7 Febbraio 2020 - Città del Vaticano - “Preghiamo affinché il grido dei fratelli migranti, caduti nelle mani dei trafficanti senza scrupoli e vittime della tratta, sia ascoltato e considerato”. Nel mese di febbraio, Papa Francesco rivolge un appello ad ascoltare il grido disperato di tante persone che soffrono per il dramma della tratta. E lo ha nel video per l’intenzione di preghiera per questo mese evidenziando che tra i vari motivi, ciò avviene “a causa della corruzione di coloro che sono disposti a tutto per arricchirsi”. “Il denaro dei loro affari, sono affari sporchi, subdoli”, aggiunge il Papa. Il “Video del Papa” è un’iniziativa globale della Rete mondiale di preghiera del Papa per diffondere le intenzioni mensili del Pontefice sulle sfide dell’umanità e della missione della Chiesa.
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Il Papa a Santa Marta: anche nella Chiesa non c’è umiltà senza umiliazione
7 Febbraio 2020 - Città del Vaticano - Non aver “paura delle umiliazioni”, chiediamo al Signore di inviarcene “qualcuna” per “renderci umili”, così da “imitare meglio” Gesù. Questa la raccomandazione di Papa Francesco alla Messa del mattino a Casa Santa Marta, come riferisce Vatican News.
Riflettendo sull’odierno Vangelo di Marco, il pontefice spiega come Giovanni Battista sia stato inviato da Dio per “indicare la strada”, “il cammino” di Gesù. L’“ultimo dei profeti”, ricorda infatti il Papa, ha avuto la grazia di poter dire: “Questo è il Messia”. “Il lavoro di Giovanni Battista non è stato tanto di predicare che Gesù veniva e preparare il popolo, ma di dare testimonianza di Gesù Cristo e darla con la propria vita. E dare testimonianza della strada scelta da Dio per la nostra salvezza: la strada dell’umiliazione. Paolo la esprime così chiaramente nella sua Lettera ai Filippesi: ‘Gesù annientò se stesso fino alla morte, morte di croce’. E questa morte di croce, questa strada di annientamento, di umiliazione, è anche la nostra strada, la strada che Dio mostra ai cristiani per andare avanti”.
Sia Giovanni sia Gesù - evidenzia il Papa - hanno avuto la “tentazione della vanità, della superbia”: Gesù “nel deserto con il diavolo, dopo il digiuno”; Giovanni di fronte ai dottori della legge che gli domandavano se fosse il Messia: avrebbe potuto rispondere di essere “il suo ministro”, eppure “umiliò se stesso”. Ambedue, prosegue papa Francesco, “hanno avuto l’autorità davanti al popolo”, la loro predicazione era “autorevole”. Ed entrambi hanno conosciuto “momenti di abbassamento”, una sorta di “depressione umana e spirituale” la definisce il Pontefice: Gesù nell’Orto degli ulivi e Giovanni in carcere, tentato dal “tarlo del dubbio” se Gesù fosse davvero il Messia. Ambedue, evidenzia ancora, “finiscono nel modo più umiliante”: Gesù con la morte in croce, “la morte dei criminali più bassi, terribile fisicamente e anche moralmente”, “nudo davanti al popolo” e “a sua madre”. Giovanni Battista “decapitato nel carcere da una guardia” per ordine di un re “indebolito dai vizi”, “corrotto dal capriccio di una ballerina e dall’odio di un’adultera”, con riferimento a Erodìade e sua figlia: “Il profeta, il grande profeta, l’uomo più grande nato da donna - così lo qualifica Gesù - e il Figlio di Dio hanno scelto la strada dell’umiliazione. È la strada che ci fanno vedere e che noi cristiani dobbiamo seguire. Infatti, nelle Beatitudini si sottolinea che il cammino è quello dell’umiltà”.
Non si può essere “umili senza umiliazioni”, mette in luce il Papa. Il suo invito ai cristiani è dunque quello di trarre insegnamento dal “messaggio” odierno della Parola di Dio: “Quando cerchiamo di farci vedere, nella Chiesa, nella comunità, per avere una carica o un’altra cosa, quella è la strada del mondo, è una strada mondana, non è la strada di Gesù. E anche ai pastori può accadere questa tentazione di arrampicamento: ‘Questa è un’ingiustizia, questa è un’umiliazione, non posso tollerarla’. Ma se un pastore non segue questa strada, non è discepolo di Gesù: è un arrampicatore con la veste talare. Non c’è umiltà senza umiliazione”.
Papa Francesco: Dio piange per noi quando ci allontaniamo da Lui
4 Febbraio 2020 - Città del Vaticano - “Figlio mio, Assalonne! Fossi morto io invece di te!” E’ il grido angosciato di Davide, in lacrime, alla notizia della morte del figlio. La Prima Lettura della liturgia odierna, tratta dal Secondo Libro di Samuèle, descrive la fine della lunga battaglia condotta da Assalonne contro il proprio padre, il re Davide, per sostituirlo sul trono. Papa Francesco, nella messa mattutina a Casa Santa Marte – riferisce Vatican News - riassume il racconto biblico, afferma che Davide soffriva per quella guerra che il figlio, Assalonne, gli aveva scatenato contro convincendo il popolo a lottare al suo fianco, tanto che Davide aveva dovuto fuggire da Gerusalemme per salvare la propria vita. “Scalzo, la testa coperta, insultato da alcuni –afferma Francesco - , altri gli buttavano pietre, perché tutta la gente era con questo figlio che aveva ingannato la gente, aveva sedotto il cuore della gente con promesse”.
Il brano odierno descrive Davide in attesa di novità dal fronte e l’arrivo, infine, di un messaggero che lo avverte: Assalonne è morto in battaglia. Alla notizia Davide è scosso da un tremito, piange e dice: “Figlio mio Assalonne! Figlio mio, figlio mio Assalonne! Fossi morto io invece di te!”. Chi sta con lui si meraviglia di questa reazione: “Ma perché piangi? Lui era contro di te, ti aveva rinnegato, aveva rinnegato la tua paternità, ti ha insultato, ti ha perseguitato, piuttosto fa' festa, festeggia perché hai vinto!’. Ma Davide dice soltanto: ‘Figlio mio, figlio mio, figlio mio’, e piangeva. Questo pianto di Davide è un fatto storico ma è anche una profezia. Ci fa vedere il cuore di Dio, cosa fa il Signore con noi quando ci allontaniamo da Lui, cosa fa il Signore quando noi distruggiamo noi stessi con il peccato, disorientati, perduti. Il Signore è padre e mai rinnega questa paternità: ‘Figlio mio, figlio mio’”.
Papa Francesco prosegue dicendo che noi incontriamo quel pianto di Dio quando andiamo a confessare i nostri peccati, perché non è come “andare alla tintoria” a togliere una macchia, ma “è andare dal padre che piange per me, perché è padre”.
La frase di Davide: “Fossi morto io invece di te, Assalonne, figlio mio” è profetica, afferma ancora papa Francesco, e in Dio “si fa realtà”: “E’ tanto grande l’amore di padre che Dio ha per noi che è morto al nostro posto. Si è fatto uomo ed è morto per noi. Quando guardiamo il crocifisso, pensiamo a questo ‘Fossi morto io invece di te’. E sentiamo la voce del padre che nel figlio ci dice: ‘Figlio mio, figlio mio’. Dio non rinnega i figli, Dio non negozia la sua paternità”.
