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Immigrati e religioni in Italia: ISMU, in crescita gli stranieri di fede cristiana

16 Settembre 2020 - Milano - Secondo le più recenti elaborazioni di Fondazione ISMU su dati Istat e Osservatorio Regionale per l'integrazione e la multietnicità (Orim), al 1° gennaio 2020 la maggioranza assoluta degli stranieri residenti in Italia è di religione cristiana: essi rappresentano il 54,1% (pari a oltre 2,9 milioni) del totale dei residenti stranieri, percentuale in leggero aumento rispetto al 1° gennaio 2019 quando l’incidenza era del 53,6%. Nel loro complesso gli stranieri residenti che professano la religione cristiana sono aumentati durante il 2019 di 97mila unità (+3,4%), registrando un'inversione di tendenza rispetto all'anno precedente in cui erano diminuiti di 145mila unità. Tra gli stranieri di fede cristiana i più numerosi sono i cristiani ortodossi (29,3%), seguiti dai cattolici (20,1%) e cristiani evangelici (3,1%). Dall’analisi delle stime emerge invece che i musulmani rappresentano il 29,2% (sono circa 1 milione e 574mila1 ) del totale dei residenti stranieri al 1° gennaio 2020. La loro presenza numerica risulta nel 2019 in leggero calo (-0,4%), invertendo così il trend registrato nel 2018, anno in cui gli stranieri di fede musulmana erano aumentati di 127mila unità (+8,7%). Per quanto riguarda le provenienze si stima che la maggior parte dei musulmani stranieri residenti in Italia al 1° gennaio 2020 abbia cittadinanza marocchina (449.900), seguiti da quella albanese (205.300), bangladesha (138.800), pachistana (119.700), senegalese (108.500). Passando ai cattolici stranieri, si stima che la maggior parte abbia cittadinanza rumena (217.500), seguita da quella filippina (153.400). Tra i cristiani ortodossi stranieri al primo posto ritroviamo i cittadini rumeni (963mila), seguiti dagli ucraini (217.600). In questi conteggi non sono compresi né gli stranieri irregolari nel soggiorno o non iscritti in anagrafe, né coloro i quali hanno acquisito la cittadinanza italiana, spiega l’Ismu. Sono inclusi invece “i minorenni di qualsiasi età, neonati compresi, ipotizzando per loro la medesima appartenenza religiosa dei connazionali come appurate dalle più recenti indagini regionali lombarde”.  

Lori Chesser: “Il Covid-19 ha aperto la questione della protezione dei diritti umani negli Usa”

