27 Ottobre 2020 - Roma - In Italia i cittadini non comunitari con regolare permesso di soggiorno sono diminuiti del 3% circa (da 3.717.406 al 1° gennaio 2019 a 3.615.826 al 1° gennaio 2020). Lo rende noto l’Istat diffondendo il report “Cittadini non comunitari in Italia” per gli anni 2019-2020. Stando ai dati contenuti nel report, nel 2019 sono stati rilasciati 177.254 nuovi permessi di soggiorno, il 26,8% in meno rispetto al 2018. La contrazione ha interessato in maniera generalizzata i permessi richiesti per tutte le diverse motivazioni all’ingresso. Tuttavia, anche nel 2019, il calo maggiore ha interessato i permessi rilasciati per richiesta di asilo, passati da circa 51mila e 500 nel 2018 a 27.029 nel 2019 (-47,4%). Sono in calo anche i permessi per lavoro (-22,5%), cresciuti invece tra il 2017 e il 2018; i permessi per ricongiungimento familiare (-17,8%); i permessi per studio (-7,4%), caratterizzati da un’elevata quota di ingressi di giovanissimi (oltre il 56,5% ha meno di 25 anni) e di donne (57,9% dei flussi per studio). “La diffusione dell’epidemia da Covid-19 ha portato molti Paesi a chiudere le frontiere sia in entrata sia in uscita; questi provvedimenti hanno avuto conseguenze rilevanti sui flussi migratori verso il nostro Paese”, sottolinea l’Istat. “Nei primi sei mesi del 2019 – viene spiegato – erano stati rilasciati oltre 100mila nuovi permessi di soggiorno mentre nello stesso periodo del 2020 ne sono stati registrati meno di 43mila, con una diminuzione del 57,7%. I mesi che hanno fatto registrare la contrazione maggiore sono aprile e maggio (rispettivamente -93,4% e -86,7%), tuttavia già a gennaio e febbraio il calo dei nuovi ingressi ha sfiorato il 20% in entrambi i mesi, un dato in linea con la tendenza alla diminuzione avviatasi dal 2018”. Tutte le diverse motivazioni all’ingresso hanno risentito della chiusura delle frontiere e del rallentamento dell’attività amministrativa nelle prime fasi del lockdown, anche se con intensità diverse. La motivazione di ingresso più rilevante, quella per ricongiungimento familiare, ha visto una contrazione del 63,6% mentre i permessi per richiesta asilo sono diminuiti del 55,5%. In Italia gli stranieri che hanno acquisito la cittadinanza italiana nel corso del 2019 sono stati 127.001; di questi 113.979 (89,7%) erano precedentemente cittadini non comunitari. Si registra un lieve incremento rispetto al 2018, quando i cittadini non comunitari divenuti italiani erano stati poco più di 103mila; è cresciuta più la componente maschile (+14,2%) rispetto a quella femminile (+6,7%). Stando ai dati diffusi dall’Istituto di statistica italiano, nel 2019, tra le prime dieci collettività per numero di acquisizioni, i maggiori incrementi rispetto al 2018 si evidenziano per macedoni (+42,4%), pakistani (+37,9%) ed ecuadoriani (+31,9%), mentre gli indiani mostrano un evidente calo sia in termini assoluti (-742) sia relativi (-13,7%). “Rispetto all’anno precedente – viene spiegato –, nel 2019 tornano a crescere le acquisizioni per residenza e quelle per elezione, ovvero dei diciottenni nati e residenti in Italia che decidono di diventare italiani (+28,3% e +15,1% rispettivamente); continuano ad aumentare i nuovi italiani che acquisiscono la cittadinanza per ius sanguinis, ovvero per discendenza da un avo italiano (+27,1%). Subiscono, invece, un forte decremento le acquisizioni per matrimonio (-29,8%)”. Dal punto di vista territoriale, quasi due nuovi italiani su tre risiedono in una Regione del Nord. Più uniforme appare invece la distribuzione geografica delle acquisizioni per discendenza, per le quali si registra una lieve prevalenza delle regioni del Sud, con il 29,3% del totale delle acquisizioni per ius sanguinis. “La distribuzione all’interno delle Regioni – rileva l’Istat – evidenzia una netta prevalenza delle acquisizioni per residenza in Valle d’Aosta, Trentino-Alto Adige e Liguria, dove rappresentano più della metà dei procedimenti. In Molise, Basilicata e Calabria, invece, vi è una preponderanza dei nuovi italiani per discendenza, con quote che oscillano dal 53% al 49% circa del totale delle acquisizioni verificatesi in quelle regioni”.
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Mattarella firma il nuovo decreto immigrazione
22 Ottobre 2020 - Roma – Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha firmato il decreto immigrazione, varato nei giorni scorsi dal Governo per modificare i decreti sicurezza approvati dal precedente Governo. La legge prevede il ripristino di un permesso di soggiorno per motivi umanitari, che adesso si chiamerà “protezione speciale” e verrà concesso agli stranieri che presenteranno seri motivi “risultanti da obblighi costituzionali o internazionali dello stato”. Si introduce inoltre il divieto di rimpatrio verso stati in cui i diritti umani sono sistematicamente violati e si attenuano le regole nei confronti delle Ong: se le navi avranno operato seguendo le convenzioni internazionali e avranno comunicato tutto alle autorità (compresa l’eventuale appartenenza a un altro stato), non sarà possibile negargli l’accesso in acque italiane.
Ecco l’Italia degli immigrati oltre forzature e dicerie
22 Ottobre 2020 - Milano - L’immigrazione è forse l’argomento che più si è prestato negli ultimi anni alla diffusione di credenze e leggende lontane dai dati effettivi: in genere drammaticamente enfatiche, ripetute con tale frequenza da finire per essere prese per vere, e risolutamente riottose di fronte alle smentite fornite dalle fonti statistiche disponibili. Queste non sono perfette, ma di certo risultano più affidabili delle dicerie un tempo propagate di bocca in bocca, ora divulgate mediante i social media, e anche cavalcate da chi ha interesse ad accreditarle come veritiere.
Per fortuna ogni tanto arriva qualche studio a presentare i dati reali a chi vuole conoscere un po’ meglio il fenomeno, senza accontentarsi di seguire l’opinione corrente e gridata.
