Primo Piano

La posta in gioco

28 Agosto 2023 - Roma - "Intelligenze artificiali e Pace" è il titolo del messaggio di Papa Francesco per la 57ª Giornata mondiale della pace, che si celebrerà il 1° gennaio 2024. Lo ha annunciato lo scorso 7 agosto il Dicastero vaticano per il servizio dello sviluppo umano integrale e, come in passato, verrà reso noto l’8dicembre. “I notevoli progressi compiuti nel campo delle intelligenze artificiali - si sottolinea nel comunicato del Dicastero - hanno un impatto sempre più profondo sull’attività umana, sulla vita personale e sociale, sulla politica e l’economia. Papa Francesco sollecita un dialogo aperto sul significato di queste nuove tecnologie, dotate di potenzialità dirompenti e di effetti ambivalenti”. Anche quest’estate la cronaca interna e internazionale ha lasciato ben intravvedere che la sfida dell’Intelligenza Artificiale (AI) non è affatto distante dalla quotidianità e quanto è avvenuto e sta avvenendo ravviva la raccomandazione a prendere a cuore la posta in gioco assumendo la responsabilità di conoscere e approfondire contenuti, rischi e opportunità che vengono dai risultati e dallo sviluppo della ricerca tecnologica e scientifica. Molti interrogativi si sono aperti in particolare sul piano etico considerando le possibilità di avere una macchina fuori controllo o sotto il controllo del male, una macchina che potrebbe mettere a grave rischio il futuro dell’uomo e del pianeta. “L’urgenza di orientare la concezione e l’utilizzo delle intelligenze artificiali in modo responsabile, perché siano al servizio dell’umanità e della protezione della nostra casa comune - afferma il Dicastero vaticano per il servizio dello sviluppo sostenibile- esige di estendere la riflessione etica all’ambito dell’educazione e del diritto. La tutela della dignità della persona e la cura per una fraternità effettivamente aperta all’intera famiglia umana sono condizioni imprescindibili perché lo sviluppo tecnologico possa contribuire alla promozione della giustizia e della pace nel mondo”. In questa prospettiva nel febbraio 2020 si era costituito un gruppo di lavoro che nel gennaio di quest’anno ha reso noto un documento a firma di cattolici, ebrei e musulmani definito “Rome Call for AI Ethics” per cercare di favorire un approccio etico all’Intelligenza Artificiale anche coinvolgendo specifiche istituzioni nazionali e internazionali. “Le adesioni alla Rome Call - ha spiegato la Pontificia Accademia per la Vita che coordina il percorso - sono cresciute nel tempo, sono un passo significativo per promuovere un’antropologia digitale, con tre coordinate fondamentali: l’etica, l’educazione e il diritto». Tutti questi percorsi - compresa la legge sull’AI approvata dal Parlamento Ue e che entro fine anno dovrebbe ricevere via libera dalle altre istituzioni comunitarie - sono da conoscere e seguire perché la posta in gioco è veramente molto alta: lo conferma anche l’annuncio del tema del messaggio per la Giornata mondiale della pace 2024. Paolo Bustaffa

Card. Zuppi: “l’accoglienza non è un pericolo: è aprirsi al futuro”

28 Agosto 2023 - Roma “Come si fa a definire ‘emergenziale’ la questione migratoria? Fa parte della storia recente e dell'attualità d'Italia ormai da lungo tempo. E sarà così per anni. Bisogna predisporre prima possibile un sistema strutturato di assistenza e integrazione per affrontare finalmente le criticità con lucidità ed efficacia. Rendendole un'opportunità”. E’ quanto dice oggi, in una intervista al quotidiano “La Stampa”, il card. Metteo Zuppi, presidente della Conferenza Episcopale Italiani sottolineando che “l'accoglienza non è un pericolo: è aprirsi al futuro”. La realtà migratoria – ha spiegato il porporato - è “un fenomeno che non è emergenziale. Come si fa a definirlo emergenziale?.Non lo è da anni, decenni ormai. E non lo sarà per anni, considerando i disequilibri, la demografia, le scarse ed episodiche risposte messe in campo finora. Non sono liberi di restare e nemmeno di partire! La migrazione fa parte della storia e dell'attualità d'Italia, ormai da lungo tempo. Se si continua a tentare di gestirla con la concezione dell'emergenza e basta, saremo sempre in balia e vittime dell'agitazione e della paura, oltre che spettatori di tragedie del mare inaccettabili”. Per il card. Zuppi “momenti drammatici e dinamiche complesse saranno sempre da mettere in conto, purtroppo, ma se noi riusciamo presto a impostare un piano strutturale che parta dal governo e coinvolga tutti gli interlocutori attivi nell'accoglienza e nell'integrazione di quanti arrivano in Italia - chiedendo all'Ue di assumersi le proprie responsabilità - potremo essere più pronti ad affrontarli in modo costruttivo. Altrimenti avremo l'impressione di svuotare l'oceano con le mani. Certo, è una sfida enorme, epocale, ma proprio per questo non possiamo più ‘derubricarla’ a emergenza, altrimenti non ci avvicineremo mai a una soluzione. È urgente trasformare l'emergenza in piano d'azione, per predisporre finalmente meccanismi strutturati, a livello italiano e anche europeo”. “Dobbiamo – aggiunge ancora nella lunga intervista il presidente della Cei - uscire dalla logica limitata ai Cas (Centri di accoglienza straordinaria), occorre investire analogamente tanto anche sui Sai (Sistema accoglienza integrazione). E serve anche garantire all'interno dei Cas vari servizi fondamentali - come l'informazione legale e il sostegno psicologico - perché altrimenti diventano solo tremendi parcheggi, peraltro già pieni. In più in questo modo si continua a creare clandestinità, perché non si sa più dove e come collocare queste persone, che invece potrebbero intraprendere percorsi di integrazione con i Sai. Così potremo rendere le emergenze opportunità. E guidare meglio i flussi, che non sono solo una complicazione numerica, cioè di ‘quanti ce ne servono’”. Per il card. Zuppi si pongono ancora i temi della casa, del lavoro, della scuola. Questi percorsi devono funzionare in modo efficace, e non con tempi eterni e procedure che diventano dei labirinti che aumentano l'incertezza, e quindi la clandestinità. E la litigiosità, come quella tra alcuni sindaci. E anche la paura da parte dei cittadini, che avvertono come una presenza ulteriormente minacciosa tutte quelle persone proprio perché ‘parcheggiate’ malamente. Poi, siamo chiamati a passare da un'idea di sicurezza a un'idea di sviluppo” come il rispondere alla richiesta di manodopera. Il governo – ha spiegato il cardinale - con “saggezza ha aumentato il numero di ingressi di lavoratori consentiti, e probabilmente ne serviranno ancora di più, se vogliamo guardare a un avvenire all'altezza dei problemi. Le tante pratiche di permessi devono essere snellite. Bisogna garantire di più il passaggio ai permessi di lavoro per evitare che poi si cerchi la clandestinità. Su alcuni aspetti si può ricorrere ai patronati, o ad altre forme che possono aiutare a velocizzare gli iter”. Oggi occorre – ha concluso il presidente dei vescovi italiani -  “cambiare l'approccio emergenziale in un intervento sistemico, organizzato e articolato. La Chiesa è in campo anche per questo. Siamo sempre stati interlocutori attenti, mai strumentali, sempre leali, con tutti i governi. E anche con l'attuale esecutivo c'è stata un'interlocuzione e continuerà a esserci, per fronteggiare insieme le problematiche, e anche per manifestare il nostro punto di osservazione”. L’accoglienza è “un valore cristiano e un valore umano. Coincidono pienamente. L'accoglienza non è un pericolo: apre al futuro. Non lo limita, lo permette. E ci consente anche di vivere il presente: se non avessimo accolto migliaia di donne che oggi lavorano come badanti nelle nostre case, per la gran parte delle famiglie italiane la vita sarebbe insostenibile. E questo avviene anche in tante aziende”. (R.I.)

