Tag: Immigrati e profughi

Lesbo: al via corridoi umanitari per 300 rifugiati in Italia

22 Settembre 2020 - Roma - Oggi, martedì 22 settembre, alle 17.30, la Comunità di Sant’Egidio firmerà al Viminale un accordo con lo Stato italiano per l’ingresso nel nostro paese di 300 rifugiati provenienti dalla Grecia, in particolare dall’isola di Lesbo. Com’è noto l’incendio del campo di Moria, di alcuni giorni fa, ha reso impossibile la vita di migliaia di richiedenti asilo aggravando una situazione che era già da mesi ai limiti della sopravvivenza. I profughi giungeranno in Italia – informa una nota - secondo un progetto che avrà la durata di 18 mesi e che darà priorità alle famiglie e ai singoli più vulnerabili, comprendendo anche alcuni minori non accompagnati. L’accordo – si legge nella nota -  che rappresenta di fatto una prima risposta italiana all’appello dell’Unione Europa per il ricollocamento dei rifugiati dopo l’incendio nell’isola greca, verrà firmato dal presidente della Comunità di Sant’Egidio, Marco Impagliazzo, e dal prefetto Michele Di Bari, Capo del Dipartimento Libertà Civili e Immigrazione del Ministero dell’Interno.

Viminale: 23.194 le persone sbarcate sulle coste italiane nel 2020

22 Settembre 2020 - Roma - Sono 23.194 le persone migranti sbarcate sulle coste italiane in questo 2020. Il dato è del Ministero dell’Interno. La maggioranza, 9.659, sono di nazionalità tunisina (42%), sulla base di quanto dichiarato al momento dello sbarco; gli altri provengono da Bangladesh (3.105, 13%), Algeria (1.011, 4%), Costa D’Avorio (1.007, 4%), Pakistan (867, 4%), Sudan (773, 3%), Marocco (605, 3%), Somalia (560, 3%), Egitto (533, 2%), Afghanistan (501, 2%) a cui si aggiungono 4.573 persone (20%) provenienti da altri Stati o per le quali è ancora in corso la procedura di identificazione. Fino ad oggi sono stati 2.801 i minori stranieri non accompagnati ad aver raggiunto il nostro Paese via mare.

Viminale: 21mila i migranti sbarcati, nel 2020, in Italia

14 Settembre 2020 - Roma – Sono 21mila011 le persone migranti sbarcate sulle coste italiane da inizio anno. Il dato è aggiornato dal Ministero dell’Interno alle 8 di questa mattina. Degli oltre 20mila migranti sbarcati in Italia nel 2020, 8623 (41%) sono di nazionalità tunisina. Glia altri provengono da Bangladesh (3.058, 15%), Costa d’Avorio (1006, 5%), Algeria (887, 4%), Pakistan (800, 4%) ed altri paesi.

Iraq: rifugiati della Piana di Ninive celebrano la festa della Santa Croce

14 Settembre 2020 - Piana di Ninive -  Le difficoltà persistenti seguite all’invasione jihadista del 2014 e i nuovi problemi connessi alla diffusione della pandemia da Covid-19 non hanno impedito ai cristiani della Piana di Ninive di celebrare la Festa della Santa Croce, festa particolarmente cara alla devozione popolare delle comunità cristiane di quella regione. Ieri sera, riferisce Fides, i cristiani di Teleskof, 19 miglia a nord di Mosul, si sono ritrovati presso la chiesa caldea di Mar Gewargis (San Giorgio), per prendere parte alla messa e poi alla processione con candele e fiaccole che si è snodata per le vie della città fino alla cosiddetta “Collina del vescovo”. Alla celebrazione hanno preso parte anche decine di famiglie cristiane originarie di Talkaif, Batnaya, Baqofah e anche di Mosul, che durante gli anni della invasione jihadista avevano trovato rifugio a Teleskof, e non hanno ancora fatto ritorno alle proprie case. Dopo i casi di contagio da Covid-19 registrati anche in città e villaggi della Piana di Ninive, misure preventive sono state poste in atto per assicurare che la celebrazione della Santa Croce potesse svolgersi in piena sicurezza dal punto di vista sanitario: a tutti i partecipanti alla messa, prima di entrare in chiesa, è stata misurata la temperatura corporea ed è stato prescritto l’uso della mascherina e la sanificazione delle mani. Alla fine della processione, davanti alla “Collina del Vescovo”, sono state accese le torce poste a illuminare la sommità del colle.  

