Primo Piano

Bari: la solidarietà è il porto più sicuro dove ricominciare a vivere

14 Dicembre 2022 -

Bari - L’Esercito Italiano ha reso il Natale dei bambini e delle famiglie accolte al CARA di Bari ancora più indimenticabile, soprattutto per alcuni di loro: 20 persone migranti, tra le quali ci sono dieci minori, sbarcate dalla nave Humanity 1 (arrivata a Bari con 261 profughi), dopo aver rischiato il naufragio nel mare in tempesta.

La tempesta peggiore queste persone, bambini e adulti, l’hanno sofferta in Libia e ne portano i segni. Domenica 11 è stato il giorno della salvezza e lunedì 12  dicembre quello dell’abbraccio dell’Italia, attraverso una mattinata di festa e solidarietà (che era già in programma), nella quale  il Reggimento Cavalleggeri di Lodi comandato dal Colonnello Lorenzo Urso, (al comando del Reggimento Puglia e Basilicata nell’ambito dell’operazione “Strade Sicure) ha donato a tutti i bambini e agli adulti ospiti del CARA di Bari giochi, tantissimo materiale per l’infanzia, come fasciatoi, biberon, scalda latte e passeggini. Tra i tanti doni arrivati (perché l’Esercito ha coinvolto in questa “operazione natalizia” anche altre realtà), c’erano anche coperte, piumini, presidi sanitari come stampelle, deambulatori e carrozzine. É stato donato anche un defibrillatore nuovo, che è arrivato dall’Associazione Friulana Donatori di Sangue, ma hanno partecipato a questo straordinario dono di Natale anche UNICEF Campania, Caritas di Bari, i militari dell’arma di Cavalleria, gli ex allievi della Scuola Militare della Nunziatella, il Poliambulatorio di Bari Palese e il Poliambulatorio Sanitario della Polizia di Stato della Provincia di Bari.

La Cooperativa Auxilium, che gestisce l’accoglienza e i servizi sociali del CARA di Bari, ringrazia di cuore tutte queste realtà e ha condiviso su Facebook le emozionanti immagini della mattinata, alla quale hanno presenziato il Generale di Brigata Paolo Sandri, Comandante della Brigata Pinerolo, e il Prefetto di Bari Antonia Bellomo: i bambini hanno ricevuto tanti giocattoli, ma anche loro hanno consegnato agli ospiti dei doni. Una stupenda mattinata di gioia, ma sono soprattutto le immagini dei bambini che sono sbarcati ieri dalla Humanity 1 e che oggi sorridono e giocano sereni insieme agli altri, che fanno capire che il vero Natale è questo.

Emergency: salpata ieri da Genova la nave Life support per salvare vite nel Mediterraneo

14 Dicembre 2022 -

Roma - È salpata ieri dal Porto di Genova per la sua prima missione la nave Life support di Emergency, diretta nelle acque del Mediterraneo Centrale. “Che una persona perda la vita sotto le bombe in Ucraina, nelle strade di Kabul o tra le onde del Mediterraneo, per noi non fa differenza: è sempre una persona che muore ingiustamente – afferma Rossella Miccio, presidente di Emergency–. Per anni lo staff di Emergency ha prestato servizio sulle navi umanitarie di altre Ong, contribuendo a salvare migliaia di esseri umani. Oggi, dopo mesi di lavoro, andiamo in mare con una nostra nave, la Life Support, per ribadire il nostro impegno per il diritto alla vita per tutti”. In supporto del nuovo progetto - riferisce l'agenzia Sir - anche due artisti, il cantautore Daniele Silvestri e lo street artist Tvboy. L’esponente del movimento della Street art ha voluto esprimere il proprio supporto ai naufraghi che lì saranno accolti e all’equipaggio della nave realizzando l’opera Emerge – un murales di 3×2 mt che rappresenta due braccia che si afferrano tra le onde. Sulle murate della nave, è scritta la frase di Gino Strada, chirurgo e fondatore di Emergency: “I diritti sono di tutti, altrimenti chiamateli privilegi”, che riassume la filosofia che ispira i progetti dell’organizzazione. La nave, lunga 51,3 mt e larga 12 mt, può arrivare ad accogliere fino a 175 naufraghi, oltre al personale di bordo. Il team della Life support è composto da un totale di 28 persone, di cui 9 marittimi e 19 dello staff Emergency. In particolare il team sanitario è formato da due infermieri, un medico e due mediatori culturali, con esperienza nei progetti in Paesi come Italia, Libia, Yemen, Afghanistan. Una volta soccorsi, i superstiti verranno sottoposti a un triage sanitario durante il quale riceveranno un codice a seconda del quale verranno accompagnati in ambulatorio, sul main deck, in osservazione, sulle panche limitrofe o nella zona di accoglienza all’aperto. Secondo l’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim) dal 2014 ad oggi sono oltre 20.000 le persone morte o scomparse nella rotta del Mediterraneo centrale, ovvero una media di sei persone al giorno. Solo nel 2022 sono oltre 1.300 le persone che hanno perso la vita o che risultano disperse nella rotta migratoria più pericolosa al mondo.

Ismu: il 16 dicembre webinar del progetto Grase contro stereotipi di genere e razza in ambito lavorativo

14 Dicembre 2022 -

Milano - Il 16 dicembre si terrà il webinar conclusivo su “Gender and race stereotypes eradication in labour market access” (Grase), un progetto, coordinato da Fondazione Ismu e finanziato dall’Ue nell’ambito del programma europeo “Rec – Rights, equality and citizenship” (“Diritti, uguaglianza e cittadinanza”), con l’obiettivo di ridurre le barriere nel sistema dei servizi di orientamento al lavoro e selezione del personale, per facilitare l’accesso di donne con un background migratorio a posizioni e settori lavorativi adeguati alle loro competenze. Durante il webinar, che si terrà in lingua inglese, si discuterà con esperte provenienti dai tre Paesi coinvolti nel progetto (Italia, Spagna e Portogallo), che hanno lavorato congiuntamente per due anni. Grase ha realizzato 3 toolkit rivolti agli operatori dei servizi di orientamento al lavoro e selezione del personale e ai tecnici sviluppatori di software per la selezione del personale, al fine di supportarli nel riconoscimento e messa in discussione degli stereotipi nei confronti delle donne con background migratorio. In questa fase finale delle attività del progetto l’obiettivo è aprire un confronto con istituzioni, network e progetti in ambito europeo sui temi sviluppati durante i due anni di attività.

Anci: incontro al Viminale su Msna

13 Dicembre 2022 - Roma - “Il ministro Piantedosi è consapevole delle difficoltà che i Comuni stanno affrontando ed è disponibile a trovare soluzioni che poggino sull’accordo tra prefetti e sindaci”. Così Matteo Biffoni, sindaco di Prato e delegato nazionale Anci all’immigrazione, al termine dell’incontro tenutosi ieri pomeriggio al Viminale in materia di accoglienza di minori stranieri non accompagnati. “Abbiamo portato al ministro proposte concrete, sia per affrontare il tema nell’emergenza sia per attivare risposte strutturali e ordinarie: almeno un centro governativo di prima accoglienza per ogni Regione, con funzioni di screening e prima presa in carico, di competenza statale”, ha detto Biffoni sottolineando che “i centri, che la norma già prevede, devono diventare la porta d’ingresso nel sistema di accoglienza nazionale; tali centri – ha evidenziato – avranno la funzione di prima presa in carico, screening di primo livello delle condizioni dei minori, eventuale accertamento dell’età ove necessario, e verifica di situazioni di tratta”. Da parte sua, “il Ministro - ha proseguito il sindaco di Prato – ha poi condiviso la posizione che vede nel SAI il fulcro della seconda accoglienza, rendendosi disponibile a procedere a significativi ampliamenti dei posti nella rete”. Infine, sull’emergenza di queste ultime settimane, Biffoni ha rimarcato “la necessità di chiarire, a beneficio di tutti i territori, i criteri che consentano un rimborso ai Comuni che siano costretti, in presenza di numeri tali da saturare tutto il circuito delle strutture accreditate, a effettuare collocamenti in via emergenziale”.

Mons. Felicolo: abbiamo gli strumenti per riuscire a dare risposte diverse a chi arriva e ha bisogno d’aiuto

13 Dicembre 2022 - Roma - “Ripensiamo al nostro ruolo nel mondo e proviamo davvero a costruire pace". Lo ha detto oggi a Roma mons. Pierpaolo Felicolo, direttore generale della Fondazione Migrantes, concludendo il convegno alla Pontificia Università Gregoriana per presentare il Rapporto 2022 sul diritto d’asilo. “Siamo chiamati ad un impegno personale, privato e pubblico, ad essere costruttori di pace e ricercatori di una vita dignitosa per tutti, di aiuto vero ai Paesi da cui fuggono tante persone, per restituire dignità – ha affermato -. Come italiani proviamo a dare un esempio a livello europeo per costruire reali relazioni di solidarietà con chi arriva via mare e via terra, che sono i più numerosi, nonostante la narrazione errata che se ne fa. Prendiamo il nostro posto ed esterniamo da che parte stiamo, viviamo il presente con la certezza di fare ciò che è giusto”. Il direttore dell'organismo pastorale della Cei ha invitato a "prendere il nostro posto rispetto alle cose. Esteriamo da che parte stiamo. Viviamo il nostro presente con la certezza di fare quello che è giusto". "Probabilmente - ha aggiunto - la nostra voce è flebile rispetto al memorandum con la Libia, troppo debole. Sappiamo tutti che rimandare persone in Libia significa sottoporre le persone a trattamenti disumani, a violenza e torture. Abbiamo gli strumenti economici, sociali e morali per riuscire a dare risposte diverse a chi arriva e ha bisogno d'aiuto". “Rendiamo concreta la presenza di migranti e rifugiati, perché ci indichino loro stessi i punti di forza e debolezza nei percorsi che li riguardano. L’Italia ha bisogno di crescere e cosa c’è di meglio dell’entusiasmo di chi arriva da noi? Giovani uomini e donne innamorati della vita, nuove generazioni in cammino”, ha concluso.  

