Tag: Mobilità umana e migrazioni

Covid-19: restare uniti, tirare tutti dalla stessa parte. Il Coronavirus non divida l’Italia

28 Febbraio 2020 - Roma - Si moltiplicano in queste ore le analisi e le riflessioni sulla situazione creatasi con la diffusione anche in Italia del coronavirus Covid-19. Gli effetti dell’epidemia sono certamente problematici, tragici nelle loro conseguenze mortali, pesanti sul piano sanitario e sociale. La paura, in molti casi, ha preso il sopravvento, sperimentata nell’assalto ai supermarket e, soprattutto, nella diffidenza che si registra nei rapporti interpersonali: uno starnuto in pubblico rimanda subito agli “untori” della peste manzoniana, comprese nuove “colonne infami”. E già si intravvedono altre conseguenze, fra cui quelle economiche: gli appelli a “riaprire Milano” sintetizzano questo aspetto non secondario del coronavirus. Altrettanto preoccupanti, e sgradevoli, appaiono i “cordoni sanitari” che all’estero si registrano nei confronti degli italiani: giustificati in qualche caso, ma per lo più assolutamente irrazionali. In questo quadro, occorre riconoscere che, ancora una volta, l’Italia e gli italiani non hanno dato il meglio di sé. Anziché far proprio lo “stringiamoci a coorte”, l’impegno concreto a restare uniti che si canta con l’Inno nazionale, sono emersi in pochi giorni atteggiamenti che fanno pensare a un Paese diviso: diviso da vecchi e nuovi campanilismi, dall’improvvisarsi esperti in materia sanitaria, dal fidarsi di tutto ciò che i social rilanciano anche quando si tratta di evidenti sciocchezze messe in circolo – in maniera cosciente o meno – da chi non ne sa nulla. E se persino la medicina ha inviato talvolta all’opinione pubblica messaggi discordanti (dal minimizzare al drammatizzare), il peggio è forse giunto dalla politica, con contrasti fra i diversi piani di governo (locale, regionale, nazionale) che ha fornito l’impressione che qualcuno stesse pensando alle prossime elezioni piuttosto che a mettere al sicuro la salute dei propri cittadini e il bene delle comunità amministrate. Dovrebbe essere chiaro, in tale delicatissima fase, che bisogna tirare tutti dalla stessa parte; che occorre rispettare decreti, regole e ordinanze, con una scala di responsabilità e di autorità che va dal governo centrale ai territori, perché il problema è nazionale, non locale. Appare doveroso fidarsi della scienza e degli esperti riconosciuti evitando la psicosi collettiva spesso innescata da un’informazione superficiale e incontrollata. Per l’Italia è il tempo di mostrare unità d’intenti, condivisione di obiettivi, fattiva solidarietà verso chi sta pagando il prezzo più alto del Covid-19; quella stessa solidarietà che ha caratterizzato la Penisola in mille altre occasioni emergenziali: dai terremoti alle più diverse catastrofi naturali, dal terrorismo alle imprevedibili (ma non sempre incolpevoli) disgrazie collettive. Unità sul piano politico, perché il cittadino possa sentirsi rassicurato da governanti capaci di rispondere con responsabilità alla diffusione del virus e alle sue conseguenze a breve e lungo termine. Per questo appare doveroso respingere ogni sciacallaggio politico perché rischia di lacerare ulteriormente un Paese già di per sé fragile e impaurito. Gli italiani dovranno pure rimboccarsi le maniche, sostenuti da eventuali aiuti economici statali, per contenere al massimo le ricadute sul Pil, ovvero sulle imprese, la produttività, il lavoro, i redditi familiari…È inoltre auspicabile che le realtà e le voci credibili e autorevoli del Paese contribuiscano a instillare fiducia, senso di comunità, volontà di riscatto: quanto ad esempio stanno facendo – con senso di responsabilità – parrocchie e diocesi è veramente emblematico. Non si dovrà neppure rinunciare a quel sano, sottile umorismo sdrammatizzante che, sin dalle prime notizie dell’epidemia, si è messo spontaneamente in circolo nel Belpaese: non si può ridere sguaiatamente di una tragedia collettiva, ma è possibile – con piglio tutto italiano – aiutare a pensare tramite una battuta, un sorriso, una strizzata d’occhio. La paura – italianamente – si vince anche così. (Gianni Borsa – Sir)​    

“Parole non pietre”: da oggi tre incontri per contrastare i muri dell’odio e le parole di razzismo

28 Febbraio 2020 - Roma – “Parole non pietre”. Questo il patto che sarà siglato questa mattina nella sede della rivista La Civiltà Cattolica fra i rappresentanti di diverse confessioni religiose e i rappresentanti della categoria dei giornalisti. Insieme con Raffaele Lorusso e Giuseppe Giulietti, Segretario generale e Presidente della Fnsi, Guido D’Ubaldo, segretario del Cnog, e Roberto Natale, coordinatore Comitato scientifico di Articolo21, hanno confermato la loro partecipazione: padre Antonio Spadaro, Direttore de La Civiltà Cattolica; Paolo Ruffini, prefetto del Dicastero delle Comunicazioni della Santa Sede; Muhammad Abd al-Salam, Segretario dell’Alto Comitato per l’attuazione documento sulla fratellanza; Ruth Dureghello, presidente della Comunità Ebraica di Roma; Alessandra Trotta, moderatora della Chiesa Valdese; Rev. Elena Seishin Viviani e Giovanna Giorgetti, Vice Presidenti Unione Buddhista d’Italia; Svamini Shuddhananda Giri, rappresentante per il Dialogo Interreligioso Unione Induista italiana; Abdellah Redouane, segretario generale del Centro islamico culturale d’Italia. All’incontro saranno presenti anche la Ministra dell’Interno, Luciana Lamorgese e il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri con delega all’Editoria, Andrea Martella. I partecipanti firmeranno un impegno a contrastare i muri dell’odio e le parole del razzismo. Sarà consegnato loro un disegno offerto da Mauro Biani. Nel pomeriggio, alle 15.30, nella sede della Fnsi si terrà un incontro con le famiglie che hanno saputo trasformare il dolore in azioni di solidarietà. Domani, sabato 29 febbraio la manifestazione proseguirà, sempre nella sede della Fnsi, a partire dalle 9.30, con testimonianze e interventi dei giornalisti minacciati e delle associazioni che ogni giorno contrastano i muri dell’odio e del razzismo. Sarà anche consegnato un riconoscimento al regista Giuliano Montaldo, per i suoi 90 anni, e al giornalista Vincenzo Mollica. Domenica 1 marzo, alle 10, infine, si terrà al Portico d’Ottavia l’inaugurazione della “Panchina della Memoria” dedicata a giornalisti e tipografi ebrei romani vittime della deportazione.  

