Primo Piano
Corridoi umanitari: papa Francesco riceve, sabato, i profughi e le famiglie che hanno accolto
Roma - Rappresenta un evento di notevole rilievo sul fronte della questione-migranti quello di sabato prossimo, 18 marzo, alle 11.30, in cui papa Francesco riceverà in udienza tutti i profughi e i rifugiati venuti in Italia e in Europa grazie ai “corridoi umanitari” realizzati da Conferenza Episcopale Italiana, la Comunità di Sant’Egidio la Federazione delle Chiese Evangeliche e la Tavola Valdese. In questo che è il primo evento pubblico del Papa con i migranti dopo la tragedia di Cutro, l’Aula Paolo VI sarà riempita da famiglie provenienti da numerosi Paesi in guerra o colpiti da gravi emergenze umanitarie come Siria, Iraq, Afghanistan, Somalia, Sud Sudan, Nigeria e Libia.
Un altro naufragio in Turchia: 4 morti
Milano - Nelle stesse ore in cui a Cutro, da quel fazzoletto di mare dove, due settimane fa si è consumata la terribile tragedia, riaffiorava un altro corpo portando il totale delle vittime accertate a 81, un’altra tragedia si consumava invece nel mare tra Turchia e Grecia. L’ennesimo naufragio degli ultimi che scappano e cercano rifugio in Europa: è di almeno quattro morti il bilancio del naufragio di due barconi con decine di migranti a bordo avvenuto nelle acque dell’Egeo davanti alla città turca di Kusadasi. Lo ha riferito l’agenzia di stampa Anadolu, precisando che la Guardia costiera turca ha soccorso 38 persone. Non è chiaro il numero esatto di migranti che erano sui due barconi, mentre le operazioni di ricerca e soccorso non si fermano. Sono invece di due uomini gli ultimi due corpi riaffiorati nel tratto di mare dove domenica 26 febbraio é avvenuto il naufragio. Dopo il ritrovamento di ieri mattina, un altro cadavere è stato rinvenuto . Si tratta anche in questo caso di un uomo adulto, di circa 30 anni, in avanzato stato di composizione. Le vittime ora sono salite a 81. La premier Giorgia Meloni giovedì mattina riceverà a Palazzo Chigi i familiari delle vittime. Intanto sono iniziate ieri mattina le audizioni per la “procedura di ricollocamento” in Germania dei sopravvissuti al naufragio. Una delegazione mista dell’ufficio immigrazione, polizia federale e governo tedesco è giunta a Crotone e, nell’hotel nel quale sono ospitati i superstiti, ha iniziato a raccogliere le loro storie e verificare i documenti per permettere loro di trasferirsi dai parenti in Germania. La richiesta di ricollocazione e ricongiungimento familiare in Germania è stata fatta da gran parte dei 77 sopravvissuti (altri 4 sono i presunti scafisti che sono in carcere). A Pozzallo invece uno psicologo e un mediatore culturale di Medici Senza Frontiere stanno assistendo 15 delle 17 persone sopravvissute all’ultimo naufragio avvenuto nel Mediterraneo, quello che si è consumato nella notte tra sabato e domenica. Tutti provenienti dal Bangladesh, sono per la maggior parte giovani ragazzi tra i 18 e i 25 anni. Vengono tutti dallo stesso villaggio e ognuno di loro ha perso un amico o un conoscente. Solo un ragazzo viaggiava con dei familiari e ha perso lo zio e il cugino. Durante l’intervento di primo soccorso psicologico offerto da Medici senza frontiere è emerso che le persone erano partite l’8 marzo da Tobruk. Prima di essere soccorse da un mercantile hanno visto un elicottero sorvolare la loro barca. Mentre il mercantile provava a soccorrerli l’imbarcazione su cui navigavano si è capovolta e 30 persone hanno perso la vita.