Card. Zuppi a Rapporto Asilo Migrantes: “uscire da logica sicurezza ed emergenza e dare stabilità”

13 Dicembre 2022 -
Roma - “In questo momento, in cui c’è un piano che guarda al futuro e si parla anche di flussi, bisogna dare stabilità a qualcosa che non è emergenza, non può essere solo un tema di sicurezza e va affrontato a livello europeo. In realtà tanti Paesi in Europa accolgono molto più dell’Italia. Non ci accorgiamo che non siamo gli unici e che molti fanno di più e non si lamentano come noi”. Lo ha affermato oggi a Roma, alla Pontificia Università Gregoriana, il card. Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Cei, aprendo la presentazione del Rapporto 2022 sul diritto d’asilo della Fondazione Migrantes. “La Chiesa fa politica? Sì. Difende le persone”, ha detto il presidente della Cei rispondendo alle sollecitazioni in sala: “La Chiesa ricorda le persone e si chiede come mai dopo tanti anni non siamo ancora usciti da una logica di sicurezza. Se vogliamo pensare al futuro abbiamo bisogno della presenza di stranieri in Europa. La Chiesa non fa le leggi. Suggerisce, cerca, insiste e ricorda in tanti modi, liberamente, con grande libertà dalle tante soluzioni cromatiche della politica, il grande colore della vita e del rispetto della persona”. E ancora, più avanti: “Per combattere le vie illegali bisogna garantire le vie legali. Non c’è futuro senza, il futuro è solo assieme”. Raccontando alcune storie, come quella di Nasrim, iraniana che vive e lavora in Italia ma si vede negato il permesso di soggiorno, il presidente della Cei ha evocato le “tante Nasrim che manifestano in questi giorni” – il riferimento è all’Iran -, “facendo attenzione ai diritti di cui godiamo e che per tanti sono invece negati”. A margine dell’incontro il cardinale ha invitato inoltre a fare “ogni sforzo per combattere illegalità e corruzione e garantire a tutti la fiducia nel sistema democratico – ha detto riferendosi allo scandalo delle presunte mazzette del Qatar ad esponenti del Parlamento europeo -, nella difesa dell’Europa dei meccanismi democratici”. nel suo interbento il presidente dei vescovi italiani ha detto che per avere anche noi diritto di "piena cittadinanza bisogna garantirlo a tutti”: “quando i diritti sono enunciati e non garantiti è ancora più amaro, ferisce ancora di più, soprattutto pensando all’Europa dei diritti, che devono essere sempre uguali per tutti”, ha sottolineato, facendo riferimento implicito alle diversità di accoglienza tra profughi ucraini (ai quali è concessa la protezione temporanea) e chi viene da altre rotte e Paesi, come denunciato nel report: “Forse c’è stata qualche applicazione non omogenea, se alcuni più contigui si accolgono in un modo e se vengono da un’altra parte no”. Il cardinale ha invitato a “non abituarsi mai” ai numeri, dietro i quali ci sono le sofferenze delle persone: “Quest’anno sono morte 1.800 persone nel Mediterraneo, 1.295 solo sulla rotta verso Italia e Malta. Purtroppo c’è una contabilità che nella sua tragica evoluzione può non ferire più, come nelle guerre che durano da venti e trent’anni e se ne perde la contabilità”. Poi, accennando ai respingimenti verso la Libia, ha aggiunto: “Dobbiamo ricordarci sempre che noi li mandiamo in luoghi disumani. Qui vale l’invito evangelico di non fare agli altri quello che non vuoi sia fatto a te. Nessuno manderebbe se stesso o i propri familiari in quei luoghi infernali dove non esiste nessun diritto”.
  (fonte Sir)

Fondazione Migrantes: Rapporto Diritto Asilo, guardando all’Italia

13 Dicembre 2022 - Il sistema di accoglienza in Italia dopo vent’anni. Poche cose da celebrare e molte su cui intervenire -  L’anno che sta per concludersi sarà ricordato come quello in cui sono definitivamente esplose tutte le contraddizioni e i nodi irrisolti che hanno caratterizzato lo sviluppo del nostro sistema di accoglienza. Ne emergono, in sintesi, una precisa “tensione politica” e una lampante inerzia organizzativa: l’esito è una costante e crescente precarizzazione del diritto all’accoglienza e con essa dello stesso diritto d’asilo. Il 2022 ha visto infatti, nel primo semestre e in particolare dalla fine di febbraio, il sistema nazionale scomporsi e frammentarsi al cospetto della più grande emergenza immigratoria della sua storia ventennale: il flusso dei rifugiati ucraini in fuga dalla guerra. La contraddizione aperta dal cosiddetto “sistema binario” si è aggravata mostrando il proliferare di sottosistemi dedicati, delineando un quadro preoccupante in termini di mancata equità e un sistema inaccessibile al migrante senza mediazione. Vale la pena, dunque, di riprendere in mano il documento Il sistema che ancora non c’è, nel quale quest’anno la rete Europasilo ha elaborato sei proposte per una possibile, necessaria riforma.  
Nel 2022 si è imposto per dimensioni, naturalmente, il flusso di profughi che ha attraversato le frontiere italiane in fuga dall’Ucraina, dimostrando che anche un flusso improvviso di rifugiati di (171.500 a fine settembre), con una portata più che doppia rispetto agli “sbarchi” dal Mediterraneo (71.300 persone alla stessa data) ha un impatto pari a zero sulla stabilità e sulla “sicurezza” di uno Stato come l’Italia. Alla metà di novembre gli arrivi totali via mare saranno 92.917.
Vero è, tuttavia, che la generosa “auto-accoglienza” messa in atto dalla comunità ucraina, con la collaborazione di tanti privati cittadini italiani, ha “salvato” un sistema di accoglienza ristretto e limitato: le 171.500 persone arrivate dall’Ucraina surclassano del 72% la totalità dei rifugiati e richiedenti asilo di tutte le provenienze ospitati nel sistema pubblico alla fine di settembre fra SAI, CAS e centri di prima accoglienza, poco più di 99 mila persone.
   
Arrivi via mare: questo 2022, almeno sino a fine settembre, vede in netto aumento su gommoni, barche e barconi rifugiati afghani e siriani, anche se le tre prime cittadinanze negli “sbarchi” rimangono come nel 2021 quelle tunisina, egiziana e bangladese.
 Sempre in tema di arrivi via mare, per la prima volta il report riesce a documentare nel dettaglio le modalità di approdo sulle nostre coste negli ultimi quattro anni (Paesi di partenza, sbarchi autonomi o in operazioni di search and rescue, fra cui le missioni delle ONG).
 All’attività delle ONG in Italia e nel Mediterraneo è dedicata, poco oltre questi grafici e tabelle, la scheda “ONG e non solo” (p. 350).
Sempre per la prima volta, Il diritto d’asilo apre una finestra anche sulla situazione alle quattro frontiere di terra con Slovenia, Austria, Svizzera e Francia, con le cifre sui migranti “irregolari” rintracciati (in crescita ovunque: oltre 4.800 quelli rintracciati dalla sola polizia di frontiera di Trieste e Gorizia nel 2022 fino a metà settembre, + 12% rispetto allo stesso periodo del ’21), sui migranti “riammessi” oltre frontiera, sulle “riammissioni” in Italia e sui respingimenti dal confine con la Francia (già 27.301 in questo 2022). Sono 33 le “riammissioni” già eseguite verso la Slovenia quest’anno, contro le 18 del medesimo periodo dell’anno scorso.
 Un’altra scheda fa il punto sulla frontiera del Nordovest, dove si gioca il “game italo-francese: i passaggi, i respinti, le vittime e l’accoglienza al di qua e al di là delle Alpi.
   
Alla fine di ottobre 2022 si trovavano in accoglienza in Italia 103.161 fra richiedenti asilo, rifugiati e migranti.
Alla fine del 2021, dopo anni di discesa, si era toccato il minimo dal 2017, con appena 78.421 persone accolte.
Negli anni l’incidenza dei CAS (i centri di accoglienza “straordinari”) sulle accoglienze totali è rimasta preponderante. Se nel 2020 le strutture CAS erano 4.556, nel 2017 hanno toccato la cifra record di 9.132.
Nel corso del 2021 la rete degli enti locali SAI ha toccato il “massimo storico” di persone accolte nei suoi progetti, 42.464. Ma alla fine dell’anno, le persone accolte nei progetti erano meno di 26 mila, appena un terzo del totale di quelle in accoglienza.
   
