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Parroco Lampedusa racconta la situazione dei migranti nell’Isola delle Pelagie

20 Settembre 2019 - Lampedusa - L’hot spot di Lampedusa “è sovraffollato come sempre. Lì la situazione è sempre precaria. Dovrebbe avere le condizioni per essere accogliente, invece è un luogo chiuso e militarizzato”. A parlare all’agenzia Sir è don Carmelo La Magra, parroco di San Gerlando a Lampedusa. Nonostante i continui trasferimenti verso la terraferma l’hot spot di Contrada Imbriacola è sovraffollato perché  sono approdati sull’isola con barchini un totale di 171 migranti, che si aggiungono ai 90 già presenti nel centro, ossia la capienza massima prevista. Nelle ultime due settimane sono arrivate in autonomia circa 600 persone partite da Tunisia e Libia e le forze dell’ordine hanno denunciato l’insufficienza dei loro organici rispetto agli interventi quotidiani legati agli sbarchi.  “Se i trasferimenti verso la terraferma non sono costanti la gente è costretta a dormire a terra”,  riferisce il sacerdote: “ma in questi giorni mi sembra siano ripresi con maggiore tempestività. Gli sbarchi in autonomia sono invece più o meno come le settimane passate. La differenza è che se ne sta parlando di più”. Intanto sul sagrato della sua parrocchia a Lampedusa stanno protestando in queste ore una ventina di tunisini: hanno in mano dei cartelli perché temono di essere rimpatriati. “E’ una protesta pacifica – dice il parroco -. Sono seduti e hanno dei cartelli in mano Abbiamo chiesto se hanno bisogno di qualcosa ma non vogliono aiuti. Non sappiamo se gli sia stato permesso di fare richiesta di asilo, come previsto dalle procedure”. Ricordando che il diritto d’asilo “è personale, non di massa, e non dovrebbe essere negato in base alla nazionalità”, don La Magra chiede che “sia data a tutti la possibilità di formulare le proprie richieste”.

Istat: “i nuovi italiani sono oltre 1,3 milioni, la maggior parte dei quali donne”

19 Settembre 2019 - Roma - Al 1° gennaio 2018 risiedono in Italia oltre un milione e 340mila persone che hanno acquisito la cittadinanza italiana. Nel 56,3% dei casi si tratta di donne. È uno dei dati offerti da Gian Carlo Blangiardo, presidente dell’Istat, in occasione dell’audizione alla I Commissione (Affari Costituzionali) della Camera, nell’ambito dell’Indagine conoscitiva in materia di politiche dell’immigrazione, diritto d’asilo e gestione dei flussi migratori. Blangiardo ha offerto una fotografia della presenza di immigrati e richiedenti asilo nel nostro Paese, evidenziando come in molti casi chi è arrivato in Italia alcuni anni fa oggi si è integrato nella nostra società. Secondo i dati Istat – i residenti che hanno acquisito la cittadinanza sono nel 13,7% dei casi marocchini e nel 12,6% albanesi. Più bassa, invece, la propensione ad acquisire la cittadinanza italiana da parte dei rumeni e dei cinesi. I cittadini italiani per acquisizione si concentrano soprattutto nelle regioni del Centro-Nord (il primato va alla Lombardia con il 22,7%, seguita dal Veneto con l’11,8%). Un cittadino italiano per acquisizione su cinque è un minorenne (sono quasi 275mila). Questo dato apre una finestra sui cittadini di seconda generazione. Blangiardo ha ricordato che i nuovi italiani di seconda generazione non solo sono in aumento, ma rappresentano un contingente con caratteristiche sempre più complesse e articolate e, proprio per questo, di difficile misurazione. Al 1° gennaio 2018, in Italia, i minori di seconda generazione, stranieri o italiani per acquisizione, sono 1 milione e 316mila: di questi il 75% è nato in Italia (991mila, seconda generazione in senso stretto). I minori di seconda generazione costituiscono il 13% della popolazione minorenne; per i più piccoli (0-5 anni), tale percentuale arriva al 15%. Blangiardo ha parlato anche dei rifugiati e richiedenti asilo. In Italia, il maggior numero di richieste di protezione internazionale è giunto da cittadini siriani (17.090 richieste), venezuelani (10.790) e afghani (10.750). In termini assoluti – secondo i dati Istat – l’aumento maggiore registrato nel numero di nuove domande di asilo ha riguardato proprio i cittadini venezuelani (+6.605 richieste rispetto al primo trimestre 2018, pari al 46,3% di tutte le nuove domande pervenute).

Chiese svedesi ai parlamentari: non alzare muri

18 Settembre 2019 - Roma -  La Svezia deve fare pressioni in Europa perché ci sia “accoglienza condivisa dei rifugiati”. E’ quanto scrive la presidenza del Consiglio delle Chiese in Svezia ai leader dei gruppi politici al Riksdag (il parlamento svedese), all’inizio di un nuovo anno di attività sottolineando che “coloro che immigrano in Svezia” hanno “bisogno di noi e della nostra protezione, ma anche noi abbiamo bisogno di loro”. Nella lettera si evidenzia che ogni anno parlamentare ha “le sue sfide nazionali e internazionali a cui trovare soluzioni nel senso di una politica buona, equilibrata e umana. Per noi è importante che il valore e la dignità delle persone siano al centro”. Le Chiese sono pronte a “contribuire per una società buona”, ma segnalano anche il “pericolo che si perda di vista il mondo al di fuori del nostro Paese”, cadendo in “una specie di sonno nazionalista”, e “ci si ripieghi su se stessi”. Il riferimento è a chi vuole “rendere il confine del nostro Paese sempre più chiuso” e al dibattito in corso mentre ci si appresta alla revisione della politica migratoria svedese. “Ogni persona che arriva al confine ha diritto” che il suo caso sia singolarmente esaminato e si verifichi se “è autorizzata a rimanere, come rifugiata o bisognosa di protezione, o meno”.  

