Primo Piano
Card. Zuppi: “l’accoglienza non è un pericolo: è aprirsi al futuro”
28 Agosto 2023 - Roma “Come si fa a definire ‘emergenziale’ la questione migratoria? Fa parte della storia recente e dell'attualità d'Italia ormai da lungo tempo. E sarà così per anni. Bisogna predisporre prima possibile un sistema strutturato di assistenza e integrazione per affrontare finalmente le criticità con lucidità ed efficacia. Rendendole un'opportunità”. E’ quanto dice oggi, in una intervista al quotidiano “La Stampa”, il card. Metteo Zuppi, presidente della Conferenza Episcopale Italiani sottolineando che “l'accoglienza non è un pericolo: è aprirsi al futuro”. La realtà migratoria – ha spiegato il porporato - è “un fenomeno che non è emergenziale. Come si fa a definirlo emergenziale?.Non lo è da anni, decenni ormai. E non lo sarà per anni, considerando i disequilibri, la demografia, le scarse ed episodiche risposte messe in campo finora. Non sono liberi di restare e nemmeno di partire! La migrazione fa parte della storia e dell'attualità d'Italia, ormai da lungo tempo. Se si continua a tentare di gestirla con la concezione dell'emergenza e basta, saremo sempre in balia e vittime dell'agitazione e della paura, oltre che spettatori di tragedie del mare inaccettabili”. Per il card. Zuppi “momenti drammatici e dinamiche complesse saranno sempre da mettere in conto, purtroppo, ma se noi riusciamo presto a impostare un piano strutturale che parta dal governo e coinvolga tutti gli interlocutori attivi nell'accoglienza e nell'integrazione di quanti arrivano in Italia - chiedendo all'Ue di assumersi le proprie responsabilità - potremo essere più pronti ad affrontarli in modo costruttivo. Altrimenti avremo l'impressione di svuotare l'oceano con le mani. Certo, è una sfida enorme, epocale, ma proprio per questo non possiamo più ‘derubricarla’ a emergenza, altrimenti non ci avvicineremo mai a una soluzione. È urgente trasformare l'emergenza in piano d'azione, per predisporre finalmente meccanismi strutturati, a livello italiano e anche europeo”. “Dobbiamo – aggiunge ancora nella lunga intervista il presidente della Cei - uscire dalla logica limitata ai Cas (Centri di accoglienza straordinaria), occorre investire analogamente tanto anche sui Sai (Sistema accoglienza integrazione). E serve anche garantire all'interno dei Cas vari servizi fondamentali - come l'informazione legale e il sostegno psicologico - perché altrimenti diventano solo tremendi parcheggi, peraltro già pieni. In più in questo modo si continua a creare clandestinità, perché non si sa più dove e come collocare queste persone, che invece potrebbero intraprendere percorsi di integrazione con i Sai. Così potremo rendere le emergenze opportunità. E guidare meglio i flussi, che non sono solo una complicazione numerica, cioè di ‘quanti ce ne servono’”. Per il card. Zuppi si pongono ancora i temi della casa, del lavoro, della scuola. Questi percorsi devono funzionare in modo efficace, e non con tempi eterni e procedure che diventano dei labirinti che aumentano l'incertezza, e quindi la clandestinità. E la litigiosità, come quella tra alcuni sindaci. E anche la paura da parte dei cittadini, che avvertono come una presenza ulteriormente minacciosa tutte quelle persone proprio perché ‘parcheggiate’ malamente. Poi, siamo chiamati a passare da un'idea di sicurezza a un'idea di sviluppo” come il rispondere alla richiesta di manodopera. Il governo – ha spiegato il cardinale - con “saggezza ha aumentato il numero di ingressi di lavoratori consentiti, e probabilmente ne serviranno ancora di più, se vogliamo guardare a un avvenire all'altezza dei problemi. Le tante pratiche di permessi devono essere snellite. Bisogna garantire di più il passaggio ai permessi di lavoro per evitare che poi si cerchi la clandestinità. Su alcuni aspetti si può ricorrere ai patronati, o ad altre forme che possono aiutare a