Un esempio è l’ultimo Rapporto immigrazione di Caritas-Migrantes, che reca il significativo sottotitolo 'Conoscere per comprendere'. In un Paese di 60 milioni di abitanti in cui resta così diffusa la paura dell’'invasione', fa impressione leggere per esempio che dal 2018 al 2019 i residenti stranieri sono aumentati soltanto di 47.000 unità, e i permessi di soggiorno di appena 2.500. Come se non bastasse, le nascite da cittadini stranieri (un dato difficile da smentire, o di cui sospettare una sottovalutazione) sono addirittura calate, da 68.000 nel 2017 a 63.000 nel 2019. Nel 2012 sfioravano quota 80.000. In entrambi i casi incidono le acquisizioni di cittadinanza, grazie alle quali i neo-italiani scompaiono dalle statistiche sugli immigrati, ma per sostenere la tesi dell’invasione ci vorrebbe ben altro. Ancora, i motivi del permesso di soggiorno sono da anni eminentemente familiari (quasi la metà del totale: 48,6%). Asilo e protezione internazionale concorrono per un modestissimo 5,7%, ponendo in luce quanto sia lontana dalla realtà l’equivalenza tra immigrati regolari e richiedenti asilo. Bisogna poi aggiungere che 1,5 milioni di cittadini comunitari non hanno bisogno di permessi, e di certo non chiedono asilo. Altri dati interessanti sono stati prodotti dalla Fondazione Leone Moressa, che si occupa periodicamente del rapporto tra i costi e i benefici dell’immigrazione per lo Stato italiano. Qui la notizia saliente, già evidenziata da questo giornale (Avvenire, ndr), riguarda il gettito che l’immigrazione arreca alle casse dello Stato italiano, grazie a imposte e contributi versati dai 2,5 milioni di immigrati regolarmente occupati: 500 milioni di euro nel 2019. A tanto ammonta il saldo tra spese sociali e prelievi fiscali e contributivi a carico dei cittadini stranieri. L’età media ancora giovane comporta un basso numero di pensionati (intorno al 4%) e un’incidenza sulla spesa sanitaria più bassa della media nazionale.
Al conto andrebbero aggiunte tre specificazioni. La prima si riferisce al fatto che alcune voci di spesa comportano a loro volta dei benefici per la collettività: per esempio l’inserimento scolastico di oltre 800.000 alunni stranieri, senza contare i naturalizzati, rappresenta di certo un costo, ma anche un’opportunità d’impiego per migliaia di insegnanti, tutti italiani. Grazie agli alunni di origine straniera inoltre rimangono in vita molte scuole, in quartieri di periferia e borghi spopolati. Stesso discorso per le nascite: costo sanitario, ma investimento sociale. La seconda specificazione rimanda a benefici più difficili da quantificare e riconducibili al ruolo dei 5,3 milioni d’immigrati come consumatori. Con i loro acquisti contribuiscono a far girare l’economia e aumentano il gettito dell’Iva. Se dispongono di un’auto o di una moto, facendo il pieno di carburante pagano altre tasse. Alcuni segmenti di mercato trovano negli immigrati un’importante quota di clienti: gli alloggi dei quartieri popolari, le auto usate, i discount di periferia.
In terzo luogo, non solo gli immigrati finanziano la spesa sociale, ma contribuiscono a contenerla. Più precisamente, le assistenti familiari (come le chiama il contratto di lavoro), dette comunemente badanti, aiutano le famiglie a mantenere gli anziani fragili a casa, abbassando il fabbisogno di strutture protette. Questi benefici però non sono eterni. La Fondazione Moressa rileva che la prevalenza di lavori poco qualificati e la scarsa mobilità sociale nel tempo possono intaccare l’apporto degli immigrati alle casse dello Stato e alla società italiana. Aggiungerei che anche gli immigrati sono destinati col tempo a invecchiare e ad ammalarsi maggiormente, con una progressiva crescita della spesa sociale loro destinata. Perché persista un saldo positivo per le casse dello Stato, occorre l’immissione di nuova immigrazione regolare e regolata, giovane e produttiva. Ma per accoglierla e valorizzarla occorre lungimiranza, e anche coraggio. La stessa lungimiranza e lo stesso coraggio che servono per valorizzare e non spingere a loro volta all’emigrazione le giovani generazioni di italiani. (Maurizio Ambrosini – Avvenire)
Viminale: da inizio anno sbarcate 24.332 migranti
5 Ottobre 2020 - Roma - Sono 24.332 le persone migranti sbarcate sulle coste italiane dall’inizio dell’anno secondo il dato fornito questa mattina dal Ministero dell’Interno. Di questi 9.956 sono di nazionalità tunisina (41%), sulla base di quanto dichiarato al momento dello sbarco; gli altri provengono da Bangladesh (3.261, 13%), Algeria (1.126, 5%), Pakistan (1.032, 4%), Costa d’Avorio (1.031, 4%), Sudan (804, 3%), Egitto (673, 3%), Marocco (651, 3%), Somalia (601, 3%), Afghanistan (516, 2%) a cui si aggiungono 4.681 persone (19%) provenienti da altri Stati o per le quali è ancora in corso la procedura di identificazione.
Favorire cultura e integrazione per i giovani migranti attraverso l’arte: da Catania il progetto europeo MYgrant Metamorphosis perl’educazione e l’inclusione sociale
2 Ottobre 2020 - Catania - Supportare l’inclusione sociale dei giovani migranti e rafforzare il loro ruolo di cittadini attivi, attraverso un approccio educativo votato al multiculturalismo, utilizzando l’arte come motore educativo e strumento didattico. Questo l’obiettivo del progetto MYgrant METAMORPHOSIS Professionalisation of Youth Workers finanziato dall’Unione Europea attraverso il programma Erasmus Plus. Il fine è quello di offrire gratuitamente una serie di metodi e strumenti a supporto degli operatori giovanili per le loro attività professionali, facendo così fronte alle barriere linguistiche e culturali che impediscono processi di reale inclusione sociale. L’intento principale del progetto MYgrant METAMORPHOSIS è fornire strumenti utili per educatori e operatori impegnati nei processi di inclusione sociale dei giovani migranti in modo da rafforzare il loro ruolo di cittadini europei.
MYgrant METAMORPHOSIS mette a disposizione gratuita, grazie all’apposita piattaforma web, specifiche risorse: un manuale per operatori giovanili contenente una serie di workshop multimediali e artistici per sviluppare l’inclusione sociale tramite la poesia, la cucina e la scrittura; un gioco da tavolo con lo scopo di instaurare un’interazione e utilizzare l’attività ludica per conoscere le altre culture e le differenti lingue correlate, incentivando la cooperazione e spaziando dalla geografia alle tipicità; una piattaforma webcontenente, oltre a storie di successo di integrazione, anche risorse multimediali a integrazione del manuale; una guida per la realizzazione di eventi artistici a basso costo dedicata sia agli educatori che ai giovani migranti.