L’amore di Dio arriva fino al limite estremo. Quello che è in croce, afferma ancora Papa Francesco, è Dio, il Figlio del Padre, inviato per dare la vita per noi: “Ci farà bene nei momenti brutti della nostra vita - tutti noi ne abbiamo - momenti del peccato, momenti di allontanamento da Dio, sentire questa voce nel cuore: ‘Figlio mio, figlia mia, cosa stai facendo? Non suicidarti, per favore. Io sono morto per te’”.
Gesù, ricorda il Papa, pianse guardando Gerusalemme. Gesù piange “perché noi non lasciamo che Lui ci ami”. Quindi conclude con un invito: “Nel momento della tentazione, nel momento del peccato, nel momento in cui noi ci allontaniamo da Dio, cerchiamo di sentire questa voce: ‘Figlio mio, figlia mia, perché?’ ”.
Epidemia in Cina: il Vaticano invia 600mila mascherine
3 Febbraio 2020 - Città del Vaticano - Il Vaticano ha spedito in Cina circa 600-700mila mascherine per aiutare a prevenire la diffusione del contagio da coronavirus. Lo ha riferito oggi il vicedirettore del Pontificio Collegio Urbano, Vincenzo Han Duo, al Global Times, tabloide del Quotidiano del Popolo. A prendere l'iniziativa, insieme alla Farmacia vaticana e alla comunità cinese in Italia, l'elemosiniere del Papa, il card. Konrad Krajewski. Domenica 26 gennaio Papa Francesco, durante l'Angelus, aveva parlato dell’epidemia dicendosi “vicino” e “pregare per le persone malate a causa del virus che si è diffuso in Cina". "Il Signore accolga i defunti nella sua pace, conforti le famiglie e sostenga il grande impegno della comunità cinese, già messo in atto per combattere l'epidemia".
Papa Francesco: la mondanità, un lento scivolare nel peccato
31 Gennaio 2020 - Città del Vaticano - Una vita normale, tranquilla, un cuore che non si muove nemmeno dinanzi ai peccati più gravi, una mondanità che ruba la capacità di vedere il male che si compie. Papa Francesco, nell’omelia della Messa a Casa Santa Marta, rilegge, riferisce Vatican News, il passo tratto dal secondo libro di Samuèle, incentrato sulla figura del re Davide, il “santo re Davide”, che scivolando nella vita comoda dimentica di essere stato eletto da Dio. Davide come tanti uomini di oggi, gente che sembra buona, “che va a Messa tutte le domeniche, che si dice cristiana” ma che ha perso “la coscienza del peccato”: uno dei mali, diceva Pio XII, del nostro tempo. Un tempo nel quale tutto si può fare, “un’atmosfera spirituale” dalla quale ravvedersi magari grazie al rimprovero di qualcuno o per “uno schiaffo” della vita.
Papa Francesco si sofferma sui peccati di Davide: il censimento del popolo e la vicenda di Urìa che fa uccidere, dopo aver messo incinta la moglie Betsabea. Lui sceglie l’assassinio perché il suo piano per rimettere a posto le cose, dopo l’adulterio, fallisce miseramente. “Davide – afferma il Papa – continuò la sua vita normale. Tranquillo. Il cuore non si mosse”: “Ma come il grande Davide, che è santo, che aveva fatto tante cose buone, che era tanto unito a Dio, è stato capace di fare quello? Questo non si fa da un giorno all’altro. Il grande Davide, lentamente è scivolato, lentamente. Ci sono dei peccati del momento: il peccato di ira, un insulto, che io non posso controllare. Ma ci sono dei peccati nei quali si scivola lentamente, con lo spirito della mondanità. E’ lo spirito del mondo che ti porta a fare queste cose come se fossero normali. Un assassinio …”
Lentamente è un avverbio che il Papa ripete spesso nella sua omelia. Spiega il modo in cui piano piano il peccato si impossessa dell’uomo approfittando della sua comodità. “Noi siamo tutti peccatori – prosegue papa Francesco - ma delle volte facciamo peccati del momento. Io mi arrabbio, insulto. Poi mi pento”. A volte invece “ci lasciamo scivolare verso uno stato di vita dove… sembra normale”. Normale, ad esempio, è “non pagare la domestica come si deve pagare”, o retribuire la metà del dovuto chi lavora in campagna: “Ma è gente buona, sembra, che fa questo, che va a Messa tutte le domeniche, che si dice cristiana. Ma come mai tu fai questo? E altri peccati? Dico soltanto questo… Eh, perché sei scivolato in uno stato dove hai perso la coscienza del peccato. E questo è uno dei mali del nostro tempo. Pio XII lo aveva detto: perdere la coscienza del peccato. “Ma, si può fare tutto…”, e alla fine si passa una vita per risolvere un problema”.
Non sono cose antiche, spiega il Papa, ricordando una recente vicenda accaduta in Argentina con alcuni giovani giocatori di rugby che hanno ucciso un compagno a botte, dopo una notte di movida. Ragazzi, afferma, diventati “un branco di lupi”. Un fatto che apre interrogativi sull’educazione dei giovani, sulla società. C’è bisogno “tante volte di uno schiaffo dalla vita” per fermarsi, per stoppare quel lento scivolare nel peccato. C'è bisogno di una persona come il profeta Nathan, inviato da Dio a Davide, per fargli vedere il suo errore: “Pensiamo un po’: qual è l’atmosfera spirituale della mia vita? Sono attento, ho bisogno sempre di qualcuno che mi dica la verità, o no, credo di no? Ascolto il rimprovero di qualche amico, del confessore, del marito, della moglie, dei figli che mi aiuta un po’? Guardando questa storia di Davide – del Santo re Davide – chiediamoci: se un Santo è stato capace di cadere così, stiamo attenti, fratelli e sorelle, anche a noi può accadere. Anche, domandiamoci: io in quale atmosfera vivo? Che il Signore ci dia la grazia di inviarci sempre un profeta – può essere il vicino, il figlio, la mamma, il papà – che ci schiaffeggi un po’ quando stiamo scivolando in questa atmosfera dove sembra che tutto sia lecito”.
Papa Francesco: no a cristiani senza gioia, prigionieri delle formalità
28 Gennaio 2020 - Città del Vaticano - E’ il sentimento di gioia dell’essere cristiani che Papa Francesco pone al centro della sua omelia alla Messa a Casa Santa Marta di questa mattina, come riferisce Vatican News. Lo spunto gli viene offerto dalla prima Lettura di oggi, tratta dal secondo libro di Samuèle, dove si racconta di Davide e di tutto il popolo d’Israele in festa per il ritorno dell’Arca dell’Alleanza a Gerusalemme.