Usa: facciata museo rivestita da giubbotti salvavita

27 Febbraio 2020 - Roma - Le colonne neoclassiche che abbelliscono la facciata del Minneapolis Institute of Art non mostrano più il bianco della pietra, ma sono arancioni, nere e blu: l'artista cinese Ai Weiwei le ha infatti completamente foderate dei giubbotti salvavita usati da chi tenta di emigrare via mare, con mezzi di fortuna. “Safe Passage” (“Passaggio sicuro”, in italiano) sbarca – scrive l’agenzia Dire - così negli Stati Uniti, dopo le tappe europee. Stavolta l'installazione è però parte di una mostra più ampia dal titolo “Quando la tua terra non ti permette di restare: arte e migrazione”. Noto per il suo attivismo per i diritti umani, Ai Weiwei riporta all'attenzione un tema di attualità: quello delle migliaia di migranti in fuga da fame, guerre e persecuzioni che tentano di raggiungere l'Europa via mare anche a costo della vita. Parte del progetto le decine di giubbotti di salvataggio donati dalle autorità di Lesbo, isola greca che assieme a varie altre del Mar Egeo accoglie i migranti. I trafficanti non si fanno scrupolo di far salire le famiglie su gommoni usurati o vecchi barchini, col risultato che spesso nei naufragi le persone perdono la vita. Da più parti sono mosse accuse contro i governi e le istituzioni europee di non stare facendo abbastanza per evitare i naufragi, a fronte del calo negli ultimi anni delle richieste d'asilo accolte dagli Stati. Ai Weiwei rilancia l'appello per la creazione di canali di viaggio legali sicuri per i rifugiati, tornando a impiegare l'arte come mezzo di comunicazione, e lo fa in uno Stato particolare degli Stati Uniti: il Minnesota, come ricordano le fonti locali, è il primo per numero di rifugiati accolti tra i 50 del Paese.

Tv2000: Mosè e migranti protagonisti di “Beati voi – La Genesi”

25 Febbraio 2020 -

Roma - Ultimo appuntamento con ‘Beati Voi - La Genesi’, l’inedito confronto tra i grandi personaggi del primo libro della Bibbia e le sfide di oggi. Dopo Adamo ed Eva, Caino e Abele, Noè, Abramo, Giacobbe, Giuseppe, nella puntata conclusiva del programma protagonista la storia di Mosè e le migrazioni. In onda su Tv2000, domani, mercoledì 26 febbraio ore 21.05. 

Tra gli ospiti Riccardo Vitanza, di origine eritrea fuggito con la famiglia nel 1976 dal Paese in guerra, arrivato da profugo in Italia dove, dopo anni di povertà, comincia a lavorare come copy writer in una piccola agenzia di pubblicità e oggi è titolare di un’agenzia di comunicazione tra le più importanti nel mondo della musica italiana; Sherol Dos Santos, italiana di origine capoverdiana, nata e cresciuta nel quartiere di San Basilio a Roma, si è fatta conoscere dal grande pubblico con l’ultima edizione di X Factor; Andrea Rossi che da 22 anni vive nel GAD di Ferrara (Giardino Arianuova Doro) il quartiere, città-giardino, legato a un senso di bellezza, di armonia, ma che negli ultimi anni è caduto nel degrado a causa una mala gestione dell’immigrazione; Mohamed Ba, attore, scrittore, musicista, educatore, di origini senegalesi che gira per il mondo con i suoi progetti “per costruire relazioni di umanità tra gli uomini”; Nunzio Marcelli che dopo la laurea in Economia torna ad Anversa degli Abruzzi, dando vita a un’azienda agricola e agrituristica, un’incredibile scommessa di rivalutazione di un ambiente montano in via di spopolamento. Nella puntata anche le interviste a Mimmo Cuticchio, il maestro dell’Opera dei Pupi che parla dell’importanza culturale della tradizione come occasione per promuovere la pace e l’incontro tra culture, e Moni Ovadia maestro del teatro sull’“etica dello straniero”.