«Ci siamo salvati perché siamo riusciti ad aggrapparci alla chiglia della barca. Tutti gli altri sono stati portati via dalle onde. Io sono rimasto incastrato sotto la barca e ho bevuto tantissima acqua» racconta un superstite al team di Msf. Intanto a Lampedusa è corsa contro il tempo per svuotare l’hotspot al collasso dopo l’ondata di arrivi degli ultimi giorni. Al centro di Contrada Imbriacola alla fine sono 1.015 i migranti rimasti dopo che alcuni trasferimenti ipotizzati per ieri sono saltati a causa del maltempo. (D. Fas. - Avvenire)
Studenti cattolici: dedicata ai migranti la scuola europea di formazione alla politica
Trento - Si è conclusa a Trento la seconda edizione della Scuola europea di formazione alla politica (Sefap) promossa dalla Fondazione Fuci. All’iniziativa hanno partecipato settanta studenti universitari provenienti da Germania, Austria, Polonia, Ucraina, Italia e Repubblica Ceca. Il tema dei migranti e delle migrazioni è stato al centro delle relazioni e del dibattito che ha caratterizzato le tre giornate di studio, ospitate presso il Museo diocesano dal 10 al 12 marzo. Nel saluto introduttivo, i coordinatori della Sefap hanno riassunto il senso dell’incontro fra universitari europei. “La pandemia sembrava averci unito, ci aveva costituito unica comunità umana, ci siamo sentiti – forse per la prima volta nella storia recente – davvero tutti sulla stessa barca, senza parti. Eravamo, insomma, tutti convinti che ne saremmo usciti migliori. Ci sentivamo al punto di svolta avvertendo l’entusiasmo palpabile che il nostro destino europeo si stava compiendo pienamente. Le bombe un anno fa sull’Ucraina, continuate a cadere incessantemente fino a oggi, hanno violentemente spento quell’entusiasmo. Giorno dopo giorno, mese dopo mese, ci siamo resi conto che quell’entusiasmo era solo emozionale e non razionale. Però quell’entusiasmo ci ha permesso di pensare ad un ordine internazionale costruito sulla solidarietà sociale ed edificato da una comunità di uomini e di donne che si riconoscono parte di una unica e grande comunità di popoli. In poche parole: se si è spento l’entusiasmo, si è accesa la speranza. Siamo convinti che anche le donne, gli uomini e i bambini arrivati senza vita sulla spiaggia di Steccato di Cutro nutrivano la nostra stessa speranza tra le speranze che li avevano spinti ad affrontare il mare in Marzo. Dinanzi ad un sistema sordo a fenomeni del genere, che parla di numeri e non di persone vacilla anche la nostra speranza. Avvertire un sistema che non riconosce il suo fallimento nel non avere impedito la fine della vita anche di una sola donna, di un solo uomo o di un solo bambino ci sconforta e ci scoraggia. Ma è quando la speranza vacilla che siamo chiamati a ricostruirne le fondamenta”. Alla scuola di formazione hanno portato la loro testimonianza anche alcune studentesse ucraine. “Ogni nuovo attacco porta nuovo dolore. Il nostro obiettivo come giovani è studiare, sviluppare il nostro Paese e fare tutto il possibile per migliorare la vita delle persone. Perché la vera vittoria per noi è un'Ucraina rinnovata, con un popolo democratico e un governo onesto” hanno detto le giovani appartenenti all’associazione di studenti cattolici “Obnova” nata nel 1930 a Leopoli. “Se un anno fa abbiamo deciso di costruire insieme questo luogo relazionale in cui desideriamo riconoscerci tutti europei, abbiamo scelto – consciamente o inconsciamente – da che parte della Storia stare. Abbiamo deciso di stare dalla parte dei valori che uomini come Alcide De Gasperi e Antonio Megalizzi hanno sognato, vissuto e difeso” si legge nella dichiarazione finale. La strada indicata dai giovani a Trento sul tema delle migrazioni è quella di un sistema di accoglienza diffusa, dove la persona accolta è rispettata nella sua dignità e integrata nel contesto sociale in cui arriva. “Bisogna dirsi ora – concludono i partecipanti – che una comunità mondiale costruita sulla solidarietà tra i popoli è possibile".