L’Arca era stata rapita, ricorda il Papa, e il suo ritorno “è una gioia grande per il popolo”. Il popolo sente che Dio gli è vicino e fa festa. E il re Davide è con lui, si mette alla testa della processione, fa un sacrificio immolando un giovenco e un ariete grasso. Con il popolo poi grida, canta e balla “con tutte le forze”: “Era una festa: la gioia del popolo di Dio perché Dio era con loro. E Davide? Balla. Balla davanti al popolo, esprime la sua gioia senza vergogna; è la gioia spirituale dell’incontro con il Signore: Dio è tornato da noi, e questo ci dà tanta gioia. Davide non pensa che è il re e che il re deve essere distaccato dalla gente, la ‘sua maestà’, con la distanza … Davide ama il Signore, è felice per questo evento di portare l’arca del Signore. Esprime questa felicità, questa gioia, ballando e anche cantava sicuramente come tutto il popolo”.
Papa Francesco fa notare poi che succede anche a noi di sentire la gioia “quando siamo con il Signore” e, magari in parrocchia o nei paesi, la gente fa festa. Cita poi un altro episodio della storia di Israele, quando venne ritrovato il libro della legge al tempo di Neemia e anche allora “il popolo piangeva di gioia”, continuando anche a casa a festeggiare.
Il testo del profeta Samuele continua descrivendo il rientro di Davide nella sua casa dove trova una delle mogli, Mical, la figlia di Saul. Lei lo accoglie con disprezzo. Vedendo il re ballare si era vergognata di lui e lo rimprovera dicendogli : “Ma ti sei vergognato ballando come un volgare, come uno del popolo?”. E Papa Francesco osserva: “È il disprezzo della religiosità genuina, della spontaneità della gioia con il Signore. E Davide le spiega: ‘Ma guarda, era motivo di gioia questo. La gioia nel Signore, perché abbiamo portato l’Arca a casa!’. Ma lei lo disprezza. E dice la Bibbia che questa signora – si chiamava Mical – non ha avuto figli per questo. Il Signore l’ha punita. Quando manca la gioia in un cristiano, quel cristiano non è fecondo; quando manca la gioia nel nostro cuore, non c’è fecondità”.
Papa Francesco fa notare poi che la festa non si esprime solo spiritualmente, ma diventa condivisione. Davide, quel giorno, dopo la benedizione, aveva distribuito “una focaccia di pane per ognuno, una porzione di carne arrostita e una schiacciata di uva passa”, perché ognuno festeggiasse nella propria casa. “La Parola di Dio non si vergogna della festa”, afferma il Papa e poi prosegue: “E’ vero, a volte il pericolo della gioia è andare oltre e credere che questo sia tutto. No: questa è l’aria di festa”. Ricorda poi che San Paolo VI nella sua Esortazione Apostolica “Evangelii Nuntiandi”, parla di questo aspetto e esorta alla gioia. Papa Francesco conclude raccogliendo il suo pensiero: “La Chiesa non andrà avanti, il Vangelo non andrà avanti con evangelizzatori noiosi, amareggiati. No. Soltanto andrà avanti con evangelizzatori gioiosi, pieni di vita. La gioia nel ricevere la Parola di Dio, la gioia di essere cristiani, la gioia di andare avanti, la capacità di fare festa senza vergognarsi e non essere come questa signora, Mical, cristiani formali, cristiani prigionieri delle formalità”.
“Mediterraneo, frontiera di pace: il programma dell’incontro
22 Gennaio 2020 - Bari - Papa Francesco sarà a Bari domenica 23 febbraio in occasione dell’incontro di riflessione e spiritualità “Mediterraneo, frontiera di pace”, promosso dalla Conferenza Episcopale Italiana, al quale parteciperanno i vescovi cattolici di 20 Paesi che si affacciano sul Mare Nostrum. Il Papa partirà in elicottero dall’eliporto del Vaticano alle 7 per atterrare alle 8.15 a piazzale Cristoforo Colombo, a Bari, dove sarà accolto dall’arcivescovo di Bari-Bitonto, Mons. Francesco Cacucci, da Michele Emiliano, Presidente della Regione Puglia, da Antonella Bellomo, Prefetto di Bari e da Antonio Decaro, Sindaco di Bari. Alle 8.30, nella Basilica di San Nicola, incontrerà i Vescovi del Mediterraneo e pronuncerà il suo discorso. L’incontro sarà aperto dall’introduzione del Card. Gualtiero Bassetti, Presidente della CEI, e vedrà gli interventi del Card. Vinko Puljić, arcivescovo di Vrhbosna e Presidente della Conferenza Episcopale di Bosnia ed Erzegovina, di Mons. Pierbattista Pizzaballa, Amministratore Apostolico «sede vacante» del Patriarcato Latino di Gerusalemme, e il ringraziamento di Mons. Paul Desfarges, arcivescovo di Alger (Algeria) e Presidente della Conferenza Episcopale Regionale del Nord Africa. Al termine, Papa Francesco scenderà nella Cripta per venerare le reliquie di San Nicola e saluterà la comunità dei Padri Domenicani. Uscendo dalla Basilica, sul sagrato, rivolgerà un saluto ai fedeli presenti. Alle 10.45 presiederà la concelebrazione eucaristica in Corso Vittorio Emanuele II e reciterà la preghiera dell’Angelus. Alle 12.30 ripartirà in elicottero alla volta del Vaticano, dove atterrerà alle 13.45.
“Ringraziamo il Santo Padre per il dono della Sua presenza all’Incontro di Bari. La Sua parola e il Suo Magistero sono un punto di riferimento per quanti desiderano e anelano la pace nel Mediterraneo”, dichiara il card. Gualtiero Bassetti, Presidente della Conferenza Episcopale Italiana. “Come Vescovi promotori dell’evento - aggiunge - facciamo nostro e rilanciamo l’appello del Papa alla Comunità internazionale per un più assiduo ed efficace impegno nell’area mediterranea e nel Medio Oriente”.
È un tema, questo, al centro dell’incontro di riflessione e spiritualità che si aprirà mercoledì 19 febbraio, nel Castello Svevo alle 16, con l’intervento del card. Bassetti, al quale seguirà alle 17 la presentazione dell’evento da parte del vescovo Mons. Antonino Raspanti, Presidente del Comitato scientifico-organizzatore. La giornata si chiuderà alle 18.15 con un momento di preghiera. Giovedì 20 febbraio, dopo la Celebrazione Eucaristica nella Cripta della Basilica di San Nicola, nel Castello Svevo sarà illustrato il primo tema che darà il via al lavoro dei Tavoli di conversazione. La discussione in assemblea nel pomeriggio e i Vespri chiuderanno la giornata. Il secondo tema sarà presentato e approfondito venerdì 21 febbraio con le stesse modalità del giorno precedente. Alle 19, è in programma l’incontro con la comunità locale in 25 realtà dell’arcidiocesi. La giornata di sabato 22 febbraio inizierà, alle 8, con la Celebrazione Eucaristica nella Cattedrale di Bari e proseguirà al Castello Svevo con l’assemblea dei Vescovi. Alle 12 è prevista una conferenza stampa, mentre alle 15.30 si svolgerà al Teatro Petruzzelli un incontro culturale. Alle 19, infine, ci si ritroverà in Cattedrale per un momento di preghiera.