Il progetto europeo prevede la realizzazione finale di un evento in ogni nazione coinvolta dalla partnership internazionale. Nel consorzio europeo, oltre a partner tedeschi, greci e polacchi, è protagonista l’Italia grazie alla presenza di VITECO, società specializzata in soluzioni e-learning del cluster catanese di aziende JO Group. Il lavoro di operatori, docenti ed educatori impegnati nello sfidante settore dell’educazione e dell’integrazione, potrà così giovarsi gratuitamente di nuovi preziosi strumenti di ultima generazione.
Migrantes Verona: mensilmente una preghiera dei fedeli accompagnata da un articolo sulla realtà dell’immigrazione
1 Ottobre 2020 - Verona - In un romanzo letto di recente (Il colibrì di Sandro Veronesi) si afferma che "non esistono sguardi più importanti e meno importanti: nel momento in cui vengono scoccati, tutti gli sguardi sono un immischiarsi". L'autore fa riferimento al fatto che quotidianamente noi lanciamo sguardi che vanno a colpire le persone che incontriamo e che sembrano innocui ma così non è. Allargando questo pensiero noi quotidianamente lanciamo anche sguardi su notizie, fatti e avvenimenti che a prima vista sembrano irrilevanti, neutri ma di fatto in qualche modo ci coinvolgiamo in una maniera o nell'altra. Penso che questo sia profondamente vero anche per l'immigrazione: il nostro sguardo non è mai neutro. La psicologia ci insegna che il nostro sguardo, anche quando non ce ne accorgiamo, è selettivo e porta comunque con sé una scelta e una valutazione.
La sguardo che gettiamo su fatti o persone collegate al mondo dell'immigrazione riflette chi siamo noi dentro, nel cuore e nella mente. Dobbiamo anche aggiungere che purtroppo questi sguardi a volte sono "corrotti" da comunicazioni mediatiche distorte e certamente non evangeliche. Ecco allora che come Centro pastorale immigrati (Migrantes) proponiamo alcune iniziative per aiutare il nostro sguardo a diventare evangelico. A partire da ottobre, invieremo una volta al mese, tramite la mail settimanale ai preti, una preghiera dei fedeli accompagnata da un articolo sulla realtà dell'immigrazione per tener viva l'attenzione e la sensibilità su questa realtà. Il Centro pastorale immigrati - Migrantes diocesana è disponibile tutto l'anno a organizzare incontri con adulti e adolescenti/giovani sulla realtà dell'immigrazione. Tali attività possono andare dall'ascolto di testimonianze a riflessioni bibliche, da considerazioni di carattere giuridico a esperienze concrete di accoglienza e comunione. Certamente anche momenti di preghiera condivisa con i fratelli e le sorelle immigrati. (Don Giuseppe Mirandola - Direttore Migrantes Verona)
Migrazioni: un convegno sulla “protezione dei migranti e rifugiati
30 Settembre 2020 - Bergamo - "Dialogo sui diritti umani. La protezione di migranti e rifugiati”. Questo il tema del convegno che si svolgerà venerdì 2 ottobre in modalità webinar promosso dal Master di Diritto delle Migrazioni dell’Università di Bergamo. La prima relazione è affidata al Card. Gualtiero Bassetti, Presidente della Conferenza Episcopale Italiana che si soffermerà su “Mediterraneo: i diritti e le frontiere”. Seguirà la relazione della prof.ssa Paola Scevi, Direttrice del Master Diritto delle Migrazioni, che interverrà sul tema “Crimini perpetrati contro migranti e rifugiati in Libia e giustizia penale internale”.
Svizzera: “immigrazione moderata”, bocciato il referendum
28 Settembre 2020 - Roma - “La vittoria contro l’iniziativa di limitazione è solo il primo passo per garantire il percorso bilaterale con l’Ue”: è il titolo del Neue Zürcher Zeitung on line che definisce il 62% dei no al quesito una “dolorosa sconfitta” per l’Svp (Schweizerische Volkspartei in tedesco; Udc, Unione democratica di centro, in italiano) e una “dichiarazione a favore” del cammino bilaterale. Il problema però è che manca “un consenso di base sul futuro delle relazioni” con l’Ue. Se deve continuare il modello bilaterale “Berna non può evitare l’accordo quadro”. Tutti i giornali elvetici leggono il risultato del referendum di ieri (il voto popolare ha bocciato la proposta di chiudere le porte all’immigrazione e agli accordi bilaterali con l’Unione europea), attraverso le lente del futuro con l’Ue. È il SonntagsZeitung che spiega – in un pezzo intitolato “L’Ue minaccia che la Svizzera venga esclusa dal mercato” – come “i sindacati e le associazioni di categoria hanno dichiarato di non accettare le condizioni di base dell’accordo e di respingerlo nella sua forma attuale: temono che se firmano, i lavoratori a buon mercato dell’Ue verranno in Svizzera”. Il Tagesanzeiger anticipa che “il Consiglio federale vuole affrontare il delicato dossier a metà ottobre”: l’intento è quello di “rinegoziare l’accordo quadro con Bruxelles. Sarà un’impresa difficile”. In realtà l’apertura del Tagesanzeiger è dedicata a un altro dei 5 quesiti referendari su cui si sono espressi gli svizzeri ieri, cioè l’acquisto di nuovi aerei da combattimento (del valore di 6 miliardi di franchi svizzeri) che ha ottenuto un risicato 50,2% di sì (10mila voti in più dei no); anche questo voto apre a un cammino in salita: “La Svizzera opterà per un caccia americano e si legherà quindi più strettamente agli Stati Uniti in termini di politica di sicurezza?”, la domanda del Tagesanzeiger. Sulla Tribune de Genève, si torna al voto sulla limitazione della migrazione e il titolo è “Battuta l’Udc, il vero braccio di ferro con l’Ue comincia” perché, si spiega, “l’Ue non vuole più la via bilaterale, ma chiede un accordo istituzionale che vincoli la Svizzera alle decisioni della Corte di giustizia europea”, cosa che non spaventa solo l’Udc, ma anche il Partito socialista, che teme sviluppi sfortunati sul diritto del lavoro e sul diritto all’assistenza sociale. È impossibile, con questo cumulo di opposizioni, convincere una maggioranza della popolazione ad approvare un simile accordo”. Sul Corriere del Ticino (uno dei 4 cantoni in cui i sì hanno vinto) un editoriale del direttore, “Sovrani nel decidere e liberi di circolare”, sottolinea che “è la quinta volta in cui il popolo svizzero ha detto e ribadito di volere regolare i rapporti tra il nostro Paese e gli Stati dell’Ue tramite gli accordi bilaterali e in particolare con la libera circolazione delle persone. Non è un’imposizione di non meglio definite élite, né di oscuri establishment che tramerebbero contro gli interessi dei cittadini. È invece la volontà popolare, liberamente espressa nel segreto dell’urna in uno Stato sovrano situato nel cuore dell’Europa”. Diversa la prospettiva di analisi su Le temps: con una affluenza del quasi 60%, ieri, “la Svizzera è più forte per andare a negoziare a Bruxelles” e quindi ora “il Consiglio federale, ampiamente sostenuto dal popolo, deve far capire a Bruxelles che non firmerà questo accordo a qualsiasi condizione”. (Sir)
Chiese europee e Vaticano: “solidarietà sia principio guida alle politiche di accoglienza”
23 Settembre 2020 - Roma - Nessun Paese si tiri indietro nella gestione dei migranti che arrivano ai confini più estremi dell’Europa e venga respinta ovunque la politica della paura e della dissuasione. “La solidarietà dovrebbe essere il principio guida che governa la migrazione e in particolare l’accoglienza dei rifugiati nell’Ue”. È quanto chiedono le Chiese europee in una Dichiarazione congiunta diffusa alla vigilia del “Patto europeo sull’immigrazione e l’asilo”. Era stata la presidente della Commissione europea Ursula Von der Leyen ad annunciare nel suo Discorso sullo stato dell’Unione l’intenzione di presentare una proposta di revisione del sistema di asilo europeo con l’obiettivo di abolire il regolamento di Dublino e di sostituirlo con “un meccanismo di forte solidarietà tra partner” in modo che i Paesi più esposti ai flussi possano in futuro poter contare sugli altri. I dettagli del progetto saranno annunciati il 23 settembre. A sostegno delle intenzioni della Commissione, le Chiese hanno diffuso un documento firmato dalla Conferenza delle Chiese europee (Cec), dal Consiglio mondiale delle Chiese (Wcc), dal Pontificio Consiglio per l’unità dei cristiani, dalla Federazione Luterana mondiale, la Comunione anglicana, le Chiese Riformate e organizzazioni della Chiesa di Grecia.