Naufragio davanti alla coste della Tunisia: otto corpi recuperati

18 Settembre 2019 -

Roma - Nel Mediterraneo, non si fermano le partenze, i soccorsi, ma anche, purtroppo i naufragi. Come quello avvenuto ieri davanti alla Tunisia. Al momento sono otto i corpi recuperati, nove invece i migranti soccorsi dalla Guardia costiera tunisina in seguito al naufragio di un peschereccio al largo delle coste tunisine di El Aouabed, nel governatorato di Sfax. Lo ha reso noto una fonte della sicurezza all’agenzia di stampa Tap precisando che altre tre persone risultano disperse. Secondo la stessa fonte almeno 14 tunisini originari di Sfax e Kebili si trovavano a bordo del peschereccio che ha colpito una boa galleggiante; a 6 miglia da Ellouza. Tre presunti organizzatori della traversata, tutti di Sfax, sono stati arrestati. Unità della Guardia Costiera, con l’ausilio della protezione civile, unità della Marina e un elicottero militare hanno condotto le operazioni di ricerca delle persone scomparse.

Ucraini: a Firenze il pellegrinaggio dei Vescovi della Chiesa Greco-Cattolica

13 Settembre 2019 - Firenze - La parrocchia cattolica ucraina di San Michele Arcangelo a Firenze con il sostegno dell’Arcidiocesi di Firenze e con il Patrocinio del Comune di Firenze, in collaborazione con la Fondazione Giorgio La Pira e Associazione Ucraina-Firenze “Lilea” ONLUS, sta organizzando un evento straordinario per la Chiesa e per la città di Firenze. Dal 1 al 10 settembre a Roma si è svolto il Sinodo Santo di tutti i vescovi del mondo della Chiesa Greco-Cattolica Ucraina. Il tema principale di riflessione è “Comunione nella vita e nella testimonianza della Chiesa Greco-Cattolica Ucraina”. Dopo il Sinodo, i vescovi ucraini parteciperanno all’incontro annuale dei vescovi cattolici orientali d’Europa e alla fine incontreranno a Roma Papa Francesco. Alla conclusione di questi due grandi eventi a Roma, Sua Beatitudine Sviatoslav Shevchuk, Capo della Chiesa Greco-Cattolica Ucraina insieme con tutti i vescovi sinodali si recherà il 14-15 settembre in pellegrinaggio al Duomo di Firenze per venerare la reliquia di San Giovanni Crisostomo, la cui festa cade proprio il 14 settembre. Oltre la memoria di San Giovanni Crisostomo, a motivo della sua reliquia che si custodisce nella Cattedrale, è bello – spiega una nota -  che durante il pellegrinaggio si ricorderanno altri due significativi eventi di grazia: il 580° anniversario del Concilio di Firenze (6 luglio 1439), che vide la significativa partecipazione del Card. Isodoro Metropolita di Kiev; il 55° anniversario della visita a Firenze del martire della fede il Card. Josyf Slipyj (24-26 gennaio 1964). Il Card. Slipyj era il Metropolita di Lviv degli ucraini, capo della chiesa greco-cattolica ucraina (1944-1984) ed era stato incarcerato dalle autorità sovietiche e fu liberato e lasciato partire per Roma agli inizi del 1963, dove restò in esilio. Fu creato cardinale da Paolo VI nel 1965 e morì a Roma nel 1984. Durante il Pellegrinaggio sarà ricordato il venerabile Giorgio La Pira, il “sindaco santo” di Firenze (1955-1965), che aveva rapporti d’amicizia con il Card. Slipyj che gli scrisse in una lettera: “Firenze La attende di nuovo… anche Palazzo Vecchio sarà felice di aprirLe le sue porte et di mostrarLe le sue sale”. Dopo 55 anni, il successore di Card. Slipyj, Sua Beatitudine Sviatoslav Shevchuk, Capo della Chiesa Greco-Cattolica, il 14-15 settembre verrà in pellegrinaggio a Firenze per venerare la reliquia di San Giovanni Crisostomo, ma anche per incontrare il Sindaco di Firenze e per ringraziarlo per la vicinanza di Firenze verso Kiev, capitale ucraina, città gemellata da 52 anni, città di fede, cultura e solidarietà. Il culmine del Pellegrinaggio sarà la Divina liturgia Pontificale che verrà celebrata domenica 15 settembre alle ore 13.30 nella Cattedrale di Santa Maria del Fiore. La liturgia sarà presieduta da Sua Beatitudine Sviatoslav Shevchuk, Capo della Chiesa Greco-Cattolica Ucraina, e concelebrata da tutti i vescovi e i sacerdoti e assistita dal card. Giuseppe Betori, Arcivescovo di Firenze. La celebrazione sarà animata dai due cori “Felicio” (Ucraina) e quello dei Monaci della Fraternità Monastica di Gerusalemme della Badia Fiorentina.

In Italia 98 rifugiati detenuti a Tripoli: fra loro anche 52 minori senza famiglia

13 Settembre 2019 - Roma - Un gruppo di 98 rifugiati è stato evacuato ieri dalla Libia in Italia dall’ACNUR, l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati. Si tratta della terza evacuazione umanitaria diretta realizzata quest’anno verso il paese, riferisce l’Agenzia dell’Onu, sottolineando che “con il conflitto che continua a infuriare in Libia, le operazioni di evacuazione rappresentano un’ancora di salvezza per i rifugiati più vulnerabili che si trovano nei centri di detenzione e in contesti urbani e che hanno un disperato bisogno di sicurezza e protezione”. Provengono da Eritrea, Etiopia, Somalia e Sudan, e tra esse vi sono anche 52 minori non accompagnati.

