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Benedetto XVI, Mci Amburgo: rinuncia e alcuni segni del pontificato

31 Dicembre 2022 - Amburgo - La morte di Papa Benedetto XVI richiama alla mente, non tanto la sua figura di illuminato teologo già dai tempi del Concilio Vaticano II, non quello di giovane Arcivescovo di Monaco e poi Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, non quello di amante di Dio, dei libri, della Musica (Mozart in particolare), dei gatti; ma la sua rinuncia al Pontificato e alcuni segni avvenuti durante il suo Pontificato. L’ultimo papa che si dimise fu 600 anni prima, Gregorio XII nel 1415, e prima ancora Celestino V, nel 1294. È difficile delineare un ritratto di Benedetto XVI, forse quasi impossibile, non per gli aspetti molteplici che hanno attraversato la sua esistenza ma per il carico di complessità che la sua vita di teologo, uomo di Chiesa e intellettuale ha sostenuto. Nel corso del suo pontificato, Benedetto XVI, iniziò un percorso di riforme strutturali attuando sia in termini canonici che morali il principio dell’ermeneutica della continuità ovvero la concezione per cui il Concilio Vaticano II si deve porre in piena sintonia con la storia della Chiesa e ne aggiorni la prassi e le pratiche ma non rivoluzioni quella che è la tradizione liturgica. Per Benedetto XVI “conservare” non è chiudersi ma continuare nel solco di una tradizione leggendo i tempi e cercando di prestare fede alle Scritture. Ma ciò che va ricordato è che Benedetto XVI non ha mai avuto ripensamenti sulla sua rinuncia. L’ultimo documentario pubblicato proprio in Germania conferma una sensazione comune: Joseph Ratzinger non ha mai tergiversato su quanto deciso nel 2013 e nonostante tutto ogni volta che l’ex Papa prendeva una posizione in pubblico, il coro dei progressisti interveniva o si agitava, a dispetto di quanto una televisione tedesca proprio due anni fa – di questi tempi - decise di dedicare un video reportage di mezz’ora sul Papa emerito mediante cui è stato possibile approfondire numerosi dettagli della vita che Benedetto XVI. Un’esistenza fatta soprattutto di preghiera e letture. E tra le note più rilevanti, c’è il virgolettato di monsignor Georg Gänswein, suo fedele segretario, che affermò: “le dimissioni sono state una decisione lunga, ben pregata e sofferta, di cui non si è mai pentito. Il Papa è completamente in pace con sé stesso”. La vicenda, quindi, può non essere più dibattuta. Per quanto il caso della rinuncia continui ad interessare le cronache di chi cerca motivazioni differenti da quelle comunicate all’epoca dal Santo Padre. La “ingravescentem aetatem” non ha ancora persuaso tutti. Ma comunque la sua voce, nonostante l’età si è fatta sempre sentire. Ed ora ricordiamo solo due episodi di fatti eclatanti accaduti nel suo pontificato, la visita in Benin nel 2011 ed il fulmine che colpisce il Cupolone nel giorno delle dimissioni. Erano circa 80 mila i fedeli presenti alla messa del Papa in quella domenica di novembre del 2011 e tutti hanno potuto vedere insieme la luna e il sole, evento rarissimo a quella latitudine. E alcuni parlarono di “miracolo”. All’indomani della messa celebrata da Benedetto XVI nello Stadio de l’Amitiè di Cotonou, anche i vescovi del Benin si sono interrogati sullo straordinario fenomeno che ha consentito alle 8 del mattino agli 80 mila fedeli presenti di vedere insieme la luna e il sole, un evento rarissimo in Africa a quella latitudine, che ha suscitato grande stupore nella folla, come riferì ai giornalisti il direttore della Sala Stampa della Santa Sede, padre Federico Lombardi. Tanto più che non pochi fedeli hanno dichiarato di aver visto anche il sole muoversi e risplendere senza accecare, così da poterlo guardare a lungo senza problemi. Un fenomeno interpretato dagli africani come un prodigio dovuto alla presenza del Papa, ma che ha turbato anche gli operatori dei media e molti vescovi, anche perché, a quanto si è appreso, non è stato un fatto isolato ma si è ripetuto altre volte nel corso della visita. Monsignor Renè-Marie Ehuzu, vescovo di Porto Novo e presidente della Commissione Pastorale Sociale della Conferenza Episcopale del Benin, nonché responsabile organizzativo della visita papale nel Paese, dichiarò all’Agi che “sabato pomeriggio, quando il Papa nel tragitto verso la parrocchia di Santa Rita, alla periferia di Cotonou, si è fermato per salutare e benedire gli ammalati dell’ospedale che si trova lì vicino, si è verificato un fenomeno analogo, tanto che gli ospiti del nosocomio hanno voluto recarsi nella Cappella per una preghiera di ringraziamento”. “Per tutti e tre i giorni della visita – ha affermato il presule – ci sono testimonianze su eventi simili e foto scattate con i cellulari dai testimoni, in qualche caso sacerdoti. Personalmente non so dare una spiegazione ma escludo che si tratti di un fenomeno di isteria collettiva”. “La luna è attualmente molto vicina al sole (una piccola falce visibile prima dell’alba), perciò è impossibile vederla insieme al sole, cioè quando questo è alto nel cielo. Se era visibile, è evidente che il bagliore del sole era temperato, come appunto dicono i testimoni”. Il Papa ha portato la luce di Cristo. E poi la foto, che ha fatto il giro del mondo, e che non è una fake ma semplicemente autentica per varie e fortunate coincidenze, oltre a pazienza e bravura del fotografo: il fulmine la sera delle dimissioni di Papa Benedetto XVI. Alla morte di San Giovanni Paolo II, quella sera piazza San Pietro era gremita di gente, la sera delle dimissioni di Papa Benedetto XVI piazza San Pietro era vuota e desolata, solo il temporale che si apprestava a cadere su Roma e così fu ed i fulmini che squarciavano il cielo, tra cui quelli che cadevano sulla Basilica e quello ripreso sul Cupolone. Molti hanno interpretato questo accadimento così come quello in Africa come dei segni del cielo. Ora lui certamente gode del visione beatifica di Dio e dovrà continuare a pregare per noi così come noi per la sua anima benedetta. (don Pierluigi Vignola - Responsabile Missione Cattolica Italiana Amburgo)