“I recenti eventi nel campo di Moria sull’isola di Lesbo in Grecia – scrivono – evidenziano una lunga storia di fallimenti della politica dell’Ue in materia di migrazione e asilo e la sua incoerenza con i valori fondamentali dell’Unione e con principi etici e di fede fondamentali”. “Mentre siamo ancora scioccati e rattristati dagli eventi di Moria – si legge nel testo – chiediamo che si tragga lezione da questa esperienza” e “siano offerte soluzioni durevoli ed eque” ai migranti bloccati a Lesbo. Le Chiese sono convinte che la continuazione dell’approccio “hotspot” e le attuali procedure di frontiera non risolveranno il problema. Anzi, rischiano di generare in futuro “molte nuove tragedie”. Le Chiese affermano di aver apprezzato il discorso della presidente Von der Leyen sullo stato dell’Unione del 16 settembre, soprattutto laddove ha ricordato che “salvare vite in mare non è un optional” e che “quei Paesi che adempiono ai loro doveri legali e morali o sono più esposti di altri, devono poter contare sulla solidarietà di tutta la nostra Unione europea”. Le Chiese hanno quindi deciso di unire le loro voci a quella della presidente della Commissione Ue per chiedere più solidarietà: “all’interno dell’Unione europea, la responsabilità dell’accoglienza deve essere condivisa in maniera più equa”, scrivono nel documento. E aggiungono: “L’attuale sistema ‘Dublino’, incentrato di fatto sull’attribuzione delle responsabilità ai Paesi di primo ingresso nell’Ue – come Cipro, Malta, Grecia e Italia – è fondamentalmente ingiusto sia per i richiedenti asilo che per i Paesi al confine esterno, e in pratica compromette il diritto a un’accoglienza adeguata”. Forti di esperienze già avviate da tempo come i corridoi umanitari, le Chiese chiedono all’Ue di assicurare “passaggi sicuri” per evitare alle persone viaggi pericolosi ma soprattutto per lottare contro “il modello di business dei trafficanti”. E rincarano: “tali passaggi sicuri dovrebbero essere aperti non solo alle persone in cerca di protezione, ma anche coinvolgere persone che desiderano unirsi alla propria famiglia o che vengono in Europa per migliorare la propria condizione”. Infine, un invito agli attori politici: “ci aspettiamo che l’Unione europea respinga il discorso e la politica della paura e della dissuasione e adotti una posizione di principio e una pratica compassionevole basata sui valori fondamentali su cui si radica l’Ue”.
Immigrati e religioni in Italia: ISMU, in crescita gli stranieri di fede cristiana
16 Settembre 2020 - Milano - Secondo le più recenti elaborazioni di Fondazione ISMU su dati Istat e Osservatorio Regionale per l'integrazione e la multietnicità (Orim), al 1° gennaio 2020 la maggioranza assoluta degli stranieri residenti in Italia è di religione cristiana: essi rappresentano il 54,1% (pari a oltre 2,9 milioni) del totale dei residenti stranieri, percentuale in leggero aumento rispetto al 1° gennaio 2019 quando l’incidenza era del 53,6%. Nel loro complesso gli stranieri residenti che professano la religione cristiana sono aumentati durante il 2019 di 97mila unità (+3,4%), registrando un'inversione di tendenza rispetto all'anno precedente in cui erano diminuiti di 145mila unità. Tra gli stranieri di fede cristiana i più numerosi sono i cristiani ortodossi (29,3%), seguiti dai cattolici (20,1%) e cristiani evangelici (3,1%).
Dall’analisi delle stime emerge invece che i musulmani rappresentano il 29,2% (sono circa 1 milione e 574mila1 ) del totale dei residenti stranieri al 1° gennaio 2020. La loro presenza numerica risulta nel 2019 in leggero calo (-0,4%), invertendo così il trend registrato nel 2018, anno in cui gli stranieri di fede musulmana erano aumentati di 127mila unità (+8,7%). Per quanto riguarda le provenienze si stima che la maggior parte dei musulmani stranieri residenti in Italia al 1° gennaio 2020 abbia cittadinanza marocchina (449.900), seguiti da quella albanese (205.300), bangladesha (138.800), pachistana (119.700), senegalese (108.500). Passando ai cattolici stranieri, si stima che la maggior parte abbia cittadinanza rumena (217.500), seguita da quella filippina (153.400). Tra i cristiani ortodossi stranieri al primo posto ritroviamo i cittadini rumeni (963mila), seguiti dagli ucraini (217.600). In questi conteggi non sono compresi né gli stranieri irregolari nel soggiorno o non iscritti in anagrafe, né coloro i quali hanno acquisito la cittadinanza italiana, spiega l’Ismu. Sono inclusi invece “i minorenni di qualsiasi età, neonati compresi, ipotizzando per loro la medesima appartenenza religiosa dei connazionali come appurate dalle più recenti indagini regionali lombarde”.