Lesbo: tutti sfollati dopo l’incendio

11 Settembre 2020 - Lesbo - Per terra, sull’erba o sull’asfalto, ai bordi della strada provinciale o nel parcheggio di un supermercato: gli abitanti di Moria mai avrebbero pensato potesse esistere una sistemazione peggiore di quella conosciuta dentro il campo più sovraffollato d’Europa. Si sbagliavano. Hanno passato all’aperto le prime due giornate dopo l’incendio infernale che martedì notte ha carbonizzato tre quarti della tendopoli per rifugiati più grande del continente. Ad appiccare il fuoco, pare ormai pressoché certo, sono stati gruppi di migranti, esasperati dal confinamento rigido e prolungato da coronavirus, ma anche dalle condizioni estreme che nell’hotspot si sopportavano da troppo tempo. Fino a ieri pomeriggio gli sfollati erano ancora quasi tutti per strada, senza accesso a servizi igienici e, per la maggior parte, senza viveri. Al tramonto, sono iniziati i primi trasferimenti. Le poche tende rimaste in piedi dopo il rogo di martedì erano state mangiate dalle fiamme in un secondo incendio e ieri in un terzo episodio. Giusto per essere sicuri che di Moria non resti più traccia. «La notte scorsa i poliziotti non ci hanno portato nemmeno un po’ d’acqua, hanno solo guardato i nostri bambini dormire al freddo» racconta Amina, 42 anni, ex professoressa di filosofia che ha passato gli ultimi sette mesi a Moria. È rimasta seduta per ore con il marito e i suoi cinque figli sotto un pergolato di una casa abbandonata. Insieme a lei, molte altre famiglie, in attesa su teli e materassini, le poche cose salvate dal fuoco, a pochi passi da uno dei posti di blocco della polizia greca: «Nessuno può passare, hanno lanciato lacrimogeni contro chi cercava di andare in città» racconta la donna, che non nasconde le difficoltà più intime della situazione che sta vivendo. «Non troviamo un posto dove potere andare al bagno». Né Amina né le persone con lei hanno avuto nulla da bere né da mangiare dagli operatori del campo. «Abbiamo visto solo polizia, nessuno delle autorità». È andata meglio a un altro folto gruppo di migranti che si è radunato nel parcheggio del supermercato Lidl, luogo molto frequentato dai migranti perché circa a metà strada tra Moria e la città di Mitilene. «Più della metà delle persone sfollate è rimasta senza assistenza né aiuti istituzionali, mentre ai gruppi che sono confluiti verso il supermercato è stato distribuito cibo» ha spiegato ieri sera Nawal Soufi, attivista italiana, al lavoro da molto tempo come operatrice umanitaria indipendente dentro l’hotspot. «Il problema è che la gente si è sparpagliata in diverse direzioni». Mentre eravamo in contatto con lei, ieri attorno alle 19, sono entrati nel parcheggio del supermercato i primi due autobus che, con ogni probabilità, hanno poi condotto i rifugiati nel porto di Sigri, a circa 100 chilometri dal capoluogo Mitilene. Lì, poco prima, era attraccato il traghetto Blue Star Chios che – insieme a due navi della Marina militare – dovrebbe ospitare temporaneamente 2mila sfollati. «Purtroppo non viene comunicato nulla ai rifugiati, come se non fosse loro diritto sapere quale sarà la loro sorte» dice Nawal Soufi. Altri ragazzi sono stati più fortunati: circa 400 adolescenti avrebbero già lasciato Lesbo in aereo e si troverebbero nella Grecia continentale. Al proposito, ieri, la cancelliera tedesca Angela Merkel e il presidente francese Emmanuel Macron hanno concordato un piano per l’Ue con l’obiettivo di accogliere, dall’isola, circa 400 minori non accompagnati. E il premier Giuseppe Conte in serata ha fatto sapere che l’Italia darà una mano: «Affiancheremo l’iniziativa per i minori non accompagnati, ma in prospettiva dobbiamo evitare si possano ripetere episodi del genere». Anche l’Olanda del primo ministro Mark Rutte – finora molto freddo all’ipotesi di accettare richiedenti asilo dalla Grecia – ha annunciato che accoglierà 100 minori non accompagnati e famiglie con bambini. Le fiamme di Moria, che per un soffio non hanno provocato una strage, hanno fatto molto di più di tante denunce rimaste inascoltate nei cinque lunghi anni di patimenti fra le tende. (Francesca Ghirardelli – Avvenire)  