Mci Amburgo: saper andare incontro ed alla ricerca di fratelli e sorelle più bisognosi

28 Gennaio 2021 - Amburgo - Ciò che scrive Papa Francesco nel Messaggio per la Prossima Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali : “l’invito a “venire e vedere”, è quanto ogni Missionario svolge nella sua attività, nell’andare verso le pecorelle a lui affidate e nel riceverle presso la Casa del Padre. Proprio perché aprirsi all’incontro verso l’altro, il nostro prossimo, è quanto richiesto dal Signore Gesù ad ognuno di noi, ad ogni buon cristiano ma soprattutto a chi si è posto in modo particolare al suo servizio. Anche se si volge un’attività "Missionaria" in una grande città come può essere Amburgo, o comunque il Nord della Germania, non significa che non si sia maggiormente impegnati nella ricerca di coloro che hanno necessità e bisogno di conforto, fosse anche solo una semplice parola od un sorriso. Maggiormente in questo tempo particolare per tutti noi, il “condividere” del Papa mi ha riportato alla mente la richiesta di compartecipazione rivoltami dai tanti che si trovano a dover affrontare bisogni e necessità che non sempre lo Stato riesce a soddisfare. Esserci, ascoltare, aver incrociato i loro volti ha significato già molto per queste persone. Visitare le loro case, i loro negozi e ristoranti per quanto possibile, è un non far venire meno la memoria di quello che sono stati e sono ancora per la nostra comunità nazionale di migranti. Perché essere sacerdote accanto ai connazionali all'estero comprende qualità che spiccano ad occhio nudo: la gioia sul volto, l’ottimismo da trasmettere, la speranza che si respira, la vitalità sempre giovane e la fiducia cieca nella Divina Provvidenza. A volte, solo perché si vive in una grande realtà sembra tutto a portata di mano, tutto così vicino ed immediato; invece, senza il dono coinvolgente delle nostre vite, potremo avere miriadi di contatti ma non saremo mai immersi in una vera comunione di vita con i nostri fratelli. Da qui il “consumare le suole delle scarpe”, che è proprio quel saper andare incontro ed alla ricerca di fratelli e sorelle più bisognosi e che mi incoraggiano ad andare avanti senza sosta, sapendo che con noi ci sta sempre il Signore che veglia e ci accompagna in questo cammino. (d. Pierluigi Vignola - Mci Amburgo)  