Mci Germania: è morto don Minella

24 Agosto 2023 - Belluno - A  Pedavena (BL)  il 21 agosto scorso,  presso la Casa P. Kolbe dove abitava in questi ultimi anni, è deceduto, all’età di 93 anni, don Giuseppe Minella.  Il “Gazzettino” nella cronaca di Feltre ne descrive, a firma di Eleonora Scarton,  la lunga attività sacerdotale definendolo “sacerdote amico dei ragazzi e studenti”. Effettivamente don Minella, sacerdote nella diocesi di Belluno-Feltre dal 1954, di formazione intellettuale con la  laurea in lettere  nel 1974, si è particolarmente dedicato ai giovani con diversi incarichi: vice-direttore nel Collegio vescovile  di Feltre (1954-1955), vicario cooperatore nella parrocchia del Duomo  di Feltre ( 1955-1957), poi nuovamente  vice-direttore  del Collegio vescovile (1957-1958), risiedendo in Seminario (1958-1959), direttore della Casa dello Studente  (1971-1974) e cappellano della Colonia “Stella maris” di Feltre (1972- 1977), assistente diocesano di Azione Cattolica ( 1955-1960 ) e presso la Comunità  “Opus Mariae reginae”  di Santa Giustina, parroco a Mugnai  ( 1959-1965) e poi Porcen  (1974-2006), insegnante di lettere presso l’Istituto Geometri di Feltre. Nella fitta  serie  dei suoi impegni diocesani quello di “ missionario per gli emigrati italiani a Colonia (1965-1968 ). Ed effettivamente per don Minella l’attività in Germania è stata una  parentesi ristretta nella sua vita. Ma, come poi mi disse, “tonificante e significativa, indimenticabile”. Non più con giovani e studenti ma per infaticati operai o giovani intraprendenti con una famiglia da sostenere o da formare.  Don Minella aveva chiesto al suo Vescovo, Mons. Muccin, di fare una esperienza missionaria  ed il Vescovo gli aveva proposto gli operai italiani in Germania.. Qui l’allora direttore dei missionari italiani d’intesa con il coordinatore diocesano dei sacerdoti stranieri della grande arcidiocesi di Colonia, Mons Schlafke, gli affida l’apertura di una nuova sede a Remscheid,  con una popolazione di ca. 4.500 anime,  scorporandola dalla troppo vasta Missione di Solingen. Bisognava innanzi tutto impegnarsi ad imparare la lingua  tedesca e poi a conoscere il territorio della Missione, trovare collaboratori, creare nuclei di presenza nelle diverse località della sua zona ed avere una sede. Davvero un brusco cambiamento nella esperienza precedente. Già la sistemazione, detta provvisoria, ma rimasta definitiva, presso una anziana signora protestante, la Frau Lehmann,  lo aveva un po’ impensierito. Ma poi ne è maturato un buon rapporto ed è stata una grande opportunità per apprendere la lingua tedesca. Con la sua cultura e le doti di canto e suono, con la sua attenzione alle persone e tenace impegno ben presto don Giuseppe organizza luoghi e tempi di incontro e raduno della popolazione italiana della zona. Così è nata la nuova Missione italiana di Remscheid. Per la Chiesa Cattolica sono anche gli anni del provvidenziale Concilio Ecumenico Vaticano II (1963-68). E don Minella sente l’esigenza di un periodo di aggiornamento culturale. D’intesa con i superiori il 10 ottobre 1968 lascia definitivamente la Missione di Remscheid. Una esperienza “breve ed intensa, talvolta faticosa , ma anche gratificante”, come ha scritto, e  “avanti  verso la nuova esperienza di studio in Roma”. Qui ottiene la licenza in Teologia Universale presso l’Università Lateranense nel 1969 e nel 1970 la laurea in Teologia. Avrebbe  voluto ritornare in Germania ma il Vescovo lo nomina direttore della Casa dello Studente di Feltre. Riprende allora   gli studi con la laurea in Filosofia(1974). Il Vescovo lo nomina parroco di  Santa Giustina e  ed insegnante di Storia al  Liceo del Seminario di Belluno (1975). Il Signore, pastore eterno delle nostre anime ha certamente accolto questo suo zelante sacerdote. Al vescovo di Belluno-Feltre e  alla famiglia la vicinanza della Fondazione Migrantes. (Silvano Ridolfi)

Villa Literno: oggi il ricordo di Jerry Masslo e di tutte le vittime di razzismo

24 Agosto 2023 -

Villa Literno - Oggi, a 34 anni dalla sua morte, la Comunità di Sant’Egidio invita tutti a ricordare Jerry Essan Masslo, il rifugiato sudafricano ucciso per rapina nella povera baracca dove viveva insieme ai suoi compagni per la raccolta dei pomodori. Il suo omicidio commosse l’Italia provocando la prima grande manifestazione antirazzista dell’ottobre 1989 e suggerendo i primi provvedimenti legislativi nei confronti degli immigrati. Alle 17.30 Sant'Egidio, insieme ad altre associazioni, si riunirà al cimitero di Villa Literno per commemorare la vita e il tragico destino di Masslo. La sua memoria - spiega - una nota - è "un richiamo costante a combattere le leggi ingiuste, l’odio e l’intolleranza che costringono molte persone a vivere ai margini della società. Ma è anche un impegno quotidiano per proteggere, più in generale, i diritti delle persone più vulnerabili che lavorano nelle nostre campagne, un richiamo a combattere lo sfruttamento, il caporalato e l’invisibilità di tanti che contribuiscono, in condizioni molto dure, alla nostra economia".

Mantova: sarà intitolata a papa Pio X la stazione ferroviaria da dove partivano i migranti italiani

22 Agosto 2023 - Mantova - Sarà intitolata a Giuseppe Sarto, vescovo di Mantova dal 1884 al 1893 – successivamente Papa Pio X – la stazione ferroviaria di Mantova.  L'inaugurazione avverrà nel prossimo mese di ottobre. Papa Pio X fu tra i primi ad interessarsi alle sorti dei tanti mantovani, e poi italiani, che all’epoca emigravano in cerca di fortuna. Questa sua attenzione ebbe origine dall’incontro personale con le centinaia di persone che transitavano dalla città di Mantova per recarsi alla stazione ferroviaria, in direzione del porto di Genova, da cui si sarebbero successivamente imbarcate per l’America. Il primo atto concreto del vescovo Sarto fu l’invio a tutti i sacerdoti della sua diocesi di una lettera pastorale – il 19 agosto 1887 – in cui manifestava la preoccupazione per la sorte di “tanti suoi figli” nei Paesi di destinazione, e invitava i sacerdoti ad avere numerose attenzioni nei loro confronti, di tipo spirituale ma anche di aiuto concreto, sia prima che dopo la partenza. Da papa, fondò il primo ufficio della Curia Romana dedicato all’emigrazione, invitando al contempo tutti i vescovi a proteggere i fedeli in partenza, anche costituendo in ogni diocesi un patronato per i migranti. La sua azione pastorale si intrecciò con quella di mons. Giovanni Battista Scalabrini, oggi santo, di Santa Francesca Saverio Cabrini e di mons. Geremia Bonomelli, fondatori di opere dedicate all’assistenza degli italiani emigrati all’estero. La memoria di questa attenzione e sollecitudine – quanto mai attuale in un tempo di grandi migrazioni, com’è quello che stiamo vivendo – ha indotto il vescovo Marco ad appoggiare la richiesta dell’associazione “Mantovani nel mondo”, condivisa anche dalla Fondazione Migrantes della CEI, di intitolare la stazione ferroviaria di Mantova al vescovo Giuseppe Sarto, poi papa Pio X, in quanto ricordare la sua azione “ci fa riflettere sull’esteso fenomeno dell’emigrazione dei nostri giorni, sui sentimenti comuni di carità e umanità nei confronti dei migranti in un impegno rivolto all’integrazione e alla comprensione reciproca”. Quest'anno ricorre tra l’altro anche il 120° anniversario dell’elezione a pontefice di San Pio X, per cui l’evento si inserirà in un calendario di eventi a lui dedicati. (R.Iaria)  