Lori Chesser: “Il Covid-19 ha aperto la questione della protezione dei diritti umani negli Usa”
11 Maggio 2020 - New York – Sospendere tutti i permessi di lavoro almeno per un anno per chi emigra temporaneamente negli Stati Uniti è la proposta che quattro senatori repubblicani hanno presentato al presidente Donald Trump. La norma dovrebbe rimanere in vigore fino a quando i livelli dell’occupazione non tornino alla normalità e, di fatto, non si scopra un vaccino. Le regole però dovrebbero essere meno rigide per medici ed infermieri chiamati a colmare i vuoti occupazionali nel settore generati dalla crisi sanitaria del Coronavirus. La richiesta arriva mentre alcuni dei consiglieri del presidente stanno pianificando un nuovo ordine esecutivo per sospendere nuovi visti di lavoro temporaneo verso laureati stranieri in tecnologie e scienze, che sono autorizzati a cercare e trovare lavoro per tre anni, e verso i lavoratori stranieri dell’hi-tech che, qualora perdessero il lavoro, dovrebbero lasciare gli Usa in 60 giorni insieme alle famiglie, anche se i figli sono regolarmente iscritti a scuola.
Lori Chesser è avvocato per l’immigrazione in Ohio e segue da vicino l’evoluzione delle politiche migratorie statunitensi. Intervenendo ad un panel on line su diritti umani e Covid-19, organizzato per la Settimana mondo unito dai giovani del Movimento dei Focolari, ha chiarito che la legge Usa non riconosce un “diritto” di immigrazione per nessuno, al contrario le norme consentono al presidente di prevenire ingressi di persone e gruppi contrari agli interessi nazionali.
Tutto questo non è in contraddizione con la lunga tradizione di accoglienza del Paese?
L’unica eccezione a questa norma sono i rifugiati. Chiunque arrivi ad un porto d’ingresso statunitense dichiarando che il ritorno nel Paese di origine porterebbe a persecuzioni a causa della razza, religione, nazionalità, opinione politica o appartenenza a un determinato gruppo sociale ha il diritto di emigrare negli Usa. Questa legge può essere modificata dal Congresso e interpretata in maniera più o meno restrittiva dalle varie agenzie amministrative che si occupano di migrazioni. Per tutti gli altri immigrati, c’è un sistema di leggi complesso che determina chi può entrare temporaneamente o permanentemente.
La prima risposta alla crisi del Covid-19 è stata la restrizione degli ingressi. Perché?
L’iniziale azione del presidente è stata dettata da motivi di salute e riguardava i cittadini stranieri che erano stati in Cina, poi la norma si è allargata a parti dell’Europa, Iran, Regno Unito e Irlanda. E solo ai lavoratori essenziali era consentito l’ingresso da Canada e Messico. A queste misure ne sono seguite altre dettate più dalla minaccia economica e cioè che gli stranieri potessero occupare posti di lavoro riservati agli americani. Preoccupazione legittima ma che non rispecchia una realtà economica e sociale interdipendente come è quella del Paese. Quindi, una legge che non rispecchia la realtà ha già una legittimità ridotta. Queste ultime restrizioni sono estremamente significative e se diventassero permanenti diminuirebbero di un terzo l’immigrazione negli Usa.
Seppur temporanee queste restrizioni influenzano però la vita di tante famiglie, come hanno denunciato i vescovi più volte.
Certamente. Una norma esistente afferma che solo i ragazzi di età inferiore ai 21 anni possono immigrare nel Paese su richiesta dei genitori. Questa norma sta di fatto impedendo l’ingresso a ragazzi che si trovano alla soglia dei 21 anni e che, di conseguenza, non potranno ricongiungersi con la famiglia per parecchi anni ancora. Inoltre, invocando una legge degli anni ‘40, il presidente ha rifiutato l’ingresso a tutti i migranti che arrivano dalla frontiera sud.
Parlando delle frontiere, come è la situazione ai confini con il Messico?
La “buona” notizia è che, a causa della nuova politica di rifiuto d’ingresso, il numero di persone presenti nei centri di detenzione temporanea, che di fatto sono prigioni dove le condizioni sono disumane, è molto diminuito. In questo momento sono documentati 34mila immigrati. Naturalmente, come tutti i prigionieri, sono persone vulnerabili al Covid-19 perché non si rispettano le distanze sociali e non ci sono protezioni di alcuni tipo. Varie organizzazioni per i diritti umani, dove anche io sono impegnata gratuitamente, hanno fatto causa al governo federale per ottenerne il rilascio, poiché queste persone, di fatto, non hanno commesso crimini. Abbiamo avuto successo, ma non è una battaglia conclusa.
Certamente il Covid-19 ha aperto la questione della protezione dei diritti umani nel nostro Paese.
Ci spieghi meglio…
Basta guardare ai lavoratori essenziali nel settore agricolo, nella lavorazione delle carni e degli alimenti, nelle pulizie degli ospedali e delle città. Tutti questi settori sono coperti da immigrati. La crisi sanitaria ha colpito pesantemente gli impianti di imballaggi delle carni e i lavoratori di queste aziende continuano a rischiare la vita senza equipaggiamenti di protezione e senza test poiché potrebbero perdere il lavoro. Per loro non vale il lockdown ma non sono state emanate leggi per la loro protezione. Molti di loro lavorano illegalmente e non hanno ricevuto nessun beneficio dal governo in termini di riduzione delle tasse, perché, anche se illegali, le tasse le pagano ugualmente. Nessuno di loro può beneficiare di assistenza sanitaria, tranne se si reca al pronto soccorso per un’emergenza. In un contesto di pandemia tutto questo diventa pericoloso per i soggetti coinvolti e per tutte le comunità dove vivono.
Anche il sistema sanitario dipende in parte da migranti eppure anche questi sono i meno garantiti.
Proprio così. Molti dei nostri medici arrivano dall’India e hanno seguito la lunghissima trafila degli uffici dell’immigrazione prima di lavorare qui. Se questi medici perdessero il lavoro o morissero per Covid, anche le loro famiglie dovrebbero tornare a casa. Il Congresso non ha garantito loro nessun sistema di protezione. Se quindi, dal punto di vista politico e giuridico, lo status dei diritti umani per gli immigrati non è certamente migliorato, devo dire che la crisi ha mobilitato persone e gruppi della società civile, che stanno lavorando duramente per migliorare la loro condizioni attraverso contenziosi pubblici, patrocini gratuiti e assistenza. Molti di loro sono volontari.