Sud Sudan: aiuti umanitari per i profughi dalla Comunità di Sant’Egidio

5 Agosto 2020 - Roma - Un carico di aiuti umanitari raccolti dalla Comunità di Sant'Egidio, in collaborazione con il Ministero degli Esteri e della Cooperazione Internazionale, è giunto nei giorni scorsi a Juba, capitale del Sud Sudan, con un volo organizzato attraverso l'iniziativa "Ponte aereo umanitario" dell'Unione Europea. Gli aiuti - cibo, mascherine, gel igienizzante e sapone per la prevenzione del coronavirus - sono destinati ai profughi che hanno dovuto abbandonare i propri villaggi a causa dei recenti, violenti, scontri in diverse regioni del Paese. In questa situazione - speiga una nota della Comunità di Sant'Egidio - sono i civili, particolarmente le donne, gli anziani e i bambini, a pagare il prezzo più alto degli scontri fra gruppi armati. Molti di loro sono costretti a vivere sotto gli alberi nel mezzo della stagione delle piogge. Le loro condizioni sono rese ancora più difficili a causa della pandemia in un Paese privo di strutture sanitarie adeguate. Il Ministero degli Affari Umanitari e il Consiglio Ecumenico delle Chiese del Sud Sudan, con cui la Comunità collabora da anni e con cui ha stretto un accordo di cooperazione, provvederanno alla distribuzione degli aiuti. Gli aiuti sono "un gesto concreto di amicizia e sostegno al popolo sud sudanese che ha tanto sofferto a causa della guerra: una violenza che sembra non avere mai fine, nonostante gli importanti passi avanti compiuti di recente, anche grazie alla mediazione di Sant'Egidio", si legge nella nota evidenziando che l'iniziativa di dialogo politico, con sede a Roma, è stata interrotta dalla diffusione del Covid-19, ma rimane "l'unica via percorribile per per dare un futuro a questo Paese".

R.I. 

“Morire di Speranza”: a Roma veglia di preghiera in memoria di quanti perdono la vita nei viaggi verso l’Europa

15 Giugno 2020 - Roma - In occasione della Giornata Mondiale del Rifugiato che si celebra il 20 giugno, la Basilica di Santa Maria in Trastevere, giovedì 18 Giugno, ospiterà la veglia di preghiera “Morire di speranza" in memoria di quanti perdono la vita nei viaggi verso l’Europa. L’iniziativa, come ogni anno, è promossa dalla Fondazione Migrantes, la Comunità di Sant’Egidio, il Centro Astalli, la Caritas Italiana, la Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia, i padri Scalabriniani, le ACLI, la Comunità Papa Giovanni XXIII e l'ACSE. A presiederla il segretario generale della Cei, mons. Stefano Russo e sarà trasmessa in diretta streaming sulla pagine web della comunità di Sant'Egidio.

Il volontariato “rivoluzionario” degli immigrati: una ricerca del CSVnet

8 Giugno 2020 - Roma –  Sarà presentato il prossimo 22 giugno la ricerca del CSVnet sull’impegno sociale delle persone di origine immigrata. Si tratta di una prima ricerca a livello nazionale sul tema.  Promossa da CSVnet, l’indagine è stata realizzata dal Centro studi Medì di Genova e curata da Maurizio Ambrosini (università di Milano) e Deborah Erminio (università di Genova, Centro Medì). L’intera rete dei Centri di servizio per il volontariato, per buona parte del 2019, ha partecipato direttamente alla raccolta dei dati attraverso centinaia di questionari e interviste in profondità.  