Sono 2.514 i rifugiati reinsediati in Italia con il programma nazionale italiano di resettlement inaugurato nel 2015. Dopo un “picco” di 985 arrivi toccato nel 2017, il trend annuale è purtroppo precipitato fino a poche unità nel biennio pandemico 2020-2021. Mentre sono appena quattro i reinsediati nei primi otto mesi del 2022.
I corridoi umanitari promossi dal privato sociale e dalle Chiese in collaborazione con i governi hanno permesso di accogliere in Europa dal 2016 all’inizio di settembre 2022 5.074 rifugiati, di cui 4.350 solo in Italia. A queste iniziative si sono aggiunti a partire dal 2019 (per quanto su una scala di grandezza che è ancora molto più ridotta) i programmi dei “corridoi universitari” per studenti rifugiati promossi dalle Università italiane in collaborazione con l’UNHCR e, nel 2021, il progetto dei “canali di studio”, sempre in Italia, per minori non accompagnati rifugiati in Niger.
      La protezione speciale oggi: un incontro ravvicinato del legislatore con la realtà (con qualche resistenza) - Con la “nuova” protezione speciale ridisegnata dal DL 130/2020 la legislazione nazionale in materia di immigrazione e asilo sembra fare i conti con la realtà dei flussi migratori e con la vita concreta delle persone. Questo sforzo meritevole rischia tuttavia di essere vanificato (prima ancora che da eventuali restaurazioni legislative) da interpretazioni restrittive della norma e da prassi amministrative che possono scoraggiare il ricorso alla nuova forma di protezione da parte di chi invece, in essa, potrebbe trovare una via di uscita dall’irregolarità e un percorso di emancipazione e tutela dei propri diritti. Attraverso tre storie “esemplari”, un’analisi delle potenzialità della protezione speciale e delle questioni che oggi ne ostacolano un’applicazione efficace.    
Il 2021 ha visto affermarsi in una qualche misura il riconoscimento della protezione speciale introdotta dal DL 130/2020: 7.092 i riconoscimenti nell’anno, quasi il 14% di tutti i richiedenti esaminati. I primi nove mesi del 2022 hanno visto crescere questa percentuale oltre il 18%. Ma si è ancora al di sotto dei valori che, in passato, otteneva la protezione umanitaria abolita dal primo “decreto sicurezza” del 2018 (dal 21% al 25% di tutte le decisioni).
 
Rispetto al 2020 di lockdown pandemico, nel complesso il 2021 ha registrato un forte aumento di richiedenti asilo nel nostro Paese: da poco meno di 27 mila (per trovare un valore ancora più basso occorre risalire al 2013, con 26.600 richiedenti) a 53.600.
Solo fra gennaio e la metà di settembre 2022 i richiedenti hanno già raggiunto il totale 2021 con 53.500 domande. Ma anche quest’anno si concluderà ben al di sotto dei valori raggiunti nel biennio 2016-2017, durante il quale avevano chiesto protezione rispettivamente 124 mila e 130 mila persone.
Nel 2022 fra i 10 Paesi di provenienza principali (che totalizzano insieme il 70% dei richiedenti asilo registrati) sono cinque quelli che si trovano nelle ultime posizioni del Global Peace Index, cioè fra gli Stati più insicuri del pianeta (aree dell’“indice di pace” basso o molto basso): il Pakistan, la Nigeria, l’Ucraina, l’Afghanistan e la Colombia.
L’incidenza degli esiti positivi fra i richiedenti asilo esaminati continua a presentare un’alta variabilità a seconda delle cittadinanze d’origine: nel 2022 si passa dall’8% per quella tunisina al 95% per quella afghana e al 94% per quella ucraina. Molto basse, nel complesso, le incidenze per le tre cittadinanze principali dei richiedenti esaminati: Pakistan 34%, Bangladesh 20,5% e Nigeria 41%.
3   Non c’è integrazione senza legami. Un approccio interculturale alla coesione sociale - Dalle ricerche condotte in diversi contesti emerge che non è solo importante favorire in modo generale la coesione sociale e il contatto interculturale, ma è anche necessario che le relazioni intergruppi tra comunità ospitante e rifugiati siano oggetto di politiche mirate. In questa direzione va anche l’approccio della cosiddetta “community-based protection”, in particolare nell’accezione secondo cui anche la comunità ospitante (oltre agli stessi rifugiati) dovrebbe essere subito inclusa nella definizione delle priorità e nella programmazione degli interventi. Sulla base di questi spunti, il terzultimo contributo del rapporto Migrantes presenta diverse esperienze di costruzione di legami tra rifugiati e “autoctoni” che si stanno diffondendo in numerosi Paesi europei, concludendo che la coesione sociale e l’accoglienza diffusa sono sicuramente fattori facilitanti ma non di per sé sufficienti a garantire una positiva integrazione.
 Le ultime tre schede della sezione I numeri/3, con una cartina, presentano in sintesi i risultati dell’aggiornamento 2022 del progetto europeo NIEM (National integration evaluation mechanism), che ha studiato la qualità delle normative e delle politiche di integrazione offerte dai governi ai beneficiari di protezione internazionale in 14 Paesi fra cui l’Italia.
    Le navi quarantena tra necessità e limiti alla libertà - Dall’esperienza delle “navi quarantena” utilizzate per la sorveglianza sanitaria dei migranti arrivati via mare fra la primavera del 2020 e quella del 2022, è emerso un quadro discutibile sul quale il sipario si è chiuso con una visione desolante. Oltre alle difficoltà per l’accesso all’assistenza medica e legale, ciò che fa più riflettere è l’aver condotto su queste navi, senza basi giuridiche, anche centinaia di cittadini stranieri risultati positivi al COVID-19 che si trovavano già in centri di accoglienza sul territorio.  Allo stesso tempo, questa misura ha ostacolato in maniera sostanziale le procedure di accesso al diritto di asilo frammentandole e, di conseguenza, portando a provvedimenti di espulsione dei richiedenti una volta scesi dalle navi.  
Nel 2021 sono stati trattenuti a bordo delle navi quarantena 35.305 rifugiati e migranti. Nella prima parte del 2022 (l’esperienza si è conclusa ufficialmente alla fine di maggio) si tratta di 6.922 persone. Di 11 giorni la permanenza media nel ’21 e appena inferiore, 10, nel ‘22.

Fondazione Migrantes: Diritto Asilo, tra l’Europa e l’Italia

13 Dicembre 2022 - “Non dobbiamo lasciare indietro nessuno”: superare discriminazioni e trattamenti differenziali per promuovere una società davvero inclusiva - Il nuovo report sul diritto d’asilo presenta i risultati di un focus group realizzato nel luglio 2022 tra alcuni membri dell’associazione UNIRE (Unione nazionale italiana per rifugiati ed esuli) e non solo, provenienti da Afghanistan, Eritrea, Somalia, Sudan e Venezuela, che hanno vissuto sulla propria pelle l’esperienza dell’esodo e che attualmente vivono in Italia. Questi rifugiati individuano alcune criticità trasversali (fra cui l’atteggiamento assunto da numerosi governi europei che si oppongono ai sistemi di ricollocazione dei rifugiati, il comportamento opposto con cui è stato accolto il massiccio esodo dall’Ucraina, l’approccio eurocentrico dei media e la necessità di garantire pari accesso su vie sicure e legali alle persone in fuga dai conflitti). E portano all’attenzione del pubblico e delle istituzioni alcune proposte di advocacy per riformare le politiche in materia di asilo che a oggi sembrano problematiche e inique. Vietato l’ingresso ai minori senza genitori! I casi del Niger e dell’Ucraina - I minori non accompagnati dai genitori sono uno dei gruppi di rifugiati più vulnerabili in assoluto e così, a livello internazionale e nazionale, sono previste norme e procedure stringenti a loro tutela. Talvolta, tuttavia, il modo in cui tali norme e procedure vengono concretamente applicate produce dei paradossi: vi sono situazioni in cui, di fatto, i minori non accompagnati si trovano a subire trattamenti deteriori rispetto agli adulti e ai minori che vivono con la propria famiglia. È il caso dei non accompagnati rifugiati in Niger, che sono esclusi dai corridoi umanitari verso l’Italia e dagli altri canali legali, nei quali vengono inseriti solo adulti e nuclei familiari. In modo analogo, molti minori ospiti di istituti o case famiglia sono rimasti bloccati in Ucraina, dopo lo scoppio della guerra, a causa di ostacoli burocratici che ne impedivano l’evacuazione, nonostante la grande disponibilità all’accoglienza da parte di famiglie e associazioni italiane.
18.801 I minori stranieri non accompagnati (MSNA) “presenti e censiti” in Italia alla fine di settembre 2022: erano 9.661 alla stessa data dell’anno scorso (+ 94%). Nel 2022 sono arrivati soprattutto dall’Ucraina (6.000, quasi la metà del totale) e poi a seguire, molto a distanza, da Egitto (1.600 circa), Afghanistan, Tunisia, Albania, Bangladesh, Pakistan, Kossovo.
12.776 I nuovi MSNA segnalati in territorio italiano nel primo semestre 2022.
4.730 I MSNA in accoglienza presso privati alla fine di giugno 2022: il 30% di tutti i presenti in Italia a quella data. L’anno scorso erano appena il 3%: l’impennata è dovuta all’arrivo dei profughi della guerra in Ucraina, che sono stati accolti in larga parte da connazionali già residenti in Italia o da italiani.
3.469 I tutori volontari di MSNA iscritti negli elenchi istituiti presso i Tribunali per i minorenni al 31 dicembre 2020, data dell’ultima rilevazione nazionale.
Un milione di euro La cifra prevista dal Bilancio di previsione dello Stato a sostegno dei tutori volontari di MSNA. La Gazzetta ufficiale n. 219 del 19 settembre 2022 ha finalmente pubblicato l’atteso decreto dell’8 agosto 2022 “Disciplina delle modalità dei rimborsi e degli interventi in favore dei tutori volontari dei minori stranieri non accompagnati” che sblocca, appunto, questo stanziamento.
 Una scheda di dati chiave riassume la nuova edizione dell’indagine-inchiesta di Save the Children Nascosti in piena vista, che nella primavera del ’22 ha monitorato gli spostamenti di decine di MSNA “in transito” nel Nord Italia, da Trieste ai varchi di Ventimiglia e della valle di Susa.
 