Card. Lojudice: manca un’organizzazione efficace dell’accoglienza di passaggio

22 Agosto 2023 - Siena - "C’è sempre un grave problema tipicamente italiano; non c’è un’organizzazione efficace dell’accoglienza di passaggio. Le statistiche internazionali ribadiscono che l’Italia è tra il 15° e il 20° posto per numero di migranti che restano nel Paese. Abbiamo un problema geografico irrisolvibile: la stragrande maggioranza dei migranti che vengono dal Mediterraneo passano dall’Italia. Non so perché non riusciamo a organizzare un passaggio serio, senza lager né respingimenti, né lasciandoli affogare in mare. Possibile che Lampedusa debba essere l’unico centro? Dovrebbe ospitarne 200 e ne ha sempre duemila". Lo dice oggi in una intervista al Quotidiano Nazionale il card. Paolo Lojudice, arcivescovo di Siena -Colle di Val d'Elsa-Montalcino  e membro della Commissione Episcopale per le Migrazioni della Cei. Il porporato evidenzia la difficoltà di modificare il Trattato di Dublino. L’incontro tra una ventina di ministri dei Paesi europei – dice - non ha prodotto risultati. Il principio non è accogliere o non accogliere, finché si affronta così il problema, si alza solo un polverone che nasconde tutto. Tanto in Italia arriveranno migliaia e migliaia di migranti, forse milioni in 20 anni. Non si fermeranno perché non è un Paese appetibile, attraente per il loro futuro. Preferiranno andare in Francia o Germania, le loro mete ideali". "Migliaia di arrivi – aggiunge -  complicano le cose, questo è certo. Ma se guardiamo alla provincia di Siena, le cose stanno migliorando. Ci stiamo specializzando nell’accoglienza dei pakistani, dei richiedenti asilo provenienti dalla rotta balcanica. Dovremo affrontare anche altre emergenze. Ci sono Comuni che fanno molto, altri che potrebbero fare di più". (R.Iaria)

Card. Zuppi: la pace richiede la giustizia e la sicurezza

21 Agosto 2023 -
Rimini - “Pace non significa tradimento. La pace richiede la giustizia e la sicurezza. Non ci può essere una pace ingiusta, premessa di altri conflitti, c’è un aggressore e un aggredito, serve una pace sicura per il futuro”. Lo ha detto il card. Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Cei, aprendo ieri pomeriggio i lavori del Meeting di Rimini. sul tema “L’esistenza umana è un’amicizia inesauribile”. Il card. Zuppi ha ribadito che “la sicurezza richiede sempre il coinvolgimento di tutti. Se vuoi la pace prepara la pace. È questo il grande impegno che dobbiamo cercare con responsabilità”. Nella guerra in Ucraina ci sono “tante persone che muoiono, un odio che diventa profondo, un inquinamento che diventa insopportabile in tutto l’ambiente”. “Questa è una guerra mondiale davvero”, ha aggiunto il cardinale che ha invocato “un’amicizia sociale e libera” come quella auspicata da Papa Francesco. “L’amicizia sociale ci accende il mondo intorno, perché la periferia non è solo geografica, è anche quella del vicino di casa”. Ripercorrendo, poi, le tappe della sua missione di pace il presidente della Cei ha concluso: “Vivo con la consapevolezza di quanta gente prega per la pace. Mi dà una responsabilità in più, ma anche il senso di una grande invocazione che ci spinge a trovare la via della pace. Immaginare un mondo senza guerra non è una ingenuità. Il dialogo non è accettare una pace ingiusta”.

Papa Francesco invita alla preghiera per la pace in Niger e la stabilità nel Sahel

21 Agosto 2023 -
Città del Vaticano - “Seguo con preoccupazione quanto sta accadendo in Niger. Mi unisco all’appello dei vescovi in favore della pace nel Paese e della stabilità della Regione del Sahel”. Così, ieri mattina, Papa Francesco, dopo la preghiera dell’Angelus, recitata, affacciandosi alla finestra del Palazzo apostolico vaticano, con i fedeli e i pellegrini riuniti a Piazza San Pietro. “Accompagno con la preghiera gli sforzi della comunità internazionale per trovare al più presto una soluzione pacifica per il bene di tutti. Preghiamo per il caro popolo nigerino”, l’invito del Pontefice. E, ha aggiunto, “invochiamo la pace anche per tutte le popolazioni ferite da guerre e violenze, specialmente preghiamo per l’Ucraina, che da tanto tempo soffre”.

Mci in Europa: mons. Felicolo visita alcune comunità italiane

21 Agosto 2023 - Roma - E' iniziata ieri dal Belgio la visita del direttore generale della Fondazione Migrantes, mons. Pierpaolo Felicolo, ad alcune comunità italiane in Europa. Ieri pomeriggio ha partecipato alla celebrazione della Prima Messa, nella Chiesa della Sacra Famiglia, sede della Missione Cattolica Italiana di Genk, del neo sacerdote italiano, emigrato in Belgio, don Gianluca Loperfido. Mons. Felicolo, oggi sarà con la comunità italiana della cittadina belga mentre da domani, accompagnato dal responsabile della Missione Cattolica Italiana di Genk, don Gregorio Aiello, sarà in Lussemburgo e successivamente mercledì 23 agosto le comunità italiane di  Moers e  Krefeld in Germania. (R.Iaria)

Mci Svizzera: e’ morto don Bressani

18 Agosto 2023 - Cremona - E’ morto questa mattina don Giuseppe Bressani per tanti anni sacerdote impegnato nella pastorale con gli italiani in Svizzera. Nato a Caravaggio, nella diocesi di Cremona, il 14 novembre 1952, don Giuseppe Bressani è stato ordinato sacerdote il 26 giugno 1976. Ha iniziato il proprio ministero come vicario di Fontanella e, sempre come vicario parrocchiale, era stato successivamente a Mozzanica (1983-1990) e Soncino nella parrocchia S. Maria Assunta e S. Giacomo apostolo (1990-1993). Nel 1993 ha raggiunto la Svizzera, dove per quasi trent’anni è stato missionario al servizio degli emigrati italiani nella Svizzera tedesca, ad Aarau, cittadina di 15mila abitanti, capitale del Cantone Argovia. La Missione Cattolica Italiana comprende complessivamente un territorio che si estende su una quindicina di parrocchie, per circa 4.200 nuclei famigliari. Negli anni di ministero in Svizzera don Bressani ha intessuto una buona collaborazione con le parrocchie locali, così come con gli altri missionari presenti nel cantone d’Argovia. L’impegno pastorale negli anni è stato a non ridurre la pastorale ai soli sacramenti, uno forzo supportato dai vari gruppi: quello dei giovani, dei piccolissimi, la corale, quello missionario, ministranti, lettori, ministri straordinari della Eucarestia e un gruppo della terza età. Insomma una comunità vivace capace di realizzare tante attività. “Questo tempo è stato molto bello e crediamo molto fruttuoso – il saluto degli altri missionari d’Argovia al momento del rientro in Italia di don Bressani – per la comunità cattolica di questo cantone. Insieme abbiamo lavorato, reciprocamente ci siamo incoraggiati nei momenti della stanchezza e insieme gioito per i piccoli o grandi successi. La comunità italiana d’Argovia ti deve tanto. Non solo per le tante iniziative messe in atto, ma anche per averci messo il cuore”. Negli anni di servizio di don Bressani erano più di 600mila (compresi coloro che hanno il doppio passaporto) gli italiani presenti nella Confederazione elvetica, con ancora tanti nuovi arrivi da parte di chi superava le Alpi in cerca di un lavoro. Nel giugno 2019 il vescovo Antonio Napolioni aveva fatto visita ai due sacerdoti diocesani missionari in Svizzera: don Bressani e don Francesco Migliorati. Rientrato in Italia alla fine del 2022, don Giuseppe Bressani era collaboratore parrocchiale nella parrocchia Ss. Fermo e Rustico di Caravaggio. A celebrare i funerali, lunedì 21 agosto alle 10, sarà il vescovo di Cremona, mns. Antonio Napolioni. Al vescovo della diocesi di Cremona e alla famiglia la vicinanza della Fondazione Migrantes. (R.I.)