velocizzare gli iter”. Oggi occorre – ha concluso il presidente dei vescovi italiani - “cambiare l'approccio emergenziale in un intervento sistemico, organizzato e articolato. La Chiesa è in campo anche per questo. Siamo sempre stati interlocutori attenti, mai strumentali, sempre leali, con tutti i governi. E anche con l'attuale esecutivo c'è stata un'interlocuzione e continuerà a esserci, per fronteggiare insieme le problematiche, e anche per manifestare il nostro punto di osservazione”. L’accoglienza è “un valore cristiano e un valore umano. Coincidono pienamente. L'accoglienza non è un pericolo: apre al futuro. Non lo limita, lo permette. E ci consente anche di vivere il presente: se non avessimo accolto migliaia di donne che oggi lavorano come badanti nelle nostre case, per la gran parte delle famiglie italiane la vita sarebbe insostenibile. E questo avviene anche in tante aziende”. (R.I.) Mci Germania: è morto don Minella
Bisognava innanzi tutto impegnarsi ad imparare la lingua tedesca e poi a conoscere il territorio della Missione, trovare collaboratori, creare nuclei di presenza nelle diverse località della sua zona ed avere una sede. Davvero un brusco cambiamento nella esperienza precedente. Già la sistemazione, detta provvisoria, ma rimasta definitiva, presso una anziana signora protestante, la Frau Lehmann, lo aveva un po’ impensierito. Ma poi ne è maturato un buon rapporto ed è stata una grande opportunità per apprendere la lingua tedesca. Con la sua cultura e le doti di canto e suono, con la sua attenzione alle persone e tenace impegno ben presto don Giuseppe organizza luoghi e tempi di incontro e raduno della popolazione italiana della zona. Così è nata la nuova Missione italiana di Remscheid. Per la Chiesa Cattolica sono anche gli anni del provvidenziale Concilio Ecumenico Vaticano II (1963-68). E don Minella sente l’esigenza di un periodo di aggiornamento culturale. D’intesa con i superiori il 10 ottobre 1968 lascia definitivamente la Missione di Remscheid. Una esperienza “breve ed intensa, talvolta faticosa , ma anche gratificante”, come ha scritto, e “avanti verso la nuova esperienza di studio in Roma”. Qui ottiene la licenza in Teologia Universale presso l’Università Lateranense nel 1969 e nel 1970 la laurea in Teologia. Avrebbe voluto ritornare in Germania ma il Vescovo lo nomina direttore della Casa dello Studente di Feltre. Riprende allora gli studi con la laurea in Filosofia(1974). Il Vescovo lo nomina parroco di Santa Giustina e ed insegnante di Storia al Liceo del Seminario di Belluno (1975). Il Signore, pastore eterno delle nostre anime ha certamente accolto questo suo zelante sacerdote. Al vescovo di Belluno-Feltre e alla famiglia la vicinanza della Fondazione Migrantes. (Silvano Ridolfi) Villa Literno: oggi il ricordo di Jerry Masslo e di tutte le vittime di razzismo
Villa Literno - Oggi, a 34 anni dalla sua morte, la Comunità di Sant’Egidio invita tutti a ricordare Jerry Essan Masslo, il rifugiato sudafricano ucciso per rapina nella povera baracca dove viveva insieme ai suoi compagni per la raccolta dei pomodori. Il suo omicidio commosse l’Italia provocando la prima grande manifestazione antirazzista dell’ottobre 1989 e suggerendo i primi provvedimenti legislativi nei confronti degli immigrati. Alle 17.30 Sant'Egidio, insieme ad altre associazioni, si riunirà al cimitero di Villa Literno per commemorare la vita e il tragico destino di Masslo. La sua memoria - spiega - una nota - è "un richiamo costante a combattere le leggi ingiuste, l’odio e l’intolleranza che costringono molte persone a vivere ai margini della società. Ma è anche un impegno quotidiano per proteggere, più in generale, i diritti delle persone più vulnerabili che lavorano nelle nostre campagne, un richiamo a combattere lo sfruttamento, il caporalato e l’invisibilità di tanti che contribuiscono, in condizioni molto dure, alla nostra economia".