11 Maggio 2020 - New York – Sospendere tutti i permessi di lavoro almeno per un anno per chi emigra temporaneamente negli Stati Uniti è la proposta che quattro senatori repubblicani hanno presentato al presidente Donald Trump. La norma dovrebbe rimanere in vigore fino a quando i livelli dell’occupazione non tornino alla normalità e, di fatto, non si scopra un vaccino. Le regole però dovrebbero essere meno rigide per medici ed infermieri chiamati a colmare i vuoti occupazionali nel settore generati dalla crisi sanitaria del Coronavirus. La richiesta arriva mentre alcuni dei consiglieri del presidente stanno pianificando un nuovo ordine esecutivo per sospendere nuovi visti di lavoro temporaneo verso laureati stranieri in tecnologie e scienze, che sono autorizzati a cercare e trovare lavoro per tre anni, e verso i lavoratori stranieri dell’hi-tech che, qualora perdessero il lavoro, dovrebbero lasciare gli Usa in 60 giorni insieme alle famiglie, anche se i figli sono regolarmente iscritti a scuola. Lori Chesser è avvocato per l’immigrazione in Ohio e segue da vicino l’evoluzione delle politiche migratorie statunitensi. Intervenendo ad un panel on line su diritti umani e Covid-19, organizzato per la Settimana mondo unito dai giovani del Movimento dei Focolari, ha chiarito che la legge Usa non riconosce un “diritto” di immigrazione per nessuno, al contrario le norme consentono al presidente di prevenire ingressi di persone e gruppi contrari agli interessi nazionali. Tutto questo non è in contraddizione con la lunga tradizione di accoglienza del Paese? L’unica eccezione a questa norma sono i rifugiati. Chiunque arrivi ad un porto d’ingresso statunitense dichiarando che il ritorno nel Paese di origine porterebbe a persecuzioni a causa della razza, religione, nazionalità, opinione politica o appartenenza a un determinato gruppo sociale ha il diritto di emigrare negli Usa. Questa legge può essere modificata dal Congresso e interpretata in maniera più o meno restrittiva dalle varie agenzie amministrative che si occupano di migrazioni. Per tutti gli altri immigrati, c’è un sistema di leggi complesso che determina chi può entrare temporaneamente o permanentemente. La prima risposta alla crisi del Covid-19 è stata la restrizione degli ingressi. Perché?  L’iniziale azione del presidente è stata dettata da motivi di salute e riguardava i cittadini stranieri che erano stati in Cina, poi la norma si è allargata a parti dell’Europa, Iran, Regno Unito e Irlanda. E solo ai lavoratori essenziali era consentito l’ingresso da Canada e Messico. A queste misure ne sono seguite altre dettate più dalla minaccia economica e cioè che gli stranieri potessero occupare posti di lavoro riservati agli americani. Preoccupazione legittima ma che non rispecchia una realtà economica e sociale interdipendente come è quella del Paese. Quindi, una legge che non rispecchia la realtà ha già una legittimità ridotta. Queste ultime restrizioni sono estremamente significative e se diventassero permanenti diminuirebbero di un terzo l’immigrazione negli Usa. Seppur temporanee queste restrizioni influenzano però la vita di tante famiglie, come hanno denunciato i vescovi più volte. Certamente. Una norma esistente afferma che solo i ragazzi di età inferiore ai 21 anni possono immigrare nel Paese su richiesta dei genitori. Questa norma sta di fatto impedendo l’ingresso a ragazzi che si trovano alla soglia dei 21 anni e che, di conseguenza, non potranno ricongiungersi con la famiglia per parecchi anni ancora. Inoltre, invocando una legge degli anni ‘40, il presidente ha rifiutato l’ingresso a tutti i migranti che arrivano dalla frontiera sud. Parlando delle frontiere, come è la situazione ai confini con il Messico? La “buona” notizia è che, a causa della nuova politica di rifiuto d’ingresso, il numero di persone presenti nei centri di detenzione temporanea, che di fatto sono prigioni dove le condizioni sono disumane, è molto diminuito. In questo momento sono documentati 34mila immigrati. Naturalmente, come tutti i prigionieri, sono persone vulnerabili al Covid-19 perché non si rispettano le distanze sociali e non ci sono protezioni di alcuni tipo. Varie organizzazioni per i diritti umani, dove anche io sono impegnata gratuitamente, hanno fatto causa al governo federale per ottenerne il rilascio, poiché queste persone, di fatto, non hanno commesso crimini. Abbiamo avuto successo, ma non è una battaglia conclusa. Certamente il Covid-19 ha aperto la questione della protezione dei diritti umani nel nostro Paese. Ci spieghi meglio… Basta guardare ai lavoratori essenziali nel settore agricolo, nella lavorazione delle carni e degli alimenti, nelle pulizie degli ospedali e delle città. Tutti questi settori sono coperti da immigrati. La crisi sanitaria ha colpito pesantemente gli impianti di imballaggi delle carni e i lavoratori di queste aziende continuano a rischiare la vita senza equipaggiamenti di protezione e senza test poiché potrebbero perdere il lavoro. Per loro non vale il lockdown ma non sono state emanate leggi per la loro protezione. Molti di loro lavorano illegalmente e non hanno ricevuto nessun beneficio dal governo in termini di riduzione delle tasse, perché, anche se illegali, le tasse le pagano ugualmente. Nessuno di loro può beneficiare di assistenza sanitaria, tranne se si reca al pronto soccorso per un’emergenza. In un contesto di pandemia tutto questo diventa pericoloso per i soggetti coinvolti e per tutte le comunità dove vivono. Anche il sistema sanitario dipende in parte da migranti eppure anche questi sono i meno garantiti. Proprio così. Molti dei nostri medici arrivano dall’India e hanno seguito la lunghissima trafila degli uffici dell’immigrazione prima di lavorare qui. Se questi medici perdessero il lavoro o morissero per Covid, anche le loro famiglie dovrebbero tornare a casa. Il Congresso non ha garantito loro nessun sistema di protezione. Se quindi, dal punto di vista politico e giuridico, lo status dei diritti umani per gli immigrati non è certamente migliorato, devo dire che la crisi ha mobilitato persone e gruppi della società civile, che stanno lavorando duramente per migliorare la loro condizioni attraverso contenziosi pubblici, patrocini gratuiti e assistenza. Molti di loro sono volontari.  