Mci Genk: domenica la prima messa di don Loperfido. Concelebrerà il direttore della Migrantes, mons. Felicolo

18 Agosto 2023 - Genk – Il neo sacerdote italiano, emigrato in Belgio, don Gianluca Loperfido, celebrerà la sua Prima Messa domenica 20 agosto alle ore 15 nella Chiesa Sacra Famiglia, sede della Missione Cattolica Italiana di Genk. Una celebrazione in lingua olandese e italiana, espressione del suo servizio,  “dono anche della Fede della Chiesa d'origine italiana alla Chiesa qui nelle Fiandre”, spiegano alla Mci. Alla celebrazione sarà presente il direttore generale della Fondazione Migrantes, mons. Pierpaolo Felicolo insieme al responsabile della comunità italiana don Gregorio Aiello. Don Loperfido, originario della diocesi di Taranto ma emigrato in Belgio, è stato ordinato sacerdote lo scorso 15 agosto nella parrocchia San Martino di Genk, in Belgio, nel corso di una celebrazione eucaristica presieduta da mons. Patrick Hoogmaartens, vescovo della diocesi di Hasselt.  Nato a Taranto il 21 marzo del 1990 il neo sacerdote ha svolto lavoro pastorale negli ultimi anni in quattro parrocchie della diocesi belga. Mons. Felicolo, dopo la celebrazione della Prima Messa di don Loperfido visiterà, accompagnato da don Aiello, alcune Missioni cattoliche italiane: il 22 agosto in Lussemburgo, mercoledì 23 agosto Moers e  Krefeld in Germania. (Raffaele Iaria)

Mons. Perego: serve uno scatto di umanità

17 Agosto 2023 -
Città del Vaticano - “2060 persone lasciate morire nel mare, tra cui bambini, donne e anziani, è una tragedia che sta diventando sempre più un massacro”. Lo ha detto a Radio Vaticana – Vatican News mons.  Gian Carlo Perego, arcivescovo di Ferrara-Comacchio, Presidente della Commissione per le Migrazioni della Conferenza Episcopale Italiana e della Fondazione Migrantes. “È una situazione drammatica", ha aggiunto, che  che "crescerà sempre di più, perché l’instabilità di diversi Paesi dell’Africa Subsahariana, a cui si sta aggiungendo anche il Niger, non farà altro che creare ulteriori movimenti e cammini”. Le vittime così numerose possono essere paragonate a un popolo che viene lasciato morire, sottolinea ancora l'arcivescovo e “questo deve interpellare la nostra coscienza e la nostra responsabilità". Per il presideente di Migrantes non è il tempo "di sole parole", ma piuttosto è il momento "di ripensare a un’operazione di soccorso nel Mediterraneo che interpelli tutta l’Europa” e che "sia capace di intercettare e salvare le persone. Al tempo stesso, è fondamentale una riforma del sistema di asilo europeo e un piano di cooperazione internazionale nei confronti di tutti i Paesi impegnanti nell’accoglienza. “Questo, però - precisa - richiede molto tempo, nel frattempo c’è assolutamente bisogno che le persone non vengano lasciate morire”. La situazione è preoccupante non solamente in mare, ma anche in un secondo momento, dopo gli sbarchi. Per mons. Perego c’è bisogno di un sistema che possa veramente aiutare le persone a inserirsi nel Paese di arrivo. Sono fondamentali i permessi di protezione umanitaria, grazie ai quali le persone potrebbero mettersi da subito a lavorare e costruirsi così una certa autonomia. “Purtroppo, il sistema di accoglienza in queste ore sta avendo una battuta d’arresto – sottolinea ancora Perego – perché molte persone sono costrette a lasciare i centri per fare posto ai nuovi migranti che stanno arrivando. Ognuno ha bisogno di essere tutelato nella sua dignità e questo è un impegno che noi stiamo portando avanti, aprendo nuove case e centri”. Oggi, per il presidente dell'organismo pastorale della Cei “bisogna dare più possibilità alle persone di poter vivere nella propria terra in pace e di poter avere quei mezzi che possono concedere loro di costruirsi una vita sul territorio”:  anche il tema del debito estero  "è  ancora una piaga che tante volte non permette ai Paesi più poveri di poter impegnare molte risorse in progetti scolastici, sanitari e di sviluppo”. (R.I.)

Card. Zuppi: con l’Assunta, incamminati verso il futuro con occhi e cuori ben alzati

15 Agosto 2023 -
La festa dell’assunzione di Maria al cielo ci aiuta, con la dolcezza di rivolgerci ad una madre, ad alzare gli occhi e guardare il cielo. A volte farlo ci fa provare sgomento, vertigine: relativizza la dittatura del nostro io, abituato a piegare tutto a sé. Se non guardiamo il cielo non capiamo la terra e farlo – non si smette di imparare a contemplare il mistero – ci aiuta a vedere il dono che è ogni persona. L’Assunzione di Maria è la sua nascita al cielo. È la Pasqua di Maria, dopo quella del suo Figlio. La morte è nascita alla vita del cielo, figli nel suo Figlio venuto dal cielo per “portarci” in cielo con Lui. La tradizione voleva che, mentre si stava avvicinando il giorno della fine della vita terrena della madre di Gesù, gli apostoli sparsi ovunque nel mondo, avvertiti dagli angeli, si ritrovarono attorno al letto di Maria. E mentre raccontavano le meraviglie della evangelizzazione, Maria si addormentò. E Gesù venne a prenderla tra le sue braccia per portarla con sé nel cielo. Questa scena è divenuta, in Oriente, l’icona che descrive la festa odierna: Maria distesa sul letto con gli apostoli intorno in preghiera e Gesù al centro che tiene tra le sue braccia una bambina: è l’anima di Maria, divenuta “piccola” per il Regno, e che Gesù conduce accanto a sé sul trono. Potremmo dire che la festa di oggi ricorda l’ultimo tratto di quel viaggio che Maria iniziò subito dopo il saluto dell’angelo, come si legge nel Vangelo della Festa di questo anno. Oggi Maria è giunta a destinazione: la Gerusalemme celeste. È la prima creatura umana che fa il suo ingresso nel mondo di Dio, al seguito del Figlio crocifisso e risorto. Ella porta con sé anche il compimento del suo corpo trasfigurato ad opera dello Spirito d’amore, ed è una donna, una madre. La maternità, che ha segnato il suo corpo per amore, entra nella gloria di Dio. Lo splendore del legame materno, che il corpo custodisce per sempre, arricchisce di tenerezza e di gioia il mondo di Dio.

