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P. Emerson: in Perù ogni 20 minuti muore un malato per Covid19

30 Giugno 2020 - Lima - Il macabro scenario di sofferenza, morte e povertà in America Latina si fa ogni giorno più grave. In Perù la salute si è trasformata in un “miserabile negozio”, racconta a www.migrantesonline.it p. Emerson Campos Aguilar, coordinatore nazionale dei cattolici peruviani in Italia, che in questi giorni si trova nel suo Paese bloccato per la pandemia da covid19 in corso. Il sacerdote evidenzia come per curarsi dal virus le cliniche chiedono molti soldi e molta gente muore anche perché non ci sono ospedali attrezzati. “Come credenti – ci dice – dobbiamo rinnovare la speranza che, nonostante tutto, l'amore sia più forte della morte”. P. Emerson ci racconta che ogni 20 minuti un peruviano malato di covid19 muore e che 8 milioni di peruviani non hanno acqua; migliaia sono le famiglie che non hanno un frigorifero in casa. Si registra un aumento della povertà. Il lockdown è stato prolungato nella foresta amazzonica e in altre parti del Perù fino al 31 Luglio. In alcune zone fino alla fine dell’anno e l’emergenza sanitaria fino a settembre. “Coloro che sono malati, coloro che hanno perso la casa e il lavoro sono disperati. Alcuni pensano addirittura al suicidio mentre nel territorio si registra un aumento della delinquenza. Nella giungla peruviana, a San Martin, la porta dell'Amazzonia peruviana, stiamo facendo un enorme sforzo di solidarietà, aiutiamo con pacchi alimentari, ossigeno a casa, mascherine, sapone e altre cose e usiamo più medicine naturali per combattere l’infezione ma le risorse caritative sono già finite. Confidiamo nel buon Dio. Potremo solo dire, se siamo sinceri, che il dio Denaro ha preso il posto di Cristo, unico Signore al centro di tutto”, spiega commosso il sacerdote. P. Emerson ci racconta di essere intervenuto per aiutare il parroco di Morales in Tarpoto, – tre ore di viaggio dalla zone dove vive p. Emerson - P. Wilmer Montenegro, affetto da coronavirus e che oggi sta meglio, “è fuori pericolo”. “Nonostante l'esuberante giungla amazzonica ricca di ossigeno – è l’amarezza del sacerdote - la gente muore per mancanza di ossigeno, per mancanza di medicine, di cure mediche, In molte zone mancano gli ospedali: ci sono solo semplici pronto soccorso. Il polmone della giungla del mondo è dimenticato, lasciato a se stesso. E chi è malato è lasciato solo, nell’anonimato. Rischia di morire anche chi non è affetto da coronavirus ma di altre patologie. Una storia di uomini, donne e bambini anonimi che sfuggono dalle mani dei responsabili”. La povertà e l’emarginazione, “se non facciamo un immenso sforzo di solidarietà, aumenterà: ci sarà una maggiore miseria e ci saranno più persone che sopravviveranno in essa, come dimostrano tutte le statistiche di oggi”. Per p. Emerson la “nostra fede non è una questione puramente individuale, la fede è sempre vissuta in comunità. Entrambe le dimensioni, personale e comunitaria, segnano sia l'esperienza della fede che l'intelligenza di essa. Il nostro è l'unico continente che è il più povero e il più cristiano allo stesso tempo. Oggi come mai prima, urgentemente nella storia del Perù richiama il destino comune, ci chiama a cercare un nuovo inizio. Ciò richiede un cambiamento di mente e di cuore”.

Raffaele Iaria

 

Perù: la testimonianza del coordinatore nazionale dei peruviani in Italia

16 Giugno 2020 - Lima - La Festa del Corpo di Cristo è una forte chiamata a essere come “Lui per salvare questo mondo”.  Il Perù ha celebrato la festa del Corpus Domini nel pieno della pandemia soprattutto nelle zone più povere dove  mancano medicinali e anche l' ossigeno: chiunque affetto da coronavirus deve  acquistarlo in proprio a costi molto elevati. Lo racconta a www.migrantesonline.it il coordinatore nazionale dei peruviani in Italia, p. Emerson Campos Aguilar, che si trova proprio in Perù dove è rimasto a causa della pandemia e quindi del blocco dei viaggi internazionali. “Non ci sono medicine, mancano i viveri”: “quel corpo di Cristo che muore nel silenzio” di tante persone alcuni anche sulle strade dove nessuno li vede. “Alcuni dicono che preferiscono morire  a casa perchè  sanno che qualcuno li assiste aiutandoli anche a lenire il proprio dolore”, dice il sacerdote. Il sacramento del pane oggi si traduce “in questa pandemia nella  teologia della pentola”: “la gente muore di fame e attorno alla pentola comune la gente racconta i propri dolori, le proprie speranze,  le proprie morti e tutto quello che ogni persona porta nella sua storia silenziosa della presenza di Dio”, dice il sacerdote. Santa Teresa d’ Avila diceva “anche tra le pentole c'è il Signore”. “Gesù è veramente presente nel Santissimo Sacramento, rimane con noi fino alla fine del mondo, è un amico intimo, che ci conosce, che conosce le nostre gioie e dolori in mezzo alla pandemia”, aggiunge don Emerson: è “presente nella solidarietà di ogni cattolico con la sua preghiera e la sua donazione”. Dopo il Brasile il Perù è il secondo paese con il maggior numero di morti per la pandemia in America del Sud e la pandemia “si aggiunge all'estrema povertà soprattutto di alcune zone, alla mancanza di lavoro  e di beni necessari”. Nella zona dove vivono i suoi genitori, al confine con Brasile, Ecuador e Colombia, p. Emerson racconta che la parrocchia di Santo Toribio de Mogrovejo dà da  mangiare a 1500 persone ogni giorno, “persone senza lavoro,  anziani  soli, persone che arrivano dopo aver camminato due o tre ore a piedi sotto il sole o la pioggia  per ricevere del cibo che serve loro per l'intera giornata. A loro diamo anche delle mascherine”.  Qui non c'è un ospedale ma un piccolo pronto soccorso, non ci sono medicine e per i malati l'ossigeno necessario. Il primo ospedale Covid è a tre ore di macchina. “Abbiamo aiutato alcuni donando noi le bombole d'ossigeno” grazie anche ad un aiuto ricevuto dalla  Fondazione Migrantes.  “Oggi dobbiamo riporre la testa vicino al  cuore di Cristo per ascoltare e scegliere ciò che vuole Gesù, per chiedere che i nostri occhi siano aperti e i nostri cuori siano brucianti come quelli dei discepoli di Emmaus, affinché ogni giorno l'amore per il Sacramento del Corpo e del Sangue di Cristo che è il corpo e la vita di ogni essere umano cresca in noi per riumanizzare  la vita, la salute, la medicina, la politica ed entrare in quell'umanesimo  che indica il Vangelo”.

Raffaele Iaria