Papa Francesco ha voluto trascorrerla, nell’Aula Paolo VI, con 1.500 bisognosi, persone meno abbienti e poveri accompagnati dal personale delle associazioni di volontariato e che in mattinata avevano partecipato alla celebrazione nella basilica di San Pietro. Nell’omelia ha chiesto, come proposta di esame di coscienza : “Io aiuto qualcuno da cui non potrò ricevere? Io, cristiano, ho almeno un povero per amico?”. Per il papa  i poveri sono “preziosi agli occhi di Dio perché non parlano la lingua dell’io”, “non si sostengono da soli, con le proprie forze, hanno bisogno di chi li prenda per mano. Ci ricordano che il Vangelo si vive così, come mendicanti protesi verso Dio”. “La presenza dei poveri ci riporta al clima del Vangelo, dove sono beati i poveri in spirito”, ha quindi proseguito: “Allora, anziché provare fastidio quando li sentiamo bussare alle nostre porte, possiamo accogliere il loro grido di aiuto come una chiamata a uscire dal nostro io, ad accoglierli con lo stesso sguardo di amore che Dio ha per loro”. “Che bello se i poveri occupassero nel nostro cuore il posto che hanno nel cuore di Dio!”, ha detto papa Francesco: “Stando con i poveri, servendo i poveri, impariamo i gusti di Gesù, comprendiamo che cosa resta e che cosa passa. “Tra tante cose penultime, che passano, il Signore vuole ricordarci oggi quella ultima, che rimarrà per sempre”: l’amore, perché “Dio è amore e il povero che chiede il mio amore mi porta dritto a lui. I poveri ci facilitano l’accesso al cielo: per questo il senso della fede del Popolo di Dio li ha visti come i portinai del cielo. Già da ora sono il nostro tesoro, il tesoro della Chiesa. Ci dischiudono infatti la ricchezza che non invecchia mai, quella che congiunge terra e cielo e per la quale vale veramente la pena vivere: l’amore”. Papa Francesco ha qui ndi messo in guardia da coloro che diffindono allarmismi: “non va seguito chi diffonde allarmismi e alimenta la paura dell’altro e del futuro, perché la paura paralizza il cuore e la mente”, ha detto. “Quante volte ci lasciamo sedurre dalla fretta di voler sapere tutto e subito, dal prurito della curiosità, dall’ultima notizia eclatante o scandalosa, dai racconti torbidi, dalle urla di chi grida più forte e più arrabbiato, da chi dice ‘ora o mai più’”, ha sottolineato aggiungendo che “questa fretta, questo tutto e subito non viene da Dio”: “Se ci affanniamo per il subito, dimentichiamo quel che rimane per sempre: inseguiamo le nuvole che passano e perdiamo di vista il cielo”. Gesù, infatti, “ci dice che quasi tutto passerà. Quasi tutto, ma non tutto. A crollare, a passare sono le cose penultime, non quelle ultime: il tempio, non Dio; i regni e le vicende dell’umanità, non l’uomo. Passano le cose penultime, che spesso sembrano definitive, ma non lo sono”. E all’Angelus ha  ricordato la beatificazione di padre Emilio Moscoso, avvenuta a Riobamba, in Ecuador, ucciso nel 1897 durante le persecuzioni contro la Chiesa cattolica: “Il suo esempio di religioso umile, apostolo della preghiera ed educatore della gioventù, sostenga il nostro cammino di fede e di testimonianza cristiana”.