È la ragione del Magnificat di Maria che diviene – deve diventare – anche il nostro Magnificat. Dio rovescia i potenti dai loro troni, posando il suo sguardo – a loro umiliazione – proprio sull’umile fanciulla di Nazareth. Nel cantico di questa giovane donna dobbiamo saper ascoltare il canto di tutte le donne senza nome, le donne che nessuno ricorda, le donne che vengono considerate inutili se non sono proprietà di un uomo, che vengono umiliate per la loro scelta materna, che vengono consegnate ad una vita di seconda scelta – o anche senza alcuna scelta – che l’economia mondiale tiene saldamente in ostaggio. Queste donne, oggi, sono abbracciate da mani affettuose e forti che le sollevano e le conducono sino al cielo. Sì, oggi è anche la festa dell’assunzione delle donne, violate e consumate, ferite nella dignità della loro condizione e umiliate nella loro cura della generazione. È anche l’assunzione di Dosso Fati e della piccola Marie, sua figlia, morte di stenti nel deserto. Sì, l’assunzione di Maria nel cielo di Dio ci parla di un corpo trasfigurato che nulla e nessuno potrà più sfigurare.

La Madre del Signore ci precede e tutti noi, figli di Dio e di questa madre, prendiamo animo. Prendono animo i giovani: sono invitati per primi come Maria ad alzare lo sguardo, ad affrettare il passo – Maria «in fretta» si recò dall’anziana Elisabetta –, a muoversi verso i loro fratelli e le loro sorelle, superando le montagne e colmando le valli. Ho ancora impressa nei miei occhi la distesa enorme dei giovani a Lisbona radunati attorno a papa Francesco. Un incredibile e significativo movimento giovanile – non corporativo, ma veramente universale – che si è manifestato al mondo intero. Molti erano i giovani italiani. La presenza di papa Francesco ha confermato la commozione e la gratitudine di un segno che ha sorpreso la Chiesa stessa: la rinfranca, la rianima, le restituisce la letizia nella quale, come umile ancella, porta il Signore in grembo. I giovani della Gmg hanno sentito la vibrazione di questa presenza del Corpo del Signore, e ci hanno trasmesso l’irradiazione del mistero della compiuta destinazione di questa vita per ogni figlio e figlia che viene in questo mondo.

I giovani della Gmg, con il loro passo lieto, ne riportano l’incanto nelle loro case, nelle loro strade, nelle loro città, nei loro villaggi. Anche nella nostra Italia. L’impegno a rendere il nostro Paese una terra ospitale per tutti, la decisione di nutrire una fraternità vitale fra i popoli, è nelle corde di questa nuovissima generazione, assai più di quanto non sia nelle nostre più adulte. Dobbiamo riconoscerlo. E a loro spetta il compito e la forza di ispirare un nuovo futuro. Sono la nostra speranza. La loro riscoperta dell’insostituibile contatto con i corpi viventi di molti fratelli e sorelle, che ci rende certi della felice diversità dei singoli e della comune umanità di tutti, promette di farsi inarrestabile e incontenibile. La “religione” della guerra – come anche ogni guerra di religione – apparirà sempre più come un disturbo mentale da curare. La guerra deve diventare insopportabile. L’algoritmo mercantile della competizione e dell’esclusione, che giustifica i privilegi e impone gli scarti, deve avere con loro i giorni contati. Questi giovani, che da grandi saranno sollecitati ad abitare il nostro Paese e la stessa Europa, non lo sopporteranno più. Ed è salutare anche per noi adulti fare spazio alla loro audacia, alla loro voglia di un futuro più pulito, più fraterno, più ospitale. La giovane Maria di Nazareth è un esempio per tutti, per i più giovani anzitutto. Sì, i ragazzi e le ragazze radunati a Lisbona ci stanno davanti: si sono levati per tempo e in fretta si sono incamminati verso il futuro. Contro ogni accidioso pronostico di insuperabile smarrimento, hanno preso l’iniziativa di ridestarci al senso del cammino della terra che abitiamo perché sia bella e abitabile da tutti, nessuno escluso. La Madre del Signore, riconciliata per sempre con il corpo vivente che ha portato il Figlio, certamente dal cielo sorride, compiaciuta per il germoglio di un nuovo cielo e di una nuova terra che a Lisbona abbiamo visto. Alziamoci per sollevare chi non ce la fa, chi soffre, quelli che sono caduti a terra o scompaiono nell’immensità del mare, chi è precipitato nella depressione, chi nell’abisso della solitudine. Così il cielo e la terra si uniscono e possiamo vedere pezzi di cielo sulla terra e pezzi della terra salire al cielo. ( Card. Matteo  Zuppi - arcivescovo di Bologna e presidente della Conferenza episcopale italiana)

Assunzione: la Pasqua di Maria è segno di speranza per l’umanità

15 Agosto 2023 - La Vergine Maria, completato il corso della sua vita terrena, fu assunta alla gloria celeste in anima e corpo. Questo il cuore dell’annuncio che la Chiesa fa in questa solennità del 15 agosto, indicando questo giorno con le parole della tradizione come la “dormitio” o la Pasqua di Maria. La Vergine chiude gli occhi alla terra per riaprirli al Cielo. Un solo istante l’ha separata dal suo ingresso in Cielo e dalla grazia di contemplare di Dio. Alla centralità del dogma, che sembrerebbe riguardare solo lei, si unisce la tenerezza e la sensibilità della Chiesa che così si esprime nella liturgia rivolgendosi al Padre: “Tu non hai voluto che conoscesse la corruzione del sepolcro colei che ha generato il Signore della vita”. Così la festa ci riporta al progetto divino che ha previsto particolari doni di grazia a Maria in vista dei meriti del Figlio e per il bene di tutta l’umanità. Celebrare l’Assunzione di Maria non è solo il ricordo di quanto avvenuto in lei “per la potenza di Dio” ma una prospettiva di grande speranza, sapendo che con lei si è spalancata la strada al Cielo. San Giovanni Maria Vianney, il curato d’Ars, con sacerdotale dolcezza diceva che Maria è salita per prima su scala che il diavolo aveva spezzato e il Figlio aveva ricostruito. Ora lei la tiene ferma dall’alto affinché tutti possano farne buon uso. Possiamo perciò dire che con l’Assunzione si completa la promessa su Maria e si apre il tempo della promessa per tutti noi. Si è così aperto il tempo della speranza e della consolazione nel corso del quale la Vergine ci ricorda che dove lei è già saremo anche noi. L’Assunzione non è quindi la narrazione di un mitologico racconto del “rapimento” verso il Cielo di una creatura, per un capriccio degli dèi, ma l’anticipazione del destino finale per ciascuno uomo che cerca di Dio con sincerità di cuore. In un tempo di smarrimento contempliamo il cielo aperto e in esso il segno grandioso della donna vestita di sole, cioè vestita di Dio; l’invaghimento per la Vergine, condotta nella stanza del Re, è l’invaghimento di Dio per l’uomo, è quella pazzia d’amore di cui Papa Francesco ha parlato ai giovani nell’ultima Giornata mondiale dei giovani.   (Altare Chiesa parrocchiale Santa Maria Assunta - Scala Coeli - CS) È offerta una meravigliosa prospettiva e una sicura promessa all’intera umanità, contro la quale continua a muovere le sue strategie il Maligno che nella parola di Dio è descritto come “l’enorme drago rosso” che precipita giù un terzo delle stelle del Cielo ed è pronto a rapire il figlio. Dio ha preparato un rifugio sicuro per la donna, un rifugio sicuro per il Figlio e per l’intera umanità.Oggi più che mai, mentre nubi tenebrose di guerra e di odio annebbiano il Cielo, creando quella cortina che ci impedisce di guardare verso l’Alto e verso la luce, Maria la piena di Grazia, la piena di Dio, fende la nebbia per far sentire forte la sua presenza a quanti cercano speranza e si adoperano per costruire ponti di amore e di pace. Mentre siamo aggrappati al nostro presente questa festa ci parla del nostro futuro; Maria Assunta in Cielo è la creatura che più di tutte testimonia che il Paradiso è possibile e lei ha già raggiunto la pienezza della salvezza e la trasfigurazione del suo corpo mortale. Tutte le volte che la Madonna si è resa presente alla storia e alle sofferenze dei suoi figli non è mancato mai il richiamo e la prospettiva del Cielo; lei ci aspetta e allo stesso tempo ci sollecita a camminare verso il regno di Dio. La Madre del Signore, immagine della Chiesa stessa, è la garanzia luminosa che il destino di salvezza è assicurato a tutti perché come in lei, così in tutti noi, il Risorto attuerà pienamente la sua redenzione; ella è già quello che anche noi saremo nella nostra pasqua. Questa fede e questa speranza ci liberano dalle paure e dalle angosce della vita presente e ci aiutano a vivere ogni giorno da risorti portando, già qui, nelle oscurità del male la luce del bene. (Enzo Gabrieli)  