Hanau: una riflessione a pochi giorni dalla strage

25 Febbraio 2020 - Hanau - Mercoledì 19 febbraio in due bar Shisha a Hanau: ci sono stati degli spari da arma da fuoco che hanno causato 9 vittime oltre l’attentatore e la madre di questi. Il sindaco di Hanau (100.000 abitanti di cui 25% stranieri) Kaminski ha indetto immediatamente delle riunioni in luogo pubblico per la commemorazione degli uccisi e si rifiuta di parlare di stranieri ma di cittadini inseriti nella vita della comunità cittadina , di persone integrate nella società. Le vittime sono turchi con origini curde, una rumena-polacca, bosniaci. Appena avvenuta la strage gli italiani che vivono ad Hanau hanno cominciato a comunicare tra loro invitando a non uscire di casa. Nei giorni successivi , a causa delle indagini, la scuola elementare „Heinrich Heine Schule“ e gli asili circostanti sono rimasti chiusi. Si è vissuta una atmosfera di shock: Hanau al centro di una tragedia senza pari. In un quartiere del centro alcuni nostri parrocchiani che abitano vicino non hanno sentito nulla la notte, solamente il giorno seguente hanno notato le transenne. Si è parlato di razzismo. Si ha paura che episodi del genere si possono ripetere: ieri una macchina ha travolto un corteo di carnevale in un paese dell’Assia. Come comunità cattolica italiana abbiano donato un mazzo di fiori col velo nero per Hanau Kesselstadt, secondo luogo della tragedia. Due membri della comunità – uno dei quali attivo nella vita politica della città - hanno deposto i fiori e hanno espresso la solidarietà della comunità cattolica italiana di Hanau. Alla manifestazione anche la mamma di una delle vittime che indossava il cappotto del figlio ucciso: un gesto Molto commuovente...La domenica successiva abbiamo celebrato la messa con stola viola ed é stata omessa l’omelia: abbiamo ricordato e pregato per le vittime e i loro familiari. A Marzo è prevista una commemorazione pubblica e sarà dichiarato lutto cittadino. Hanau adesso é tristemente nota per questi episodi e questo dispiace. Il nostro pensiero va alle vittime, uccise barbaramente e alle loro famiglie. Ci lascia orfani di giovani innocenti. Ci vorrà tempo per riflettere negli anni dell’estremismo di destra, sottovalutato da molto tempo ma non possiamo fermarci al razzismo e alla violenza ma Hanau vuole dimostrare che una coesistenza pacifica é possibile fra culture e identitá etniche diverse. Noi come cristiani non perdiamo naturalmente la speranza ma siamo certi che il bene, anche in momenti tragici come questi, non prende il sopravvento ma che sia il bene alla fine ad avere la supremazia. (Nico Bongiorno - padre Antonio Gelsomino)​    

Cile: campagna quaresimale della Fraternità dedicata a progetti per i migranti

25 Febbraio 2020 -

Roma - Domani, 26 febbraio, con la messa del Mercoledì delle ceneri, inizia per la Chiesa cilena la campagna quaresimale della Fraternità 2020, che avrà come slogan “Il tuo contributo e il nostro, la speranza di tutti”. Fino al 5 aprile, informa l'agenzia Sir, saranno raccolti fondi per sostenere il lavoro e i progetti di accoglienza, promozione umana e integrazione con le comunità di migranti di tutto il Paese. L’équipe che coordina la campagna quaresimale parteciperà a Valparaíso, nella parrocchia del Cuore Immacolato di Maria, alla messa del Mercoledì delle ceneri, che sarà presieduta dal vescovo Mons. Pedro Ossandón, amministratore apostolico della diocesi e presidente della campagna quaresimale. Negli ultimi anni, si fa notare sul sito della Conferenza Episcopale Cilena,” il flusso migratorio verso il nostro Paese è cresciuto notevolmente, superando le possibilità di accoglienza e cura, in particolare dei migranti più vulnerabili, sia a livello governativo che della società civile e delle organizzazioni pastorali della Chiesa. Tutto ciò diventa una grande sfida e un appello condiviso in America Latina e nei Caraibi”. Ecco perché tra il 2019 e il 2021 la campagna quaresimale è prioritariamente soggetta alle comunità di migranti. Con i fondi raccolti lo scorso anno, sarà possibile lavorare 39 progetti a livello nazionale.

Vescovi d’America: “la Chiesa è alleata dei migranti”

20 Febbraio 2020 - Roma - Con una preghiera di ringraziamento per l’incontro fraterno, i vescovi delle presidenze del Celam (Consiglio episcopale latinoamericano) e delle Conferenze Episcopali degli Stati Uniti e del Canada hanno concluso a Tampa, in Florida, l’incontro dei vescovi della Chiesa in America. Durante l’ultima giornata – riferisce il Sir -  Mons. Gustavo Rodríguez Vega, arcivescovo dello Yucatan (Messico), ha presentato la realtà del fenomeno migratorio in America Latina e nei Caraibi; quindi Mons. Allen Vigneron, arcivescovo di Detroit e Vicepresidente della Conferenza Episcopale degli Stati Uniti, ha presentato l’esperienza di collaborazione con il ministero della Gioventù; più tardi, Mons. Iván Antonio Marín, arcivescovo emerito di Popayán (Colombia), ha parlato dei vescovi emeriti e delle possibilità di una presenza e di una maggiore vicinanza e sostegno nei loro confronti. Infine, Mons. Pierre Goudreault, vescovo di Sainte-Anne-de-la-Pocatière, in Canada, ha condiviso il lavoro nel Paese sulla protezione dei minori e delle persone vulnerabili. Al termine, nel tracciare un bilancio dell’iniziativa, il presidente del Celam, Mons. Miguel Cabrejos, arcivescovo di Trujillo (Perù), coordinatore dei lavori, ha affermato: “Sono stati giorni di comunione, fraternità e sinodalità. Tra i temi forti è emersa la difesa della casa comune, oltre all’attenzione alle periferie”. Si è parlato molto anche del fenomeno migratorio, che coinvolge tutto il continente: “La Chiesa è chiamata ad essere alleata dei migranti”, ha concluso il presidente del Celam. Il prossimo incontro, nel 2021, sarà coordinato dalla Conferenza Episcopale del Canada.  