Papa Francesco ricorda i popoli che festeggiano il capodanno lunare
22 Gennaio 2020 - Città del Vaticano – Sabato, 25 gennaio, si festeggia, in tutto l’Estremo Oriente e in varie altre parti del mondo, il capodanno lunare. Lo ha ricordato questa mattina Papa Francesco al termine dell’Udienza generale inviando loro un “saluto cordiale” e “augurando in particolare alle famiglie di essere luoghi di educazione alle virtù dell’accoglienza, della saggezza, del rispetto per ogni persona e dell’armonia con il creato”. Il Papa ha anche invitato tutti a pregare per la pace, per il dialogo e per la solidarietà tra le nazioni: “doni quanto mai necessari al mondo di oggi”.
Papa Francesco: essere liberi attraverso l’obbedienza a Dio
20 Gennaio 2020 - Città del Vaticano - Essere docili alla Parola di Dio, che “è sempre novità”. Questa l’esortazione del Papa, come riferisce Vatican News nella Messa del mattino a Casa Santa Marta. Riflettendo sulla Prima Lettura, papa Francesco si sofferma sul rifiuto “da parte di Dio” di Saul come re, “profezia” affidata a Samuele.
Il “peccato di Saul”, spiega il Pontefice, fu la “mancanza di docilità” alla Parola di Dio, pensando che la propria “interpretazione” della stessa fosse “più giusta”. È questa, chiarisce il Papa, la “sostanza del peccato contro la docilità”: il Signore gli aveva detto di non prendere niente dal popolo che era stato vinto, ma così non avvenne: “Quando Samuele va a rimproverarlo da parte del Signore, lui dice, spiega: ‘Ma, guarda, c’erano buoi, c’erano tanti animali grassi, buoni e con questi io ho fatto un sacrificio al Signore’. Lui non ha messo in tasca niente, gli altri sì. Anzi con questo atteggiamento di interpretare la Parola di Dio come a lui sembrava giusto ha permesso che gli altri mettessero in tasca qualcosa del bottino. I passi della corruzione: si incomincia con una piccola disobbedienza, una mancanza di docilità, e si va avanti, avanti, avanti”.
Dopo aver “sterminato” gli Amaleciti, ricorda papa Francesco, il popolo prese dal bottino “bestiame minuto e grosso, primizie di ciò che è votato allo sterminio, per sacrificare al Signore”. È Samuele a ricordare come agli olocausti e ai sacrifici il Signore preferisca “l’obbedienza alla voce” di Dio, chiarendo la “gerarchia dei valori”: è più importante avere un “cuore docile” e “obbedire” piuttosto che - evidenzia il Pontefice - “fare dei sacrifici, dei digiuni, delle penitenze”. Il “peccato della mancanza di docilità”, prosegue, sta proprio in “quel preferire” ciò “che io penso e non quello che mi comanda il Signore e che forse non capisco”: quando ci si ribella alla “volontà del Signore”, non si è docili, “è come - spiega - se fosse un peccato di divinazione”. Come se, pur dicendo di credere in Dio, si andasse “dall’indovina a farsi leggere le mani ‘per sicurezza’”. Il non obbedire al Signore, la mancanza di docilità - rimarca il Papa - è come una “divinazione”: “Quando tu ti ostini davanti alla volontà del Signore sei un idolatra, perché preferisci quello che pensi tu, quell’idolo, alla volontà del Signore. E a Saul questa disobbedienza è costata il regno: ‘Poiché hai rigettato la Parola del Signore, il Signore ti ha rigettato come re’. Questo ci deve far pensare un po’ sulla nostra docilità. Tante volte noi preferiamo le nostre interpretazioni del Vangelo o della Parola del Signore al Vangelo e alla Parola del Signore. Per esempio, quando cadiamo nelle casistiche, nelle casistiche morali... Questa non è la volontà del Signore. La volontà del Signore è chiara, la fa vedere con i comandamenti nella Bibbia e te la fa vedere con lo Spirito Santo dentro il tuo cuore. Ma quando io sono ostinato e trasformo la Parola del Signore in ideologia sono un idolatra, non sono docile. La docilità, l’obbedienza”.
Riallacciandosi all’odierno Vangelo di Marco, papa Francesco ricorda come i discepoli fossero criticati “perché non digiunavano”. È il Signore a spiegare come nessuno vada a cucire un pezzo di stoffa grezza su un vestito vecchio, perché si rischierebbe di peggiorare lo strappo. E come nessuno versi vino nuovo in otri vecchi, altrimenti si spaccherebbero gli otri, perdendo tutto: quindi “vino nuovo in otri nuovi”: “La novità della Parola del Signore - perché la Parola del Signore sempre è novità, ci porta avanti sempre - vince sempre, è meglio di tutto. Vince l’idolatria, vince la superbia e vince questo atteggiamento di essere troppo sicuri di sé stessi, non per la Parola del Signore ma per le ideologie che io ho costruito attorno alla Parola del Signore. C’è una frase di Gesù molto buona che spiega tutto questo e che viene da Dio, tratta dall’Antico Testamento: ‘Misericordia voglio e non sacrifici’”.
Essere un “buon cristiano” significa allora essere “docile” alla Parola del Signore, ascoltare ciò che il Signore dice “sulla giustizia”, “sulla carità”, “sul perdono”, “sulla misericordia” e non essere “incoerenti nella vita”, usando “una ideologia per potere andare avanti”. È vero, aggiunge, che la Parola del Signore “a volte ci mette ‘nei guai”, ma “anche il diavolo fa lo stesso”, “ingannevolmente”. Essere cristiano è dunque “essere liberi”, attraverso la “fiducia” in Dio.
Papa Francesco: l’essenziale della vita è il nostro rapporto con Dio
17 Gennaio 2020 - Città del Vaticano - Le malattie dell'anima vanno guarite e la medicina è chiedere il perdono. Papa Francesco lo dice alla Messa mattutina a Casa Santa Marta commentando, come riferisce Vatican News, il racconto evangelico della guarigione del paralitico compiuta da Gesù. E' giusto, afferma, curare le malattie del corpo, ma "pensiamo alla salute del cuore"? Ce ne dimentichiamo, e non andiamo dal medico che può guarirci. l brano di oggi, tratto dal Vangelo secondo Marco, presenta un episodio di guarigione compiuta da Gesù nei confronti di un paralitico. Gesù è a Cafarnao e la folla gli si raduna intorno. Attraverso un’apertura fatta nel tetto della casa, alcuni gli portano un uomo steso su una barella. La speranza è che Gesù guarisca il paralitico, ma egli spiazza tutti dicendogli: “Figlio, ti sono perdonati i peccati”. Solo dopo gli ordinerà di alzarsi, di prendere la barella e di tornarsene a casa. Papa Francesco all'omelia commenta dicendo che con le sue parole Gesù ci permette di andare all’essenziale. “Lui è un uomo di Dio”, afferma, guariva, ma non era un guaritore, insegnava ma era più di un maestro e davanti alla scena che gli si presenta va all’essenziale: “Guarda il paralitico e dice: ‘Ti sono perdonati i peccati’. La guarigione fisica è un dono, la salute fisica è un dono che noi dobbiamo custodire. Ma il Signore ci insegna che anche la salute del cuore, la salute spirituale dobbiamo custodirla”.