Napoli: domani messa internazionale animata dai gruppi etnici

14 Agosto 2023 - Napoli - La Solenne Celebrazione Eucaristica presieduta dall'arcivescovo di Napoli, mons. Mimmo Battaglia, vedrà la partecipazione di tantissimi fedeli napoletani, di turisti e di cattolici appartenenti a gruppi etnici che vivono a Napoli, i quali cureranno le letture bibliche e animeranno la celebrazione con musica, danze e canti etnici. Queste le comunità che hanno garantito la loro presenza: africana-anglofona, africana-francofona, cinese, singalese, etiope-eritrea, filippina, latino-americana- polacca, tamil, ucraina. La celebrazione è coordinata dall’ufficio della pastorale per il turismo, diretto da Don Salvatore Fratellanza, e dall’ufficio Migrantes, diretto da Don Pasquale Langella.  

Papa Francesco: “dolore e vergogna” per i migranti morti in mare

14 Agosto 2023 - Città del Vaticano - "Un altro tragico naufragio è accaduto alcuni giorni fa nel Mediterraneo: quarantuno persone hanno perso la vita. Ho pregato per loro. E con dolore e vergogna dobbiamo dire che dall’inizio dell’anno già quasi duemila uomini, donne e bambini sono morti in questo mare cercando di raggiungere l’Europa". Lo ha detto ieri papa Francesco al termine della preghiera mariana dell'Angelus ricordando i migranti morti in mare per raggiungere l'Europa. "È una piaga aperta della nostra umanità", ha detto incoraggiando "gli sforzi politici e diplomatici che cercano di sanarla in uno spirito di solidarietà e di fratellanza, come pure l’impegno di tutti coloro che operano per prevenire i naufragi e soccorrere i migranti". (R.Iaria)

Emigrato italiano diventa sacerdote in Belgio: la storia di don Gianluca Loperfido

12 Agosto 2023 - Roma - Sarà ordinato sacerdote il prossimo 15 agosto nella parrocchia San Martino di Genk , in Belgio, Gianluca Loperfido, giovane italiano emigrato. Ad imporre le mani mons. Patrick Hoogmaartens, vescovo della diocesi di Hasselt.  Nato a Taranto il 21 marzo del 1990 il neo sacerdote ha svolto lavoro pastorale negli ultimi anni in quattro parrocchie della diocesi belga. “Spesso Papa Francesco ci invita ad andare verso le periferie esistenziali. Io ci sono nato in quartiere periferico dove i problemi erano tanti a causa della precarietà del lavoro, la criminalità, la tossicodipendenza e la povertà soprattutto dagli anni 70 agli anni 90”, dice a www.migrantesonline.it Gianluca: “proprio toccando le ferite di Cristo nei sofferenti che ho imparato che la vita è un dono per gli altri soprattutto per coloro che soffrono e sono emarginati dalla società”. Cresciuto nella parrocchia San Francesco de Geronimo di Taranto, nel quartiere Tamburi il novello sacerdote racconta che da  sempre il parroco don Nino Borsci è stato attento alle diverse situazioni di precarietà del quartiere con la creazione di centri di recupero per persone con dipendenza dalla droga e dall’alcol e per immigrati e senza fissa dimora. “Ricordo – ci dice - che sin da bambino il parroco mi portava con sé a conoscere queste realtà.  Sono cresciuto nella mia parrocchia con i miei altri due fratelli gemelli Roberto e Salvatore, siamo stati chierichetti e abbiamo fatto parte degli scout e ho animato con la chitarra le celebrazioni liturgiche. La Messa, l’Eucarestia è sempre stata la fonte della mia gioia, ero e sono innamorato della Messa, in primo luogo per la bellezza dell’incontro con Cristo e poi per l’incontro e la convivialità con le comunità. Sono state esperienze meravigliose che hanno marcato profondamente il mio cuore”. Tredici anni fa, dopo il diploma, il giovane Gianluca si trasferisce in Belgio, una realtà “a me conosciuta proprio perché ogni anno dopo la scuola trascorrevo le vacanze estive dalla nonna a Winterslag. Proprio a Winterslag, quartiere periferico di Genk, più di 60 anni fa mio nonno si trasferì per lavorare nella miniera di carbone. Purtroppo il nonno non l’ho mai conosciuto perché è morto a 57 anni negli anni 80 a causa della silicosi e un arresto cardiaco. La nonna mi ha sempre raccontato le precarietà e i momenti difficili della loro vita li in Belgio nelle famose baracche con acqua fredda e senza riscaldamento, con tanto sacrifico hanno imparato a costruirsi un futuro con i quattro figli. Anche alcuni di loro hanno lavorato in miniera. Questi racconti ricchi di sofferenza e anche tanta speranza mi hanno fatto maturare personalmente. Ogni anno si recavano in vacanza a Taranto, loro città d’origine ed è proprio lí che mia mamma ha conosciuto mio padre costruendo proprio a Taranto la sua famiglia con ben cinque figli: io sono gemello di Roberto e Salvatore”. All’arrivo in Belgio ha fatto esperienza come cuoco in diversi ristoranti italiani a Genk. È stata una esperienza che mi ha aiutato a maturare la mia scelta vocazionale. “Posso dire – racconta - che la mia scelta di dedicarmi agli altri è nata proprio attraverso tanti incontri con persone in difficoltà, poveri, malati. In quegli anni spesso mi recavo presso la missione cattolica italiana di Waterschei (Genk) dove la comunità di origine italiana mi ha sempre accolto e sostenuto con grande amore e affetto.  Conservo nel mio cuore la loro cura che hanno sempre avuto nei miei confronti. In quegli anni di lavoro sentii forte in me un’inquietudine vocazionale, feci esperienza nel ristorante dove lavoravo di un senza tetto che veniva la notte dopo il mio servizio a prendere del cibo. Con il permesso del proprietario, ogni sera, preparavo del cibo che era avanzato e lo mettevo fuori, il giorno dopo quando vedevo che il cibo era stato preso e consumato, sentivo in me una gioia immensa. Ed è stata proprio questa esperienza che mi ha fatto fare il passo verso il discernimento vocazionale con il missionario italiano a Genk don Gregorio Aiello.  Questa esperienza mi ha fatto comprendere che dovevo dedicare e consacrare la mia vita a Dio che mi chiedeva di dedicare la mia vita a coloro che soffrono e che sono in difficoltà. Ed è proprio questo che continuo a fare con grande gioia”.  Nel 2014 l’ingresso nel seminario maggiore di Lovanio dove ha seguito la formazione filosofica e teologica, ma continuando a “dedicarmi alle persone in difficoltà”.  La “mia” scelta di diventare sacerdote in Belgio è nata “per le mie radici, sono sempre stato legato alla nonna Pasqualina del Belgio. Poi dopo l’esperienza lavorativa non sapevo ancora quale forma dare alla mia vocazione. Ho pensato in quegli anni anche di entrare nei frati minori cappuccini anche per la mia devozione a San Pio da Pietrelcina che ha ispirato la mia vocazione. Ma sapevo che il Signore mi chiamava alla missione in Belgio, una terra multiculturale. In Belgio possiamo ritrovare il mondo in piccolo, ma anche un contesto secolarizzato con poche vocazioni sacerdotali e religiose.  Ho subito dato la mia disponibilità al vescovo della diocesi di Hasselt”.  Dopo otto anni di formazione “ho svolto – continua nel racconto -  un anno di pastorale e un anno come diacono in quattro parrocchie al centro di Genk, in comunità fiamminghe, ma devo dire che a Genk soprattutto le nuove generazioni di italiani è ben presente”. Il neo sacerdote si dice “felice” di dire “Si” al Signore in Belgio, una “nazione che ha bisogno di riscoprire la bellezza dell’incontro con Cristo attraverso l’esperienza in prima istanza della diaconia e facendosi testimoni della bellezza e della gioia di Cristo.  Qui in Belgio le vocazioni sono scarse e nelle chiese la presenza di fedeli non è certo eccessiva, permane in ognuno il bisogno di Dio e di chi aiuti a far riscoprire il senso vero della vita, che si realizza nell’incontro con il Padre. Così ho ritenuto fosse più importante la mia presenza in questa nazione che, come gran parte dell’Europa, ha bisogno di rievangelizzazione”. Don Gianluca celebrerà la sua prima messa il prossimo 20 agosto: a questa celebrazione oltre al responsabile della comunità italiana don Aiello sarà presente anche il direttore generale della Fondazione Migrantes, mons. Pierpaolo Felicolo che nei giorni seguenti visiterà alcune Missioni cattoliche Italiane in Germania e Lussemburgo. (Raffaele Iaria)