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Card. Lojudice: manca un’organizzazione efficace dell’accoglienza di passaggio
Card. Zuppi: la pace richiede la giustizia e la sicurezza
Papa Francesco invita alla preghiera per la pace in Niger e la stabilità nel Sahel
Mci in Europa: mons. Felicolo visita alcune comunità italiane
Mci Svizzera: e’ morto don Bressani
18 Agosto 2023 - Cremona - E’ morto questa mattina don Giuseppe Bressani per tanti anni sacerdote impegnato nella pastorale con gli italiani in Svizzera. Nato a Caravaggio, nella diocesi di Cremona, il 14 novembre 1952, don Giuseppe Bressani è stato ordinato sacerdote il 26 giugno 1976. Ha iniziato il proprio ministero come vicario di Fontanella e, sempre come vicario parrocchiale, era stato successivamente a Mozzanica (1983-1990) e Soncino nella parrocchia S. Maria Assunta e S. Giacomo apostolo (1990-1993). Nel 1993 ha raggiunto la Svizzera, dove per quasi trent’anni è stato missionario al servizio degli emigrati italiani nella Svizzera tedesca, ad Aarau, cittadina di 15mila abitanti, capitale del Cantone Argovia. La Missione Cattolica Italiana comprende complessivamente un territorio che si estende su una quindicina di parrocchie, per circa 4.200 nuclei famigliari. Negli anni di ministero in Svizzera don Bressani ha intessuto una buona collaborazione con le parrocchie locali, così come con gli altri missionari presenti nel cantone d’Argovia. L’impegno pastorale negli anni è stato a non ridurre la pastorale ai soli sacramenti, uno forzo supportato dai vari gruppi: quello dei giovani, dei piccolissimi, la corale, quello missionario, ministranti, lettori, ministri straordinari della Eucarestia e un gruppo della terza età. Insomma una comunità vivace capace di realizzare tante attività. “Questo tempo è stato molto bello e crediamo molto fruttuoso – il saluto degli altri missionari d’Argovia al momento del rientro in Italia di don Bressani – per la comunità cattolica di questo cantone. Insieme abbiamo lavorato, reciprocamente ci siamo incoraggiati nei momenti della stanchezza e insieme gioito per i piccoli o grandi successi. La comunità italiana d’Argovia ti deve tanto. Non solo per le tante iniziative messe in atto, ma anche per averci messo il cuore”.
Negli anni di servizio di don Bressani erano più di 600mila (compresi coloro che hanno il doppio passaporto) gli italiani presenti nella Confederazione elvetica, con ancora tanti nuovi arrivi da parte di chi superava le Alpi in cerca di un lavoro. Nel giugno 2019 il vescovo Antonio Napolioni aveva fatto visita ai due sacerdoti diocesani missionari in Svizzera: don Bressani e don Francesco Migliorati. Rientrato in Italia alla fine del 2022, don Giuseppe Bressani era collaboratore parrocchiale nella parrocchia Ss. Fermo e Rustico di Caravaggio.
A celebrare i funerali, lunedì 21 agosto alle 10, sarà il vescovo di Cremona, mns. Antonio Napolioni. Al vescovo della diocesi di Cremona e alla famiglia la vicinanza della Fondazione Migrantes. (R.I.) Mci Genk: domenica la prima messa di don Loperfido. Concelebrerà il direttore della Migrantes, mons. Felicolo
Don Loperfido, originario della diocesi di Taranto ma emigrato in Belgio, è stato ordinato sacerdote lo scorso 15 agosto nella parrocchia San Martino di Genk, in Belgio, nel corso di una celebrazione eucaristica presieduta da mons. Patrick Hoogmaartens, vescovo della diocesi di Hasselt. Nato a Taranto il 21 marzo del 1990 il neo sacerdote ha svolto lavoro pastorale negli ultimi anni in quattro parrocchie della diocesi belga.
Mons. Felicolo, dopo la celebrazione della Prima Messa di don Loperfido visiterà, accompagnato da don Aiello, alcune Missioni cattoliche italiane: il 22 agosto in Lussemburgo, mercoledì 23 agosto Moers e Krefeld in Germania. (Raffaele Iaria) Mons. Perego: serve uno scatto di umanità
Card. Zuppi: con l’Assunta, incamminati verso il futuro con occhi e cuori ben alzati
È la ragione del Magnificat di Maria che diviene – deve diventare – anche il nostro Magnificat. Dio rovescia i potenti dai loro troni, posando il suo sguardo – a loro umiliazione – proprio sull’umile fanciulla di Nazareth. Nel cantico di questa giovane donna dobbiamo saper ascoltare il canto di tutte le donne senza nome, le donne che nessuno ricorda, le donne che vengono considerate inutili se non sono proprietà di un uomo, che vengono umiliate per la loro scelta materna, che vengono consegnate ad una vita di seconda scelta – o anche senza alcuna scelta – che l’economia mondiale tiene saldamente in ostaggio. Queste donne, oggi, sono abbracciate da mani affettuose e forti che le sollevano e le conducono sino al cielo. Sì, oggi è anche la festa dell’assunzione delle donne, violate e consumate, ferite nella dignità della loro condizione e umiliate nella loro cura della generazione. È anche l’assunzione di Dosso Fati e della piccola Marie, sua figlia, morte di stenti nel deserto. Sì, l’assunzione di Maria nel cielo di Dio ci parla di un corpo trasfigurato che nulla e nessuno potrà più sfigurare.