Immigrati: permessi prorogati

26 Marzo 2020 - Milano - In questi mesi di angoscia generale indotta dall’epidemia da coronavirus, per decine di migliaia di immigrati presenti in Italia regolarmente, ma coi documenti in scadenza in questo periodo, ci sarà almeno una preoccupazione in meno. I titoli di soggiorno varranno infatti fino a metà giugno, quando si spera che la situazione legata al diffondersi del contagio da Covid– 19 sia in qualche modo sotto controllo. Lo precisa una circolare del Dipartimento per le Libertà civili e l’immigrazione del ministero dell’Interno, inviata ai prefetti e in base alla quale tutti gli atti (a partire dai permessi di soggiorno) in scadenza tra il 31 gennaio e il 15 aprile 2020 sono prorogati di validità fino al 15 giugno. Inoltre, si legge nel testo del Viminale, per i «procedimenti amministrativi avviati alla data del 23 febbraio 2020 o iniziati successivamente ad essa, non si tiene conto del periodo compreso tra la medesima data e quella del 15 aprile 2020». Una notizia che farà tirare un sospiro di sollievo a migliaia di lavoratori e studenti stranieri e agli enti che li assistono, togliendoli dall’incertezza su come regolarizzare alcuni tipi di documento in questa fase di blocco degli spostamenti in tutto il Paese. Sul piano normativo, si tratta della sospensione dei termini prevista dal decreto 'Cura Italia'. Su quello pratico, la misura è funzionale alla gestione 'ordinata' della sicurezza urbana che il ministro Luciana Lamorgese intende assicurare anche in questa delicata fase emergenziale. Infatti, la proroga potrà evitare perniciosi assembramenti di persone in coda presso sportelli pubblici e soprattutto presso gli uffici immigrazione delle Questure, che così in questa fase potranno evitare di restare aperti al pubblico per gli appuntamenti legati al rinnovo dei permessi. Ai fini di un’uniforme interpretazione ed applicazione della norma la circolare individua i procedimenti di competenza degli Sportelli unici per l’immigrazione e in materia di cittadinanza. Indicazioni analoghe sono state impartite alle questure dal dipartimento di Pubblica Sicurezza, guidato dal prefetto Franco Gabrielli, e in particolare dalla direzione centrale dell’Immigrazione e della Polizia delle Frontiere, in merito al rilascio o rinnovo dei titoli di soggiorno. In base alle disposizioni menzionate nella circolare, come detto, per i prossimi due mesi e mezzo varranno comunque «certificati, attestati, permessi, concessioni, autorizzazioni e atti abilitativi comunque denominati» che siano scaduti entro il 15 aprile. Nel merito, gli atti interessati dalla sospensione sono molti. Tuttavia, a vantaggio di chi è interessato dal provvedimento, conviene elencarli nel dettaglio. Si va dal «rilascio nulla osta al lavoro stagionale» o per casi particolari (ricerca, blue card, trasferimenti infrasocietari), alla «conversione dei permessi di soggiorno da studio a lavoro subordinato» e da «lavoro stagionale a lavoro subordinato non stagionale». Ma sono inclusi anche il rilascio nulla osta al ricongiungimento familiare; i permessi di soggiorno Ue per soggiornanti di lungo periodo; la cittadinanza per matrimonio e per residenza; l’attestazione di apolidia e l’erogazione dei benefici in favore delle vittime di terrorismo. Ancora, la proroga riguarda i termini relativi ai colloqui da effettuarsi presso i nuclei operativi per le tossicodipendenze (Not); il recupero degli alimenti all’estero a favore dei figli dei genitori di nazionalità diversa e la «trasmissione dei propri bilanci da parte degli enti vigilati Anvcg, Anppia, Aned»; la personalità giuridica degli Enti ecclesiastici; il «Consiglio di amministrazione e del presidente delle Fabbricerie» e l’approvazione governativa delle nomine dei ministri di culti diversi dal cattolico