Tavolo Asilo: “fermare la deriva del sistema nazionale di accoglienza”

12 Agosto 2023 -

Roma - Il TAI (Tavolo Asilo e Immigrazione) esprime "profonda preoccupazione per l’ennesima grave crisi del sistema d’accoglienza, e si pone in totale disaccordo con l’approccio emergenziale" del Governo che " ancora una volta punta ad ostacolare il diritto d’asilo e il diritto ad una accoglienza dignitosa". A inizio anno, si legge in una nota,  il Tavolo Asilo e Immigrazione ha chiesto di programmare gli interventi di accoglienza, come previsto dalla normativa. Il Tavolo di coordinamento presso il Viminale si è riunito "però solo il 4 agosto, dopo ripetute richieste e sollecitazioni del Tai, non potendo di fatto contribuire ad alcuna programmazione e limitandosi dunque sostanzialmente a prendere atto di misure emergenziali già assunte dal governo senza il coinvolgimento dei territori e del terzo settore.  Le misure prese dal Governo sono sbagliate e inefficaci e non sono affatto legate al numero di arrivi, del tutto prevedibile e gestibile, ma all’assenza di volontà di trovare soluzioni corrette ed efficaci, scegliendo invece un approccio emergenziale: una decisione che alimenta la retorica dell’invasione".  I firmatari della nota, evidenziano che dopo "avere trasformato in poco tempo i CAS in meri parcheggi per richiedenti asilo, eliminando servizi primari quali l’informativa legale e l'assistenza psicologica, il 7 agosto 2023 il Ministero dell'interno ha emanato una circolare con cui ha dato indicazioni alle prefetture di disporre la cessazione immediata delle misure di accoglienza per coloro che sono riconosciuti titolari di protezione internazionale  e speciale, senza aspettare il rilascio del permesso di soggiorno e senza provvedere al loro trasferimento nel SAI. In sostanza, migliaia di titolari di protezione internazionale o speciale stanno per essere espulsi dai CAS e mandati per strada: in questa direzione si stanno muovendo le prefetture. Tale prassi - si legge nella nota Tai - risulta del tutto illegale in quanto i titolari di protezione internazionale e speciale hanno diritto di essere collocati tempestivamente dai Centri di Accoglienza Straordinaria verso il sistema SAI, e non abbandonati nel giro di pochi giorni.   Una così clamorosa violazione di legge è altresì generatrice di enormi problematiche sociali nei diversi territori, dal momento che migliaia di rifugiati privi di mezzi e senza accoglienza si troveranno allo sbando in strada e dunque a carico del welfare locale. In questo modo, oltre a violare il diritto all'accoglienza dei/delle titolari di protezione internazionale e speciale, il Ministero dell’interno si pone in netto  antagonismo con i Comuni, delegando a loro la questione e senza dotazione di risorse.  La soppressione dei servizi nei CAS non solo contrasta con la normativa europea e italiana in quanto si concretizza in un’elusione dell’accesso ai diritti, ma esclude nei fatti la possibilità di riscontrare la vulnerabilità dei richiedenti asilo, specie di coloro che sono sottoposti alla procedura accelerata. Molte vulnerabilità non possono infatti essere rilevate all’arrivo senza personale competente né tanto meno ciò può avvenire dopo il trasferimento nei CAS nei quali, come sopra evidenziato, vengono cancellati anche servizi fondamentali. In questo contesto di totale sbandamento del sistema pare inevitabile il diffondersi di gravi distorsioni,  come nel caso, evidenziato in occasione dell'incontro del tavolo di coordinamento, delle donne vittime di tratta anche provenienti da paesi di origine sicuri".

I firmatari fanno appello  al Presidente della Repubblica, al Governo, alle Istituzioni italiane ed europee, alla società civile, affinché "si arresti immediatamente la deriva del sistema dell’accoglienza e l'intervento istituzionale venga riportato dentro il quadro previsto dalle direttive europee e perché non si rinnovi una stagione di ghetti e di produzione di disagio sociale estremo, scaricato sui territori. È inaccettabile contrapporre richiedenti asilo a titolari di protezione, quando è chiaro l’obbligo dello Stato di predisporre misure di accoglienza per ognuno di loro. È necessario invertire subito la marcia, non solo impedendo che migliaia di persone titolari di diritti fondamentali e inviolabili vengano trasformate in “senza fissa dimora” e abbandonate per strada, ama anche attivando strutture CAS solo ove strettamente necessario e assicurando comunque standard adeguati e dignitosi della persona umana, investendo da subito la maggior parte delle risorse per un forte e veloce ampliamento del sistema di accoglienza SAI, sia per adulti e famiglie che per i minori non accompagnati".