Vescovi GB: “dietro le statistiche, persone con un nome, un volto, una storia”
Card. Parolin: “passare da politiche di contenimento e restringimento a politiche di accoglienza”
Migranti: da inizio anno 20.017 arrivi
Centro Astalli: on line la raccolta dei discorsi ai rifugiati di papa Francesco
Migrantes: a Ferrara oggi la presentazione del rapporto Diritto d’Asilo
10 anni di pontificato di papa Francesco: mons. Perego, i quattro verbi sui quali “insiste sempre il Papa dovrebbero formare la nostra azione”
Striscione contro le stragi in mare: punita una squadra di calcio
Naufragio in Calabria: prime salme accolte a Bologna dal card. Zuppi
Naufragio in Calabria: Mons. Aloise, “i cuori di chi è morto in questo mare non devono smettere di battere”
13 Marzo 2023 - Pietrapaola - “La cultura della vita deve prevalere su quella della morte. Sempre. Non possono essere gli interessi economici a guidare le sorti dell’umanità. I cuori di chi è morto in questo mare, soprattutto i cuori di tutti quei bambini non devono smettere di battere, il loro battito è il nostro battito ogni volta che sceglieremo la via della vita”. Sono un inno a preservare, custodire e accogliere la vita le parole pronunciate dall’arcivescovo di Rossano-Cariati, mons. Maurizio Aloise, a Pietrapaola, per il momento di preghiera e di riflessione per le vittime del naufragio di Cutro. Parole rivolte principalmente ai tanti bambini che hanno affollato la Chiesa di Santa Maria delle Grazie, veri protagonisti di un momento che ha voluto rendere omaggio alle vite che sono state spezzate sulla spiaggia di Cutro, ma anche ai sogni e alle speranze che ognuno di quei cuori custodiva. L’appuntamento è stato organizzato e promosso dall’Ufficio diocesano per l’Apostolato del Mare diretto da don Giuseppe Ruffo, in sinergia con l’ufficio Migrantes diretto da Giovanni Fortino, che hanno accolto con entusiasmo il sincero moto di partecipazione emotiva degli studenti dell’istituto comprensivo di Mandatoriccio, plesso di Pietrapaola, diretto da Mirella Pacifico raccolto dal parroco di Santa Maria delle Grazie di Pietrapaola, don Umberto Sapia e fatto proprio dagli uffici diocesani. Presenti i parroci e numerosi sindaci del territorio con in testa il primo cittadino di Pietrapaola Manuela Labonia.