Immigrati: permessi prorogati
26 Marzo 2020 - Milano - In questi mesi di angoscia generale indotta dall’epidemia da coronavirus, per decine di migliaia di immigrati presenti in Italia regolarmente, ma coi documenti in scadenza in questo periodo, ci sarà almeno una preoccupazione in meno. I titoli di soggiorno varranno infatti fino a metà giugno, quando si spera che la situazione legata al diffondersi del contagio da Covid– 19 sia in qualche modo sotto controllo. Lo precisa una circolare del Dipartimento per le Libertà civili e l’immigrazione del ministero dell’Interno, inviata ai prefetti e in base alla quale tutti gli atti (a partire dai permessi di soggiorno) in scadenza tra il 31 gennaio e il 15 aprile 2020 sono prorogati di validità fino al 15 giugno. Inoltre, si legge nel testo del Viminale, per i «procedimenti amministrativi avviati alla data del 23 febbraio 2020 o iniziati successivamente ad essa, non si tiene conto del periodo compreso tra la medesima data e quella del 15 aprile 2020». Una notizia che farà tirare un sospiro di sollievo a migliaia di lavoratori e studenti stranieri e agli enti che li assistono, togliendoli dall’incertezza su come regolarizzare alcuni tipi di documento in questa fase di blocco degli spostamenti in tutto il Paese.
Sul piano normativo, si tratta della sospensione dei termini prevista dal decreto 'Cura Italia'. Su quello pratico, la misura è funzionale alla gestione 'ordinata' della sicurezza urbana che il ministro Luciana Lamorgese intende assicurare anche in questa delicata fase emergenziale. Infatti, la proroga potrà evitare perniciosi assembramenti di persone in coda presso sportelli pubblici e soprattutto presso gli uffici immigrazione delle Questure, che così in questa fase potranno evitare di restare aperti al pubblico per gli appuntamenti legati al rinnovo dei permessi. Ai fini di un’uniforme interpretazione ed applicazione della norma la circolare individua i procedimenti di competenza degli Sportelli unici per l’immigrazione e in materia di cittadinanza. Indicazioni analoghe sono state impartite alle questure dal dipartimento di Pubblica Sicurezza, guidato dal prefetto Franco Gabrielli, e in particolare dalla direzione centrale dell’Immigrazione e della Polizia delle Frontiere, in merito al rilascio o rinnovo dei titoli di soggiorno.
In base alle disposizioni menzionate nella circolare, come detto, per i prossimi due mesi e mezzo varranno comunque «certificati, attestati, permessi, concessioni, autorizzazioni e atti abilitativi comunque denominati» che siano scaduti entro il 15 aprile. Nel merito, gli atti interessati dalla sospensione sono molti. Tuttavia, a vantaggio di chi è interessato dal provvedimento, conviene elencarli nel dettaglio. Si va dal «rilascio nulla osta al lavoro stagionale» o per casi particolari (ricerca, blue card, trasferimenti infrasocietari), alla «conversione dei permessi di soggiorno da studio a lavoro subordinato» e da «lavoro stagionale a lavoro subordinato non stagionale». Ma sono inclusi anche il rilascio nulla osta al ricongiungimento familiare; i permessi di soggiorno Ue per soggiornanti di lungo periodo; la cittadinanza per matrimonio e per residenza; l’attestazione di apolidia e l’erogazione dei benefici in favore delle vittime di terrorismo. Ancora, la proroga riguarda i termini relativi ai colloqui da effettuarsi presso i nuclei operativi per le tossicodipendenze (Not); il recupero degli alimenti all’estero a favore dei figli dei genitori di nazionalità diversa e la «trasmissione dei propri bilanci da parte degli enti vigilati Anvcg, Anppia, Aned»; la personalità giuridica degli Enti ecclesiastici; il «Consiglio di amministrazione e del presidente delle Fabbricerie» e l’approvazione governativa delle nomine dei ministri di culti diversi dal cattolico
Vincenzo R. Spagnolo
Africani francofoni in Italia: iniziative e preghiere in questo tempo
18 Marzo 2020 - Roma - Un momento molto duro è questo che siamo vivendo a causa dell’epidemia da coronavirus.
Le comunità cattoliche africane francofone che vivono in Italia vivono questi giorni con fede e obbedienza. “Siamo a casa” scrivono molti attraverso i social o anche tramite messaggi su telefono. Rispettiamo la parola d'ordine e con il whatsApp di ogni comunità e il whatsApp della coordinazione nazionale che gestisco io con i cappellani. Informiamo in tempo reale le comunità sulle notizie che ci arrivano e sulle indicazioni della Chiesa in Italia oltre ad invitarle a rimanere a casa pregando in famiglia.
Alcune comunità hanno realizzato alcuni spot per sostenere l'Italia moralmente, altre stanno raccogliendo offerte libere da dare alle varie Caritas diocesane della diocesi dove vivono per solidarietà e per sostenere l’acquisto di mascherine e altro materiale utile in questi momenti. Tutti partecipano alle novene sia a san Giuseppe che finisce oggi contro il coronavirus e sia alla novena di solidarietà alla Madonna Madre di misericordia iniziata ieri e che terminerà il prossimo 25 Marzo, festa dell'Annunciazione.(don Mathieu Malick Faye- coordinatore nazionale Migrantes Comunità Cattoliche Africane Francofone in Italia)
ImmiMath e la rivoluzione culturale dell’e-learning
12 Marzo 2020 - Roma - L'immigrazione è convivenza ed integrazione a 360 gradi ed uno dei punti centrali per l'inserimento dei più piccoli è quello della formazione culturale.
Per integrarli bisogna dare loro gli strumenti materiali per studiare ed aggiornarsi partendo dalla matematica, materia principale del sistema di formazione europeo.
Si punta all'e-learning e nasce ImmiMath, una piattaforma online e gratuita per studenti migranti finanziata con il sostegno della Commissione Unione Europea e coordinata dall'Università di Vienna, nella persona del docente Andreas Ulovec. Il progetto vede particolarmente coinvolta la Sicilia, protagonista grazie alla partenership tra VITECO, società specializzata in soluzioni e-learning del cluster di aziende JO Group, con sede a Catania, e l'Università di Palermo, insieme all'Università di Nitra (Slovacchia).
“La piattaforma online già disponibile per scuole elementari e medie, è composta da dodici giochi inerenti aritmetica, geometria e algebra– ha dichiarato Giuseppe Ursino, Fondatore Ceo della JO Group - Un’innovazione che si avvicina al concetto di ‘tele-scuola’ fondamentale in caso di obbligo di chiusura degli istituti didattici per ragioni igienico-sanitarie o logistiche, come in emergenze quali quelle originate dal Coronavirus. Uno strumento – continua Ursino - ideato per adattarsi alla natura multiculturale della società moderna e delle conseguenti sfide di integrazione della didattica, che costituisce uno dei cambiamenti più significativi in grado di influenzare le scuole in molti paesi europei”.