Gli ultimi quattro anni hanno visto in diminuzione la percentuale di minorenni fra i richiedenti protezione in Italia: dal 15% sul totale registrato nel 2019 e nel 2020 all’11% del dato provvisorio per il 2022, relativo a circa 5.900 bambini e ragazzi registrati fra gennaio e la metà di settembre.
Nelle Commissioni territoriali per il diritto d’asilo i minori continuano (fortunatamente) a registrare una percentuale di riconoscimento nettamente superiore a quella generale: quasi il 74% nel 2022, contro il 45% generale; nell’ultimo anno con dati completi, il 2021, le percentuali erano state rispettivamente il 55% contro il 42%.
 
L’arrivo di MSNA richiedenti asilo nel territorio dell’UE rimane (per quanto in crescita anche rispetto al biennio pre-pandemico) a livelli molto contenuti rispetto al 2015 e al 2016: poco più di 23 mila bambini e ragazzi nel 2021, contro i 92 mila registrati nel 2015 dell’“emergenza migranti” europea e i 60 mila dell’anno successivo.
Per il settimo anno consecutivo la cittadinanza di provenienza dei MSNA richiedenti asilo più numerosa è di gran lunga quella afghana: nel 2015 ha rappresentato oltre la metà di tutti i non accompagnati richiedenti asilo, per tornare a superare il 50% nel 2021.
  Rotte migratorie verso e dall’Albania: le condizioni dei migranti e richiedenti asilo in transito - Un approfondimento sulle migrazioni irregolari e sui richiedenti asilo in transito lungo la rotta albanese. Si tratta di un caso emblematico perché, in seguito alle recenti trasformazioni della rotta dei Balcani occidentali, il Paese, tradizionalmente riconosciuto come realtà di emigrazione, è diventato per un numero significativo di migranti un Paese di transito, e col fenomeno di esternalizzazione delle politiche migratorie da parte dell’UE tende a diventare un luogo di contenimento. L’Albania, infatti, è stato il primo Paese dei Balcani occidentali ad avere siglato nel 2018 un accordo con Frontex (l’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera) per il coordinamento delle attività di contrasto all’immigrazione irregolare, la criminalità e il traffico degli esseri umani.
Nell’ultimo quadriennio sono stimate a meno di 200 le presenze in Albania, a fine anno o a fine semestre, di rifugiati e migranti in viaggio nei cosiddetti “flussi misti”.
Dal 2015 al 2021 è diminuito il numero totale delle persone di “competenza” UNHCR (rifugiati, richiedenti asilo e apolidi) presenti nel Paese: alla fine del ’21 erano meno di un quarto rispetto alla fine del ’15. Ma alla metà del ’22 se ne registravano di nuovo oltre 6.000, per l’arrivo sia di numerosi profughi evacuati direttamente dall’Afghanistan e in attesa di un visto per l’America del Nord (come previsto da accordi Washington-Tirana), sia di profughi dall’Ucraina.
   

Fondazione Migrantes: Rapporto Asilo, dal mondo con lo sguardo rivolto all’Europa