La Madre del Signore ci precede e tutti noi, figli di Dio e di questa madre, prendiamo animo. Prendono animo i giovani: sono invitati per primi come Maria ad alzare lo sguardo, ad affrettare il passo – Maria «in fretta» si recò dall’anziana Elisabetta –, a muoversi verso i loro fratelli e le loro sorelle, superando le montagne e colmando le valli. Ho ancora impressa nei miei occhi la distesa enorme dei giovani a Lisbona radunati attorno a papa Francesco. Un incredibile e significativo movimento giovanile – non corporativo, ma veramente universale – che si è manifestato al mondo intero. Molti erano i giovani italiani. La presenza di papa Francesco ha confermato la commozione e la gratitudine di un segno che ha sorpreso la Chiesa stessa: la rinfranca, la rianima, le restituisce la letizia nella quale, come umile ancella, porta il Signore in grembo. I giovani della Gmg hanno sentito la vibrazione di questa presenza del Corpo del Signore, e ci hanno trasmesso l’irradiazione del mistero della compiuta destinazione di questa vita per ogni figlio e figlia che viene in questo mondo.
I giovani della Gmg, con il loro passo lieto, ne riportano l’incanto nelle loro case, nelle loro strade, nelle loro città, nei loro villaggi. Anche nella nostra Italia. L’impegno a rendere il nostro Paese una terra ospitale per tutti, la decisione di nutrire una fraternità vitale fra i popoli, è nelle corde di questa nuovissima generazione, assai più di quanto non sia nelle nostre più adulte. Dobbiamo riconoscerlo. E a loro spetta il compito e la forza di ispirare un nuovo futuro. Sono la nostra speranza. La loro riscoperta dell’insostituibile contatto con i corpi viventi di molti fratelli e sorelle, che ci rende certi della felice diversità dei singoli e della comune umanità di tutti, promette di farsi inarrestabile e incontenibile. La “religione” della guerra – come anche ogni guerra di religione – apparirà sempre più come un disturbo mentale da curare. La guerra deve diventare insopportabile. L’algoritmo mercantile della competizione e dell’esclusione, che giustifica i privilegi e impone gli scarti, deve avere con loro i giorni contati. Questi giovani, che da grandi saranno sollecitati ad abitare il nostro Paese e la stessa Europa, non lo sopporteranno più. Ed è salutare anche per noi adulti fare spazio alla loro audacia, alla loro voglia di un futuro più pulito, più fraterno, più ospitale. La giovane Maria di Nazareth è un esempio per tutti, per i più giovani anzitutto. Sì, i ragazzi e le ragazze radunati a Lisbona ci stanno davanti: si sono levati per tempo e in fretta si sono incamminati verso il futuro. Contro ogni accidioso pronostico di insuperabile smarrimento, hanno preso l’iniziativa di ridestarci al senso del cammino della terra che abitiamo perché sia bella e abitabile da tutti, nessuno escluso. La Madre del Signore, riconciliata per sempre con il corpo vivente che ha portato il Figlio, certamente dal cielo sorride, compiaciuta per il germoglio di un nuovo cielo e di una nuova terra che a Lisbona abbiamo visto. Alziamoci per sollevare chi non ce la fa, chi soffre, quelli che sono caduti a terra o scompaiono nell’immensità del mare, chi è precipitato nella depressione, chi nell’abisso della solitudine. Così il cielo e la terra si uniscono e possiamo vedere pezzi di cielo sulla terra e pezzi della terra salire al cielo. ( Card. Matteo Zuppi - arcivescovo di Bologna e presidente della Conferenza episcopale italiana)Assunzione: la Pasqua di Maria è segno di speranza per l’umanità
(Altare Chiesa parrocchiale Santa Maria Assunta - Scala Coeli - CS)
È offerta una meravigliosa prospettiva e una sicura promessa all’intera umanità, contro la quale continua a muovere le sue strategie il Maligno che nella parola di Dio è descritto come “l’enorme drago rosso” che precipita giù un terzo delle stelle del Cielo ed è pronto a rapire il figlio. Dio ha preparato un rifugio sicuro per la donna, un rifugio sicuro per il Figlio e per l’intera umanità.Oggi più che mai, mentre nubi tenebrose di guerra e di odio annebbiano il Cielo, creando quella cortina che ci impedisce di guardare verso l’Alto e verso la luce, Maria la piena di Grazia, la piena di Dio, fende la nebbia per far sentire forte la sua presenza a quanti cercano speranza e si adoperano per costruire ponti di amore e di pace.