Qual è l'obiettivo di questo progetto?
“Bisogna sviluppare, testare e diffondere materiali didattici e di apprendimento basati sulle TIC ("software di apprendimento") per l'insegnamento della matematica in aule multiculturali e multilingue, con particolare attenzione agli studenti migranti ma soprattutto fornire attività di formazione degli insegnanti in servizio ("sviluppo professionale") presentando e utilizzando il software di apprendimento” spiega il fondatore di JO Group.
L'Italia in questo modo raggiunge gli standard europei?
“Si può fare ancora tanto, ma siamo sulla buona strada – conclude Ursino – . Tra i nostri progetti futuri abbiamo desiderio di inserire l'insegnamento di altre materie e la creazione di un programma che sarà creato appositamente per i bambini bilingue, i cosiddetti immigrati di seconda generazione, cioè nati in Italia da genitori non italiani”. Cliccando ai seguenti link potete curiosare e provare a giocare per scoprire il mondo di ImmiMath: http://www.immimath-project.eu/; https://www.vitecoelearning.eu/ImmiMATH/ (Rossella Avella)
Ismu: nel 2019 calano le richieste di asilo e aumentano i dinieghi
4 Marzo 2020 - Milano - Dopo la riduzione del numero di richiedenti asilo rilevata nel 2018, l’ Ismu segnala che nel 2019 si è registrata un’ulteriore contrazione delle domande di protezione. Nel 2019 sono stati infatti 39mila i migranti che hanno fatto domanda di asilo, il 27% in meno rispetto al 2018, anno in cui le domande pervenute erano state 54mila. Andando indietro nel tempo, il trend delle richieste di asilo ha registrato in Italia – così come in altri paesi UE - un significativo aumento negli anni della “crisi dei rifugiati”, quando si verificarono consistenti arrivi via mare di persone in fuga dalle guerre in Medio Oriente e in Africa. Il primo consistente picco di richieste si registrò nel 2014, quando 63mila migranti presentarono domanda di protezione in Italia (contro i circa 26mila del 2013). Nel 2015 i richiedenti arrivarono a 84mila. Il 2016 fu poi l’anno del raddoppio: le domande presentate furono 124mila. Ma il record si è toccato nel 2017, con oltre 130mila richiedenti asilo: il numero più alto registrato nel nostro paese in venti anni.
Tra i richiedenti asilo aumentano le donne e la fascia dei 35-64enni. A fronte di una riduzione del numero assoluto di richiedenti asilo rispetto a quattro anni fa, si registrano – secondo l’Ismu - alcuni cambiamenti nelle caratteristiche demografiche. Primo fra tutti l’aumento della proporzione di donne tra i richiedenti asilo: mentre nel 2016 costituivano il 15%, nel 2019 rappresentano quasi un quarto del totale (23,8%). Passando all’età, si nota che chi cerca protezione nel nostro paese è per la maggior parte giovane: ma se i 18-34enni costituivano l’80% nel 2016, nel 2019 rappresentano il 71%, e sta crescendo la quota dei 35-64enni, che nel 2019 rappresentano il 27% del totale (erano il 10% nel 2016).
Diminuiscono i richiedenti provenienti dall’Africa. Se nel 2016 e nel 2017 i richiedenti asilo di nazionalità africane erano largamente maggioritari - costituivano il 70% del totale, in numero assoluto rispettivamente 88mila e 92mila -, nel 2018 e ancor più nel 2019 la componente africana tra i richiedenti asilo è drasticamente diminuita, scendendo rispettivamente a 25mila e 12mila persone (-86% in tre anni). In particolare la Nigeria, che dal 2014 al 2017 è stato il principale Paese di nazionalità dei richiedenti asilo, ha registrato un fortissimo calo, passando da 27mila richieste nel 2016 a 2.950 nel 2019 (-90%).
In termini relativi – spiegano ancora i ricercatori dell’Ismu - nel 2019 la componente africana è dunque scesa a un terzo del totale, mentre sono stati in particolare i cittadini di paesi dell’Asia a registrare l’incidenza più significativa: il 41% del totale, pari a oltre 16mila richiedenti asilo con nazionalità asiatica. Il 2019 registra inoltre un’importante crescita delle provenienze dal continente Americano: oltre 6.700 richiedenti asilo - il 17% del totale - proviene da paesi del Centro e Sud America. Da tale continente le richieste di asilo sono quadruplicate in tre anni.
Crescono i dinieghi: nel 2019 il 65% delle domande ha avuto esito negativo. È aumentato il numero di domande di protezione che ha avuto esito negativo: nel 2019 esse rappresentano il 65% (contro il 58,6% del 2018), quindi più di due terzi delle persone che hanno chiesto asilo nel nostro paese l’anno scorso non ha ottenuto nessuna forma di protezione (pari a 62mila persone).
Relativamente alle nazionalità, nel 2019, gli esiti negativi alle domande di asilo presentate riguardano soprattutto cittadini provenienti da: Gambia (81% di dinieghi), Bangladesh (79%), Senegal (78%) e Ucraina (74%).
Tra i paesi con il più alto tasso di riconoscimento di una forma di protezione – e quindi con la più bassa percentuale di dinieghi – vi sono il Venezuela (solo il 2,5% di domande respinte), l’Iraq (16%) e El Salvador (40%).
I dati del Ministero dell’Interno rilevano che lo status di rifugiato è stato concesso a 4.800 persone nel 2016 e a oltre 10mila nel 2019, per un totale di quasi 30mila migranti a cui è stato riconosciuto questo status in quattro anni. In termini relativi, lo status di rifugiato ha costituito il 5% degli esiti nel 2016 e l’11% del 2019. A ottenere lo status di rifugiato nel 2019 sono state soprattutto le donne: tra le richiedenti il 26% ha ottenuto questa forma di protezione, contro il 7,5% tra i richiedenti uomini.
Frontex: pronti aiuti e supporto per la Grecia
2 Marzo 2020 - Bruxelles - Frontex, l'Agenzia europea della Guardia di Frontiera e Costiera, ha fatto sapere oggi di essere in stretto contatto con le autorità greche, distribuendo attrezzature e supporto logistico per contribuire a monitorare la situazione della crisi migratoria alla frontiera con la Turchia.
