Primo Piano
Migrantes Calabria: il 29 febbraio a Crotone la presentazione del Rapporto su “Il diritto d’asilo”
Cutro: una Via Crucis per ricordare i 94 morti nel naufragio di un anno fa
Migrantes Bologna: festa della comunità filippina
150 anni di immigrazione italiana in Btasile: le celebrazioni a Roma
Regno Unito: l’Onu boccia le deportazioni in Ruanda
Rom e Sinti: il 22 a Roma la Commissione Migrantes
Viminale: 4.149 persone migranti arrivati sulle nostre coste
Tra le novità al cinema “Volare”
Al cinema dal 22 febbraio. Periodo d’oro per l’attrice Margherita Buy. Nelle ultime stagioni ha messo a segno interpretazioni intense, con sfumature inedite e mature: su tutti i ruoli di Dora in “Tre Piani” (2021) ed Eleonora Moro in “Esterno notte” (2022). All’inizio del 2024 è nei cinema con ben tre titoli: è la psichiatra Brabanti in “Dieci Minuti”, una diva del palcoscenico nella commedia “Romeo è Giulietta”, ma soprattutto è regista, sceneggiatrice e protagonista del suo debutto dietro alla macchina da presa con “Volare”. Presentato alla 18a Festa del Cinema di Roma, “Volare” (Fandango) racconta le sfide tragicomiche di un’attrice, AnnaBì, che riceve una proposta di lavoro da un importante autore internazionale; è l’occasione della vita, ma lei ha un problema: ha paura dell’aereo. Nel cast Anna Bonaiuto, Elena Sofia Ricci, Giulia Michelini, Francesco Colella, Caterina De Angelis e Euridice Axen.
Distribuito da Eagle Pictures, nei cinema c’è il biopic “Bob Marley. One Love” sul cantautore e attivista giamaicano; alla regia Reinaldo Marcus Green – suo è “Una famiglia vincente. King Richard” (2021) –, protagonisti Kingsley Ben-Adir (“Barbie”, la serie “Secret Invasion”), Lashana Lynch e James Norton. Dal respiro familiare è il film francese “Emma e il giaguaro nero” (01 Distribution e Leone Film) di Gilles de Maistre, con Emily Bett Rickards, Lumi Pollack e Wayne Baker: una storia di amicizia e solidarietà tra bambini e animali dopo il fortunato “Mia e il leone bianco”, firmato dal regista insieme alla moglie sceneggiatrice Prune de Maistre.
Focus Oscar96 con “La zona d’interesse”. Esce finalmente “La zona d’interesse” (I Wonder), folgorante ritorno dietro alla macchina da presa del britannico Jonathan Glazer. Passato in Concorso a Cannes76, Grand Prix speciale della giuria, il film corre agli Oscar 2024 con 5 candidature tra cui miglior film, regia e film internazionale. Prendendo le mosse dal romanzo di Martin Amis del 2014, Glazer racconta il dramma della Shoah con una cifra narrativa “originale”, del tutto spiazzante: affronta uno dei simboli dell’orrore, il campo di concentramento di Auschwitz, non accedendovi mai. Decide di amplificare quanto sta accadendo lì osservando scrupolosamente il quotidiano della famiglia Höss, ovvero Rudolf, Hedwig e i loro cinque figli. Non una famiglia qualsiasi, bensì quella del comandante del lager. Glazer firma un film duro e sorprendente; colpisce lo spettatore con un racconto cinico e tagliente: mostra la miseria umana di una famiglia, in apparenza perbene, che però si rivela essere totalmente amorale e avaloriale. Con “La zona d’interesse” Glazer svela con lucidità non solo la “banalità del male”, ma anche il suo cinismo sconfortante e tossico; mostra il punto più basso, anzi più fosco, dove l’uomo si è saputo spingere, accecato da arroganza, egoismo e follia. Un film acuto, magnifico per regia, stile narrativo come pure per gli attori, gli ottimi Sandra Hüller e Christian Friedel. “La zona d’interesse” è da vedere, rivedere, condividere anche come proposta educativa per la custodia della memoria. (Sergio Perugini)
Quaresima: silenzio e preghiera
Città del Vaticano - La preghiera e “il dono di menti e di cuori che si dedichino concretamente alla pace”. Lo chiede Papa Francesco nelle parole che pronuncia all’Angelus in questa prima domenica di Quaresima. Il primo pensiero è per il Sudan a dieci mesi dall’inizio del conflitto armato – la terza guerra civile – che vede contrapposti l’esercito sudanese e un gruppo paramilitare, che ha già provocato “una gravissima situazione umanitaria” e la fuga di quasi 7 milioni di sudanesi. “Chiedo di nuovo alle parti belligeranti di fermare questa guerra, che fa tanto male alla gente e al futuro del Paese”, così il Papa che auspica “si trovino presto vie di pace per costruire l’avvenire del caro Sudan”.