Vincenzo R. Spagnolo

 

Africani francofoni in Italia: iniziative e preghiere in questo tempo

18 Marzo 2020 - Roma - Un momento molto duro è questo che siamo vivendo a causa dell’epidemia da coronavirus. Le comunità cattoliche africane francofone che vivono in Italia vivono questi giorni con fede e obbedienza. “Siamo a casa” scrivono molti attraverso i social o anche tramite messaggi su telefono. Rispettiamo la parola d'ordine e con il whatsApp di ogni comunità e il whatsApp della coordinazione nazionale che gestisco io con i cappellani.  Informiamo in tempo reale le comunità sulle notizie che ci arrivano e sulle indicazioni della Chiesa in Italia oltre ad invitarle a rimanere a casa pregando in famiglia. Alcune comunità hanno realizzato alcuni spot per sostenere l'Italia moralmente, altre stanno raccogliendo offerte libere da dare alle varie Caritas diocesane della diocesi dove vivono per solidarietà e per sostenere l’acquisto di mascherine e altro materiale utile in questi momenti. Tutti partecipano alle novene sia a san Giuseppe che finisce oggi contro il coronavirus e sia alla novena di solidarietà alla Madonna Madre di misericordia iniziata ieri e che terminerà il prossimo 25 Marzo, festa dell'Annunciazione.(don Mathieu Malick Faye- coordinatore nazionale Migrantes Comunità Cattoliche Africane Francofone in Italia)    

