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Mons. Perego: il festival delle Migrazioni “vetrina di dialogo e incontro”
Modena - Il festival della Migrazione vuole essere una "vetrina in cui il mondo ecclesiale e sociale cercano di presentare l’esperienza dell’incontro coi migranti e una cultura che si crea in questo incontro, che vuole rigenerare relazioni e rigenerare la città". Lo ha detto oggi mons. Gian Carlo Perego, presidente della Commissione Cei per le Migrazioni e della Fondazione Migrantes intervenuto ad una sessione del festival della Migrazione che si conclude oggi a Modena, promosso fra gli altri, dall'organismo pastorale della Cei. Questo appuntamento - ha aggiunto - vuole “ripensare insieme l’incontro con l’altro, per una politica che non si fermi all’identificazione dell’altro ma cerca di conoscerlo per costruire un viaggio insieme per una città rigenerata. C’è bisogno di incontri come questo per far crescere la cultura dell’accoglienza nella città". Il migrante è per "antonomasia un giovane: uno studente, lavoratore, un figlio di un ricongiungimento familiare. Sono gli 862mila studenti delle nostre scuole, gli 80mila studenti universitari. Questo mondo non può rimanere ai margini della città ma esserne protagonista", ha concluso mons. Perego parlando poi del ruolo delle religioni nel dialogo e nell'accoglienza. “La cittadinanza - ha detto - entro la vita della Chiesa, è innanzitutto una benedizione come ci dice Papa Francesco in ‘Fratelli tutti’. Il migrante è una benedizione, un dono da accogliere con una preghiera di riconoscenza per quello che di nuovo e buono genererà”. “Quando arriva un altro fedele è un regalo con il quale costruire una storia di fede, in quanto attraverso lui riconosciamo che la chiesa è ‘una Santa, Cattolica, Apostolica’, universale, senza confini. La sua chiesa è anche la nostra chiesa” ha detto il presidente di Migrantes. “Gli immigrati portano una storia di fede – ha aggiunto mons. Perego – un cammino, un linguaggio, una spiritualità che sono differenti ma che rientrano in un’unità di chiesa cattolica. Il volto del migrante è quello di un fedele di un’altra esperienza religiosa: si pensi agli ortodossi, i più numerosi (oltre 1 milione su 5 milioni di migranti). Ma possiamo incontrare anche persone di chiese riformate, come gli evangelici o anche di altre esperienze religiose come i musulmani, cui ancora non è stata riconosciuta la possibilità di avere un luogo di culto, la moschea, in un luogo sociale ma solo in periferia, negando così un loro diritto fondamentale. E poi ancora possiamo incontrare buddisti, induisti”. “Questo dono delle migrazioni interpella la chiesa, non solo sotto l’aspetto delle comunità, ma anche per il cammino ecumenico, interreligioso, e di evangelizzazione. Sotto questo aspetto – ha concluso – sono quattro i verbi da coniugare, propri dello stile pastorale migratorio: accogliere, tutelare, promuovere, integrare”. (Raffaele Iaria)
R.Iaria).