Gesù va all'essenziale anche con la donna peccatrice, di cui parla il Vangelo, quando davanti al suo pianto le dice: 'Ti sono perdonati i peccati'. Gli altri si scandalizzano, afferma il Papa, "quando Gesù va all’essenziale, si scandalizzano, perché lì c’è la profezia, lì c’è la forza". Allo stesso modo, 'Vai, ma non peccare più', dice Gesù all’uomo della piscina che non arriva mai in tempo a scendere nell’acqua per poter guarire. Alla Samaritana che gli fa tante domande, -“lei faceva un po’ la parte della teologa” dice il Papa - , Gesù chiede del marito. Va all’essenziale della vita e, afferma il Papa, "l'essenziale è il tuo rapporto con Dio. E noi dimentichiamo, tante volte, questo, come se avessimo paura di andare proprio lì dove c’è l’incontro con il Signore, con Dio”. Noi ci diamo tanto fare, osserva ancora, per la nostra salute fisica, ci diamo consigli sui medici e sulle medicine, ed è una cosa buona, “ma pensiamo alla salute del cuore?”: “C’è una parola, qui, di Gesù che forse ci aiuterà: ‘Figlio, ti sono perdonati i peccati’. Siamo abituati a pensare a questa medicina del perdono dei nostri peccati, dei nostri sbagli? Ci domandiamo: ‘Io devo chiedere perdono a Dio di qualcosa?’. ‘Sì, sì, sì, in generale, siamo tutti peccatori’, e così la cosa si annacqua e perde la forza, questa forza di profezia che Gesù ha quando va all’essenziale. E oggi Gesù, a ognuno di noi, dice: ‘Io voglio perdonarti i peccati’”.
Il Papa prosegue dicendo che forse qualcuno non trova peccati in se stesso da confessare perché “manca la coscienza dei peccati”. Dei “peccati concreti”, delle “malattie dell’anima” che vanno guarite “e la medicina per guarire è il perdono”: “E’ una cosa semplice, che Gesù ci insegna quando va all’essenziale. L’essenziale è la salute, tutta: del corpo e dell’anima. Custodiamo bene quella del corpo, ma anche quella dell’anima. E andiamo da quel Medico che può guarirci, che può perdonare i peccati. Gesù è venuto per questo, ha dato la vita per questo”.
Papa Francesco: la preghiera piccola che commuove Dio
16 Gennaio 2020 - Città del Vaticano - “Signore se tu vuoi, puoi”. E’ una preghiera semplice, “un atto di fiducia” e allo stesso tempo “una vera sfida”, quella che il lebbroso rivolge a Gesù per guarirlo. Una supplica che viene dal profondo del suo cuore e che racconta, allo stesso tempo, il modo di agire del Signore, all’insegna della compassione, “del patire con e per noi”, del “prendere la sofferenza dell’altro su di sé” per lenirla e guarirla in nome dell’amore di Padre. Papa Francesco, come riferisce Vatican News, nell’omelia della Messa a Casa Santa Marta, si sofferma sull’episodio evangelico della guarigione del lebbroso, esorta a guardare alla compassione di Gesù, venuto a dare la vita per noi peccatori. Il Papa pone l’accento sulla “storia semplice” del lebbroso che chiede a Gesù la guarigione. In quel “se vuoi" c’è la preghiera che “attira l’attenzione di Dio” e c’è la soluzione. “E’ una sfida – afferma Francesco – ma anche è un atto di fiducia. Io so che Lui può e per questo mi affido a Lui”. “Ma perché – si chiede il Pontefice – quest’uomo sentì dentro di fare questa preghiera? Perché vedeva come agiva Gesù. Quest’uomo aveva visto la compassione di Gesù”. “Compassione”, non pena, è un “ritornello nel Vangelo” che ha i volti della vedova di Nain, del Buon Samaritano, del padre del figliol prodigo. La compassione coinvolge, viene dal cuore e coinvolge e ti porta a fare qualcosa. Compassione è patire con, prendere la sofferenza dell’altro su di sé per risolverla, per guarirla. E questa è stata la missione di Gesù. Gesù non è venuto a predicare la legge e poi se ne è andato. Gesù è venuto in compassione, cioè a patire con e per noi e a dare la propria vita. È tanto grande l’amore di Gesù che la compassione lo portò proprio ha portato fino alla croce, a dare la vita. L’invito del Papa è di ripetere “questa piccola frase”: “Ne ebbe compassione”, Gesù – spiega papa Francesco – “è capace di coinvolgersi nei dolori, nei problemi degli altri perché è venuto per questo, non per lavarsene le mani e fare tre, quattro prediche e andarsene”, è accanto a noi sempre: “Signore se tu vuoi puoi guarirmi; se tu vuoi, puoi perdonarmi; se tu vuoi puoi aiutarmi”. O “se volete un po' più lunga: ‘Signore, sono peccatore, abbi pietà di me, abbi compassione di me’.” Semplice preghiera, che si può dire tante volte al giorno. “Signore, io peccatore ti chiedo: abbi pietà di me”. Tante volte al giorno, dal cuore interiormente, senza dirlo ad alta voce: “Signore se tu vuoi, puoi; se vuoi, puoi. Abbi compassione di me”.
Il lebbroso, con la sua preghiera semplice e miracolosa, è riuscito ad ottenere la guarigione grazie alla compassione di Gesù, che ci ama anche nel peccato. Lui non si vergogna di noi.: “‘O, padre, io sono un peccatore, come andrò a dire questo...’ Meglio! Perché Lui è venuto proprio per noi peccatori, e quanto più gran peccatore tu sei, più il Signore è vicino a te, perché è venuto per te, il più grande peccatore, per me, il più grande peccatore, per tutti noi. Prendiamo l’abitudine di ripetere questa preghiera, sempre: ‘Signore, se vuoi, puoi. Se vuoi, puoi”’ con la fiducia che il Signore è vicino a noi e la sua compassione prenderà su di sé i nostri problemi, i nostri peccati, le nostre malattie interiori, tutto”.
Papa Francesco l’autorità non è comando, ma coerenza e testimonianza
14 Gennaio 2020 - Città del Vaticano - "Gesù insegnava come uno che ha autorità". Il Vangelo di Marco (Mc 1,21b-28) oggi ci narra di Gesù che insegna al tempio e della reazione che tra la gente suscita il suo modo di agire con "autorità", diversamente dagli scribi. E' da questa comparazione che il Papa, come riferisce Vatican News, prende spunto subito per spiegare la differenza che esiste tra "avere autorità", "autorità interiore" come Gesù appunto, e "esercitare l'autorità senza averla, come gli scribi", i quali pur essendo specialisti nell'insegnamento della legge e ascoltati dal popolo, non erano creduti: “Qual è l’autorità che ha Gesù? È quello stile del Signore, quella 'signoria' - diciamo così - con la quale il Signore si muoveva, insegnava, guariva, ascoltava. Questo stile signorile - che è una cosa che viene da dentro - fa vedere … Cosa fa vedere? Coerenza. Gesù aveva autorità perché era coerente tra quello che insegnava e quello che faceva, [cioè] come viveva. Quella coerenza è quello che dà l’espressione di una persona che ha autorità: ‘Questo ha autorità, questa ha autorità, perché è coerente’, cioè dà testimonianza. L’autorità si fa vedere in questo: coerenza e testimonianza”.