Don Vignola (MCI Amburgo): l’esperienza come prete “Fidei donum”

16 Ottobre 2020 - Amburgo - La scelta di andare a lavorare in Missione credo sia la scelta di chi dopo anni di servizio, e con una certa “base” alle spalle, voglia fare l’esperienza nuova di un mondo per certi versi diverso da quella che è la routine giornaliera del servizio in Parrocchia in Italia. Non mi sarei mai immaginato di venire in una terra la cui lingua per me è sempre stata ostica, e che mi si disse durante il dottorato di studiarla perché serviva per la Teologia. Mai fatto, ma era destino dover studiare il tedesco. Da qui nasce l’esperienza di chi ha avuto ed ha come preoccupazione principale ed attenzioni prioritarie le famiglie in una Missione con circa 30.000 persone: famiglie da istituire o sostenere e quelle da coinvolgere ed animare. Le famiglie italiane con la loro religiosità semplice e tanta devozione, non fa sentire il peso del servizio, anzi sempre più la gioia di trasmettere come gli apostoli la Parola di Dio. Ecco allora che l’essere prete “fidei donum”, perché “donato” in nome della fede dalla Chiesa potentina ad una Chiesa sorella per una sorta di scambio di doni, diventa ogni giorno sempre arricchente. Anche se non sono mancati e non mancano problemi e limiti, posso dire che in questi sei anni ho cercato di far entrare ancor più profondamente la missione nel cuore della nostra gente, proprio perché sentita una “scuola di missione” ancora attuale. Il servizio in missione, i rapporti nati con le Chiese sorelle missionarie di altra madre lingua, hanno aiutato a sentirmi parte della Chiesa universale e a confrontarmi con la vita dei cristiani in altre parti del mondo. Così l’essere fidei donum ha aiutato a rendere più visibile la natura missionaria della Chiesa e nello stesso tempo ne ha mostrato tutta la fecondità. Questa esperienza che mi ha toccato la vita profondamente ha fatto sì che scoprissi il senso dell’essenzialità, i tratti della condivisione, l’apertura alla mondialità. Il coinvolgimento avuto e dato nella missione, è stato occasione di condivisione del cammino dei poveri nella ricerca del regno di Dio e più in generale di crescita umana, spirituale, ecclesiale. Donare la fede è il modo migliore per farla crescere. don Pierluigi Vignola Missione Cattolica Italiana Amburgo

Mci Amburgo: come si vive “in” e “la” missione in tempo di “coronavirus”