Chinatown: a tavola contro la paura

20 Febbraio 2020 - Milano - «Tutti a Chinatown stasera per fare tre buone azioni con un solo gesto: aiutare i bambini degli orfanotrofi cinesi messi in difficoltà dall’epidemia del Coronavirus, dare una mano ai ristoratori e combattere la psicosi del virus». È l’appello lanciato da Marco Griffini, presidente di Aibi, tra i sostenitori della 'Notte delle bacchette', simpatica iniziativa di solidarietà che stasera a Milano – ma non solo – coinvolgerà centinaia di ristoratori cinesi. Da quando è partita l’epidemia i locali hanno visto crollare i propri fatturati in pochissimi giorni. Soprattutto a Milano, dove qualcuno è addirittura stato costretto a chiudere, almeno temporaneamente. Così, per contrastare la paura e offrire un segno di vicinanza a tante famiglie di origini cinesi, è nata questa iniziativa di “solidarietà gastronomica”. Stasera, in una settantina di locali, ristoranti, bar di via Paolo Sarpi e dintorni sarà possibile cenare – senza timore del contagio – con la certezza di compiere una buona azione. Il ristorante offrirà un piatto tipico e, anche grazie all’interessamento del food blogger Lorenzo Biagiarelli – tra gli organizzatori dell’evento – il cinquanta per cento della cifra versata andrà sostenere le iniziative di Aibi. Con quale scopo? Raccoglie donazioni e materiale sanitario (mascherine protettive e disinfettanti) per contrastare l’emergenza sanitaria negli istituti per l’infanzia in Cina, dove la situazione è sempre più difficile. In Cina esistono decine di istituti che ospitano migliaia di minori. Aibi, ente autorizzato per adozioni in Cina, che opera a Pechino dal 2008 e a Xi’An, nello Shaanxi, dal 2012 è tra le organizzazioni che si sono mosse subito per reperire il materiale più richiesto, principalmente mascherine di tipo medico e N95, ma anche disinfettanti per le mani, termometri e guanti in lattice. Fino, proprio attraverso Aibi, sono state donate 29.970 mascherine usa e getta, tra cui 1.700 in spedizione da una famiglia adottiva e 3.000 da un privato e 1.000 maschere N95; 2.500 guanti medici; 1.000 confezioni di disinfettante e 260 occhiali protettivi. In totale sono stati raggiunti sei istituti a Ningbo, Xi’an, Zhengzhou, Guangzhou, Baotou e Xiangtang. Importante la collaborazione con la Fondazione Italia Cina, che sostiene la Casa di accoglienza “Vittorino Colombo” a Xi’an, e la società Aurora Biofarma di Milano che ha contribuito al reperimento di materiale con una donazione liberale. Diverse sono le aziende che si stanno interessando al progetto. ( L.Mo. - Avvenire)    

Sinodo dei vescovi: “esprimere con urgenza solidarietà con i fratelli e le sorelle coinvolti nel dramma della migrazione forzata”

17 Febbraio 2020 - Città del Vaticano - “Esprimere con urgenza solidarietà con i fratelli e le sorelle coinvolti nel dramma della migrazione forzata”. E’ quanto è emerso nell’incontro  della Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi, presieduto da Papa Francesco, riunitosi nei giorni scorsi e che  ha riflettuto, tra le altre cose, sulle conseguenze del fenomeno migratorio in atto in diverse regioni del pianeta. Durante l’incontro il Papa ha deciso di indire la prossima Assemblea del Sinodo dei vescovi per l’autunno 2022. “A causa di guerre, ineguaglianze economiche, ricerca di lavoro e di terre più fertili, persecuzione religiosa, terrorismo, crisi ecologica, ecc., moltissime persone sono costrette a spostarsi da un paese all’altro”, si legge nel Messaggio del XV Consiglio Ordinario della Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi sulle gravi conseguenze del movimento di persone in atto nel mondo: “Gli effetti sono spesso devastanti. Le persone  sono disorientate, le famiglie distrutte, i giovani traumatizzati, e quanti sono rimasti a casa indotti alla disperazione. Talvolta tali persone – prosegue il messaggio -  patiscono in campi-profughi e alcune addirittura finiscono in prigione. Donne e giovani sono costretti a prostituirsi; vengono abusati fisicamente, socialmente e sessualmente. I bambini sono separati dai genitori e privati del diritto di crescere nella sicurezza di una famiglia unita”. Di fronte a ciò, il Consiglio del Sinodo desidera ricordare che la Chiesa, “mentre deplora le ragioni che causano un così massiccio movimento di persone, è chiamata a offrire conforto, consolazione e accoglienza a tutti coloro che stanno soffrendo in un modo o nell’altro. Essa – si legge ancora nel messaggio -  si identifica con il povero, il piccolo e lo straniero, considerando parte della sua missione profetica l’impegno a levare la voce contro l’ingiustizia, lo sfruttamento e la sofferenza”. La Chiesa “apprezza, al tempo stesso, i governi e le organizzazioni non governative che mostrano interesse e si stanno impegnando ad aiutare quanti sono costretti a spostarsi” e sostiene coloro che stanno “cercando di avviare politiche favorevoli all’accoglienza di queste persone nelle loro comunità”. Da qui anche l’auspicio  che i governi locali affrontino le situazioni che costringono le persone a lasciare la loro casa” e si chiede “vigilanza contro il traffico di persone e impegno a promuovere la fine dei conflitti che provocano tanta sofferenza”. “Affidiamo – conclude il messaggio -  i nostri fratelli e le nostre sorelle sofferenti a Maria, Madre dell’umanità, che per prima ha conosciuto il dolore di dover lasciare la sua casa e il suo paese insieme alla propria famiglia in cerca di sicurezza e di pace”. (R.Iaria)