Mons. Castellucci in dialogo coi giovani delle seconde generazioni al Festival della Migrazione
Modena - Un dialogo fecondo e stimolante con i giovani delle seconde generazioni della consulta per l’immigrazione di Carpi. Mons. Erio Castellucci, vice presidente della Cei, arcivescovo di Modena e vescovo di Carpi, ha partecipato al Festival della Migrazione ‘Cittadini tutti’ confrontandosi con i giovani figli di migranti e col sindaco di Carpi, Alberto Bellelli. “Le religioni devono ascoltare le seconde generazioni, devono ascoltare i giovani. Non pensiamo a come parlare ai giovani, ma come ascoltarli – ha esordito Castellucci -. Il ruolo delle religioni? Ricordare che in ciascuno c’è l’impronta di Dio”. Il vescovo ha ricordato che papa Francesco in più occasioni ha invitato a evitare le categorie per arrivare a considerare tutti prima di tutto persone e che il tema dell’identità è un problema soprattutto per chi ha una identità debole: “Spesso associamo questa parola a difesa, salvaguardia, a qualcosa che protegge contro qualcuno. Ma l’identità o è dialogica e aperta, o diventa settarismo e chiusura. Chi ha una consapevolezza matura della propria identità è sereno nei confronti di quella degli altri, sono quelli che incerti e timorosi che erigono muri”. Le religioni sono state richiamate dai giovani come opportunità di dialogo e confronto: “Il luogo del dialogo interreligioso è la casa, la scuola, l’ospedale, il carcere, il campo sportivo… Il dialogo non ha a che fare con delle idee, ma con volti e storie. Non c’è solo chi erige argini e si chiude, ma anche chi annega tutto nel relativismo e produce indifferenza. Il ponte per superare questi due opposti è trovare dentro la propria identità motivi di apprezzamento dell’altro. Una identità religiosa matura trova le ragioni per apprezzare quanto di bello e di vero c’è dovunque. Dobbiamo passare dalla tolleranza all’accoglienza”. Mons. Castellucci ha anche messo al centro la situazione libica: “Due settimane fa ho parlato con David, un giovane che si trova a Tripoli nella zona custodita dall’Onu insieme a circa 3mila persone. Sono bloccati e circondati dalle milizie libiche. Il tema della cultura del respingimento è abbastanza trasversale alla politica. Una delle poche voci che denuncia le alleanze con la cosiddetta guardia costiera libica è quella del Papa. Il consenso arriva a prevalere sui principi fondamentali. La politica è agire sulle cause, troppe volte, anche nella Chiesa, ci impastiamo nella burocrazia e ci dimentichiamo che dell’accoglienza delle persone in difficoltà”.
Il sindaco di Carpi, Alberto Bellelli, ha confermato l’impegno personale per lo ius culturae (“Va fatto senza dubbio”) e ha confermato la necessità di superare la polarizzazione tra fondamentalismo e relativismo anche attraverso gesti e iniziative concrete. “Ambisco a società etiche, né chiuse né basate su valori generici. La nostra guida è la Costituzione”.
Scuola: in arrivo le nuove linee guida del Ministero per l’integrazione nella scuola degli studenti stranieri
Modena - Saranno presto disponibili le nuove linee guida sull’integrazione degli alunni stranieri con un aggiornamento di quelle datate 2014. La notizia è stata resa nota dai dirigenti del Ministero dell’Istruzione nel corso del seminario ‘Costruttori di ponti – Di generazione in generazione’ al Festival della Migrazione di Modena in corso fino a domani. Il Ministro Patrizio Bianchi ha dettato chiaramente la linea: “Il concetto di integrazione prevede che cambiamo tutti e due, non solo uno dei due. La nostra idea è che si è cittadini perchè lo era il mio babbo, o per una procedura burocratica: invece si è cittadini se accettiamo valori comuni e allora dobbiamo trovare i valori comuni di un Paese, di una nazione, di una comunità. E per trovare questi valori abbiamo una guida che non invecchia mai, la nostra Costituzione. Questa dice che i diritti individuali nel nostro Paese si devono sposare col dovere della solidarietà. Dobbiamo ribadire i valori fondanti della nostra Repubblica e qui si innesta il diritto di cittadinanza e questo non riguarda solo chi giunge da fuori, ma anche quelle che sono dentro: tutti dobbiamo chiederci se siamo a pieno titolo cittadini di questo Paese, se condividiamo gli stessi valori”. Maurizio Certini, direttore del centro studi Giorgio La Pira e membro della Consulta Nazionale per le Migrazioni della Fondazione Migrantes, ha ricordato l’importanza dello scambio interculturale e intergenerazionale: “Oggi comprendiamo che i muri non servono, servono ponti di unità e di dialogo. Il mondo o si unisce o perisce”. Albertina