Migrantes Gaeta: se i migranti sono risorsa

8 Giugno 2020 -

Gaeta - Nel Rapporto Eurispes reso pubblico lo scorso 30 gennaio 2020, tra le diverse tematiche affrontate nell’analisi della realtà dell’Italia c’è anche un riferimento alla presenza degli immigrati in Italia. Il presidente dell’Eurispes Gian Maria Fara, presentando il rapporto, sul tema specifico, ha commentato: “Gli immigrati regolari in Italia sono circa cinque milioni (5.255.000 pari all’8,7% della popolazione) e gli irregolari, circa cinquecentomila, la loro presenza è decisamente inferiore a quella che si registra in molti altri paesi. I lavoratori immigrati in Italia producono il 9% del Pil, circa 139 miliardi di euro annui; il denaro che spediscono ai loro familiari (6,2 miliardi annui) è molto più importante per il sostegno ai paesi di origine di quanto non sia quello che l’Italia destina agli aiuti internazionali allo sviluppo. Chi dice “aiutiamoli a casa loro”, sostenendo che si debbano finanziare i paesi di origine, trascura il fatto che siano proprio gli immigrati, con le loro rimesse, che si aiutano da soli a casa loro. Inoltre, i dati ufficiali sono nettamente in positivo per lo Stato. Il bilancio tra costi e ricavi segnala un saldo attivo di 3,9 miliardi. I lavoratori stranieri in Italia sono il 10,5% degli occupati e versano 14 miliardi annui di contributi sociali e ne ricevono solo 7 tra indennità di disoccupazione e pensioni. I loro contributi ci permettono di pagare oltre 600.000 pensioni”.

Questi dati servono a prendere coscienza della realtà, della situazione attuale che spesso viene nascosta, travisata o manipolata per fini propagandistici. E da questi dati emerge il grosso contributo economico che gli immigrati danno allo stato italiano che li ospita, dove troppo spesso si rivendicano i diritti ma si dimenticano i doveri verso tutta la comunità civile. In Italia, le 10 comunità più numerose provengono da Romania 23,0%, Albania 8,4%, Marocco 8,0%, Cina 5,7%, Ucraina 4,6%, Filippine 3,2%, India 3,0%, Bangladesh 2,7%, Moldova 2,5% e Egitto 2,4%. In provincia di Latina la comunità straniera più numerosa è quella proveniente dalla Romania con il 37,7% di tutti gli stranieri presenti sul territorio, seguita dall’India (21,3%), Albania (4,3%), Ucraina (3,2%), Marocco (3.1%), Nigeria (2.5%) e Bangladesh (2,4%).

Durante il periodo di lockdown, gli immigrati presenti nelle case delle nostre città, nei campi del nostro territorio, non hanno mai smesso di lavorare per assicurare il cibo sulle nostre tavole e l’assistenza domiciliare alle persone fragili.

“Non si tratta solo di Migranti” ci diceva l’anno scorso papa Francesco nel suo messaggio per la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato e, ancora oggi, ci incoraggia ad andare oltre gli stereotipi che portano alla chiusura, ad un atteggiamento escludente e all’assuefazione alla cultura dello scarto per imboccare con speranza la strada dell’incontro, dell’accoglienza, della condivisione e della solidarietà. ( Maria Giovanna Ruggieri – Direttore Migrantes Gaeta)​

Mons. Mogavero incontra equipaggio “Mare Jonio”

8 Giugno 2020 - Mazara del Vallo – Il vescovo di Mazara del Vallo, mons. Domenico Mogavero, ha fatto visita a bordo della “Mare Jonio”, la nave della “Mediterranea Saving Human” utilizzata per le missioni di soccorso ai migranti nel mare Mediterraneo. La nave – battente bandiera italiana – si trova attualmente in sosta tecnica presso il porto di Trapani, da dove, nei prossimi giorni, ripartirà per un nuovo servizio nelle acque internazionali del Mediterraneo. Mons. Mogavero è stato accompagnato a bordo dal capo missione Luca Casarini e ha incontrato gli undici membri dell’equipaggio, tutti italiani più un giovane greco. “La visita mi ha dato l’opportunità di incontrare queste persone splendide, uomini e donne, che hanno accettato la sfida di salvare in mare naufraghi provenienti dalla sponda libica, ha detto il vescovo. Sono persone spinte da una motivazione meravigliosa, e cioè quell’umanità che traspira dai loro volti, dal racconto delle loro esperienze”. Il vescovo ha avuto la possibilità di visitare tutti gli ambienti della nave, dalla plancia di comando alla zona allestita per l’accoglienza dei migranti: “Sono luoghi che riconciliano con la nostra umanità, con la nostra civiltà, umana e cristiana, quelli che fuggono dai loro Paesi per ricercare un futuro di speranza”, ha detto il vescovo. “È bello che ci siano persone che hanno un’idealità grande e che lo fanno per una passione verso gli altri che sopperisce alle tante iniquità e alle tante ingiustizie della politica e di tanta gente che è indifferente e ostili verso coloro i quali chiedono il rispetto della loro dignità e dei loro diritti”, ha concluso il vescovo.