Associazioni: ricorso Tribunale di Milano per “sbloccare subito il reddito di cittadinanza per i cittadini stranieri”

12 Settembre 2019 - Milano - “Il blocco nella erogazione del reddito di cittadinanza esclude a tempo indeterminato i cittadini stranieri senza alcuna giustificazione e deve quindi essere immediatamente rimosso”. Lo affermano Asgi, Avvocati per Niente, Fondazione Guido Piccini e Naga, che hanno depositato un ricorso al Tribunale di Milano chiedendo di ordinare all’Inps di modificare la circolare e procedere all’esame delle domande presentate dai cittadini stranieri alle stesse condizioni previste per gli italiani. La vicenda è conseguenza del cd “emendamento Lodi” (la vicenda delle mense scolastiche precluse ai bambini stranieri) che è stato introdotto in sede di conversione del decreto legge n. 4/19 sul reddito di cittadinanza. L’emendamento prevede l’obbligo per tutti i cittadini extra Ue di produrre non solo l’attestazione Isee come i cittadini italiani e europei, ma anche certificazione – spesso impossibile da reperire – “rilasciata dalla competente autorità dello Stato estero, tradotta in lingua italiana e legalizzata dall’autorità consolare italiana” attestante la situazione reddituale e patrimoniale all’estero nonché la composizione del nucleo familiare. “Si tratta – precisano le quattro associazioni – di una richiesta già di per sé illegittima (in quanto l’Isee viene già rilasciato dopo le verifiche dell’Agenzia delle entrate alla quale sia italiani che stranieri devono denunciare redditi e patrimoni esteri) e comunque spesso impossibile da soddisfare per l’inesistenza, nei Paesi di provenienza, di un adeguato sistema di certificazione. La norma prevede comunque che un successivo decreto ministeriale stabilisca i Paesi per i quali è ‘oggettivamente impossibile’ procurarsi tale documentazione, ma il termine per l’emanazione del decreto è scaduto il 18 luglio scorso e il decreto non è stato emanato”.  

Migrantes Carpi: un incontro su “Carpi e la sfida dell’accoglienza”

11 Settembre 2019 - Carpi - Di recente sono stati introdotti in Italia radicali cambiamenti nella disciplina dell'asilo e  dell'immigrazione. Diversi sono  i punti problematici di tali novità legislative, a parere della Migrantes Diocesana Carpi che considera come fondamentali, per qualsiasi Stato e per qualsiasi comunità locale, per il governo dell’immigrazione le quattro azioni indicate da Papa Francesco (Messaggio per la 104° Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato, 14 gennaio 2018) e recepite anche dal Global Compact firmato a Marrakech lo scorso dicembre per una migrazione sicura, ordinata e regolare. Tali azioni sono: accogliere, proteggere, promuovere e integrare. La Migrantes di Carpi ritiene che “le recenti riforme normative che incidono pesantemente sul diritto di asilo vadano in una direzione molto diversa e mettono di fatto in difficoltà ulteriormente le realtà locali”. Pertanto la Migrantes diocesana – si legge in una nota -  considera “necessario” e “urgente” riflettere su tali temi, coinvolgendo in una tavola rotonda i principali soggetti locali che si occupano del tema, in vista anche della 105° Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato che la Chiesa cattolica celebra domenica 29 settembre 2019. Tale tavola rotonda si svolgerà martedì 17 settembre 2019 alle ore 21 presso la Sala Loria di Carpi e alla quale interverranno, tra gli altri, il Vescovo di Modena e Amministratore apostolico della diocesi di Carpi, mons. Erio Castellucci, il Sindaco di Carpi, Alberto Bellelli, Edoardo Patriarca, già Vicepresidente della Commissione parlamentare d’inchiesta sul sistema di accoglienza dei migranti, e realtà locali  che si occupano del tema. La serata sarà l’occasione anche per annunciare ufficialmente la costituzione a Modena del Comitato locale della Campagna #ioaccolgo.

Minori stranieri: appello di UNHCR, OIM e Unicef agli Stati europei per “promuovere accesso a istruzione di qualità”

11 Settembre 2019 - Ginevra - Le agenzie delle Nazioni Unite UNHCR, OIM e Unicef chiedono agli Stati europei uno sforzo maggiore per assicurare a tutti i minorenni migranti, rifugiati e richiedenti asilo l’accesso all’istruzione di qualità e garanzie per il proseguimento del percorso accademico. In una pubblicazione lanciata oggi, informa il Sir, le tre Agenzie delle Nazioni Unite descrivono le barriere che questi bambini e adolescenti incontrano nell’accesso all’istruzione in Europa. Attualmente il numero di bambini e adolescenti nati fuori dall’Europa (compresi i minorenni rifugiati e migranti arrivati di recente) che abbandonano la scuola precocemente è quasi il doppio rispetto al numero dei minorenni che nascono in Europa. I minorenni migranti conseguono risultati scolastici più bassi quando non viene dato loro il supporto adeguato. Per esempio, circa 3 studenti nati nel Paese su 4 conseguono l’idoneità in scienze, lettura e matematica, ma sono solo 3 su 5 di quelli con un background migratorio. In Italia nell’anno scolastico 2016-2017, erano registrati 634.070 bambini non italiani in scuole italiane (pari al 9,5% del totale degli iscritti); il 46% dei bambini non italiani era iscritto alla scuola primaria, il 26% alla scuola secondaria inferiore e il 29% alla secondaria superiore. Non ci sono dati sull’istruzione pre-primaria; tra tutti i bambini non italiani nel sistema scolastico, il 77% (487.748) erano cittadini non europei; tra gli adolescenti rifugiati e migranti, che hanno risposto ad un sondaggio Unicef nel 2017, il 49% frequentava solo lezioni di lingua italiana, mentre solo il 30% frequentava le lezioni regolari, con un grande differenza tra le zone; secondo un sondaggio più recente l’86% dei rispondenti ha dichiarato che avrebbe voluto accedere a corsi di formazione. Tuttavia, pochissimi di loro hanno avuto accesso a queste opportunità. Tra le sfide principali sottolineate nel rapporto, “le risorse economiche insufficienti; pochi spazi scolastici o insegnanti non adeguatamente formati per lavorare con minorenni rifugiati e migranti; barriere linguistiche; la mancanza di sostegno psicosociale e classi di recupero limitate. Queste ultime sono vitali per i bambini che non sono andati a scuola per periodi prolungati o che provengono da sistemi scolastici differenti”.