4 Aprile 2020 - Amburgo - Siccome siamo ormai tutti “confinati” in casa possiamo raccontarvi come questa emergenza la viviamo qui “in” missione ed anche come la comunità vive “la” Missione. “Andrà tutto bene”. Una frase che sentiamo spesso nelle ultime settimane, che incornicia un periodo difficile. Ecco allora che si cerca di stare vicino a tutti innanzitutto con la trasmissione via Facebook della Santa Messa domenicale alle 11.30. C’è la Missione, la Chiesa, ci siamo NOI, di tutte le età: piccoli e grandi; ed un grazie va a tutti coloro che con un video con un messaggio o una canzone, una foto, un disegno, una frase, hanno reso ancor più viva la Missione Cattolica Italiana di Amburgo: persone e soprattutto cristiani che non si arrendono. La messa non si può celebrare comunitariamente, è vero, ma la comunità c’è e c’è anche in videochiamata con gli altri, sui social, nella musica, nella preghiera. C’è ed è più viva che mai. Inoltre non si hanno problemi a spiegare alla gente che si può santificare la festa anche pregando in casa. Nessuno si meraviglia, nessuno protesta … e non abbiamo polemiche da sanare neppure all’interno della Chiesa! La limitazione si accetta con serenità e come una cosa che si scosta poco dalla normalità. Per molti la domenica passerà con il pensiero rivolto alla chiesa nel momento in cui sentiranno suonare le campane. Allora, in quel momento, si faranno il segno della croce, (che fanno sempre quando sentono una campana!), pregheranno al modo che loro conoscono (io ho suggerito il rosario) e cercheranno di evitare lavori pesanti di domenica. Come cercano di fare sempre, anche se, il lavoro di ogni giorno non può essere lasciato indietro, perché almeno nel Nord della Germania la cosa più importante non è proprio la spiritualità ma il portafoglio. Ed allora … che succede, qui, al tempo del corona virus? Sembrerebbe che si possa avere più tempo per sé stessi, ma non è proprio così perché se come da noi è stato deciso di sospendere Sante Messe e incontri pastorali almeno fino alla fine di Aprile, ciò non toglie che ci sia bisogno della confessione o della celebrazione di un funerale od altro. Abbiamo anche ricordato che il Signore non è “confinato in Chiesa”! Il Signore è con noi, ovunque ci troviamo. E se, attraverso la preghiera, lo “contattiamo” come un ospite “non infetto”, Lui ci aiuta ad affrontare le difficoltà che stiamo vivendo. Ci aiuta ad uscirne più forti, anche spiritualmente. Ecco quindi che dobbiamo riempire quello che apparentemente può sembrare un calendario vuoto con la fede, la preghiera, le opere buone, relazionandoci anche con gli amici…forse anche con quelli che il ritmo della vita ce li ha messi nel dimenticatoio. La comunità in questo momento è più “social” che mai e si cerca di rimanere uniti in questo modo. Le missioni continuano a dare il proprio servizio al di là se gli uffici sono chiusi, i Missionari proprio perché tali sono sempre al servizio del popolo di Dio loro affidato e qui ad Amburgo anche se chiusi in casa siamo sempre a disposizione per chi ci cerca anche per una semplice parola di conforto.

don Pierluigi Vignola

   

Mci Amburgo:unione spirituale e la preghiera darà forza alla nostra comunità in questo momento

19 Marzo 2020 - Amburgo - Ovviamente non è semplice poter vivere con una certa tranquillità in un periodo di completa incertezza, soprattutto in quella che è la seconda città della Germania. Se è pur vero che le strutture sanitarie tedesche hanno circa 29.000 posti di terapia intensiva è anche pur vero che ci sono 80.000.000 di persone e soprattutto di persone che per certi versi non hanno compreso ancora appieno il pericolo che si corre, basti pensare che fino a domenica ristoranti e bar e pub erano tutti pieni. Forse a tanti l’Italia ancora non ha insegnato nulla, ma invece ai nostri connazionali altre priorità balzano dinnanzi. Innanzitutto l’essere accanto a quei connazionali che sono più vulnerabili, più in difficoltà, tramite i social e non solo, perché la presenza di un gruppo di volontari in un certo senso è una buona protezione. Ecco allora che bisogna mostrare che è possibile aiutare ancora in queste condizioni, tutti possiamo trasmettere il virus, non particolarmente chi è povero, chi vive per strada, quindi tutti dobbiamo prendere le dovute precauzioni, ma non dobbiamo mai lasciare nessuno da solo perché l'isolamento di questi giorni può portare a gravi conseguenze.  Infatti ci sono casi di persone della nostra comunità che si sentono male solo al pensiero di essere colpiti dal virus e vanno in ospedale. C’è bisogno, oggi, di una di una reazione da parte di tutti così come dobbiamo rispettare ciò che ci viene chiesto dalle autorità, ed infatti qui tranne i servizi essenziali tutto è sospeso fino al 30 Aprile e ciò che fa soffrire di più la nostra comunità e il non poter partecipare alle celebrazioni liturgiche per circa 60 giorni; ma l’unione spirituale e la preghiera darà forza alla nostra comunità in questo momento. Oggi, più che mai, abbiamo bisogno di cittadini forti, di cittadini consapevoli del rischio che si sta vivendo, ma che rispondono a questo rischio non con la paura, ma con una reazione di solidarietà, di attenzione, al bene comune e al bene di chi è più povero e più fragile, affidandoci alla bontà di Dio. (don Pierluigi Vignolino - Mci Amburgo)