ImmiMath e la rivoluzione culturale dell’e-learning

12 Marzo 2020 - Roma - L'immigrazione è convivenza ed integrazione a 360 gradi ed uno dei punti centrali per l'inserimento dei più piccoli è quello della formazione culturale. Per integrarli bisogna dare loro gli strumenti materiali per studiare ed aggiornarsi partendo dalla matematica, materia principale del sistema di formazione europeo. Si punta all'e-learning e nasce ImmiMath, una piattaforma online e gratuita per studenti migranti finanziata con il sostegno della Commissione Unione Europea e coordinata dall'Università di Vienna, nella persona del docente Andreas Ulovec. Il progetto vede particolarmente coinvolta la Sicilia, protagonista grazie alla partenership tra VITECO, società specializzata in soluzioni e-learning del cluster di aziende JO Group, con sede a Catania, e l'Università di Palermo, insieme all'Università di Nitra (Slovacchia). “La piattaforma online già disponibile per scuole elementari e medie, è composta da dodici giochi inerenti aritmetica, geometria e algebra– ha dichiarato Giuseppe Ursino, Fondatore Ceo della JO Group - Un’innovazione che si avvicina al concetto di ‘tele-scuola’ fondamentale in caso di obbligo di chiusura degli istituti didattici per ragioni igienico-sanitarie o logistiche, come in emergenze quali quelle originate dal Coronavirus. Uno strumento – continua Ursino - ideato per adattarsi alla natura multiculturale della società moderna e delle conseguenti sfide di integrazione della didattica, che costituisce uno dei cambiamenti più significativi in grado di influenzare le scuole in molti paesi europei”. Qual è l'obiettivo di questo progetto? “Bisogna sviluppare, testare e diffondere materiali didattici e di apprendimento basati sulle TIC ("software di apprendimento") per l'insegnamento della matematica in aule multiculturali e multilingue, con particolare attenzione agli studenti migranti ma soprattutto fornire attività di formazione degli insegnanti in servizio ("sviluppo professionale") presentando e utilizzando il software di apprendimento” spiega il fondatore di JO Group. L'Italia in questo modo raggiunge gli standard europei? “Si può fare ancora tanto, ma siamo sulla buona strada – conclude Ursino – . Tra i nostri progetti futuri abbiamo desiderio di inserire l'insegnamento di altre materie e la creazione di un programma che sarà creato appositamente per i bambini bilingue, i cosiddetti immigrati di seconda generazione, cioè nati in Italia da genitori non italiani”. Cliccando ai seguenti link potete curiosare e provare a giocare  per scoprire il mondo di ImmiMath: http://www.immimath-project.eu/; https://www.vitecoelearning.eu/ImmiMATH/ (Rossella Avella)

Ismu: nel 2019 calano le richieste di asilo e aumentano i dinieghi

4 Marzo 2020 - Milano - Dopo la riduzione del numero di richiedenti asilo rilevata nel 2018, l’ Ismu segnala che nel 2019 si è registrata un’ulteriore contrazione delle domande di protezione.  Nel 2019 sono stati infatti 39mila i migranti che hanno fatto domanda di asilo, il 27% in meno rispetto al 2018, anno in cui le domande pervenute erano state 54mila. Andando indietro nel tempo, il trend delle richieste di asilo ha registrato in Italia – così come in altri paesi UE - un significativo aumento negli anni della “crisi dei rifugiati”, quando si verificarono consistenti arrivi via mare di persone in fuga dalle guerre in Medio Oriente e in Africa. Il primo consistente picco di richieste si registrò nel 2014, quando 63mila migranti presentarono domanda di protezione in Italia (contro i circa 26mila del 2013). Nel 2015 i richiedenti arrivarono a 84mila. Il 2016 fu poi l’anno del raddoppio: le domande presentate furono 124mila. Ma il record si è toccato nel 2017, con oltre 130mila richiedenti asilo: il numero più alto registrato nel nostro paese in venti anni. Tra i richiedenti asilo aumentano le donne e la fascia dei 35-64enni. A fronte di una riduzione del numero assoluto di richiedenti asilo rispetto a quattro anni fa, si registrano – secondo l’Ismu - alcuni cambiamenti nelle caratteristiche demografiche. Primo fra tutti l’aumento della proporzione di donne tra i richiedenti asilo: mentre nel 2016 costituivano il 15%, nel 2019 rappresentano quasi un quarto del totale (23,8%). Passando all’età, si nota che chi cerca protezione nel nostro paese è per la maggior parte giovane: ma se i 18-34enni costituivano l’80% nel 2016, nel 2019 rappresentano il 71%, e sta crescendo la quota dei 35-64enni, che nel 2019 rappresentano il 27% del totale (erano il 10% nel 2016). Diminuiscono i richiedenti provenienti dall’Africa. Se nel 2016 e nel 2017 i richiedenti asilo di nazionalità africane erano largamente maggioritari - costituivano il 70% del totale, in numero assoluto rispettivamente 88mila e 92mila -, nel 2018 e ancor più nel 2019 la componente africana tra i richiedenti asilo è drasticamente diminuita, scendendo rispettivamente a 25mila e 12mila persone (-86% in tre anni). In particolare la Nigeria, che dal 2014 al 2017 è stato il principale Paese di nazionalità dei richiedenti asilo, ha registrato un fortissimo calo, passando da 27mila richieste nel 2016 a 2.950 nel 2019 (-90%). In termini relativi – spiegano ancora i ricercatori dell’Ismu -  nel 2019 la componente africana è dunque scesa a un terzo del totale, mentre sono stati in particolare i cittadini di paesi dell’Asia a registrare l’incidenza più significativa: il 41% del totale, pari a oltre 16mila richiedenti asilo con nazionalità asiatica. Il 2019 registra inoltre un’importante crescita delle provenienze dal continente Americano: oltre 6.700 richiedenti asilo - il 17% del totale - proviene da paesi del Centro e Sud America. Da tale continente le richieste di asilo sono quadruplicate in tre anni. Crescono i dinieghi: nel 2019 il 65% delle domande ha avuto esito negativo. È aumentato il numero di domande di protezione che ha avuto esito negativo: nel 2019 esse rappresentano il 65% (contro il 58,6% del 2018), quindi più di due terzi delle persone che hanno chiesto asilo nel nostro paese l’anno scorso non ha ottenuto nessuna forma di protezione (pari a 62mila persone). Relativamente alle nazionalità, nel 2019, gli esiti negativi alle domande di asilo presentate riguardano soprattutto cittadini provenienti da: Gambia (81% di dinieghi), Bangladesh (79%), Senegal (78%) e Ucraina (74%). Tra i paesi con il più alto tasso di riconoscimento di una forma di protezione – e quindi con la più bassa percentuale di dinieghi – vi sono il Venezuela (solo il 2,5% di domande respinte), l’Iraq (16%) e El Salvador (40%). I dati del Ministero dell’Interno rilevano che lo status di rifugiato è stato concesso a 4.800 persone nel 2016 e a oltre 10mila nel 2019, per un totale di quasi 30mila migranti a cui è stato riconosciuto questo status in quattro anni. In termini relativi, lo status di rifugiato ha costituito il 5% degli esiti nel 2016 e l’11% del 2019.  A ottenere lo status di rifugiato nel 2019 sono state soprattutto le donne: tra le richiedenti il 26% ha ottenuto questa forma di protezione, contro il 7,5% tra i richiedenti uomini.  