Soliani, presidente della Fondazione Cervi, ha fissato l’obiettivo: “La coesione, l’essere comunità, vogliamo continuare a lavorare per questo. La scuola e la società cosa stanno diventando e cosa pensano delle migrazioni? La scuola è competente sulle dinamiche culturali e sull’integrazione? Forse devono cambiare alcuni parametri culturali, la scuola deve essere competente e pensare a una nuova educazione civica. Noi abbiamo ragazzi aperti al mondo, che studiano e che viaggiano e a cui dobbiamo dare risposte”. Tra gli ospiti del seminario alcune esperienze delle seconde generazioni. Il rapper italo egiziano Amir Issaa, ad esempio, ha spiegato: “Durante l'infanzia e l'adolescenza mia madre mi ha fatto cambiare nome in ‘Massimo’ per rendere le cose più facili agli altri, e intorno al nome italiano in contrasto a quello straniero si costruisce un'identità. Noi italiani di seconda generazione abbiamo tutti storie diverse, quello che dico ai ragazzi è di non vergognarsi della propria identità. Quando vado all’estero, ad esempio a New York dove mi reco spesso per lavoro, tutti mi considerano un artista italiano: purtroppo in Italia c’è una legge che non è ancora adeguata". Marwa Mahmoud, del centro culturale Mondinsieme, ha confermato: “Tanti ragazze e ragazzi si sentono e sono italiani senza aver riconosciuto questo diritto: non dobbiamo dimenticare che essere o meno cittadini fa molta differenza. La scuola è il luogo privilegiato per coltivare la costruzione continua di ponti, è il luogo dove si crea il senso di appartenenza e cittadinanza”. E’ intervenuta anche Yiyun Zhang, una madre di origine cinese: "Durante la pandemia molti problemi hanno colpito l'istruzione, sia per quanto riguarda i bambini stranieri che gli italiani. Tutto questo ha aumentato il peso sulle famiglie e sui bambini", mentre Saadia Parveen ha ricordato che “i migranti di seconda generazione si confrontano con una realtà diversa da quella dei propri genitori e perciò manca loro una guida nelle difficoltà". Simohamed Kaabour ha chiosato: "È importante indagare il rapporto generazionale per evitare conflittualità. Da una parte ci sono i genitori immigrati, dall'altra i figli che crescono in un nuovo Paese".
Certini: “occorrono buoni maestri
Speciale Province d’Italia 2020: il 13 gennaio secondo appuntamento del ciclo di incontri di approfondimento del Rapporto Italiani nel Mondo
Festival della Migrazione: “soddisfatti del superamento dei decreti sicurezza”
Migrantes: parte un ciclo di incontri di approfondimento del Rapporto Italiani nel Mondo sulle Province nell’ambito del Festival della Migrazione
Festival della migrazione: un decalogo di proposte “per una politica dei volti e della cura”
Modena - Un decalogo di proposte alla politica sul tema della migrazione, tra le quali il superamento definitivo dei decreti sicurezza, la riforma della legge sulla cittadinanza, la lotta al precariato, l’inserimento di quote di ingresso per lavoro: è quanto emerso a conclusione del Festival della migrazione che si è svolto on line dal 26 al 28 novembre. “Abbiamo voluto mettere al centro i giovani – ha detto il portavoce, Edoardo Patriarca –, come risorsa importante e preziosa per il nostro Paese”. Quattro sono le sfide ricordate da Patriarca: “La prima: riconoscere che le migrazioni sono un fatto culturale, non emergenziale, ma un fenomeno che coinvolge l’uomo da sempre e vanno affrontate con parole diverse. Solidarietà, tolleranza, interculturalità, fanno capire e maturare il nostro Paese. La seconda sfida è quella sociale: la migrazione non può essere un fenomeno legato solo alla sicurezza e non può essere in capo solo al ministero degli Interni. Se vogliamo costruire davvero una società multietnica sono i territori i veri protagonisti da interpellare e far agire. Penso in modo specifico ai comuni, alle associazioni di volontariato e di terzo settore. La terza sfida è il lavoro: ce lo hanno detto chiaramente i giovani intervenuti, sia migranti senza cittadinanza e non solo loro. Se il lavoro è precario, indegno e non sicuro non si possono costruire progetti di vita duraturi e non si può dare alcuna inclusione e percorso di accoglienza. L’ultima sfida è quella della politica: è necessaria a condizione che aiuti a sostenere questo processo di energie che sono presenti nel nostro Paese”. L’agenda completa di proposte “per una politica dei volti e della cura” è pubblicata sul sito www.festivalmigrazione.it. L’iniziativa è stata promossa da Fondazione Migrantes, Porta Aperta, Crid di Unimore e Integriamo. Il Festival ha avuto, nei tre giorni, oltre 50mila contatti e più di 10mila interazioni.