Mons. Renna: “si apra un confronto politico che non prescinda dall’analisi di ciò che sta accadendo sull’altra sponda del Mediterraneo”

11 Agosto 2023 -
Catania - “A dieci anni da quello sbarco, ci chiediamo se non è possibile mettere fine a tutto questo, dopo tante esperienze come quella del 10 agosto del 2013”. Lo scrive in un messaggio l’arcivescovo di Catania, in occasione della commemorazione, ieri sera a Catania, del decimo anniversario del primo tragico sbarco avvenuto a Catania, alla Plaia, all’altezza del Lido Verde. In quella circostanza persero la vita 6 giovanissimi egiziani a pochi metri dalla riva. “La solidarietà dieci anni fa non è mancata e non mancherà mai, finché ci considereremo esseri umani e cristiani; ma facciamo appello alle forze politiche del nostro Paese, a quanti come cristiani sono dediti al servizio del bene comune: quanto tempo ancora si attenderà per una politica sugli immigrati che tenga conto della grave situazione dalla quale fuggono e che fa di loro delle persone semplicemente bisognose di corridoi umanitari? Fino a quando si chiuderanno gli occhi su ciò che precede l’arrivo sulle nostre coste, ossia le situazioni di violenza che vedono protagonisti i Paesi da cui partono, in cui sostano, in cui gli accordi tra nazioni non sono rispettose dei diritti umani?”, si chiede il presule. “È l’ora – la risposta – di una risposta politica, alla quale la nostra coscienza di credenti e Papa Francesco continuamente ci richiamano. È l’ora di una visione politica autenticamente cristiana sui nostri fratelli e sorelle immigrati, e su ciò che è dovuto loro in quanto persone. È l’ora in cui occorre avere una visione della situazione internazionale dei Paesi che si affacciano sul Mediterraneo attenta allo sviluppo integrale, che non può essere tale senza riconoscere i diritti umani e la democrazia”. L’arcivescovo auspica che, “mentre continua l’accoglienza e la tutela da parte dello Stato, mentre la generosità di associazioni e movimenti umanitari continuano senza sosta, si apra un confronto politico che non prescinda dall’analisi di ciò che sta accadendo sull’altra sponda del Mediterraneo”. Poi un invito a guardare “con speranza all’incontro di Marsiglia del settembre prossimo, nel quale ancora una volta la Chiesa vorrà essere ‘lievito nella massa’ perché l’Europa senta il Mediterraneo come luogo che unisce non solo progetti economici, ma progetti di pace, degni di Paesi democratici e delle appartenenze di fede che invocano Dio come Padre. Continueremo a ricordare non solo per un doveroso sguardo a chi non c’è più e a chi è sopravvissuto, ma perché la memoria sia maestra di etica e di politica”.

Lampedusa: il parroco ha incontrato i superstiti del naufragio

11 Agosto 2023 -
Lampedusa - Una stanza dell’hot spot di Contrada Imbriacola a Lampedusa. Due giovani uomini e una donna della Costa d’Avorio, scioccati e affranti dal dolore. Piangono, non riescono nemmeno a parlare. Tanti silenzi. E mazzi di fiori che passano dalle loro mani a quelle del parroco di San Gerlando a Lampedusa, don Carmelo Rizzo, e di altri due sacerdoti venuti a confortare i superstiti dell’ultimo naufragio nel Canale di Sicilia, durante il quale hanno perso la vita almeno 41 persone. Dopo aver visto annegare i propri cari ed essere stati quattro giorni in balia delle onde su un barchino abbandonato, la loro priorità è stata quella di incontrare ieri i sacerdoti e chiedere preghiere per i defunti. Su quattro superstiti tre sono cattolici. Oltre ad un abbraccio e a poche, difficili parole, di incoraggiamento e conforto, don Carmelo ha chiesto i nomi dei familiari morti: Ross, Silvia, Mohammed. “E’ importante che percepiscano di non essere considerati un numero ma persone”.

Don Carmelo Rizzo nella parrocchia di San Gerlando a Lampedusa – foto: SIR

Tutti e tre hanno perso un familiare in mare, mogli, mariti o figli.   Parlavano in francese, sono stati aiutati da un mediatore culturale. “Sono molto religiosi, vogliono affidare i loro defunti a Dio, hanno chiesto di pregare per le loro anime – racconta al Sir don Carmelo Rizzo -. Ci hanno consegnato dei fiori da mettere sulle tre bare che sono nel cimitero di Lampedusa. Non so se si tratta delle salme dei loro cari o è solo un gesto simbolico. Erano molto provati dal dolore, non riuscivano a parlare, ci sono stati tanti silenzi e piangevano. Sono supportati da psicologi e altri operatori. Ho chiesto i nomi dei defunti per ricordarli nelle preghiere e fare in modo che non rimangano nell’anonimato. E’ stata una scena molto triste”. “Può sembrare una stupidaggine ma sentirsi chiamati per nome è importante per far percepire che non sono considerate un numero ma una persona, per farli sentire accolti – precisa -. Spesso li consideriamo solo come immigrati, rifugiati o peggio clandestini. Ma dimentichiamo che ogni uomo ha una identità e un nome”. I sacerdoti hanno chiesto se avevano un desiderio, un messaggio. “Hanno risposto che volevano solo pregare. Non hanno nemmeno la rabbia o la forza di denunciare. Erano molto provati e sotto choc”. “Sono rimasto molto colpito – prosegue – perché chiedevano perdono per i loro defunti -, che Dio li perdonasse per i loro peccati. Nella mia mente si alternavano tanti pensieri e sentimenti: ma come è possibile, che colpa possono avere per chiedere perdono? Noi preti siamo abituati a stare in contatto con la morte, ma circostante così sono davvero dure. Perché si potrebbe fare qualcosa e non si fa”. I sentimenti prevalenti nella comunità lampedusa sono la rabbia, la delusione e l’amarezza, sorgono tante domande: “Perché a Lampedusa dobbiamo ancora assistere a tante tragedie? Una cosa è accogliere le persone, un’altra è trovarsi di fronte a persone defunte. Inoltre sapere che tanti sono dispersi in mare e nessuno può prendersi cura di loro è terribile”. Se si tratta di cattolici non appena le salme vengono dissequestrate  si celebrano i funerali a Lampedusa. Ma quando non si sa l’appartenenza religiosa la prassi è organizzare dei momenti di preghiera ecumenici e interreligiosi alla camera mortuaria nel cimitero di Lampedusa. Spesso partecipano anche dei turisti. “Ognuno prega a modo suo. C’è chi recita una poesia, chi fa un canto, chi delle preghiere nella propria religione. Nei prossimi giorni sicuramente lo faremo”. Intanto nell’hot spot di Contrada Imbriacola al momento la situazione è sotto controllo. Ieri sera erano 700 persone ma continuano i trasferimenti verso Porto Empedocle. Negli ultimi mesi ci sono stati periodi in cui si sono sfiorate le 3.000 presenze. “Ora con la gestione della Croce rossa va molto meglio – conferma il parroco di Lampedusa -. Gli standard sono alti, viene curato il rispetto della dignità umana. Spesso ci chiedono di dare supporto spirituale o di organizzare momenti di preghiera. Con le gestioni precedenti questo non accadeva”. Nonostante la “delusione perenne” vissuta dai lampedusani perché le cose non cambiano, il mese scorso è stato celebrato il decimo anniversario della visita del Papa, l’8 luglio 2013: “Quelle esortazioni contro la globalizzazione dell’indifferenza sembra siano rimaste inascoltate. Sono nel ricordo della storia ma nella pratica non è cambiato niente”, afferma don Rizzo. Il parroco racconta che “la guardia costiera è stremata, hanno chiesto aiuto alle Ong perché non ce la fanno a soccorrere tutti. Hanno turni in mare di 30 ore e devono uscire in continuazione perché le emergenze sono tantissime. Con il vento di maestrale le persone si avventurano con barchini di metallo che navigano a pelo d’acqua, appena c’è un’onda si capovolgono. Meno male che ci sono anche le Ong”. (Patrizia Caiffa - Sir)