13 Dicembre 2022 - 2021-2022: aumentano le persone in fuga, tra pandemia, conflitti e crisi climatica - Nel 2022, un anno segnato da nuovi e vecchi conflitti, ancora una volta dalla pandemia di COVID-19 e dal cambiamento climatico, il numero di persone in fuga ha superato la soglia dei 100 milioni in tutto il mondo. Oltre il 70% di chi lascia il proprio Paese cerca rifugio in uno Stato confinante e solo una piccola parte arriva in Europa. La carenza di canali d’ingresso legali e sicuri costringe le persone in fuga, pur riconosciute e protette dal diritto internazionale, a mettersi nelle mani di trafficanti e ad affrontare viaggi lunghi e pericolosi, seguendo una varietà di percorsi: le due rotte principali di accesso sono state quella del Mediterraneo centrale e quella balcanica. Sono poi milioni le persone che hanno fatto ingresso in UE dall’Ucraina dall’inizio del conflitto e sono circa 170 mila i cittadini ucraini arrivati in Italia entro la fine di settembre 2022. Il numero di persone in fuga e le richieste di protezione aumentano ovunque. Però le forme di riconoscimento e protezione subiscono una contrazione e una diversificazione che rischiano di creare richiedenti asilo e rifugiati di “serie A” e “B”, mentre chi fugge da disastri ambientali ed effetti del cambiamento climatico ancora fatica a veder riconosciuta il proprio status in assenza di un quadro condiviso.  Alla metà del 2022 le persone in situazione di sradicamento forzato a livello globale (rifugiati, sfollati e richiedenti asilo) hanno raggiunto per l’ennesima volta una cifra senza precedenti: 103 milioni. Il dato equivale ormai a un abitante del mondo su 77, più del doppio di 10 anni fa (un abitante su 167). Sempre nel ’21, i disastri climatici hanno sradicato per periodi più o meno prolungati 23,7 milioni di persone. Alla fine dell’anno gli “sfollati ambientali” erano 5,9 milioni. Si possono ridurre a cinque le “grandi cause” che costringono alla fuga numeri sempre più elevati di persone: guerre (se nel ’22 si è imposta all’attenzione dell’opinione pubblica europea la “vicina” guerra d’Ucraina, il ’21, secondo anno pandemico, ha visto combattere 46 conflitti ignorati dai più, mentre la spesa militare mondiale superava per la prima volta la soglia “psicologica” di 2.000 miliardi di dollari); persecuzioni; disuguaglianze e povertà (fra l’altro con il propagarsi della “nuova disuguaglianza” nell’accesso ai vaccini anti-COVID); fame, sete e cambiamento climatico; ma anche tratta e schiavitù. Le situazioni di sradicamento protratto riguardano quasi 15.900.000 di persone nel mondo, 200 mila in più rispetto al 2020. Negli anni è cresciuta la sproporzione fra la popolazione sradicata all’estero e le risposte che la comunità internazionale le offre in termini di “soluzioni durevoli” (rimpatrio, reinsediamento e integrazione nei Paesi di accoglienza): nel 2021 ne hanno beneficiato appena 543 mila rifugiati, meno che negli anni 2016-2018. Ma un livello ancora inferiore si era già toccato già nel 2019 pre-pandemico.  I 228.240 mila ingressi “irregolari” alle frontiere esterne dell’UE registrati nel ’22 sino a fine settembre, ma anche la tendenza che prospettano per fine anno, rimangono un sottomultiplo dei rifugiati e migranti entrati nell’Unione dalla regione del Mediterraneo durante il 2015 dell’“emergenza” europea: oltre un milione di uomini, donne, bambini. Nel nuovo rapporto Migrantes, tre tabelle di sintesi fanno il punto su ciò che avviene sulla nuova frontiera esterna della Manica dopo la Brexit e sulla frontiera di terra orientale con la Bielorussia, entrambe semi-dimenticate, iper-presidiate ma sempre teatro di stenti e di morte. Verso la fine di ottobre 2022 la stima (minima) dei rifugiati e migranti morti e dispersi nel Mediterraneo è poco inferiore alle 1.800 unità. Ancora una volta a pagare il tributo più pesante sono coloro che tentano la traversata del Mediterraneo centrale, sulla rotta che porta verso l’Italia e Malta, dove si sono contati 1.295 morti e dispersi, contro i 172 del settore occidentale e i 295 di quello orientale. In quest’ultimo alcuni gravi incidenti negli ultimi mesi hanno già portato il valore provvisorio del ’22 quasi al triplo di quello totale del 2021 (“solo” 111 fra morti e dispersi). Il 2021, invece, aveva visto crescere le vittime rispetto all’anno precedente in tutti e tre i settori, con un tragico + 57% nel Mediterraneo centrale. Nel 2021 un aumento impressionante di morti e dispersi si è registrato anche sulla pericolosissima rotta dell’Atlantico occidentale verso le Canarie: dalle 877 vittime stimate nel ’20 alle 1.126 del ’21 (+ 28%). Negli ultimi tre anni, per morti e dispersi la rotta verso l’arcipelago spagnolo si è rivelata più pericolosa anche di quella del Mediterraneo centrale per numero di morti dispersi in rapporto agli arrivi: nelle sue acque si è contata una vittima ogni 20-30 migranti sbarcati. Il 2021 vanta anche il triste “record” del numero di migranti e rifugiati intercettati dalla cosiddetta “Guardia costieralibica e ricondotti (o meglio deportati) in un sistema organizzato di miseria, arbitrio, vessazioni, taglieggiamenti e violenze: 32.400 persone contro le 11.900 del 2020. A partire dal 2017, anno del “memorandum Roma-Tripoli”, i “deportati di Libia” sono ormai 104.500 e a partire dal 2016 118 mila.  La stima globale dei rifugiati con necessità di reinsediamento (resettlement) da precari Paesi di primo asilo nel 2023 supera i due milioni di persone (+ 36% rispetto al 2022). La stima globale dei rifugiati con necessità di resettlement nel 2021 era pari a 1.445.000 persone. Nell’anno ne sono stati effettivamente reinsediati in tutto il mondo 57.500, il 4% scarso. Sono 32.289, invece, i rifugiati effettivamente partiti in reinsediamento nei programmi UNHCR nel periodo gennaio-agosto 2022.  L’applicazione della protezione temporanea per i rifugiati dall’Ucraina: si possono trarre insegnamenti per la politica europea in materia di asilo? -  All’inizio del marzo 2022, l’attivazione della direttiva 2001/55/CE sulla protezione temporanea a favore delle persone fuggite dalla guerra in Ucraina ha costituito un passo importante verso un sistema di protezione più umano. Ma non bisogna dimenticare il pericoloso doppio standard dell’Europa in materia d’asilo. Non solo la politica repressiva dell’Europa nel settore è ancora in pieno svolgimento (basti pensare alla situazione fra Grecia e Turchia, in Libia ecc.). Vi è notizia di squallidi incidenti discriminatori ai danni delle persone di colore al confine tra Ucraina e UE. Mentre solo pochi mesi fa i richiedenti asilo non europei bloccati nelle gelide foreste al confine tra Polonia e Bielorussia sono stati usati come pedine politiche dal leader bielorusso Lukashenko e poi disumanizzati come “attacco ibrido” dai leader dell’UE. Così, è assolutamente necessario sfruttare lo slancio unitario in materia di asilo dimostrato nel contesto dell’Ucraina per rimodellare e riorientare gli sforzi politici verso una maggiore condivisione delle responsabilità tra gli Stati membri dell’Unione. Il fatto che l’Europa sia in grado di assorbire e integrare ampi movimenti di rifugiati invita anche a ripensare e ad abbandonare i discutibili accordi con Paesi terzi e le pratiche illegali alle frontiere volte a tenere fuori i rifugiati. L’Unione Europea “allargata” ha visto fino alla fine di settembre 2022 10 milioni di ingressi di profughi dall’Ucraina dai soli quattro Paesi membri confinanti (ma anche, peraltro, 6,3 milioni di rientri più o meno stabili) e ha registrato oltre quattro milioni di profughi per  il riconoscimento della protezione temporanea attivata dal Consiglio Europeo lo scorso 4 marzo. Tra fine settembre-inizio ottobre 2022, la Polonia accoglieva più di  1.400.000 rifugiati dall’Ucraina (primo Paese UE), ma oltre un milione si trovavano in Germania. Molto più ridotti i numeri dell’Italia, 171 mila circa. In meno di sei mesi, da marzo ad agosto 2022, i soli 27 Paesi membri dell’UE hanno riconosciuto almeno 2.842.000 protezioni temporanee.  Il ritorno dei muri e dei confini nell’Europa di oggi - La proliferazione delle barriere anti-migranti - ben 19 quelle che delimitano tratti di confine esterni ma anche interni alla “zona Schengen”, tutte erette negli ultimi 20 anni - solleva numerose problematiche giuridiche in materia di rispetto dei diritti fondamentali: la principale è quella legata al diritto di accesso alla protezione internazionale. Anche se va riconosciuto che la Commissione Europea si è opposta alle richieste di diversi Stati membri di poter utilizzare fondi dell’Unione per la costruzione di queste barriere di confine, il suo l’operato su una delle più grandi questioni politiche che dilaniano l’Europa è stato debole o inesistente. Ma anche l’irrazionalità di alcune proposte avanzate dall’attuale Commissione presieduta da Ursula von der Leyen, insieme alla visione complessiva che le sorregge, è un segno inquietante di un’involuzione del processo di costruzione del sistema comune di asilo nell’UE.  Gli ultimi anni hanno visto in netta crescita gli attraversamenti “irregolari” delle frontiere esterne dell’UE dai Balcani occidentali: dai 5.900 del 2018 ai 106.400 dei primi nove mesi di questo 2022, anche se la cifra, nel complesso, riflette i ripetuti, faticosi tentativi compiuti spesso da singole persone. Nel rapporto, tre tabelle e un grafico descrivono da un lato l’enormità del fenomeno dei respingimenti attuati alle frontiere e dichiarati dagli Stati balcanici membri dell’UE (Slovenia, Croazia, Ungheria, Romania e Bulgaria) e dall’altro l’esiguità dei sistemi d’asilo in almeno tre di essi: la Croazia, la Slovenia e soprattutto l’Ungheria di Viktor Orbán, che nel 2021 ha riconosciuto una forma di protezione ad appena 40 richiedenti asilo. Un focus sui respingimenti illegittimi (pushback) diretti o indiretti raccoglie i dati delle fonti più autorevoli relativi alle varie frontiere esterne e interne dell’Unione. Una cifra per tutte: l’OIM conta almeno 252 rifugiati e migranti che hanno perso la vita in azioni realizzate dalle autorità europee e denunciate dai sopravvissuti come pushback fra il 2021 e l’ottobre 2022.  Nel 2021 hanno chiesto asilo per la prima volta nel territorio dell’Unione Europea circa 537 mila persone: + 29% rispetto al 2020. E il primo semestre ’22 vede già 365 mila richiedenti, contro i 201 mila dello stesso periodo del ’21. La Siria (circa 99 mila richiedenti nel ’21) e l’Afghanistan (85 mila) sono ormai da anni le cittadinanze principali delle persone che cercano protezione nell’UE. A seguire, nel 2021, Irak, Pakistan, Turchia, Bangladesh, Venezuela, Somalia, Marocco e Colombia. Rispetto al 2020, il 2021 ha visto nel territorio dell’Unione Europea un numero di decisioni in prima istanza sui richiedenti asilo di poco superiore (circa 524 mila contro 521 mila), ma una diminuzione di decisioni positive (202 mila contro 212 mila), registrando dunque un tasso di riconoscimento pari al 38,5%, contro il 40,7% dell’anno prima. Sempre nel ’21 l’UE ha garantito protezione a 274 mila richiedenti (riconoscimenti dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria o umanitaria fra prima istanza e istanza finale su ricorso). Ma anche questo dato complessivo è in calo rispetto ai due anni precedenti.  Dal 2020 all’ottobre 2022 il Voluntary relocation scheme della Commissione Europea ha permesso di ricollocare dalla Grecia 5.001 fra richiedenti asilo “vulnerabili”, minori non accompagnati e rifugiati riconosciuti. Nello stesso periodo, sporadiche operazioni a favore dell’Italia hanno realizzato la relocation di poco più di 800 persone.   Quattro tabelle e un grafico fanno il punto sulla “contabilità” recente del farraginoso meccanismo (regolamento Dublino III”) con il quale l’Unione Europea continua a stabilire lo Stato membro (o “associato”) competente per l’esame di un richiedente asilo. Nel 2021 il Paese che ha effettuato più trasferimenti “Dublino” di richiedenti asilo è la Francia (3.145), seguita dalla Germania. Quest’ultima è stata invece il principale Paese ricevente (4.274 richiedenti ricevuti), seguita dall’Italia (1.525 secondo Eurostat e 1.468 secondo il Viminale).  