Mentre siamo aggrappati al nostro presente questa festa ci parla del nostro futuro; Maria Assunta in Cielo è la creatura che più di tutte testimonia che il Paradiso è possibile e lei ha già raggiunto la pienezza della salvezza e la trasfigurazione del suo corpo mortale. Tutte le volte che la Madonna si è resa presente alla storia e alle sofferenze dei suoi figli non è mancato mai il richiamo e la prospettiva del Cielo; lei ci aspetta e allo stesso tempo ci sollecita a camminare verso il regno di Dio. La Madre del Signore, immagine della Chiesa stessa, è la garanzia luminosa che il destino di salvezza è assicurato a tutti perché come in lei, così in tutti noi, il Risorto attuerà pienamente la sua redenzione; ella è già quello che anche noi saremo nella nostra pasqua.
Questa fede e questa speranza ci liberano dalle paure e dalle angosce della vita presente e ci aiutano a vivere ogni giorno da risorti portando, già qui, nelle oscurità del male la luce del bene. (Enzo Gabrieli)
Napoli: domani messa internazionale animata dai gruppi etnici
Papa Francesco: “dolore e vergogna” per i migranti morti in mare
Emigrato italiano diventa sacerdote in Belgio: la storia di don Gianluca Loperfido
Tavolo Asilo: “fermare la deriva del sistema nazionale di accoglienza”
Roma - Il TAI (Tavolo Asilo e Immigrazione) esprime "profonda preoccupazione per l’ennesima grave crisi del sistema d’accoglienza, e si pone in totale disaccordo con l’approccio emergenziale" del Governo che " ancora una volta punta ad ostacolare il diritto d’asilo e il diritto ad una accoglienza dignitosa". A inizio anno, si legge in una nota, il Tavolo Asilo e Immigrazione ha chiesto di programmare gli interventi di accoglienza, come previsto dalla normativa. Il Tavolo di coordinamento presso il Viminale si è riunito "però solo il 4 agosto, dopo ripetute richieste e sollecitazioni del Tai, non potendo di fatto contribuire ad alcuna programmazione e limitandosi dunque sostanzialmente a prendere atto di misure emergenziali già assunte dal governo senza il coinvolgimento dei territori e del terzo settore. Le misure prese dal Governo sono sbagliate e inefficaci e non sono affatto legate al numero di arrivi, del tutto prevedibile e gestibile, ma all’assenza di volontà di trovare soluzioni corrette ed efficaci, scegliendo invece un approccio emergenziale: una decisione che alimenta la retorica dell’invasione". I firmatari della nota, evidenziano che dopo "avere trasformato in poco tempo i CAS in meri parcheggi per richiedenti asilo, eliminando servizi primari quali l’informativa legale e l'assistenza psicologica, il 7 agosto 2023 il Ministero dell'interno ha emanato una circolare con cui ha dato indicazioni alle prefetture di disporre la cessazione immediata delle misure di accoglienza per coloro che sono riconosciuti titolari di protezione internazionale e speciale, senza aspettare il rilascio del permesso di soggiorno e senza provvedere al loro trasferimento nel SAI. In sostanza, migliaia di titolari di protezione internazionale o speciale stanno per essere espulsi dai CAS e mandati per strada: in questa direzione si stanno muovendo le prefetture. Tale prassi - si legge nella nota Tai - risulta del tutto illegale in quanto i titolari di protezione internazionale e speciale hanno diritto di essere collocati tempestivamente dai Centri di Accoglienza Straordinaria verso il sistema SAI, e non abbandonati nel giro di pochi giorni. Una così clamorosa violazione di legge è altresì generatrice di enormi problematiche sociali nei diversi territori, dal momento che migliaia di rifugiati privi di mezzi e senza accoglienza si troveranno allo sbando in strada e dunque a carico del welfare locale. In questo modo, oltre a violare il diritto all'accoglienza dei/delle titolari di protezione internazionale e speciale, il Ministero dell’interno si pone in netto antagonismo con i Comuni, delegando a loro la questione e senza dotazione di risorse. La soppressione dei servizi nei CAS non solo contrasta con la normativa europea e italiana in quanto si concretizza in un’elusione dell’accesso ai diritti, ma esclude nei fatti la possibilità di riscontrare la vulnerabilità dei richiedenti asilo, specie di coloro che sono sottoposti alla procedura accelerata. Molte vulnerabilità non possono infatti essere rilevate all’arrivo senza personale competente né tanto meno ciò può avvenire dopo il trasferimento nei CAS nei quali, come sopra evidenziato, vengono cancellati anche servizi fondamentali. In questo contesto di totale sbandamento del sistema pare inevitabile il diffondersi di gravi distorsioni, come nel caso, evidenziato in occasione dell'incontro del tavolo di coordinamento, delle donne vittime di tratta anche provenienti da paesi di origine sicuri".