Toccante il momento conclusivo. Dal lancio dei palloncini bianchi degli studenti delle scuole dell’infanzia, fino al corteo sulla 106 e l’arrivo sulla spiaggia dove vi è stato un momenti di preghiera e il lancio in mare di una corona di fiori. Cei: gli auguri della Presidenza CEI a papa Francesco
Naufragio in Calabria: card. Czerny, “ipocrita dire non è stato possibile dare una risposta”
Coldiretti: una mela su quatto in Italia è raccolta grazie ai lavoratori stranieri
Roma - Nei frutteti italiani con l’arrivo dell’estate servono almeno quarantamila lavoratori anche per colmare la mancanza di manodopera che ha duramente colpito le campagne lo scorso anno con la perdita rilevante dei raccolti agricoli nazionali. E’ quanto afferma il presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel chiedere subito nuovi ingressi in riferimento alla nuova programmazione dei flussi di immigrazione decisa dal Consiglio dei Ministri, in occasione della giornata nazionale della frutta italiana nel villaggio della biodiversità contadina a Cosenza dove sono scesi in piazza i giovani agricoltori della Coldiretti per salvare la frutta italiana. E' molto importante - sottolinea Prandini - che il consiglio dei ministri abbia recepito la nostra proposta di programmazione triennale dei flussi per consentire una piu agevole pianificazione del lavoro da parte delle aziende agricole. Il settore ortofrutticolo nazionale – sottolinea la Coldiretti - garantisce all’Italia 440mila posti di lavoro, pari ad oltre il 40% del totale in agricoltura, con un fatturato di 15 miliardi di euro all’anno tra fresco e trasformato, il 25% della produzione agricola totale, grazie all’attività di oltre 300mila aziende agricole su più di un milione di ettari coltivati in Italia che sono oggi a rischio. E’ un settore ad elevata intensità di lavoro con operazioni difficilmente meccanizzabili che richiedono manualità e professionalità, con un bisogno di giornate lavorative, fra coltivazione e raccolta, che oscilla tra le 80 per le mele e oltre 510 per le fragole. Coldiretti stima che un frutto su quattro venga raccolto da mani straniere nei molti “distretti agricoli” dove i lavoratori immigrati sono una componente bene integrata nel tessuto economico e sociale come nel caso – spiega la Coldiretti – della raccolta delle fragole nel Veronese, delle mele in Trentino, delle pesche e delle pere in Emilia Romagna, degli agrumi nel meridione. Settori che lo scorso anno sono andati in difficoltà con la perdita rilevante dei raccolti agricoli nazionali anche – rileva la Coldiretti – per le difficoltà agli spostamenti dei lavoratori alle frontiere per effetto della pandemia. Si tratta soprattutto di lavoro stagionale con picchi di domanda nei periodi della raccolta che sono sempre stati garantiti grazie a lavoratori provenienti da altri paesi che si fermano in Italia per qualche mese, tornando anno dopo anno con reciproca soddisfazione. La pandemia e la guerra hanno complicato la situazione, determinando una carenza di manodopera che ha provocato situazioni di difficoltà con le imprese che, negli ultimi anni, hanno avuto problemi a trovare i collaboratori necessari per potatura e raccolte, dovendo spesso rinunciare a parte della produzione che deve essere assolutamente raccolta quando matura. Ma nelle campagne con l’arrivo dell’estate c’è posto anche per studenti, pensionati o disoccupati che vogliono trovare una occasione di reddito e fare una esperienza all’aria aperta a contatto con la natura, grazie al nuovo sistema di prestazioni occasionali introdotto nella Manovra che porta una rilevante semplificazione burocratica per facilitare l’avvicinamento al settore agricolo. Una opportunità - spiega Coldiretti – per pensionati, studenti, disoccupati, percettori di Naspi, reddito di cittadinanza, ammortizzatori sociali e detenuti ammessi al lavoro all’esterno con l’unico limite determinato dalla durata della prestazione che non potrà superare, per singolo occupato, le 45 giornate di lavoro effettivo all’anno e non aver già lavorato in agricoltura. Si tratta di un rapporto di lavoro subordinato agricolo che – conclude Coldiretti – garantisce le stesse tutele (contrattuali, previdenziali, assistenziali, ecc.) previste per gli occupati a tempo determinato ma il salario sarà esente da imposizione fiscale, cumulabile con qualsiasi tipologia di trattamento pensionistico.
Cei: oggi preghiera per la pace
Moldavia-Transnistria: flusso massiccio di rifugiati dall’Ucraina, “Chiesa pronta ad accogliere”
Varato il decreto migranti
Roma - In meno di un’ora di Consiglio dei ministri straordinario il governo vara all’unanimità l’atteso decreto migranti sulla scia della tragedia del 26 febbraio scorso. La ricetta «per combattere la schiavitù del terzo millennio», per usare le parole della premier Giorgia Meloni, è in buona sostanza quella già anticipata dalle bozze circolate mercoledì, fatta eccezione per l’impiego delle navi della Marina militare, ipotesi smentita dal ministro della Difesa, Guido Crosetto.