Frontex: pronti aiuti e supporto per la Grecia

2 Marzo 2020 - Bruxelles - Frontex, l'Agenzia europea della Guardia di Frontiera e Costiera, ha fatto sapere oggi di essere in stretto contatto con le autorità greche, distribuendo attrezzature e supporto logistico per contribuire a monitorare la situazione della crisi migratoria alla frontiera con la Turchia.

La Grecia sospende le domande di asilo per un mese

2 Marzo 2020 - Roma - La presentazione di domande di asilo in Grecia è  stata sospesa per tutto il mese: lo ha annunciato il Primo Ministro Kyriakos Mitsotakis, secondo il quale per impedire l'ingresso di nuovi migranti provenienti dalla Turchia “il livello di deterrenza ai confini è stata portata al massimo”. Secondo dirigenti del governo di Atene, a ieri le forze di polizia avevano bloccato circa 10mila persone in procinto di attraversare la frontiera di terra con la Turchia, in particolare nell'area di Evros. Venerdì il presidente turco Recep Tayyip Erdogan aveva detto che Ankara avrebbe permesso il transito dei migranti verso i Paesi dell'Ue a seguito dell'intensificarsi del conflitto armato nella regione siriana di Idlib. (Dire)  

“Parole non pietre”: da oggi tre incontri per contrastare i muri dell’odio e le parole di razzismo