Al contrario, gli scribi non erano coerenti e Gesù - fa notare il Papa - da una parte ammonisce il popolo a "fare ciò che dicono ma non ciò che fanno", dall'altra non perde occasione per rimproverarli, perché "con questo atteggiamento - rimarca Francesco - sono caduti in una schizofrenia pastorale: dicono una cosa e ne fanno un'altra". E accade in diversi episodi del Vangelo che il Papa accenna: a volte Gesù reagisce - dice Francesco - mettendoli all'angolo, a volte non dando loro alcuna risposta e altre volte ancora, "qualificandoli": “E la parola che usa Gesù per qualificare questa incoerenza, questa schizofrenia, è ‘ipocrisia’. È un rosario di qualificativi! Prendiamo il capitolo ventitreesimo di Matteo; tante volte dice “ipocriti per questo, ipocriti per questo, ipocriti …’ Gesù li qualifica ‘ipocriti’. L’ipocrisia è il modo di agire di coloro che hanno responsabilità sulla gente - in questo caso responsabilità pastorale - ma non sono coerenti, non sono signori, non hanno autorità. E il popolo di Dio è mite e tollera; tollera tanti pastori ipocriti, tanti pastori schizofrenici che dicono e non fanno, senza coerenza”
Ma il popolo di Dio - aggiunge papa Francesco - che tanto tollera, sa distinguere la forza della grazia. E il Papa lo spiega facendo riferimento alla Prima Lettura della Liturgia di oggi, in cui l'anziano Eli, "aveva perso tutta l’autorità, soltanto gli rimaneva la grazia dell’unzione e con quella grazia" - spiega il Papa - "benedice e fa il miracolo" ad Anna che affranta dal dolore sta pregando per essere madre. Da qui nasce la considerazione del Papa sul popolo di Dio, i cristiani e i pastori: “Il popolo di Dio distingue bene fra l’autorità di una persona e la grazia dell’unzione. ‘Ma tu vai a confessarti da quello, che è questo, e questo e questo…?’– ‘Ma per me quello è Dio. Punto. Quello è Gesù”’. E questa è la saggezza del nostro popolo che tollera tante volte, tanti pastori incoerenti, pastori come gli scribi, e anche cristiani? - che vanno a Messa tutte le domeniche e poi vivono come pagani. E la gente dice: ‘Questo è uno scandalo, un’incoerenza”. Quanto male fanno i cristiani incoerenti che non danno testimonianza e i pastori incoerenti, schizofrenici che non danno testimonianza!
L'occasione che offre dunque questa riflessione è la preghiera che il Papa eleva al Signore, a conclusione dell'omelia, perché tutti i battezzati abbiano "l’autorità", "che non consiste in comandare e farsi sentire, ma nell’essere coerente, essere testimone e per questo, essere compagni di strada nella via del Signore".
Francesco: è bugiardo chi dice di amare Dio e non ama il fratello
10 Gennaio 2020 - Città del Vaticano - La prima Lettura di oggi, tratta dalla Prima lettera di San Giovanni apostolo, gira tutta intorno all’argomento dell’amore ed è su questo tema che Papa Francesco, come riferisce Vatican News, invita alla riflessione nella sua omelia alla Messa mattutina a Casa Santa Marta. L’apostolo, afferma, ha capito cos’è l'amore, lo ha sperimentato, e entrando nel cuore di Gesù, ha capito come si è manifestato. Nella sua Lettera ci dice, dunque, come si ama e come siamo stati amati. Due le sue affermazioni che il Papa definisce “chiare”. La prima è il fondamento dell'amore: “Noi amiamo Dio perché Egli ci ha amato per primo”. L'inizio dell'amore viene da Lui. “Io incomincio ad amare, o posso incominciare ad amare - dice il Papa - perché so che Lui mi ha amato per primo”. E continua: “Se lui non ci avesse amato certamente noi non potremmo amare”. Francesco fa poi un esempio: “Se un bambino appena nato, di pochi giorni, potesse parlare, certamente spiegherebbe questa realtà: ‘Mi sento amato dai genitori’. E questo che fanno i genitori con il bambino è quello che Dio ha fatto con noi: ci ha amati per primo. E questo fa nascere e fa crescere la nostra capacità di amare. Questa è una definizione chiara dell’amore: noi possiamo amare Dio perché Lui ci ha amati per primo”.
La seconda cosa che l’apostolo dice, “senza mezze parole”, è questa: “Se uno dice: ‘Io amo Dio’ e odia suo fratello, è un bugiardo”. Il Papa fa notare che Giovanni non dice che è un “maleducato”, o “uno che sbaglia”, dice “bugiardo” e anche noi dobbiamo imparare questa cosa: “Io amo Dio, prego, entro in estasi … e poi scarto gli altri, odio gli altri o non li amo, semplicemente, o sono indifferente agli altri … Non dice: ‘hai sbagliato’, dice ‘sei bugiardo’. E questa parola nella Bibbia è chiara, perché essere bugiardo è proprio il modo di essere del diavolo: è il Grande Bugiardo, ci dice il Nuovo Testamento, è il padre della menzogna. Questa è la definizione di Satana che ci dà la Bibbia. E se tu dici di amare Dio e odi il tuo fratello, sei dall’altra parte: sei un bugiardo. In questo non ci sono concessioni”.
Molti possono trovare delle giustificazioni per non amare, qualcuno può dire “Io non odio, Padre, ma c’è tanta gente che mi fa del male o che io non posso accettare perché è maleducata o è rozza”. E il Papa commenta sottolineando la concretezza dell’amore indicata da Giovanni quando scrive: ‘Chi infatti non ama il proprio fratello che vede non può amare Dio, che non vede’ e afferma: “Se tu non sei capace di amare la gente, dai più vicini ai più lontani che tu stai vivendo, non puoi dirci che tu ami Dio: sei un bugiardo”.
Ma non c’è solo il sentimento di odio, può esserci la volontà di non “immischiarsi” nelle cose degli altri. Ma questo non va bene, perché l’amore “si esprime facendo il bene”: “Se una persona dice: ‘Io, per essere ben pulito, bevo soltanto l’acqua distillata’: morirai!, perché questo non serve alla vita. Il vero amore non è acqua distillata: è l’acqua di tutti i giorni, con i problemi, con gli affetti, con gli amori e con gli odi, ma è questo. Amare la concretezza, l’amore concreto: non è un amore di laboratorio. Questo ci insegna, con queste definizioni così chiare, l’Apostolo. Ma c’è un modo di non amare Dio e di non amare il prossimo un po’ nascosto, che è l’indifferenza. ‘No, io non voglio questo: io voglio l’acqua distillata. Io non mi immischio con il problema degli altri’. Tu devi, per aiutare, per pregare”.
Papa Francesco cita quindi un’espressione di Sant’Alberto Hurtado che diceva: “Non fare del male va bene; ma non fare del bene, va male”. L’amore vero “deve portare a fare del bene (…), a sporcarti le mani nelle opere d’amore”.