Fondazione Migrantes: presentato il Rapporto Asilo 2022. La sintesi

13 Dicembre 2022 - Roma - Diritto d’asilo, anno 2022. L’anno in cui la guerra d’Ucraina nel giro di poche settimane ha disperso nel cuore d’Europa rifugiati e sfollati a milioni, come non si vedevano dai tempi della Seconda guerra mondiale. L’anno già difficile in cui l’Europa ha saputo accogliere milioni di profughi senza perdere un decimale in benessere e “sicurezza” (oltre 4.400.000 le persone registrate per la protezione temporanea solo nell’UE fino all’inizio di ottobre). Ma anche l’anno in cui la stessa Unione e i suoi Paesi membri hanno fatto di tutto (hanno continuato a fare di tutto) per tener fuori dai propri confini, direttamente o per procura, ora decine di migliaia, ora migliaia, ora poche centinaia o decine di migranti e rifugiati altrettanto bisognosi di protezione (se non ancora più fragili): è avvenuto dalla Grecia a tutti i Balcani, dalla Libia alla frontiera con la Bielorussia, dalle enclave spagnole sulla costa africana alle acque mortifere del Mediterraneo e dell’Atlantico sulla rotta delle Canarie fino, ultima “novità” dell’anno, ai moli dei porti italiani. Cioè quelli di un Paese i cui governi di ogni colore ripetono da anni che l’«Italia non può fare tutto da sola», ignorando le statistiche sui rifugiati presenti nei Paesi europei che l’UNHCR, l’Agenzia ONU per i rifugiati, aggiorna ogni semestre. Alla fine dello scorso giugno, ormai nel pieno della crisi umanitaria ucraina, vivevano in Italia poco meno di 296 mila “rifugiati” (cioè rifugiati in senso stretto e persone con protezione complementare o temporanea, e quindi profughi ucraini inclusi: la cifra equivale a cinque persone ogni mille abitanti). Però alla stessa data i rifugiati in Francia erano 613 mila e in Germania addirittura 2.235.000. Alla fine del ’21, prima della guerra, i rifugiati in Italia calcolati dall’UNHCR erano solo 145 mila, mentre però la Francia ne ospitava già mezzo milione e la Germania 1.256.000. Quanto all’incidenza sulla popolazione, la Grecia già sosteneva un carico multiplo rispetto a quello italiano: quasi 12 rifugiati ogni 1.000 abitanti contro i nostri due o poco più; e persino la Bulgaria ne contava tre ogni 1.000. Mentre sempre nel ’21, se l’Italia ha registrato 45.200 richiedenti asilo per la prima volta, la Germania ne ha registrati 148.200, la Francia 103.800 e persino la Spagna ne ha ricevuti di più, 62.050 (dati Eurostat). Viene così da chiedersi chi dovrebbe prendersi i migranti da chi, per restare al livello dell’attuale “dibattito” nell’UE. (Piuttosto, occorrerebbe discutere del fatto che le persone che sbarcano sulle nostre coste, a differenza di molte altre che chiedono protezione nell’Europa continentale, devono essere prima salvate da un mare pericoloso con missioni di soccorso degne di questo nome e dovrebbe essere loro risparmiato l’inferno di Libia: qui sì, è vero che l’Italia non può farcela da sola).  Ma i bambini sono davvero “tutti uguali”?   Ma intanto ci troviamo in «un’Unione europea e un’Italia “sdoppiate”, solidali con gli ucraini e discriminanti e in violazione dei diritti umani e delle convenzioni internazionali con altri - scrivono nell’Introduzione a Il diritto d’asilo. Report 2022. Costruire il futuro con i migranti e i rifugiati (Tau Editrice 2022, pp. 440) le curatrici Mariacristina Molfetta e Chiara Marchetti -: Per qualcuno le frontiere sono aperte, mentre per altri non lo sono nemmeno i porti dopo un naufragio. A essere a rischio è lo stesso diritto d’asilo e persino lo stato di salute delle nostre democrazie. In questo quadro di pesanti trattamenti discriminanti sia internazionali che nazionali si aprono interrogativi scomodi: i bambini sono davvero tutti uguali? Godono tutti degli stessi diritti? Le persone in fuga da conflitti e guerre che hanno già perso la casa e magari persone care non sono tutte uguali e non hanno tutte gli stessi diritti? Provocatoriamente ci viene da chiederci se invece per avere accesso a questi diritti bisogna essere biondi o cristiani o venire dal continente europeo…».   Per uscire dall’impasse E tuttavia il nuovo rapporto della Fondazione Migrantes, come sottolineano ancora Molfetta e Marchetti, «non rinuncia a proporre in ogni settore – dall’ambito legale a quello sociale ed etico – possibili strategie per uscire dall’impasse, riconoscendosi nell’orizzonte di senso a cui bisognerebbe tendere, ancora una volta tratteggiato dalle parole di papa Francesco in occasione della 108ª Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato, Costruire il futuro con i migranti e i rifugiati. Con tutti i migranti e i rifugiati: non solo con quelli che ci piacciono o che sentiamo più vicini a noi, perché solo così si potrà tendere a realizzare anche in terrà pace e giustizia».    

Viminale: 98.179 persone migranti sbargate sulle coste italiane

12 Dicembre 2022 -
Roma - Sono 98.179 le persone migranti sbarcate sulle coste italiane da inizio anno. Il dato è stato diffuso dal ministero degli Interni, considerati gli sbarchi rilevati entro le 8 di questa mattina. Di questi 20.098 sono di nazionalità egiziana (21%), sulla base di quanto dichiarato al momento dello sbarco; gli altri provengono da Tunisia (17.543, 18%), Bangladesh (14.182, 15%), Siria (8.221, 8%), Afghanistan (6.846, 7%), Costa d’Avorio (4.978, 5%), Guinea (3.824, 4%), Pakistan (3.035, 3%), Iran (2.261, 2%), Eritrea (2.056, 2%) a cui si aggiungono 15.135 persone (15%) provenienti da altri Stati o per le quali è ancora in corso la procedura di identificazione. Fino ad oggi sono stati 12.100 i minori stranieri non accompagnati ad aver raggiunto il nostro Paese via mare. Il dato è aggiornato a oggi, 12 dicembre. I minori stranieri non accompagnati sbarcati sulle coste italiane lungo tutto il 2021 sono stati 10.053, 4.687 nel 2020, 1.680 nel 2019, 3.536 nel 2018 e 15.779 nel 2017.

Migrantes Prato: il viaggio di Anyta e Slavik per l’Ucraina

12 Dicembre 2022 - Prato - La solidarietà non si ferma. Da mesi dalla parrocchia della Resurrezione di via Tommaso Pini di Prato, ogni venerdì, Anyta e Slavik partono con un furgone carico di beni umanitari alla volta dell'Ucraina. A coordinare il tutto è don Gabriele Bejenaru, direttore dell'ufficio Migrantes di Prato e vice parroco della Resurrezione. Fin dall'inizio della guerra in Ucraina il sacerdote si è prodigato per far arrivare beni di prima necessità agli sfollati in fuga dal conflitto, sia tramite la Caritas diocesana di Prato che un’associazione rumena, e ora anche grazie all’ausilio di due collaboratori ucraini. «Già da tempo mandiamo questi aiuti in Ucraina con i nostri collaboratori ucraini Anyta e Slavik. Grazie a loro stiamo aiutando, come possiamo la popolazione ucraina che soffre», dice don Gabriele. Le richieste di aiuto sono ancora tante, da qui il nuovo appello dell’Ufficio Migrantes per aiutare il popolo ucraino. «In questo tempo di Avvento l’appello è quello di aiutare il popolo ucraino all’inizio dell’inverno – spiega ancora il sacerdote -. Stiamo raccogliendo aiuti economici e beni di prima necessità per aiutare i profughi ad affrontare il gelido inverno senza luce, gas e acqua. Tutto è benvenuto». In particolare è possibile donare coperte, calzini invernali da donna e per bambini (età 1-7 anni), cibo in scatola (fagioli, riso, carne, tonno), biscotti, latte a lunga conservazione, latte in polvere e pannolini (età 1-3 anni). Il punto di raccolta è la parrocchia della Resurrezione. Da qui, ogni venerdì, Slavik e Anyta caricano il furgone e partono. Ventiquattro ore di viaggio per arrivare in Ucraina. Una volta sul posto il materiale viene distribuito tra le varie realtà del territorio. «Dividiamo le cose un po’ per tutti, famiglie, scuole, ospedale – aggiungono Anyta e Slavik -. L’importante è avere qualcosa da portare. Ci sono tante persone che chiedono aiuto». Tempo un paio di giorni e Anyta e Slavik tornano in Italia, per poi ripartire nuovamente la settimana successiva.

Povertà sanitaria: 390.000 persone nel 2022 hanno chiesto aiuto per faresi curare

12 Dicembre 2022 - Roma - Nell’anno in corso, le persone in condizioni di povertà assoluta sono 5 milioni 571 mila persone (9,4% della popolazione residente). Circa il 7% di queste (pari a 390 mila individui) si è trovato in condizioni di povertà sanitaria. Ha dovuto, cioè, chiedere aiuto ad una delle 1.806 realtà assistenziali convenzionate con Banco Farmaceutico per ricevere gratuitamente farmaci e cure. È quanto emerge dal 10° Rapporto Donare per curare – Povertà Sanitaria e Donazione Farmaci realizzato con il contributo incondizionato di IBSA Farmaceutici e ABOCA da OPSan – Osservatorio sulla Povertà Sanitaria (organo di ricerca di Banco Farmaceutico). I dati sono stati presentati oggi in un convegno promosso da Banco Farmaceutico e AIFA. Dal rapporto emerge che nonostante l’impronta universalistica del nostro Servizio Sanitario Nazionale (SSN), parte consistente della spesa farmaceutica resta a carico dei cittadini. In particolare, nel 2021 (ultimi dati disponibili) il 43,5% (cioè 3,87 miliardi di euro) della spesa farmaceutica è stata pagata dalle famiglie (+6,3% rispetto al 2020), con profonde differenze tra le possibilità di quelle povere e quelle non povere. Una persona indigente, ha a disposizione un budget per la salute pari a soli 9,9 euro al mese, mentre una persona non povera ha a disposizione sei volte tanto, cioè 66,83 euro mensili. Limitandoci al budget per l’acquisto di farmaci, i poveri hanno a disposizione solo 5,85 euro, mentre i non poveri 26. Il 60% della spesa sanitaria dei poveri è destinata alla spesa per farmaci a fronte dell’equivalente 38% delle famiglie non povere. Questo perché il SSN non offre alcuna copertura per i farmaci “da banco”, non avendo introdotto distinzioni tra chi è sotto la soglia di povertà e chi è al di sopra, si legge nel Rapporto. Le difficoltà economiche lambiscono anche le famiglie non povere: nel 2021 hanno cercato di ridurre le spese sanitarie (rinunciando o rinviando a visite mediche/accertamenti periodici) complessivamente oltre 4 milioni 768 mila famiglie (10 milioni 899 mila persone), di cui quasi 639 mila (1 milione 884 mila persone) in povertà assoluta. La rinuncia alle cure è stata praticata da 27 famiglie povere su 100 a fronte di 13 famiglie non povere su 100, per un totale di 15 famiglie su 100. "La povertà sanitaria continua a rappresentare un grave problema per migliaia di famiglie povere, mentre sacrifici e rinunce riguardano sempre più spesso anche quelle non povere. Purtroppo, le condizioni di chi vive in Italia non sono destinate, nell’immediato futuro, a migliorare; questo, a causa di alcuni effetti persistenti della crisi economica derivata dalla pandemia, e della grave situazione internazionale. Speriamo che i dati del nostro Rapporto siano letti con attenzione dalle istituzioni, e che rappresentino per esse uno strumento per comprendere più a fondo i bisogni di chi è in difficoltà e attuare, così, misure e politiche in grado di rispondervi con efficacia", ha dichiarato Sergio Daniotti, presidente della Fondazione Banco Farmaceutico onlus.          