28 Febbraio 2020 - Roma – “Parole non pietre”. Questo il patto che sarà siglato questa mattina nella sede della rivista La Civiltà Cattolica fra i rappresentanti di diverse confessioni religiose e i rappresentanti della categoria dei giornalisti. Insieme con Raffaele Lorusso e Giuseppe Giulietti, Segretario generale e Presidente della Fnsi, Guido D’Ubaldo, segretario del Cnog, e Roberto Natale, coordinatore Comitato scientifico di Articolo21, hanno confermato la loro partecipazione: padre Antonio Spadaro, Direttore de La Civiltà Cattolica; Paolo Ruffini, prefetto del Dicastero delle Comunicazioni della Santa Sede; Muhammad Abd al-Salam, Segretario dell’Alto Comitato per l’attuazione documento sulla fratellanza; Ruth Dureghello, presidente della Comunità Ebraica di Roma; Alessandra Trotta, moderatora della Chiesa Valdese; Rev. Elena Seishin Viviani e Giovanna Giorgetti, Vice Presidenti Unione Buddhista d’Italia; Svamini Shuddhananda Giri, rappresentante per il Dialogo Interreligioso Unione Induista italiana; Abdellah Redouane, segretario generale del Centro islamico culturale d’Italia. All’incontro saranno presenti anche la Ministra dell’Interno, Luciana Lamorgese e il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri con delega all’Editoria, Andrea Martella. I partecipanti firmeranno un impegno a contrastare i muri dell’odio e le parole del razzismo. Sarà consegnato loro un disegno offerto da Mauro Biani. Nel pomeriggio, alle 15.30, nella sede della Fnsi si terrà un incontro con le famiglie che hanno saputo trasformare il dolore in azioni di solidarietà. Domani, sabato 29 febbraio la manifestazione proseguirà, sempre nella sede della Fnsi, a partire dalle 9.30, con testimonianze e interventi dei giornalisti minacciati e delle associazioni che ogni giorno contrastano i muri dell’odio e del razzismo. Sarà anche consegnato un riconoscimento al regista Giuliano Montaldo, per i suoi 90 anni, e al giornalista Vincenzo Mollica. Domenica 1 marzo, alle 10, infine, si terrà al Portico d’Ottavia l’inaugurazione della “Panchina della Memoria” dedicata a giornalisti e tipografi ebrei romani vittime della deportazione.  

Viminale: la riunione del Tavolo Integrazione a due anni dall’ultimo incontro

17 Febbraio 2020 - Roma - Prima riunione, al Viminale, del Tavolo Integrazione, a due anni dall'ultimo incontro. Lo ha precisato concludendo i lavori il Viceministro all'Interno Matteo Mauri, sottolineando l'importanza della scelta del Ministro dell'Interno Luciana Lamorgese di riconvocare l'organismo, a testimoniare “la volontà di lavorare con pragmatismo e senza demagogia per risolvere concretamente tutte le difficoltà e le complicazioni che riguardano la gestione del nostro sistema di accoglienza”. All'ordine del giorno l'aggiornamento del Piano nazionale integrazione, sotto il profilo dei nuovi obiettivi da raggiungere, degli ambiti da potenziare e dell’individuazione delle priorità di intervento.   Il Piano ha la funzione di individuare delle linee di indirizzo in materia di integrazione, con l’obiettivo primario di consentire l'uscita dalla dimensione dell’assistenza per il raggiungimento di una reale autonomia della persona. Al tavolo della riunione, introdotta e coordinata dal capo del dipartimento per le Libertà civili e l'Immigrazione Michele Di Bari, erano presenti rappresentanti dei Ministeri del Lavoro, Esteri, Salute, Politiche sociali, Politiche agricole, Istruzione, Università, e rappresentanti del dipartimento Pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei ministri, della Conferenza delle regioni, dell'Associazione nazionale comuni italiani (Anci), dell'Unione delle province d'Italia (Upi), della Commissione nazionale per il diritto di asilo e dell'Agenzia delle Nazioni unite per i rifugiati (UNHCR). Presenti anche rappresentanti del dipartimento della Pubblica Sicurezza.