Non è facile, ma attraverso la strada della fede c’è la possibilità di vincere il mondo, la mentalità del mondo “che ci impedisce di amare”. Questa è la strada, afferma ancora il Papa, “qui non entrano gli indifferenti, quelli che si lavano le mani dai problemi, quelli che non vogliono immischiarsi nei problemi per aiutare, per fare del bene; non entrano i falsi mistici, quelli dal cuore distillato come l’acqua, che dicono di amare Dio ma prescindono dall’amare il prossimo” e conclude: “Che il Signore ci insegni queste verità: la sicurezza di essere stato amato per primo e il coraggio di amare i fratelli”.
Papa Francesco: il mar Mediterraneo rimane un “grande cimitero”
9 Gennaio 2020 - Città del Vaticano - “Occorre rilevare che nel mondo vi sono diverse migliaia di persone, con legittime richieste di asilo e bisogni umanitari e di protezione verificabili, che non vengono adeguatamente identificati. Molti rischiano la vita in viaggi pericolosi per terra e soprattutto per mare”.
Lo ha detto questa mattina Papa Francesco ricevendo in Vaticano il Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede. Il papa ha sottolineato con “dolore” che “si continua a constatare come il Mare Mediterraneo rimanga un grande cimitero. È sempre più urgente, dunque - ha detto Papa Francesco - che tutti gli Stati si facciano carico della responsabilità di trovare soluzioni durature”.
IL Pontefice ha assicurato che da parte sua “la Santa Sede guarda con grande speranza agli sforzi compiuti da numerosi Paesi per condividere il peso del reinsediamento e fornire agli sfollati, in particolare a causa di emergenze umanitarie, un posto sicuro in cui vivere, un’educazione, nonché la possibilità di lavorare e di ricongiungersi con le proprie famiglie”. Tra le crisi umanitarie in atto, il Papa ha citato quella dello Yemen, “che vive una delle più gravi crisi umanitarie della storia recente, in un clima di generale indifferenza della comunità internazionale”, e della Libia, “che da molti anni attraversa una situazione conflittuale, aggravata dalle incursioni di gruppi estremisti e da un ulteriore acuirsi di violenza nel corso degli ultimi giorni”.
“Tale contesto è fertile terreno per la piaga dello sfruttamento e del traffico di essere umani, alimentato da persone senza scrupoli che sfruttano la povertà e la sofferenza di quanti fuggono da situazioni di conflitto o di povertà estrema”, il grido d’allarme di Francesco: “Tra questi, molti finiscono preda di vere e proprie mafie che li detengono in condizioni disumane e degradanti e ne fanno oggetto di torture, violenze sessuali, estorsioni”. (R.I.)
Papa Francesco: oggi l’incontro con migranti provenienti da Lesbo
19 Dicembre 2019 - Città del Vaticano - Oggi, giovedì 19 dicembre, al termine delle udienze della mattina, Papa Francesco incontrerà i rifugiati arrivati recentemente da Lesbo con i corridoi umanitari e farà “posizionare una croce - nell’accesso al Palazzo Apostolico dal Cortile del Belvedere - in ricordo dei migranti e dei rifugiati”. Lo comunica il direttore della Sala Stampa della Santa Sede, Matteo Bruni. Tv2000, la tv della Chiesa Italiana, in collaborazione con Vatican Media, trasmetterà in diretta, ore 12.45, l’incontro.
Papa Francesco: non mettiamo Dio all’angolo. Se lo facesse Lui, addio Paradiso
16 Dicembre 2019 - Città del Vaticano - Due atteggiamenti dei cristiani tiepidi, “mettere Dio all’angolo e lavarsene le mani”, sono pericolosi, “è come sfidare Dio”. Se il Signore mettesse noi all’angolo “non entreremmo mai in Paradiso” e guai se poi “se ne lavasse le mani, con noi”. Papa Francesco, nell’omelia della Messa del mattino a Casa Santa Marta, come riferisce Vatican News, rilegge così il Vangelo di Matteo proposto dalla liturgia, quello sul dialogo tra Gesù e i capi dei sacerdoti, che gli chiedono con quale autorità insegni nel tempio.
Gesù, ricorda il Papa, esortava la gente, la guariva, insegnava e faceva miracoli, e così innervosiva i capi dei sacerdoti, perché con la sua dolcezza e la dedizione al popolo attirava tutti verso di sé. Mentre loro, i funzionari, erano rispettati dalla gente, che però non li avvicinava “perché non aveva fiducia in loro”. Quindi si accordano “per mettere Gesù all’angolo”. E gli domandano, prosegue papa Francesco: “Con quale autorità tu fai queste cose?”. Infatti “tu non sei un sacerdote, un dottore della legge, non hai studiato nelle nostre università. Non sei niente”.
Gesù, con intelligenza, risponde con un'altra domanda e mette i capi di sacerdoti all’angolo”, chiedendo se Giovanni il Battista battezzava con un’autorità che gli veniva dal cielo, cioè da Dio o dagli uomini. Matteo descrive il loro ragionamento, riletto dal Pontefice “Se noi diciamo: ‘Dal cielo’, ci dirà: ‘Perché non avete creduto?’, se diciamo: ‘Dagli uomini’, la gente verrà contro di noi”. E se ne lavano le mani e dicono: ‘Non sappiamo’”. Questo, commenta Papa Francesco, “è l’atteggiamento dei mediocri, dei bugiardi della fede”: “Non solo Pilato se ne lavò le mani; anche questi se ne lavano le mani: ‘Non sappiamo’. Non entrare nella storia degli uomini, non coinvolgersi nei problemi, non lottare per fare il bene, non lottare per guarire tanta gente che ha bisogno… Meglio di no. Non sporchiamoci”. Così Gesù risponde, prosegue il Papa, “con la stessa musica: ‘Neppure io vi dico con quale autorità faccio questo’”: “Questi sono due atteggiamenti dei cristiani tiepidi, di noi – come diceva mia nonna – ‘cristiani all’acqua di rosa’; cristiani così: senza consistenza. Un atteggiamento è mettere nell’angolo Dio: ‘O mi fai questo o non andrò più in una chiesa’. E cosa risponde Gesù?: ‘Vai, vai. Arrangiati’”.
L’altro atteggiamento dei cristiani tiepidi, chiarisce papa Francesco, è lavarsene le mani, come “i discepoli di Emmaus quella mattina della Resurrezione”. Vedono le donne “tutte gioiose perché avevano visto il Signore”, non si fidano, perché le donne “sono troppo fantasiose”, e se ne lavano le mani. Così entrano nella confraternita “di San Pilato”: “Tanti cristiani, se ne lavano le mani davanti alle sfide della cultura, alle sfide della storia, alle sfide delle persone del nostro tempo; anche davanti alle sfide più piccole. Quante volte sentiamo il cristiano tirchio davanti ad una persona che chiede elemosina e non la dà: ‘No, no io non do perché poi questi si ubriacano’. Se ne lavano le mani. Io non voglio che la gente si ubriachi e non do elemosina. ‘Ma non ha da mangiare …’ – ‘Fatti suoi: io non voglio che si ubriachi’. Lo sentiamo tante volte, tante volte. Mettere Dio all’angolo e lavarsene le mani sono due atteggiamenti pericolosi, perché è come sfidare Dio. Pensiamo cosa accadrebbe se il Signore ci mettesse all’angolo. Mai entreremmo nel paradiso. E cosa accadrebbe se il Signore se ne lavasse le mani con noi? Poveracci”.