Esposti a continue violenze i migranti dell’America centrale

17 Febbraio 2020 - Città del Vaticano - Migliaia di persone, che fuggono dalla violenza e dalla disperazione dei propri paesi in America centrale, si trovano esposti a un livello di violenza ancora più grande lungo la rotta migratoria verso gli Stati Uniti e non riescono a entrare in paesi sicuri. A lanciare l’allarme sono alcune ong presenti in Messico, secondo cui le recenti politiche migratorie adottate da Stati Uniti e Messico stanno seriamente mettendo in pericolo la sicurezza e l’incolumità dei richiedenti asilo provenienti dall’America centrale, con gravi conseguenze per la loro salute fisica e psicologica. Fuggono in particolare da El Salvador e Honduras, considerati due tra i paesi più violenti al mondo, e attraversano prima il Guatemala e poi il Messico con il sogno di raggiungere gli Stati Uniti. Emerge chiaro e incontrovertibile il dato che le recenti politiche statunitensi e gli accordi bilaterali raggiunti con il Messico e il Guatemala abbiano peggiorato la crisi umanitaria nell’area. I richiedenti asilo negli Stati Uniti, infatti, sono costretti a rimanere nei due paesi in attesa che la loro richiesta venga esaminata. In un recente dossier dell’ong Medici senza frontiere (Msf) intitolato «Nessuna via d’uscita», basato su 480 interviste a uomini e donne tra i 15 e i 66 anni arrivati in Messico, e sulle testimonianze di alcuni operatori umanitari dell’organizzazione, risulta che più della metà delle persone intervistate è stata vittima di aggressioni, estorsioni, violenze a sfondo sessuale o torture. Oltre il 60 per cento degli intervistati ha dichiarato di aver vissuto situazioni violente nei due anni precedenti l’uscita dal proprio paese e circa la metà ha ammesso come ragione fondamentale della fuga l’esposizione alla violenza. Tre quarti delle persone che viaggiano con bambini ha dichiarato di essere partite a causa della violenza, incluso il reclutamento forzato in bande criminali. Infine il 57,3 per cento dei migranti è stato vittima di aggressioni, estorsioni, violenze a sfondo sessuale o torture lungo la rotta migratoria. Il rapporto, inoltre, rende noti i dati medici relativi alle oltre 26.000 persone assistite in Messico durante i primi nove mesi del 2019, che evidenziano gli alti livelli di violenza e di maltrattamenti subiti dai migranti e dai rifugiati nei loro paesi d’origine, lungo la rotta migratoria e sotto la custodia delle autorità statunitensi e messicane. Sergio Martín, coordinatore generale di Msf in Messico, a margine del dossier ha affermato che «dopo anni di raccolta di dati medici e testimonianze è evidente che molti dei nostri pazienti stanno disperatamente fuggendo dalla violenza nei loro paesi di origine. Queste persone chiedono protezione e cure e, come minimo, l’opportunità di chiedere asilo. Invece lungo la rotta migratoria si trovano esposti a un livello di violenza ancora più grande e non riescono a entrare in paesi sicuri. Restano così bloccati in luoghi pericolosi, senza alcuna possibilità di trovare sicurezza». «Abbiamo a che fare con persone vulnerabili, che hanno viaggiato in un grande gruppo per evitare di subire violenza lungo il percorso. Costretti ora a rimanere in detenzione nel nord del Messico, hanno scoperto un altro tipo di violenza» ha denunciato ancora Martín. Su questo fronte proprio questa settimana a Piedras Negras, città messicana al confine con gli Stati Uniti, si è creata una situazione di emergenza. Oltre 1.700 migranti, che si erano accampati in una fabbrica abbandonata della città nel tentativo di oltrepassare la frontiera, sono stati trattenuti dalla polizia e dai soldati messicani contro la loro volontà e gli è stato vietato di abbandonare la fabbrica, confinati come fossero criminali. In un primo momento le autorità messicane non avrebbero permesso a equipe di varie organizzazioni umanitarie di accedere all’interno della struttura. «Questa terribile situazione è peggiorata quando alle organizzazioni umanitarie è stato impedito l’accesso al sito e quando i migranti sono stati trasportati da Piedras Negras a città di confine non sicure» ha affermato ancora Martín, aggiungendo di essere preoccupato per le persone rimaste nella fabbrica che hanno bisogno di cure mediche. Molti tra questi migranti necessitano inoltre di supporto psicologico per ridurre i sintomi di stress e ansia causati da questo confinamento e dall’incertezza di questi trasferimenti. Successivamente le autorità messicane li avrebbero accompagnati in altre città di frontiera poco sicure, dove i migranti, in situazione di totale vulnerabilità, finiscono in balìa delle reti di trafficanti di esseri umani, vengono spesso presi di mira da gruppi criminali e sono particolarmente esposti a violenze e abusi. Proprio per questo le ong presenti in Messico continuano a monitorare questi trasferimenti per capire meglio le condizioni nei luoghi in cui vengono inviate le persone. (Fabrizio Peloni – Osservatore Romano)  

Testimonianze “dal vivo”