Ucraini in Italia: Mons. Lachovicz racconta “vi racconto cosa è la Sindrome Italia”

11 Settembre 2019 - Roma - La popolazione ucraina che vive nel nostro territorio è per lo più composta da donne. Ci sono comunità praticamente frequentate solo da donne. “Le donne ucraine lavorano bene – conferma al Sir il vescovo Dionisio Lachovicz, delegato “ad omnia” per l’Esarcato Apostolico per i fedeli ucraini di rito bizantino residenti in Italia – e sono religiose. Tante di loro sono riuscite a riportare alla Chiesa gli anziani che hanno in cura. Con questo spirito, li preparano anche alla morte”. Oggi però devono far fronte ad un nuovo problema. Si chiama “Sindrome Italia”. “Queste donne – spiega Mons. Lachovicz – sono arrivate in Italia per lavorare all’età di 30-40-50 anni ma dopo 20 anni di immigrazione, oggi si ritrovano anziane. Per venire qui hanno lasciato a casa il marito e i figli e tante famiglie si sono distrutte. Esaurito la loro esperienza lavorativa in Italia, rientrano a casa, ma sono rifiutate. Ho sentito con le mie orecchie dire: ‘mia madre non c’è mai stata quando eravamo piccoli, non la vogliamo più con noi’. Tutto il denaro che hanno guadagnato, lo hanno inviato a casa. Con quei soldi hanno potuto mandare i figli a scuola, costruire una casa. Ma per loro oggi in Ucraina non c’è più posto”.  

Migrantes Tivoli: uno sportello “verso i migranti”

10 Settembre 2019 - Tivoli -  Ogni martedì mattina, dalle 10 alle 12, presso la parrocchia di Santa Maria Goretti in Villalba di Guidonia l' Ufficio pastorale Migrantes della diocesi di Tivoli è a disposizione per offrire un servizio sociale di accoglienza rivolto alle persone immigrate. Questo sportello, che è gratuito e riservato, potrà fornire a chi ne ha necessità informazioni sui servizi alle persone immigrate, corsi di italiano, mediazioni culturali e linguistiche, consulenza giuridica e promozione di interculturalità al fine d' aiutare nel processo di integrazione nella nostra società coloro che giungono in Italia dall'estero.

ISMU: rimesse in Italia, il denaro in entrata supera quello in uscita

10 Settembre 2019 - Milano – Secondo gli ultimi dati della World Bank, durante il 2017, l’Italia ha ricevuto 9,8 miliardi di dollari in rimesse dall’estero e ne ha inviate verso l’estero di meno: 9,3 miliardi. Lo riferisce la Fondazione ISMU sottolineato che “è  chiaro che non si tratti solamente di rimesse di migranti e che i dati includano anche gli italiani temporaneamente all’estero (e gli stranieri temporaneamente in Italia); è tuttavia interessante notare come dal punto di vista degli scambi monetari tramite le rimesse, per l’Italia si sia registrato un guadagno”. Tale trend – scrive ISMU – “a vantaggio dell’Italia in realtà dura da un triennio: nel 2016 infatti furono contabilizzate in 9,5 miliardi di dollari le rimesse percepite dall’Italia e in 9,2 miliardi quelle inviate, nel 2015 rispettivamente in 9,6 e 9,4 miliardi. Tale cambiamento è dovuto probabilmente sia a una minore disponibilità economica della popolazione immigrata a causa della crisi, sia al fatto che gli immigrati con maggiore anzianità migratoria hanno spostato il centro dei loro interessi, anche affettivi, dal Paese d’origine all’Italia, dove spendono e fanno investimenti economici. Inoltre non bisogna sottovalutare le maggiori recenti emigrazioni dall’Italia sia di italiani sia di stranieri con cittadinanza italiana, che hanno senz’altro contribuito ad aumentare il flusso di rimesse verso il territorio nazionale”. Dal 2008 al 2017 in Italia il saldo netto delle rimesse rimane comunque negativo: “ma nonostante l’inversione di tendenza degli ultimi tre anni, in cui le rimesse ricevute hanno sempre superato quelle inviate per un totale di un miliardo di dollari, nell’ultimo decennio il saldo netto delle rimesse per l’Italia è stato comunque negativo per 30 miliardi di dollari. Infatti nei sette anni precedenti ‒ 2008-2014 ‒ le uscite dall’Italia sono state sempre superiori alle entrate, per un totale di 31 miliardi di dollari. Si segnala che la maggior quantità di rimesse realizzate dagli immigrati dall’Italia verso l’estero si è registrata tra il 2008 e il 2011”. Sempre secondo i più recenti dati della World Bank (2017), sebbene in termini assoluti l’Italia sia al 15° posto nel mondo per rimesse percepite e al 17° per rimesse inviate, in termini relativi scende al 133° posto per incidenza delle rimesse percepite sul totale del prodotto interno lordo (0,5%), mentre è al 104° per quelle inviate. In base ai dati del 2017 all’incirca un duecentesimo del prodotto interno lordo italiano viene oggi annualmente inviato all’estero. Chi “perde” di più secondo i dati del 2017, sotto il profilo delle rimesse inviate, sono invece il Lussemburgo (il 20,3%, ovvero più di un quinto del proprio prodotto interno lordo viene inviato all’estero dai migranti) e poi i tre Paesi del golfo persico: Oman (13,9%), Emirati Arabi Uniti (11,6%) e Kuwait (11,4%). Chi guadagna invece di più dalle rimesse – prescindendo da alcuni Paesi più piccoli – sono l’Egitto (il cui 11,6% del pil deriva dalle rimesse dei migranti), l’Ucraina (11,4%), le Filippine (10,2%) e più a distanza il Pakistan (6,8%). Mentre in termini assoluti i Paesi da cui sono partite più rimesse nel 2017 sono stati ‒ nell’ordine ‒ Stati Uniti, Emirati Arabi Uniti, Arabia Saudita, Svizzera e Germania. In base alle stime della World Bank risulta che lo stato da cui partono più rimesse per l’Italia sono gli Stati Uniti, seguiti da Germania, Francia e Canada. Per quanto riguarda le rimesse in uscita dall’Italia, i dati della World Bank pongono al primo posto a sorpresa la Francia davanti alla Romania e alla Cina, a cui seguono Nigeria e Marocco. Nel 2017, tra i 25 Paesi con maggiore numero di residenti in Italia, al primo posto per invio di rimesse dall’Italia verso l’estero si colloca la Nigeria con il valore quasi inspiegabile – se non con il sommarsi di forti flussi finanziari a quelli di pure rimesse dei migranti – di ben 478 dollari medi mensili procapite, davanti all’Egitto (219), alla Serbia (190), alla Cina e al Senegal (182 entrambi); e con in coda Macedonia (23), Albania (50), Bangladesh e Romania (54), Ucraina (61), Bulgaria (69), Russia (75) e Kosovo (94). Oltre all’inaspettato dato attribuibile ai nigeriani – e parzialmente anche a quello relativo agli egiziani –, stupisce il basso valore relativo ai cittadini ucraini, prevalentemente donne con obiettivi migratori fortemente legati al lavoro d’assistenza domiciliare e di risparmio e rimesse verso il Paese d’origine. Sicuramente in quest’ultimo caso l’invio delle rimesse avviene tramite canali informali, o sotto forma di beni, spesso inviati tramite pullman, furgoncini o corrieri che fanno la spola tra l’Italia e il Paese d’origine. Se il dato sui nigeriani è sicuramente fortemente incrementato da transazioni economiche, al contrario quello ucraino è sottostimato in assenza di contabilizzazione delle rimesse di tipo informale.        