Sono, conclude il Pontefice, “due atteggiamenti ipocriti di educati”. “No, questo no. Non mi immischio”, così Papa Francesco dà voce agli educati ipocriti, “metto all’angolo la gente, perché è gente sporca”, “io davanti a questo me ne lavo le mani perché sono fatti loro”. Vediamo, è il suo invito finale, “se in noi c’è qualcosa del genere” e se c’è, cacciamo via “questi atteggiamenti per fare spazio al Signore che viene”.
Papa: domenica messa per la comunità filippina
13 Dicembre 2019 - Roma - Papa Francesco celebra per la prima volta la tradizionale “Misa de Aguinaldo” (Messa del Dono) per la comunità filippina di Roma. Domenica pomeriggio, 15 dicembre, alle 16.30 nella Basilica di San Pietro, con questa liturgia Bergoglio dà il via al “Simbang Gabi” (Messa della notte), la novena in preparazione alla nascita di Gesù Bambino, una delle celebrazioni più importanti e antiche della tradizione cattolica filippina che ancora oggi coinvolge milioni di comunità residenti in varie parti del mondo. È detta anche “Misa de Gallo” (Messa del Gallo), perché si celebra all’alba nei nove giorni che precedono il Natale. Un “sacrificio d’amore” che richiede di alzarsi molto presto in giorni feriali e che conferma l’anima cattolica dei filippini. A Roma le altre otto liturgie si terranno nella basilica di Santa Pudenziana di via Urbana, che dal 1991, anno in cui Giovanni Paolo II eresse la cappellania cattolica filippina, è «sede centrale e punto nevralgico per 63 comunità, veri e propri centri pastorali sparsi in vari quartieri cittadini – spiega il presidente Teddy Dalisay -. Ognuna è composta da un centinaio di persone e per la Messa con il Papa sono stati distribuiti più di 6mila biglietti. Per noi è un momento importante, sarà una domenica di festa e siamo tutti molto felici».
Per il direttore dell’Ufficio per la pastorale delle migrazioni del Vicariato monsignor Pierpaolo Felicolo la realtà cattolica filippina a Roma rappresenta «un esempio molto bello per tutta la città. È una comunità molto forte e articolata che si sostiene nel cammino di una fede semplice e profonda. L’incontro con il Papa sublima anni di presenza nella Capitale, dove mantengono la loro tradizione, la loro fede e cultura ma sempre fedeli a Pietro nel cammino della Chiesa che li ospita, per crescere insieme e fare comunità». Una realtà «ben voluta» dalla città, prosegue Felicolo, che va comunque «sostenuta e accompagnata nel processo di integrazione con una maggiore conoscenza della lingua italiana».
A Roma, compresa l’area metropolitana, i filippini residenti sono 47mila, aggiunge padre Ricky Gente, cappellano della Missione con cura d’anime filippina. «Questo è il quarto anno che celebriamo la “Misa de Aguinaldo” nella basilica vaticana ma è la prima volta che presiede il Papa – afferma il sacerdote -. L’Italia è la nostra seconda casa e vogliamo condividere la nostra religiosità e far conoscere le nostre tradizioni. Il Papa ha subito dato la sua disponibilità e quando mi hanno confermato che avrebbe presieduto la Messa, che sarà concelebrata da 150 sacerdoti, ho provato una immensa gioia. Per tutti noi è un grande onore». Alla liturgia sarà presente anche l’ambasciatore filippino presso la Santa Sede Grace Relucio Princesa la quale condivide con padre Ricky la preoccupazione per i giovani di terza generazione nati in Italia. «Molti di loro non sono mai stati nelle Filippine o vi hanno trascorso poco tempo durante le vacanze – dice il sacerdote -. Faticano a trovare una propria identità, non si sentono né italiani né filippini». L’ambasciata presso la Santa Sede e quella Filippina in Italia «stanno avviando in tal senso un progetto per trasmettere ai ragazzi i valori e la cultura filippina» aggiunge Princesa.
Le comunità romane, aggiunge ancora Dalisay, sono già al lavoro per le celebrazioni che le vedranno protagoniste fra due anni, in occasione del 30° anniversario di presenza a Roma, che coincide con il cinquecentenario dell’evangelizzazione delle Filippine – il quinto più grande paese cristiano al mondo – dove nel 1521 approdò il navigatore portoghese Ferdinando Magellano. (R. Pumpo – RomaSette)
Papa: in diretta su Tv2000 la messa per la Comunità filippina
12 Dicembre 2019 - Roma - Papa Francesco presiederà una liturgia eucaristica nella Basilica di San Pietro per la Comunità filippina di Roma. La liturgia è prevista per domenica pomeriggio alle 16,30 e sarà trasmessa su Tv2000, in collaborazione con Vatican Media.
Papa Francesco in Giappone: “accogliere quelli che vengono a cercare rifugio nel vostro Paese”
25 Novembre 2019 - Tokyo - “Stendere le braccia dell’amicizia e di accogliere quelli che vengono, spesso dopo grandi sofferenze, a cercare rifugio nel vostro Paese”. È l’invito con cui si è concluso il discorso rivolto dal Papa ai giovani dalla cattedrale di Tokyo. “Con noi qui c’è un piccolo gruppo di rifugiati”, ha fatto notare il Papa: “La vostra accoglienza testimonierà che per molti possono essere estranei, ma per voi si possono considerare fratelli e sorelle”.
“Un maestro saggio una volta disse che la chiave per crescere nella saggezza non sta tanto nel trovare le risposte giuste, ma nello scoprire le domande giuste”, ha sottolineato il Papa: “Spero che possiate farvi delle ottime domande, mettervi in discussione e aiutare gli altri a porsi domande buone e provocatorie sul significato della vita e su come possiamo costruire un futuro migliore per coloro che verranno dopo noi”.
“Non confondete e non stordite i vostri sogni, date loro spazio e osate guardare a grandi orizzonti, guardare ciò che vi attende se avrete il coraggio di costruirli insieme” ha quindi aggiunto sottolineando che il Giappone “ha bisogno di voi, il mondo ha bisogno di voi, svegli e generosi, gioiosi ed entusiasti, capace di costruire una casa per tutti. Prego perché cresciate in saggezza spirituale e scopriate in questa vita la strada verso la vera felicità”.
Papa Francesco: è iniziato il viaggio in Thailandia, prima tappa in Asia
20 Novembre 2019 - Roma - Ha avuto inizio nel tardo pomeriggio di ieri il 32° viaggio apostolico internazionale di Papa Francesco che avrà come tappe la Thailandia e il Giappone. Alle ore 18.20, lasciato il Vaticano, il Pontefice si è trasferito in auto all’Aeroporto internazionale di Roma-Fiumicino da dove, alle ore 19.16, a bordo di un A330 dell’Alitalia, è partito alla volta di Bangkok. Alle ore 18.00, prima di lasciare Casa Santa Marta, ha voluto incontrare una decina di anziani soli ospitati dalle Piccole Sorelle dei Poveri a San Pietro in Vincoli. Il piccolo gruppo era accompagnato dall’elemosiniere apostolico, card. Konrad Krajewski. Questa mattina l’arrivo all’Aeroporto di Bangkok.