La novità più consistente riguarda l’introduzione di un’inedita fattispecie di reato per chi provoca «morte o lesioni come conseguenza di delitti in materia di immigrazione clandestina» («è il caso di Cutro», come specificato dal capo dell’esecutivo). La pena in questo caso va dai 20 ai 30 anni di reclusione, ma saranno inasprite anche quelle già previste per chi «promuove, organizza, finanzia o effettua il trasporto di stranieri nel territorio dello Stato». Il crimine verrà perseguito anche se commesso al di fuori dei confini nazionali, perché, ha spiegato ancora la presidente del Consiglio, si tratta di «un reato universale», del quale sono responsabili non solo gli scafisti sui barconi, ma anche «quelli che ci sono dietro». Un metodo «che cambia totalmente l'approccio del governo rispetto a quello visto negli ultimi anni ». L'allargamento della competenza italiana prevista dal decreto «non invade la giurisdizione di altri Stati, che resta sovrana », ha chiarito il guardasigilli Carlo Nordio. Questo perché si applica in «acque che non sono sotto la competenza di nessuno».
C’è poi il capitolo che riguarda le persone che hanno già fatto ingresso nel Paese, illustrato dal ministro degli Interni Matteo Piantedosi. Il primo punto è la semplificazione e l’accelerazione della procedure di nulla osta al lavoro: con il quale si intende «venire incontro alle esigenze delle aziende e dei richiedenti». Una misura a cui viene affiancata l’estensione di un anno della durata del permesso di soggiorno in rinnovo. Al primo biennio seguirà quindi un triennio, arrivando così ai 5 anni necessari per richiedere il permesso di lungo soggiornante. Tutto questo, ha aggiunto il titolare agli Interni, «senza ridurre i controlli sul mantenimento dei requisiti soggettivi delle persone».
Il provvedimento prevede anche una stretta sulla protezione speciale, che era stata introdotta per ovviare all’abolizione di quella umanitaria voluta da Salvini nel 2018. L’obiettivo, come si legge nei documenti diffusi da Palazzo Chigi, è impedire «interpretazioni che portano a un suo allargamento improprio».
Nel caso di «gravi inadempimenti» da parte dei gestori dei centri destinati all’accoglienza dei migranti (tali da compromettere la continuità dei servizi), il prefetto potrà nominare un commissario per assicurare il mantenimento dei posti. Sarà poi ampliata la rete dei Centri di permanenza per i rimpatri, con la realizzazione di nuove strutture anche in deroga alla legge, fatto salvo il rispetto del codice antimafia e dei vincoli europei. Da verificare l’allargamento del termine della permanenza da tre a sei mesi, contenuto nelle bozze circolate prima del Cdm.
Il decreto flussi diventa triennale (2023-2025), arco di tempo che farà da base per la definizione delle quote di stranieri da ammettere per il lavoro subordinato. In via preferenziale, «le quote saranno assegnate ai lavoratori di Stati che promuovo per i propri cittadini campagne sui rischi per l’incolumità personale derivanti dall’inserimento in traffici migratori irregolari». Non è chiaro se il numero dei migranti ammessi, come ipotizzato nei giorni scorsi, verrà fissato a 100mila unità, cifra comunque inferiore alle richieste del mondo produttivo (vedi articolo in basso).
Infine va registrato il “giallo” legato all’impiego dei mezzi della nostra Marina per attività di sorveglianza, che in un primo momento pareva dovesse essere chiamata in causa in aiuto delle operazioni di sorveglianza. Un’ipotesi circolata su alcuni quotidiani e smentita seccamente da Crosetto. Anche se Meloni ha ammesso che lo stesso ministro l’aveva in un primo tempo proposta per poi ritirarla. (Matteo Marcelli - Avvenire)