Don De Robertis: l’Italia ha una lunga storia di emigrazione

6 Settembre 2019 - Roma - L’Italia ha una lunga storia di emigrazione, che ha portato a parlare degli italiani come “un popolo di emigranti”. Nei circa 160 anni di storia del nostro paese, si calcola che siano emigrati milioni di italiani. Verso le Americhe e l’Europa soprattutto, ma un po’ verso tutti i paesi del mondo. E “non solo a fine Ottocento quando interi paesi si svuotavano lasciando solo vecchi e bambini, o nel dopoguerra, ma anche in questi ultimi anni seppure in condizioni meno drammatiche”. Lo ha detto questa mattina il direttore generale della Fondazione Migrantes, don Gianni De Robertis davanti ai 50 vescovi riuniti a Roma per i lavori del Sinodo della Chiesa Greco Cattolica Ucraina. Per il direttore Migrantes la Chiesa italiana “non è rimasta a guardare, indifferente, ma si è presa cura di questi suoi figli. Dapprima ad opera di pastori come mons. Scalabrini, Vescovo di Piacenza, che ha fondato una congregazione di preti disposti a partire insieme ai migranti, o mons. Bonomelli, Vescovo di Cremona, o figure come Santa Francesca Saverio Cabrini, patrona dei migranti. Poi in modo più strutturato, attraverso un apposito organismo, l’UCEI (Ufficio Centrale Emigrazione Italiana) che a partire dal 1987 ha cambiato nome in Fondazione Migrantes, essendo diventato il nostro un paese non solo di emigrazione, ma anche di immigrazione”. Si è venuta così costituendo nel mondo una rete di missioni italiane – sono ancora oggi più di 300 – che costituiscono – ha aggiunto - un importante punto di riferimento per gli emigrati italiani non solo dal punto di vista religioso ma anche sociale e culturale. Questa lunga esperienza di emigrazione ha spinto la Chiesa italiana da subito a farsi vicina alle tante persone di diversa nazionalità presenti nel nostro paese”, circa 5 milioni e mezzo, di cui oltre la metà cristiani e circa 1 milione cattolici. E a sostenere le diverse Chiese nel costituire delle comunità dove i loro fedeli possano trovare non solo un aiuto materiale, ma anzitutto conservare la propria identità religiosa e linguistica.   Fra queste gli ucraini hanno un posto “importante”: sono il quinto gruppo più numeroso, dopo Romania, Albania, Marocco e Cina: 237.047 al 1 gennaio 2018 (numero abbondantemente per difetto, essendo in Italia alto il numero di coloro che sono privi di titolo di soggiorno e quindi invisibili), di cui il 78% donne. “Ci guida un pensiero più volte ripetuto da papa Francesco: le attuali migrazioni e il divenire delle nostre società sempre più cosmopolite, deve aiutarci a riscoprire e a vivere la nostra cattolicità. E cioè non solo a riconoscere e ad apprezzare le diversità, ma insieme a fare in modo che esse non restino giustapposte, ma entrino in dialogo fra loro, si sentano parte dell’unica Chiesa”, ha sottolineato il sacerdote che ha ricordato poi il ruolo delle donne ucraine nel servizio nelle case degli italiani soprattutto nella cura delle persone bisognose. “Quello che però è un beneficio per i nostri anziani, costituisce oggi –ha concluso – un grande dramma per il vostro paese, come anche per altri paesi dell’est-Europa (Romania, Georgia, Moldavia, ecc). Intere generazioni di bambini crescono lontani dalla loro madre, spesso da entrambi i genitori”.  