Mons. Satriano: “la storia ferità dei poveri del mondo ci invita a tessere e ricucire la trama del convivere”

12 Dicembre 2022 -
Bari - Ieri “un ‘presepe’ di umanità, ferita e violata, è approdato al porto di Bari. La città si è dimostrata, come suo stile, accogliente e cordiale mediate la presenza di tutto l’apparato istituzionale e operativo. Ho potuto apprezzare quanto la nostra gente sia generosa e attenta in questi momenti delicati e vibranti”. Lo ha dichiarato, ieri, l’arcivescovo di Bari-Bitonto, mons. Giuseppe Satriano, in occasione dello sbarco a Bari della nave “Humanity 1”. “La storia ferità dei poveri del mondo interpella la nostra e ci invita a tessere e ricucire la trama del convivere, sapendo sgretolare quel muro di pregiudizi che troppo spesso alimenta una rabbia sterile nella quale naufraga l’umanità”, ha concluso il presule.

Migrantes Emilia Romagna: il pellegrinaggioa Piacenza sulle orme di mons. Scalabrini

12 Dicembre 2022 -
Piacenza - “Padre dei migranti”: è il titolo con il quale viene onorato un santo recentemente canonizzato, San Giovanni Battista Scalabrini, che dal territorio di Piacenza della quale fu vescovo dal 1875 al 1905, estese il suo zelo di pastore anche alle centinaia di migliaia di italiani che in condizione di grande miseria migravano verso le Americhe. I direttori diovecasi Migrante dell’Emilia Romagna, accompagnati da cappellani delle comunità etniche e da fedeli immigrati provenienti da tutta la regione, hanno vissuto sabato 10 dicembre un intenso momento di pellegrinaggio alla Cattedrale di Piacenza, guidati dal vescovo delegato per questo settore, mons. Gian Carlo Perego che è anche presidenza della Fondazione Migrantes.
Dopo la visita alla cattedrale, restaurata nelle sue forme medievali proprio dalla volontà di Scalabrini, si è tenuta la celebrazione eucaristica nella cripta. Mons. Perego nell’omelia ha sottolineato  i tratti salienti e attuali della vita del santo. Dopo la celebrazione  la visita alla Casa Madre dei religiosi Scalabriniani con il museo dell’emigrazione che racconta la storia dell’esodo di tanti italiani che attraversarono l’Oceano.

Quale volto ha il Messia che Giovanni si attende? Quale volto ha per l’uomo?

12 Dicembre 2022 - Città del Vaticano - Aveva pianto l’8 dicembre scorso davanti la statua della Madonna in piazza di Spagna, pensando ai bambini, agli anziani, ai padri e alle madri, ai giovani della martoriata terra dell’Ucraina. A Maria avrebbe voluto portare il ringraziamento “per la pace che da tempo chiediamo al Signore”. In questa domenica, la terza di Avvento caratterizzata dall’invito alla gioia, i bambini portano in piazza San Pietro le statuine di Gesù Bambino e Papa Francesco chiede loro di pregare affinché il Natale “porti un raggio di pace ai bambini del mondo intero, specialmente a quelli costretti a vivere i giorni terribili e bui della guerra, questa guerra in Ucraina che distrugge tante vite, e tanti bambini”. E pace chiede anche per il Sudan, dove sono riesplosi violenti scontri; paese che visiterà il prossimo febbraio insieme all’arcivescovo di Canterbury e al moderatore della chiesa di Scozia. Domenica nella quale troviamo Giovanni Battista in catene nell’oscurità del carcere, che manda i suoi discepoli a chiedere a Gesù: “sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?” Che domanda drammatica, complessa ci offre il Vangelo di Matteo. Giovanni si trova al termine della sua missione e dubita, si interroga; come dire, non riconosce nel Cristo il Messia che lui ha predicato. Domanda che nasconde un altro interrogativo: quale volto ha il Messia che Giovanni si attende? Quale volto ha per l’uomo? Forse “un Messia severo che, arrivando, avrebbe fatto giustizia con potenza castigando i peccatori. Ora, invece, Gesù ha parole e gesti di compassione verso tutti, al centro del suo agire c’è la misericordia che perdona”. Certo sconvolge questo Gesù che sta a mensa con i peccatori, entra nella casa del pubblicano, che perdona e chiama alla conversione. Giovanni, dunque, è assalito dal dubbio, eppure aveva battezzato Gesù, indicandolo ai discepoli come l’Agnello di Dio. “Anche il più grande credente – afferma il Papa all’Angelus – attraversa il tunnel del dubbio. E questo non è un male, anzi, talvolta è essenziale per la crescita spirituale: ci aiuta a capire che Dio è sempre più grande di come lo immaginiamo; le opere che compie sono sorprendenti rispetto ai nostri calcoli; il suo agire è diverso, sempre, supera i nostri bisogni e le nostre attese; e perciò non dobbiamo mai smettere di cercarlo e di convertirci al suo vero volto”. Con le parole del grande teologo Henri de Lubac, Francesco ricorda che Dio “occorre riscoprirlo a tappe… talvolta credendo di perderlo”. Come fa Giovanni Battista, il quale, “nel dubbio, lo cerca ancora, lo interroga, ‘discute’ con lui e finalmente lo riscopre”. Anche noi, afferma il vescovo di Roma, possiamo trovarci “nella sua situazione, in un carcere interiore, incapaci di riconoscere la novità del Signore, che forse teniamo prigioniero della presunzione di sapere già tanto su di lui”. Giovanni ci insegna a non chiudere Dio nei nostri schemi: “abbiamo le nostre idee, i nostri pregiudizi e affibbiamo agli altri delle rigide etichette”; abbiamo nella testa l’immagine di un “Dio potente che fa ciò che vuole, anziché il Dio dell’umile mitezza, il Dio della misericordia e dell’amore, che interviene sempre rispettando la nostra libertà e le nostre scelte”. Ricordava Benedetto XVI: “non è la violenta rivoluzione del mondo, non sono le grandi promesse che cambiano il mondo, ma è la silenziosa luce della verità, della bontà di Dio che è il segno della sua presenza e ci dà la certezza che siamo amati fino in fondo e che non siamo dimenticati, non siamo un prodotto del caso, ma di una volontà di amore”. L’Avvento, dunque, è un tempo in cui, ricorda il Papa, “anziché pensare ai regali per noi, possiamo donare parole e gesti di consolazione a chi è ferito, come ha fatto Gesù con i ciechi, i sordi e gli zoppi”. E trovare il volto di Dio nei volti dei bambini anche di quelli che in piazza San Pietro sono venuti tenendo in mano il bambinello; nei volti dei tanti bambini feriti dalla guerra, in viaggio sulle rotte dei migranti, stremati dalla fame e dalla miseria. Lo troviamo in coloro che hanno offerto la propria vita per gli altri, in tanti testimoni della fede. L’Avvento, allora, “è un tempo di ribaltamento di prospettive, dove lasciarci stupire dalla grandezza della misericordia di Dio”. (Fabio Zavattaro - SIR)

Vangelo Migrante: III domenica di Avvento

7 Dicembre 2022 -
Le parole dal ritmo festoso e incalzante del profeta Isaia ci introducono nella III domenica del tempo forte dell’Avvento, che viene definita della gioia; le stesse parole del profeta sono un chiaro invito a rallegrarci, poiché quanto sta per accadere sarà per tutta l’umanità un chiaro motivo di gioia. Come un timpano o un tamburo incoraggiano e segnano il passo della nostra vita; in un tempo di essenzialità e riflessione ci invitano ad alzare lo sguardo, a puntarlo verso l’oltre, verso la meta della vita. Siamo dunque invitati alla gioia, uno stato che non trova la sua essenza in quello che il mondo può donarci e che è possibile assicurarsi, quanto piuttosto nell’ottenere un qualcosa del tutto inaspettato. Dal punto di vista biblico questo sentimento sorge poiché il Messia, l’atteso dalle genti, sta per arrivare, già l’essere consapevoli che Lui si sta avvicinando è motivo di rallegramento. Tutto il primo testamento, con i suoi patriarchi, mediatori, re, sacerdoti e profeti, è stato una preparazione alla venuta del Cristo, Egli avrebbe realizzato le attese del popolo eletto da Dio. Ottenere un sicuro risultato non potrà mai suscitare gioia, per questo Gesù, come evidenzia il Vangelo di oggi, si manifesta come una novità assoluta poiché realizza la volontà del Padre, non tramite la via della violenza e della forza, ma per mezzo dell’amore. La gioia, dunque, è l’inaspettato che si concretizza, che ha come sua radice il dubbio, così come è stato per Giovanni Battista, il quale rimane spiazzato dalle parole e dall’atteggiamento dell’Agnello di Dio. La risposta che quest’ultimo riceve da Gesù manifesta in modo chiaro che Dio ha deciso di non spargere sangue, di non muovere nessuna guerra: i romani continueranno a imperare e lo stato d’Israele a essere diviso sotto vari regimi. Il Cristo, dunque, compie qualcosa di inatteso e insperato in quanto sana le debolezze di colui che ha perso la fede, di chi si è smarrito lungo il cammino della vita; gli esclusi ritornano a riacquistare i loro diritti di persona, l’orecchio di ciascuno è in grado di ascoltare la parola del Signore, colui che è nel peccato e per questo un invisibile, ritorna a relazionarsi con la comunità umana: Dio è per tutti, il suo amore ci rende suoi famigliari, suoi figli. La gioia adempie delle attese, ma tramite eventi mai lontanamente immaginati: Dio è il misericordioso redentore, Egli si identifica con il povero che invoca aiuto. Giovanni nella sua, racchiude tutte le nostre domande e Gesù con la sua risposta suscita gioia e ci fa dimorare in essa. La domanda del Battista è frutto di un processo esistenziale di ricerca, quest’ultimo non è una canna sbattuta dal vento, bensì ha ben chiara l’essenza della vita. Il suo interrogativo può scaturire solo nel momento in cui si decide di uscire dalle mode, nello scostarsi dalla corrente comune, nel non piegare la testa all’inclinazione del pensiero forte del momento. Il Battista è la sentinella che sta davanti a Dio anche se ancora non lo ha raggiunto, il suo sguardo verso il fine lo erge sulle mura di un’umanità disperata e dolorante. Giovanni da profeta non si astrae dal nostro oggi, è pienamente concentrato sul presente verso cui indirizza l’invito alla conversione, la sua testimonianza ci pone due antichi interrogativi: chi siamo e dove ci troviamo. La parola di Gesù trovi posto nel nostro cuore e guarendo le nostre ferite spirituali, ci aiuti ad alzare il nostro sguardo. (Luca De Santis)
 