La Grecia sospende le domande di asilo per un mese
2 Marzo 2020 - Roma - La presentazione di domande di asilo in Grecia è stata sospesa per tutto il mese: lo ha annunciato il Primo Ministro Kyriakos Mitsotakis, secondo il quale per impedire l'ingresso di nuovi migranti provenienti dalla Turchia “il livello di deterrenza ai confini è stata portata al massimo”. Secondo dirigenti del governo di Atene, a ieri le forze di polizia avevano bloccato circa 10mila persone in procinto di attraversare la frontiera di terra con la Turchia, in particolare nell'area di Evros. Venerdì il presidente turco Recep Tayyip Erdogan aveva detto che Ankara avrebbe permesso il transito dei migranti verso i Paesi dell'Ue a seguito dell'intensificarsi del conflitto armato nella regione siriana di Idlib. (Dire)
“Parole non pietre”: da oggi tre incontri per contrastare i muri dell’odio e le parole di razzismo
28 Febbraio 2020 - Roma – “Parole non pietre”. Questo il patto che sarà siglato questa mattina nella sede della rivista La Civiltà Cattolica fra i rappresentanti di diverse confessioni religiose e i rappresentanti della categoria dei giornalisti.
Insieme con Raffaele Lorusso e Giuseppe Giulietti, Segretario generale e Presidente della Fnsi, Guido D’Ubaldo, segretario del Cnog, e Roberto Natale, coordinatore Comitato scientifico di Articolo21, hanno confermato la loro partecipazione: padre Antonio Spadaro, Direttore de La Civiltà Cattolica; Paolo Ruffini, prefetto del Dicastero delle Comunicazioni della Santa Sede; Muhammad Abd al-Salam, Segretario dell’Alto Comitato per l’attuazione documento sulla fratellanza; Ruth Dureghello, presidente della Comunità Ebraica di Roma; Alessandra Trotta, moderatora della Chiesa Valdese; Rev. Elena Seishin Viviani e Giovanna Giorgetti, Vice Presidenti Unione Buddhista d’Italia; Svamini Shuddhananda Giri, rappresentante per il Dialogo Interreligioso Unione Induista italiana; Abdellah Redouane, segretario generale del Centro islamico culturale d’Italia. All’incontro saranno presenti anche la Ministra dell’Interno, Luciana Lamorgese e il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri con delega all’Editoria, Andrea Martella. I partecipanti firmeranno un impegno a contrastare i muri dell’odio e le parole del razzismo. Sarà consegnato loro un disegno offerto da Mauro Biani.
Nel pomeriggio, alle 15.30, nella sede della Fnsi si terrà un incontro con le famiglie che hanno saputo trasformare il dolore in azioni di solidarietà. Domani, sabato 29 febbraio la manifestazione proseguirà, sempre nella sede della Fnsi, a partire dalle 9.30, con testimonianze e interventi dei giornalisti minacciati e delle associazioni che ogni giorno contrastano i muri dell’odio e del razzismo. Sarà anche consegnato un riconoscimento al regista Giuliano Montaldo, per i suoi 90 anni, e al giornalista Vincenzo Mollica.
Domenica 1 marzo, alle 10, infine, si terrà al Portico d’Ottavia l’inaugurazione della “Panchina della Memoria” dedicata a giornalisti e tipografi ebrei romani vittime della deportazione.
Viminale: la riunione del Tavolo Integrazione a due anni dall’ultimo incontro
17 Febbraio 2020 - Roma - Prima riunione, al Viminale, del Tavolo Integrazione, a due anni dall'ultimo incontro. Lo ha precisato concludendo i lavori il Viceministro all'Interno Matteo Mauri, sottolineando l'importanza della scelta del Ministro dell'Interno Luciana Lamorgese di riconvocare l'organismo, a testimoniare “la volontà di lavorare con pragmatismo e senza demagogia per risolvere concretamente tutte le difficoltà e le complicazioni che riguardano la gestione del nostro sistema di accoglienza”.
All'ordine del giorno l'aggiornamento del Piano nazionale integrazione, sotto il profilo dei nuovi obiettivi da raggiungere, degli ambiti da potenziare e dell’individuazione delle priorità di intervento. Il Piano ha la funzione di individuare delle linee di indirizzo in materia di integrazione, con l’obiettivo primario di consentire l'uscita dalla dimensione dell’assistenza per il raggiungimento di una reale autonomia della persona. Al tavolo della riunione, introdotta e coordinata dal capo del dipartimento per le Libertà civili e l'Immigrazione Michele Di Bari, erano presenti rappresentanti dei Ministeri del Lavoro, Esteri, Salute, Politiche sociali, Politiche agricole, Istruzione, Università, e rappresentanti del dipartimento Pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei ministri, della Conferenza delle regioni, dell'Associazione nazionale comuni italiani (Anci), dell'Unione delle province d'Italia (Upi), della Commissione nazionale per il diritto di asilo e dell'Agenzia delle Nazioni unite per i rifugiati (UNHCR). Presenti anche rappresentanti del dipartimento della Pubblica Sicurezza.
Chiesa Greco Cattolica Ucraina: una sala dedicata a Papa Francesco nel Seminario dei Tre Santi a Kyiv
14 Febbraio 2020 - Kyiv - Una sala dedicata a Papa Francesco è stata inaugurata da Sua Beatitudine Sviatoslav Shevchuk nel Seminario dei Tre Santi a Kyiv. All’inaugurazione ha partecipato anche il Nunzio Apostolico Mons. Claudio Gugerotti. Il seminario, che fu restaurato grazie al card. Lubomyr Husar, che è stato Arcivescovo maggiore della Chiesa greco-cattolica ucraina dal 2000 al 2011.
Fino ad ora, nel seminario mancava uno spazio in cui tutti i seminaristi potessero riunirsi insieme. L’inaugurazione è avvenuta in occasione della festa dei Tre Santi, durante la quale Sua Beatitudine Sviatoslav ha celebrato la Divina Liturgia. I tre santi sono Basilio Magno, Gregorio il Teologo e Giovanni Crisostomo.
Nell’omelia, Sua Beatitudine Shevchuk ha sottolineato la “peculiarità dell’individualismo estremo dell’Ucraina”, che deriva dai tempi sovietici in cui si diceva che “il gruppo è più importante della persona”. Per questo motivo, la festa dei Tre Santi ha una particolare importanza, perché “attraverso la forza e l’azione dello Spirito Santo possiamo imparare a vivere insieme”, come dimostra anche la festa dei tre santi vescovi.
Al termine della Liturgia, il Capo della Chiesa greco-cattolica ucraina ha ringraziato Dio per il decimo anniversario del restauro del seminario e espresso a Papa Francesco “gratitudine per il dono che ha inviato”.