Il Sentiero di Francesco: al parroco di Lampedusa il premio “Lupo di Gubbio”

6 Settembre 2019 - Assisi - “In questi giorni, la situazione a Lampedusa è abbastanza critica a causa dei numerosi arrivi e della lentezza nei trasferimenti dei migranti. L’hot spot che potrebbe accogliere 95 persone, al momento conta la presenza di circa 250 migranti. Si rischia, quindi, di mettere troppo sotto pressione la comunità locale che prova a rimanere accogliente ma dev’essere sempre nelle condizioni di poterlo fare”. Sono le parole di don Carmelo La Magra, il parroco della comunità di Lampedusa, da tempo in “prima linea” nell’accoglienza dei naufraghi e dei migranti che approdano sull’isola. Nei giorni scorsi il sacerdote ha ricevuto il premio “Lupo di Gubbio” per la riconciliazione, attribuito da qualche anno a chi si fa testimone della riconciliazione con se stesso, con i fratelli, con Dio e con il Creato. Un riconoscimento che è arrivato a conclusione dei tre giorni di cammino del pellegrinaggio Assisi-Gubbio “Il Sentiero di Francesco”, evento che ricorda dal 2009 il gesto “rivoluzionario” di san Francesco con la sua rinuncia alle ricchezze e all’autorità del padre Pietro di Bernardone. Il tema del pellegrinaggio di quest’anno era “L’Altro, un Fratello che cammina con me”. Dunque, attenzione puntata sul diverso, lo straniero, il migrante, per riscoprire il valore di un atteggiamento che supera le paure per ritrovare umanità e disponibilità al dialogo. “Non aspettiamo – ha detto don Carmelo ai pellegrini del Sentiero di Francesco – che altri facciano le cose, ma ognuno di noi è chiamato a fare la sua parte, nel suo ambito, per abbattere muri, incontrare le persone, conoscere l’altro. Lampedusa è solo un luogo di passaggio, ma la sfida vera dell’accoglienza e dell’integrazione è nei luoghi che la gente vive e abita nella quotidianità”. “Tornando a Lampedusa – ha concluso don La Magra – riporterò la bella accoglienza di questa terra umbra, della comunità e dei suoi Vescovi. Poi, la fraternità che ho respirato fra le persone che si sono messe in cammino sulla Via di Francesco in questi giorni e il grande desiderio di ascoltare le storie degli altri, con l’interesse di sapere qualcosa in più su Lampedusa e sul mondo dell’accoglienza”.

Don Ferretti: “abbiamo vissuto la tenerezza del Papa” ieri in Mozambico

6 Settembre 2019 - Maputo - “Abbiamo vissuto la tenerezza del Papa, la felicità di essere stati visitati dal ‘pastore’. Quando è andato via la gente non finiva di ballare”: così don Giorgio Ferretti, parroco della cattedrale dell’Immacolata Concezione a Maputo, in Mozambico, descrive al Sir l’emozione di aver accolto nella sua parrocchia Papa Francesco, ieri pomeriggio, durante l’incontro con i vescovi, i sacerdoti, i religiosi, i catechisti e gli animatori. “C’erano tanti giovani, bambini, famiglie – racconta -. Il Papa si è voltato e ha salutato tutti. C’è stata una grande energia perché la gente ha capito che si stava rivolgendo a loro”. Un altro momento “molto commovente”, prosegue, “è stato l’incontro con l’anziano cardinale e alcuni anziani religiosi che hanno lavorato più di 50 anni in questo Paese. Abbiamo vissuto la tenerezza che lui predica”. Don Giorgio Ferretti, è fidei donum della diocesi di Frosinone-Veroli-Ferentino dal 2017. Guida una parrocchia che comprende la gran parte della capitale del Mozambico. I circa 150 catechisti della parrocchia si occupano di 2000 bambini e adolescenti, tra cui molti ragazzi di strada. A Maputo lo chiamano “padre George”. “Il Papa ci esorta, come cristiani, a combattere un mondo materialista e una religione della prosperità con l’arma della compassione – commenta don Ferretti -. Ci parla di compassione e la vive insieme a noi. L’altro messaggio è evangelizzare e non fare proseliti. In un mondo plurireligioso dobbiamo testimoniare la bellezza di essere seguaci di Cristo. Essere testimoni veri e onesti e incontrare nelle altre religioni i semi di bene e di pace, perché Dio è Dio di tutta l’umanità”. Altro messaggio significativo è stato l’invito del Papa a “non correre dietro ai benefici personali” e alla “mondanità spirituale”. “In Mozambico siamo poveri – risponde il missionario -, lo stipendio medio di un parroco si aggira intorno agli 80/100 dollari. Tutti noi saremmo anche tentati di cercare di più. Ma il Papa ha ragione: prima il Signore, perché tanto non ci mancherà niente. Il denaro diventa un dio e non si possono servire due padroni. Questo purtroppo è vero ovunque. Il Papa l’ha detto in diverse occasioni e a diversi livelli della Chiesa. Il denaro è il diavolo, rovina la spiritualità della gente e la piega al materialismo. Noi dobbiamo cercare di restare più liberi possibili”.  

