Istat: in calo i cittadini non comunitari

27 Ottobre 2020 – Roma – In Italia i cittadini non comunitari con regolare permesso di soggiorno sono diminuiti del 3% circa (da 3.717.406 al 1° gennaio 2019 a 3.615.826 al 1° gennaio 2020). Lo rende noto l’Istat diffondendo il report “Cittadini non comunitari in Italia” per gli anni 2019-2020. Stando ai dati contenuti nel report, nel 2019 sono stati rilasciati 177.254 nuovi permessi di soggiorno, il 26,8% in meno rispetto al 2018. La contrazione ha interessato in maniera generalizzata i permessi richiesti per tutte le diverse motivazioni all’ingresso. Tuttavia, anche nel 2019, il calo maggiore ha interessato i permessi rilasciati per richiesta di asilo, passati da circa 51mila e 500 nel 2018 a 27.029 nel 2019 (-47,4%). Sono in calo anche i permessi per lavoro (-22,5%), cresciuti invece tra il 2017 e il 2018; i permessi per ricongiungimento familiare (-17,8%); i permessi per studio (-7,4%), caratterizzati da un’elevata quota di ingressi di giovanissimi (oltre il 56,5% ha meno di 25 anni) e di donne (57,9% dei flussi per studio). “La diffusione dell’epidemia da Covid-19 ha portato molti Paesi a chiudere le frontiere sia in entrata sia in uscita; questi provvedimenti hanno avuto conseguenze rilevanti sui flussi migratori verso il nostro Paese”, sottolinea l’Istat. “Nei primi sei mesi del 2019 – viene spiegato – erano stati rilasciati oltre 100mila nuovi permessi di soggiorno mentre nello stesso periodo del 2020 ne sono stati registrati meno di 43mila, con una diminuzione del 57,7%. I mesi che hanno fatto registrare la contrazione maggiore sono aprile e maggio (rispettivamente -93,4% e -86,7%), tuttavia già a gennaio e febbraio il calo dei nuovi ingressi ha sfiorato il 20% in entrambi i mesi, un dato in linea con la tendenza alla diminuzione avviatasi dal 2018”. Tutte le diverse motivazioni all’ingresso hanno risentito della chiusura delle frontiere e del rallentamento dell’attività amministrativa nelle prime fasi del lockdown, anche se con intensità diverse. La motivazione di ingresso più rilevante, quella per ricongiungimento familiare, ha visto una contrazione del 63,6% mentre i permessi per richiesta asilo sono diminuiti del 55,5%. In Italia gli stranieri che hanno acquisito la cittadinanza italiana nel corso del 2019 sono stati 127.001; di questi 113.979 (89,7%) erano precedentemente cittadini non comunitari. Si registra un lieve incremento rispetto al 2018, quando i cittadini non comunitari divenuti italiani erano stati poco più di 103mila; è cresciuta più la componente maschile (+14,2%) rispetto a quella femminile (+6,7%). Stando ai dati diffusi dall’Istituto di statistica italiano, nel 2019, tra le prime dieci collettività per numero di acquisizioni, i maggiori incrementi rispetto al 2018 si evidenziano per macedoni (+42,4%), pakistani (+37,9%) ed ecuadoriani (+31,9%), mentre gli indiani mostrano un evidente calo sia in termini assoluti (-742) sia relativi (-13,7%). “Rispetto all’anno precedente – viene spiegato –, nel 2019 tornano a crescere le acquisizioni per residenza e quelle per elezione, ovvero dei diciottenni nati e residenti in Italia che decidono di diventare italiani (+28,3% e +15,1% rispettivamente); continuano ad aumentare i nuovi italiani che acquisiscono la cittadinanza per ius sanguinis, ovvero per discendenza da un avo italiano (+27,1%). Subiscono, invece, un forte decremento le acquisizioni per matrimonio (-29,8%)”. Dal punto di vista territoriale, quasi due nuovi italiani su tre risiedono in una Regione del Nord. Più uniforme appare invece la distribuzione geografica delle acquisizioni per discendenza, per le quali si registra una lieve prevalenza delle regioni del Sud, con il 29,3% del totale delle acquisizioni per ius sanguinis. “La distribuzione all’interno delle Regioni – rileva l’Istat – evidenzia una netta prevalenza delle acquisizioni per residenza in Valle d’Aosta, Trentino-Alto Adige e Liguria, dove rappresentano più della metà dei procedimenti. In Molise, Basilicata e Calabria, invece, vi è una preponderanza dei nuovi italiani per discendenza, con quote che oscillano dal 53% al 49% circa del totale delle acquisizioni verificatesi in quelle regioni”.

 

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