Viminale: da inizio anno sbarcate 96.816 persone migranti sulle coste italiane

7 Dicembre 2022 -
Roma - Sono 96.816 le persone migranti sbarcate sulle coste italiani da inizio anno ad oggi.  Il dato è stato diffuso dal ministero degli Interni, considerati gli sbarchi rilevati entro le 8 di questa mattina. Di questi 20.041 sono di nazionalità egiziana (21%), sulla base di quanto dichiarato al momento dello sbarco; gli altri provengono da Tunisia (17.539, 18%), Bangladesh (14.099, 15%), Siria (8.140, 8%), Afghanistan (6.809, 7%), Costa d’Avorio (4.804, 5%), Guinea (3.706, 4%), Pakistan (2.736, 3%), Iran (2.261, 2%), Eritrea (2.054, 2%) a cui si aggiungono 14.627 persone (15%) provenienti da altri Stati o per le quali è ancora in corso la procedura di identificazione.

Circo: conclusa la prima edizione dell’Italian Circus Talent Festival di Roma

7 Dicembre 2022 - Roma - Si è chiusa la 1ᵃ edizione dell’Italian Circus Talent Festival di Roma. La quattro giorni di spettacoli si è conclusa assegnando ben tre ori, tre argenti e quattro bronzi ai talentuosi atleti italiani in competizione. La gara aperta agli under 25 ha portato in pista 20 numeri diversi con altrettanti artisti italiani, provenienti dalle scuole di formazione nazionali. Gli artisti in competizione, a giorni alterni, si sono cimentati davanti a tre giurie, fino ad arrivare allo spettacolare pomeriggio di gala di domenica. La gara è stata presentata da Alessia dell’Acqua e Michael Bobic Vanacore. Alla  Giuria della Critica, composta dai rappresentanti delle testate di settore l’incombenza di scegliere il più originale e il più innovativo fra i 20 nuovi numeri proposti durante il festival. Il premio della critica “per il potenziale creativo e la capacità di rielaborare le tecniche di diverse discipline dando così vita ad un numero originale”  è andato al  piccolo Nathan Luca Gravagna, il più giovane della competizione che dall’alto dei suoi 11 anni e 6 mesi si è esibito al palo acrobatico. Il premio della Giuria Popolare se lo sono aggiudicato i fratelli  Jonathan e Michael Kocha  che hanno invece  allestito una performance acrobatica dinamica e vivace. Il compito di assegnare i premi d’Oro, d’Argento  e di Bronzo  è spettato alla Giuria Tecnica, composta da dieci esperti in arte circense, coreografi, direttori artistici e rappresentati del circo a livello internazionale. I giurati hanno diviso i concorrenti dell’Italian Circus Talent Festival in under 16 ed over 17 per uniformare le esibizioni. L’Oro under 16 se lo sono aggiudicato rispettivamente Manfredi Orfei Nones, depositario di una tradizione artistica leggendaria, l’addestratore di elefanti, il giovane Manfredi si è esibito con l’elefante Katia, ultimo esemplare tuttora in vita del gruppo di elefanti della nonna Moira; e Alexander Orfei Malachikhine alle cinghie aeree. L’Oro over 17 è andato invece a Alessandro Togni per il suo incredibile numero di giocoleria a cavallo. L’Argento under 16 se l’è aggiudicato Nathan Luca Gravagna. L’Argento over 17 è andato a Aris Martini, appartenente alla  nona generazione artistica della sua famiglia, Aris, il più “vecchio” della competizione “24 anni e 7 mesi” ha presentato un numero di tessuti aerei; e ai fratelli Aris e Erin Zavatta con il loro spettacolare numero di pattinaggio acrobatico. Due i premi di Bronzo over 16 il primo, ad una tra le più giovani trapeziste in Europa Denise Castellucci e l’altro a Nicole Errani per il suo numero di giocoleria cosiddetta “a rimbalzo”. Due anche i Bronzo over 17 consegnati a: Nicole Martini per un armonico numero di verticali e ad Erika Togni  per il suo numero acrobatico a cavallo dove cavalca a passo di danza.    

Gioia Tauro: prima festa delle nazionalità

7 Dicembre 2022 - Gioia Tauro - Una Comunità che cresce è una comunità attenta al presente ma con lo sguardo aperta al futuro. Una Comunità che dialoga a tutto campo e la vita anima i discorsi e orienta le scelte. Animatori, collaboratori e membri della CEP che fanno propri le idee di alcuni e si adoperano per la loro realizzazione. In questo cuore che pulsa è nata “la festa delle nazionalità”. Nel nostro presente, nel presente del territorio della parrocchia di San Francesco da Paola ma anche di tutta Gioia Tauro e di molti centri della Piana la presenza di persone di nazionalità diverse è una realtà. Molti di loro hanno già un lavoro, altri sono alla ricerca. Tutti in qualche modo si relazionano col territorio ma in fondo rimangono ancora mondi isolati e parlare di integrazione è ancora presto. Una Comunità viva non è indifferente e per questo ha inteso avviare processi di integrazione. È stato questo il senso di quanto la comunità parrocchiale San Francesco di Paola Oratorio centro giovanile don Bosco ha voluto vivere con “la festa delle nazionalità”. Per questo primo appuntamento si è partiti invitando le famiglie dei ragazzi che frequentano l’Oratorio o il percorso di catechesi, nella speranza, in futuro, di includere anche altri che abitano il territorio Gioiese e no. Hanno aderito Ucraini, Polacchi, Moldavi, Marocchini e Nigeriani. Per ogni nazionalità è stato predisposto un gazebo perché ognuna potesse allestire uno stand delle loro tradizioni. Al parroco, don Natale Ioculano, il compito di avviare la serata. Poche parole per esprimere il desiderio e la volontà di accogliere la pluralità di voci e le sensibilità delle diverse nazionalità. Poi si è lasciato spazio per ogni nazionalità e ognuna ha saputo esprimersi raccontando e comunicando la propria storia, la propria cultura le proprie tradizioni. È stato bello sentire loro piuttosto che parlare di loro. Nel loro raccontarsi hanno suscitato emozioni veramente forti e intense. In fondo è la conoscenza reciproca il fondamento di relazioni vere e durature per una crescita vicendevole. Quasi tutti hanno indossato i loro costumi tradizionali e i vari colori hanno dato ancora più vita alle parole, ai canti, ai balli e ai brevi video proposti. In circa un’ora si è avuto la possibilità di attraversare storie, culture tradizioni che non hanno lasciato indifferente nessuno. Terminato il primo momento si è passati alla visita degli stand allestiti da ogni nazionalità per ammirare ancora i segni della loro storia e per gustare i sapori delle loro tradizioni. La scelta di far preparare i piatti tipici della loro nazione è stata voluta per rappresentare al meglio il nostro desiderio, vale a dire come l’armonia di ingredienti diversi crea sapori particolari così il rapporto reciproco non deve annullare le differenze quanto piuttosto tendere a costruire armonia. Gradita la presenza della Vicesindaco, la Dottoressa Moliterno, e della Consigliere Regionale, la Dottoressa Pedà. Entrambe hanno avuto parole di accoglienza verso i presenti e di apprezzamento per la bella iniziativa. Una festa riuscitissima grazie alla collaborazione degli animatori e collaboratori dell’Oratorio e di altri della CEP che si sono coinvolti allestendo la stand Italia. Senza presunzione diciamo che “la festa delle nazionalità” è stata un evento che ha creato relazioni, ha celebrato la pluralità, ha accolto tutti e ciascuno. Una festa che è diventata casa e cuore e dove c’è amore tutto ciò che accade diventa avvenimento. E' stata la prima festa. Accogliendo il desiderio di tutti, che coincide anche con il nostro, abbiamo già iniziato a pensare alla prossima. L’integrazione non si dice ma si vive e noi vogliamo fare la nostra parte. (Parrocchia San Francesco da Paola di Gioia Tauro, Oratorio centro giovanile don Bosco).​