Card. de Donatis: “La Chiesa di Roma si sente particolarmente legata alla Chiesa Greco Cattolica Ucraina”

5 Settembre 2019 - Roma - La Chiesa di Roma è particolarmente legata alla Chiesa Greco-Cattolica Ucraina, sempre presente nelle preghiere della comunità diocesana, in particolare guardando alla situazione di guerra che si vive nel Paese: così il Card. Angelo De Donatis, vicario del Papa per la diocesi di Roma, saluta il Sinodo Greco-Cattolico Ucraino, in corso a Roma fino al 10 settembre. Il porporato è stato recentemente nominato da Papa Francesco Amministratore Apostolico sede vacante dell’Esarcato Apostolico per i fedeli cattolici ucraini di rito bizantino. L’esarcato risponde alle esigenze pastorali dei fedeli ucraini, che sono suddivisi in 145 comunità, di cui si prendono cura 62 sacerdoti. Il card. De Donatis ha sottolineato che “la Chiesa italiana ha accolto con amore fraterno e disponibilità alla condivisione queste comunità e i loro pastori”, e che la loro presenza “testimonia la tradizione spirituale e liturgica della vostra Chiesa, arricchisce la vita ecclesiale delle diocesi italiane e fa apprezzare la cattolicità della Chiesa”. Nel suo saluto, il porporato ha fatto riferimento alle “sofferenze e alla testimonianza cristiana” vissute dalla comunità greco-cattolica “durante il periodo della persecuzione comunista negli anni del dominio sovietico” a causa della sua “fedeltà alla comunione con il successore di Pietro”. Il cardinale ha ricordato come, da giovane seminarista e poi sacerdote negli Anni Settanta-Ottanta, partecipava alla sofferenza della Chiesa Greco-Cattolica Ucraina, che era “costretta ad una esistenza catacombale” e viveva “una testimonianza silenziosa”, secondo le parole del metropolita Josyf Slipyi. Tra i tanti martiri della Chiesa Greco-Cattolica Ucraina, il card.  De Donatis ha voluto ricordare Omelian Kovch, che fu prigioniero nel lager di Majdanek e diede testimonianza di aiuto per i perseguitati, soprattutto per gli Ebrei. La cui memoria del beato Kovch – ha ricordato il cardinale De Donatis -   è custodita nella Basilica di San Bartolomeo all’Isola, a Roma, lì dove si è conclusa una marcia promossa dal vicario del Papa per la diocesi di Roma la scorsa Quaresima in onore dei martiri del nostro tempo. Parlando della comunità ucraina in Italia, il cardinale De Donatis ha fatto riferimento alla “presenza nelle famiglie italiane di tante donne ucraine, le quali si prendono cura delle necessità dei più deboli, di anziani e di bambini, o lavorano a sostegno della vita quotidiana dei nuclei familiari”. Questa esperienza, ha aggiunto il cardinale, ha reso “il popolo ucraino particolarmente vicino a quello italiano”, e si è potuta conoscere “la sofferenza della storia passata e del presente difficile di un intero popolo”. In particolare, il cardinale De Donatis ha fatto risalire la “particolare relazione di simpatia reciproca” tra ucraini e italiani al fatto che gli italiani sono stati “un popolo di migranti” e sono in grado di comprendere “le sofferenze dell’emigrazione”, sapendo che “l’accoglienza è l’espressione umana dell’essere cristiani”.  

Mons. Lorefice: “vivere la fede nel quotidiano con carità operosa, accogliendo i profughi”

5 Settembre 2019 - Palermo - Un ragazzo guarito inspiegabilmente da un tumore e un suicidio evitato, testimoniato da un cappio lasciato al santuario dedicato a Santa Rosalia, sul Montepellegrino. Sono gli ultimi due miracoli che sarebbero stati compiuti per intercessione della patrona di Palermo, secondo il reggente del santuario diocesano, don Gaetano Ceravolo. Ne ha dato notizia al termine della solenne concelebrazione presieduta dall’arcivescovo, Mons. Corrado Lorefice, in occasione della festa liturgica di santa Rosalia. Nella sua omelia il presule ha richiamato i cristiani a vivere una vita coerente con il Vangelo sull’esempio della patrona diventata eremita per seguire Cristo. “Nella vita di ogni giorno – ha detto Lorefice – l’attesa definitiva della fine dei tempi si vive in una carità operosa, anche se per noi c’è il rischio che la fede si affievolisca o rimanga conformata alle logiche del mondo. La fede si vive nel quotidiano e tutte le volte che abbiamo accolto un profugo, un ammalato, un affamato o un assetato l’abbiamo fatto a Cristo”. All’offertorio le suore del Bell’Amore nel 25° anniversario dell’arrivo a Palermo della fondatrice, suor Nunziella Scopelliti, hanno portato il libro delle loro Costituzioni e i “Parrucchieri solidali” gli strumenti del loro lavoro che utilizzano presso la Caritas parrocchiale di don Orione. Al termine delle celebrazione, una processione con la reliquia di Santa Rosalia si è snodata fino alla grotta dallo spiazzo in cui è stata celebrata la messa. (Sir)

Papa in Africa: la gioia dei malgasci in Italia

4 Settembre 2019 - Roma - La visita del Papa Francesco in Madagascar ricorda l'ultima visita di un Pontefice esattamente 30 anni fa, nel 1989. La differenza è che Papa Giovanni Paolo II visitò il  Madagascar per beatificare Victoire Rasoamanarivo (1848-1894) considerata Santa dai malgasci durante la sua vita terrena. Dopo 30 anni la Comunità cattolica malgascia a Roma, avente questa beata come protettrice e che porta il suo nome (Ankohonana Rasoamanarivo=Famiglia Rasoamanarivo) ha un ardente desiderio di vederla Santa, indicata quindi come modello di vita sull'altare e modello di vita anche per tutti i cristiani nel mondo. Naturalmente tutti i malgasci cattolici sul posto sono assai entusiasti per questa visita di Papa Francesco ed aspirano profondamente alla canonizzazione di Victoire. Questa visita stimola anche tanta voglia di unità tra le popolazioni ed etnie. Ad esempio ogni quartiere che si trova sul passaggio del Papa si sta impegnando straordinariamente a pulire, a dare un aspetto particolare all'ambiente per mostrare al Papa che lui è il benvenuto e costituisce un ospite speciale differente dagli altri anche se altri abitanti appartengono ad altra fede. La venuta del Papa in Madagascar provocherà un segno di solidarietà tra le popolazioni malgasce e il Papa stesso ribadisce durante i suoi discorsi che i Malgasci sono accoglienti, amano pregare e cercano sempre di vivere nel Fihavanana (Fratellanza) nonostante le diverse vicissitudini politiche e sociali subite negli ultimi anni. Il Madagascar è un paese povero e di conseguenza ha abitanti cristiani poveri in povere chiese. (Jean Rick Ravelomanantsoa - Presidentee Laico della Comunità Cattolica del Madagascar a Roma Italia)  