13 Febbraio 2020 - Carpi - Capita raramente di incontrare dei testimoni, persone che non solo ti raccontano le cose come stanno, ma che hanno fatto esperienza concreta di ciò di cui parlano, soprattutto quando questa realtà è molto difficile. E’ questo ciò che è avvenuto il 1° febbraio all’incontro “Semi di (non) diritti”, sui temi di immigrazione e sfruttamento lavorativo. Parole molto forti dai relatori, prima di tutto Marco Omizzolo, sociologo e ricercatore da molti anni sul tema delle mafie in Italia  e delle mafie estere, sulla tratta internazionale a scopo di sfruttamento lavorativo e sul caporalato. Omizzolo ha presentato il suo ultimo libro “Sottopadrone. Uomini, donne e caporali nell’agromafia italiana” (Feltrinelli), raccontando il viaggio che ha condotto da infiltrato tra i braccianti indiani nell’Agro Pontino, “nel cuore delle agromafie - come riporta nel suo volume - tra caporali che lucrano sul lavoro di donne e uomini, spesso stranieri, sfruttati nelle serre italiane. Braccianti indotti ad assumere sostanze dopanti per lavorare come schiavi. Ragazzi che muoiono - letteralmente - di fatica. Donne che ogni giorno subiscono ricatti e violenze sessuali. Un sistema pervasivo e predatorio che spinge alcuni lavoratori a suicidarsi, mentre padroni e padrini si spartiscono un bottino di circa 25 miliardi di euro l’anno”. Un’inchiesta sul campo che è culminata in manifestazioni e denunce, in particolare lo sciopero del 18 aprile 2016 dei braccianti indiani a Latina, e ha contribuito a creare il clima grazie al quale è stata approvata la nuova legge contro lo sfruttamento lavorativo, la 199/2016. Altrettanto chiare sono state le parole di Ilaria Ippolito, operatrice sociale, ricercatrice e attivista per i diritti umani, che ha spiegato numeri, dimensioni, problematiche e distorsioni mediatiche riguardo ai fenomeni migratori di questi anni. Così come molto forte è stata la testimonianza dei sindacalisti di Sicobas, Marcello Pini e Tariq Gondal, che hanno raccontato la situazione locale sul tema. L’iniziativa “Semi di (non) diritti” è stata organizzata da Cooperativa Il Mantello, Ufficio Migrantes Diocesi di Carpi, Presidio Libera Peppe Tizian, Circolo Acli Carpi APS e Cooperativa Oltremare di Modena, con la collaborazione di Consulta per l’Integrazione dell’Unione delle Terre d’Argine, Consulta dei popoli del Comune di Castelfranco Emilia, Libreria La Fenice di Carpi e Ristorante Shahi di Soliera ed ha visto oltre all’intervento dei relatori, l’accompagnamento di intermezzi musicali a tema, grazie al compositore e musicista Matteo Manicardi, e al termine un gradito buffet multietnico. Un momento di approfondimento che ha preso spunto dalla pubblicazione in corso in questi mesi dei “Quaderni migranti”, tre volumi a cura della Cooperativa Oltremare, dell’Associazione Terra Nuova, del Centro culturale Luigi Ferrari e dell’Associazione culturale Tempi Moderni, presentati per la prima volta a fine novembre scorso a Modena. Un approfondimento che come Migrantes intendiamo portare avanti, grati a persone come i relatori, prima ancora che esperti, testimoni. (Migrantes Diocesana Carpi)

Mons. Fontana: nella Chiesa nessuno è straniero

13 Febbraio 2020 - Arezzo – “Nella Chiesa nessuno è straniero”. Il monito è arrivato dal vescovo di Arezzo-Cortona-Sansepolcro, l’arcivescovo Riccardo Fontana, che nella Cattedrale di Arezzo ha radunato tutte le comunità cattoliche “non italiane” presenti in diocesi. «Fratelli nella fede di molte nazionalità», li ha definiti il presule che per loro ha presieduto una Messa in preparazione alla più sentita festa religiosa locale: quella della Madonna del Conforto che viene celebrata sabato. Una liturgia nel segno dell’incontro fra le culture dei partecipanti che nelle loro lingue d’origine hanno condotto letture, intenzioni di preghiera, canti. Nell’omelia Fontana ha spiegato che «la carità si esprime anche attraverso gesti concreti di solidarietà e di accoglienza nei confronti di chi, costretto da situazioni di grave disagio, lascia il proprio Paese e si presenta nudo di ogni cosa sperando con l’aiuto altrui di migliorare la propria vita». (Sévère Boukaka)

Migrantes Marche: il Card. Cristobal Lopez Romero ad Ancona il 18 febbraio

11 Febbraio 2020 - Ancona – Nel settembre scorso una delegazione Migrantes  e Missio delle Marche ha incontrato in Marocco il Card. Cristobal Lopez Romero, arcivescovo di Rabat. Il porporato ricambierà la visita il prossimo 18 febbraio: sarà infatti ad Ancona dove presiederà una celebrazione eucaristica e terrà un incontro con la tutta Diocesi di Ancona-Osimo ricordando gli 800 anni dalla partenza di Francesco dal porto per un celebre e sorprendente  incontro con il sultano  al- Malik al-Kamil a Damietta (Egitto). Il giorno seguente celebrerà una solenne celebrazione eucarestia nella Santa Casa di Loreto per poi recarsi a Bari per il Convegno “Mediterraneo frontiera di pace” dove interverrà. “Ancora oggi sui passi del Santo di Assisi si rivela  profetico ‘avanzare in acque profonde’ del dialogo e della cooperazione, nel costruire ponti e non muri per il domani dell’umanità”, dice il Direttore Migrantes delle Marche, p. Renato Zilio.  

Vescovi Calabria: all’incontro anche don De Robertis

7 Febbraio 2020 - Reggio Calabria – Si è svolta, nei giorni scorsi a Reggio Calabria, la sessione invernale della Conferenza Episcopale Calabra. All’incontro ha partecipato anche don Giovanni De Robertis, Direttore Generale della Fondazione Migrantes che ha invitato i vescovi calabresi a “leggere con attenzione i fenomeni dell’immigrazione e dell’emigrazione, per comprendere quanto sia urgente analizzare con lungimiranza e attenzione tali fenomeni, con le loro implicazioni ed urgenze, sociali ed ecclesiali, in un clima di dialogo e confronto  con le parti sociali e politiche”.  

Torino: parte il progetto “Bibliobabel”

6 Febbraio 2020 - Torino - Domenica 9 febbraio si terrà il primo appuntamento pubblico del progetto Bibliobabel, programma di attività pensato per rendere tre biblioteche del torinese luoghi aggregativi e di diffusione delle culture straniere. Il progetto, capitanato dalla Biblioteca della Fondazione Giorgio Amendola, nasce da un’ampia partnership costituita dalle biblioteche dei comuni di Moncalieri e Beinasco, le cooperative sociali Mirafiori e Solidarietà&Lavoro, l’Ufficio Migrantes di Torino, il collettivo Iperurbana e le associazioni italocinese Zhi Song, rumena e moldava Primo Passo e magrebina Islamica delle Alpi. Finanziato dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali attraverso il Bando Biblioteca Casa di Quartiere, il progetto si prefigge di dare vita a tre “collaboratori” interculturali permanenti per la diffusione e promozione della cultura e le tradizioni delle tre principali comunità linguistiche presenti nel territorio metropolitano di Torino. La Biblioteca Amendola curerà la collaborazione con la comunità cinese, la Biblioteca Arduino di Moncalieri svilupperà iniziative in collaborazione con la comunità rumena mentre la Biblioteca Nino Colombo di Beinasco si occuperà della diffusione della cultura araba. Grazie al contributo ministeriale saranno create sezioni in lingua mandarina, rumena e araba, verranno installati dei prodotti multimediali per narrare in modo innovativo fiabe tradizionali e sviluppate numerose iniziative per raccontarestorie di successo legate all’immigrazione e per promuovere il dialogo tra le culture. Il primo appuntamento pubblico del progetto, che saràospitato dalla Biblioteca della Fondazione Giorgio Amendola di Torino in via Tollegno 52, sarà la Festa delle Lanterne, importante ricorrenza della tradizione cinese, nota anche come piccolo Capodanno. La giornata inizierà con laboratori di calligrafia e di costruzione di lanterne cinesi durante la mattinata per poi riprendere nel pomeriggio con cori, danze folcloristiche e musica tradizionale; sempre nel pomeriggio è previsto un laboratorio di cucina per la preparazione del yuánxião, il dolce tipico legato alla festa. L’evento sarà anche l’occasione per presentare i passi successivi che porteranno alla creazione dei tre Poli dell’intercultura.

Senza memoria, non c’è identità

6 Febbraio 2020 - Roma - C’è molto da riflettere scorrendo i risultati del Rapporto Italia 2020 dell’Eurispes. È il quadro tracciato che fa rabbrividire: un Paese “incattivito” che guarda con diffidenza e poca tolleranza gli stranieri e che, in molti casi, giustifica episodi di razzismo e antisemitismo. Secondo la maggioranza degli italiani, certifica l’Istituto di ricerca, recenti fatti di antisemitismo sono casi isolati, che non sono indice di un reale problema nel Paese (61,7%). Al tempo stesso, il 60,6% ritiene che questi episodi siano la conseguenza di un diffuso linguaggio basato su odio e razzismo. Servirebbe un esame di coscienza collettivo sull'uso delle parole! Siamo tutti chiamati in causa, anche gli operatori della comunicazione. Lo evidenzia bene Papa Francesco nel messaggio per la Giornata mondiale delle comunicazioni sociali 2020: “Mettendo insieme informazioni non verificate, ripetendo discorsi banali e falsamente persuasivi, colpendo con proclami di odio, non si tesse la storia umana, ma si spoglia l’uomo di dignità”. Ecco, allora, l’importanza della memoria: senza questa, il presente sembra non avere radici, ma nemmeno ha la possibilità di aprire a un futuro. Senza memoria, non c’è identità. E questo vale soprattutto per un mondo, quale quello dell’informazione, i cui confini, sotto la spinta delle moderne tecnologie, diventano più labili. (Vincenzo Corrado)  

Mattarella in un Istituto all’Esquilino di Roma

6 Febbraio 2020 - Roma – Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha visitato l’Istituto Comprensivo Statale “Daniele Manin” all’Esquilino. Lo si legge su sito del Quirinale che pubblica anche foto e video. E sul profilo twitter della Presidenza della Repubblica si legge che la scuola è sita “in quartiere con altissima presenza della comunità cinese” (R.I.)

Padova: altri due incontri della proposta “Nella gioia del Battesimo… oltre le frontiere

3 Febbraio 2020 - Padova - Ritorna a Padova la proposta –incontri “Nella gioia del Battesimo… oltre le frontiere” promossa dal Coordinamento ecclesiale richiedenti protezione umanitaria (al quale partecipa, tra gli altri, l’Ufficio Migrantes diocesano)   e Acli Padova. Dopo i primi tre incontri di novembre e dicembre, altri due appuntamenti sono stati messi in programma tra gennaio e febbraio. Il prossimo è domani, 4 febbraio, alle ore 20.45 nel centro parrocchiale di Saccolongo (Pd) cui seguirà un ulteriore incontro venerdì 7 febbraio alle ore 20.45 nel centro parrocchiale di Vigodarzere (Pd). Durante le due serate si parlerà di immigrazione, diritti e integrazione con gli interventi di Elena Spanache, responsabile Sportello immigrazione di Acli Padova (Strumenti di interpretazione del fenomeno migratorio e dati dal territorio); Giovanni Barbariol, dell’associazione Avvocato di strada (Il diritto alla protezione internazionale alla luce della normativa italiana ed europea) e don Elia Ferro, direttore Migrantes della diocesi patavina e il coordinamento di Gianni Cremonese, presidente Acli Padova.