Mons. Nosiglia su migrante senza famiglia sepolto nel cimitero monumentale

3 Settembre 2019 - Torino – “Alla dignità di ogni persona appartiene anche la disponibilità di una sepoltura decorosa: nella morte siamo ugualmente chiamati a riconoscere e rispettare il dono e la memoria della vita! È un ‘diritto’ di ogni uomo o donna, al di là della sua nazionalità, religione e censo, che va dunque salvaguardato e promosso anche in questa circostanza. E vale  soprattutto per quelli che vivono per strada, senza famiglia  e amici, scartati dalla società: non ci si preoccupa di loro da vivi, e tanto meno quando muoiono”. E’ quanto ha detto l’arcivescovo di Torino, Mons. Cesare Nosiglia, in merito alla scelta del Comune di Torino di dare sepoltura al nigeriano Lawrence Irimoren, morto in città senza famiglia, nella tomba dei marchesi di Barolo nel cimitero monumentale del capoluogo piemontese e  come  disposto per Beauty, la giovane mamma nigeriana morta di parto il 15 marzo 2018 al Sant’Anna di Torino dopo essere stata fermata alla frontiera di Bardonecchia. La scelta è frutto di un accordo fra l’amministrazione comunale torinese e l’Opera Barolo.  Era stato proprio l’arcivescovo, all’indomani della morte di Beauty, a proporre che la donna nigeriana fosse sepolta nella tomba vuota dei marchesi, che non ebbero figli.   Per Mons. Nosiglia la “scelta di rendere disponibile uno spazio nel terreno sepolcrale dei marchesi di Barolo come è avvenuto a Torino, per il nigeriano Lawrence, rientra dunque pienamente in quel dovere di accoglienza di cui ha tanto bisogno oggi la nostra società, e che rappresenta un obbligo morale per ogni cristiano, e civile per ogni cittadino”.

Papa in Africa: la gioia della comunità mauriziana in Italia

3 Settembre 2019 - Roma - La comunità mauriziana che vive in Italia è in festa per l’arrivo di Papa Francesco nel loro Paese di origine. Il trentunesimo viaggio del Pontefice, dal 4 al 9 settembre prossimo, toccherà non solo il Madagascar e il Mozambico ma anche Port Louis, la capitale della Repubblica di Mauritius che comprende quel gruppo di isole che si trovano ad est del Madagascar. Grande è l’aspettativa, “siamo tutti con il batticuore” dice Yvonnette César che vive da 45 anni  in Italia: è stata la presidente dell’associazione Mauriziana Onlus di Roma. Associazione nata sia come punto di riferimento per mantenere insieme i cittadini mauriziani in Italia e sia per salvaguardare l'identità culturale e le origini al fine di una loro migliore integrazione nel paese ospitante. “Per noi è un grande evento – continua Yvonnette - e la comunità si sta preparando benissimo, anche perché cade dopo trent’anni esatti dal viaggio di Giovanni Paolo II, il quale rimase colpito da una nazione con una pacifica convivenza interreligiosa”. Gli abitanti in maggioranza sono induisti, di origine indiana più del 70%, arrivarono sull’isola in regime di servitù sotto la dominazione britannica che terminò con l’indipendenza nel 1968. Tra le minoranze religiose oltre ai cristiani ci sono i buddisti e gli islamici. Dalla voce al telefono di Yvonnette trapela la gioia immensa con la quale stanno vivendo questo appuntamento: “la nostra grande speranza – dice - è quella che presto arriverà la canonizzazione del nostro beato, Jacques-Désiré Laval, beatificato proprio da papa Wojtyla nel 1979”. Il beato Laval era nato in Francia nel 1803, era un medico e arrivò come missionario nelle isole Mauritius. Presbitero della Congregazione dello Spirito Santo si adoperò molto per gli schiavi, ne battezzò circa 63mila. Morì a Port Louis il 9 settembre 1864. La visita di Papa Francesco cade proprio nel giorno della festa del beato Jacques-Desiré Laval. Alla domanda di come si sta preparando il popolo mauriziano che vive in Italia, Yvonnette risponde: “Siamo contenti, siamo gioiosi, e proprio quel giorno faremo una messa qui a Roma nella chiesa di San Marcellino e Pietro, alle 19, dove si trova un busto del beato Laval. Ma la mattina del 9 settembre saremo tutti davanti al televisore per assistere, anche se da lontano, alla messa del Pontefice”. I mauriziani che si trovano in Italia non costituiscono una comunità grandissima, sono sparsi un po’ su tutta la Penisola: quelli che vivono a Roma, circa 70 famiglie, sono in prevalenza cattolici, ma la maggioranza si trova in Sicilia e a Bari.  Poi ci sono città come Milano con alcune presenze. I campi di impiego vanno dai collaboratori familiari, ai portierati, ma specialmente in Sicilia sono impegnati anche nel commercio. (Nicoletta Di Benedetto)