Sardegna: oggi pomeriggio ad Oristano il “racconto” della mobilità umana tra realtà e percezione

3 Febbraio 2020 - Oristano -  Oggi pomeriggio nell’Istituto di Scienze religiose, a Oristano si svolgerà il seminario “Non si tratta solo di migranti”. Il racconto della mobilità umana tra realtà e percezione, organizzato dalla Delegazione regionale Caritas Sardegna, dalla Migrantes regionale, dall’Ordine dei giornalisti della Sardegna e dall’Ucsi Sardegna. Un seminario che nasce dalla necessità di riflettere sul fenomeno della mobilità umana, “tema ghiotto per le campagne elettorali, foriero di paure ancestrali rispetto alla diversità e al diverso, che rischia di essere sempre più manipolato strumentalmente e non conosciuto per l’effettivo dato di realtà”, spiega il delegato regionale Caritas Sardegna Raffaele Callia: persone che vengono nel nostro Paese per ragioni diverse – migrazioni forzate, fuga dalla miseria, ricerca di libertà, ecc.  e che “continuano ad andar via dalle nostre comunità, fra cui gli stessi sardi, soprattutto per mancanza di alternative”. Il delegato Caritas sottolinea come oggi più che mai “si abbia il dovere di fornire un’informazione obiettiva che presenti il tema nella sua complessità, senza semplificazioni e banalizzazioni, senza mistificare la realtà. Un’informazione rigorosa dal punto di vista scientifico e rispettosa in ogni caso della dignità della persona umana, di ogni persona”.  Da qui, l’idea di  proporre un seminario di approfondimento per i giornalisti e per tutti gli operatori che si occupano di tali argomenti, “con l’obiettivo di fornire una narrazione diversa rispetto a quelle in circolazione, in particolare nel complesso mondo dei social network”. “Questa iniziativa inter-pastorale, frutto della collaborazione tra gli uffici regionali Caritas e Migrantes – spiega Padre Stefano Messina, incaricato regionale di Migrantes – intende riflettere su come raccontare l’aspetto della ricchezza umana e culturale di cui i migranti sono portatori: una buona comunicazione capace di favorire l’integrazione”. Ciò che manca nel nostro paese, continua p. Messina, “è proprio la capacità di promuovere un percorso di reale integrazione, con cui costruire progettualità concrete, a lungo termine, che non si fermino alla prima accoglienza”. Progettualità “che favoriscano una conoscenza reciproca, premessa indispensabile per costruire una società basata sullo sviluppo umano integrale e sulla giustizia sociale”. Dopo i saluti  di Mons. Roberto Carboni, arcivescovo di Oristano e Vescovo delegato per Migrantes della Conferenza Episcopale Sarda, di Mons. Giovanni Paolo Zedda, Vescovo delegato per il servizio della carità della Conferenza Episcopale Sarda di Andrea Pala, presidente UCSI Sardegna, introdurranno i lavori Padre Stefano Messina e Raffaele Callia. A seguire, le relazioni di Simone Varisco e Delfina Licata che si soffermeranno su “Un quadro di riferimento dell’immigrazione oggi” e su “L’attualità dell’emigrazione italiana nel mondo”. Seguirà Nello Scavo, inviato di Avvenire  su “Comunicare la mobilità umana, oltre le percezioni”. A coordinare l’incontro Francesco Birocchi, presidente dell’Ordine dei giornalisti della Sardegna.    

Migranti: un incontro del Dicastero Vaticano in Colombia

3 Febbraio 2020 - Città del Vaticano - Nei giorni 30 e 31 gennaio 2020, a Cúcuta in Colombia, si è svolto l’incontro dei vescovi delle diocesi di frontiera tra Colombia e Venezuela intitolato “Caridad en la frontera”. L’evento, promosso e organizzato dal Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale e dalla Sezione Migranti e Rifugiati, in collaborazione con la diocesi di Cúcuta, ha voluto manifestare “la sollecitudine del Santo Padre per le situazioni migratorie di frontiera e mettere in sinergia le attività caritative a favore delle persone più deboli e vulnerabili in questa regione” All’incontro hanno partecipato i Nunzi Apostolici, i rappresentanti delle Conferenze Episcopali della Colombia e del Venezuela, il CELAM, i Vescovi delle diocesi sulla frontiera Venezuela- Colombia, i rappresentanti di Cáritas Colombia, Cáritas Venezuela, Caritas Internationalis e della Commissione Cattolica Internazionale per le Migrazioni. Le sessioni di lavoro del primo giorno – riferisce una nota - si sono concentrate nell’analisi delle sfide pastorali poste dagli ingenti flussi di mobilità umana tra i due paesi, particolarmente visibili nelle zone di frontiera. I vescovi hanno condiviso i risultati delle risposte caritative che si sono prodotte nelle loro diocesi di frontiere, manifestazione concreta dell’amore materno della Chiesa verso tutti i suoi figli. Nel secondo giorno i partecipanti hanno identificato una serie di possibili collaborazioni inter diocesane transnazionali che possano favorire una maggiore efficacia degli sforzi prodotti fino a questo momento. L’incontro si è concluso con “un rinnovato impegno da parte di tutti ad assistere spiritualmente e materialmente tanto i migranti quanto le comunità locali che sperimentano le medesime vulnerabilità”.