Elemosina, preghiera e digiuno: un programma ben oltre la Quaresima
8X1000 Chiesa italiana: oltre 12 milioni di euro per formazione, inclusione e sanità
Centro Astalli: accordo Italia-Albania “pagina buia per la garanzia del Diritto d’asilo”
Acli: “accordo Italia-Albania soluzione di vetrina”
Ucraina: il racconto di una inclusione positiva delle giovani rifugiate in Italia in un libro
Accordo Albania-Italia: un segno di incapacità di un Paese a gestire il diritto d’asilo
Roma - Oggi il Senato ha approvato l’accordo Albania-Italia per il trattenimento di migranti che la Guardia costiera salverà in mare. Seicentosettantantatre milioni di euro in dieci anni in fumo per l’incapacità di costruire un sistema di accoglienza diffusa del nostro Paese, al 16° posto in Europa nell’accoglienza dei richiedenti asilo rispetto al numero degli abitanti. Seicentosettantatre milioni di euro che potevano rigenerare non solo la vita di molte persone (3.000), ma la vita anche delle nostre comunità. Seicentosettantatre milioni di euro che avrebbero significato posti di lavoro e un indotto economico. Seicentosettantatre milioni di euro veramente ‘buttati in mare’ per l’incapacità di governare un fenomeno – quello delle migrazioni forzate - che si finge di bloccare, ma che cresce di anno in anno, anche per politiche economiche che non favoriscono – se non con le briciole – lo sviluppo dei Paesi al di là del Mediterraneo. Seicentosettantatre milioni spesi anche perché guardiamo maggiormente a vendere armi - le spese per gli armamenti sono aumentate del 3,7% rispetto all’anno precedente, raggiungendo i 2240 miliardi di dollari, il livello più alto mai registrato (SIPRI) - e a finanziare conflitti - sono 56 gli Stati che nel 2022 si trovavano in situazioni di conflitto armato, 5 in più dell’anno precedente (SIPRI)-, piuttosto che a costruire pace. Uno spreco di risorse pubbliche. Un nuovo atto di non governo delle migrazioni, di non tutela degli ultimi della terra. Una nuova sconfitta della democrazia.
Mons. Gian Carlo Perego
Arcivescovo
Presidente Cemi e Fondazione Migrantes
Il senso del tempo
Viminale: 139mila gli stranieri accolti in tutta Italia
A Trieste la lunga attesa degli “invisibili”
Trieste - Arrivano da lontano, sono a seimila e cinquecento chilometri in linea d’aria distanti da casa, dal Paese che abbraccia la parte meridionale della catena dell’Himalaya, dove si trova l'Everest. «Il Nepal è meraviglioso, ma i problemi sono tanti», cerca di spiegare Sunil, 23 anni, che l’ha lasciato quando ne aveva solo diciassette. Con alcuni connazionali sta preparando il pranzo, riso e verdure, finocchi e cavolfiori, tagliati e disposti su teglie da forno, ma il forno non c’è. Sono poggiati per terra e su un pallet di legno, fra sporcizia, teli di plastica, scarpe e coperte. Fa freddo, nemmeno 10 gradi malgrado sia mezzogiorno. Il gruppo di giovani nepalesi si riunisce per mangiare di fronte alle tende addossate le une sulle altre sotto le volte di mattoni del silos di Trieste, un’area di ex magazzini diroccati resi gelidi dall’aria che ci circola e da banchi di nebbia che si infilano dentro. Qui, a un passo dal centro città, si radunano le persone che mettono piede in Italia dopo aver percorso la Rotta Balcanica, forse pensando che ormai sia fatta, che il peggio sia passato. Si sbagliano, perché nel silos tocca aspettare il proprio turno per accedere al sistema di accoglienza nazionale. In totale, al momento, secondo il monitoraggio del Consorzio Italiano di Solidarietà (Ics), sono 235 le persone di varia nazionalità escluse dai centri a Trieste. Con Sunil ci sono Dhurba, Nirmal, Pasang, Tap Bahadur. Si uniscono anche due ragazze Monica e Laxmi, che invece vivono in una struttura di accoglienza. Quella nepalese non è di certo la comunità nazionale più estesa qui, dove ad arrivare sono soprattutto afghani e pakistani. Eppure il numero di nepalesi passati per Trieste non è irrilevante. Secondo l’Ics sono stati oltre 300 nei primi nove mesi del 2023, più di 400 nel 2021. Dal racconto di uno dei ragazzi si riconosce il consueto tragitto lungo i Balcani, dalla Turchia fino in Serbia. «Poi sono entrato in Croazia, dove ho lavorato un anno». La singolare presenza di un alto numero di nepalesi in questo Paese è confermata dal ministero dell’Interno di Zagabria: nei primi otto mesi del 2023, i permessi di lavoro rilasciati hanno riguardato nell’ordine cittadini di Bosnia, Serbia e a seguire i nepalesi (14.700). «In Nepal non c’è niente, nessun buon lavoro. Ho pagato 3.000 euro a un’agenzia e con un contratto ho raggiunto la Romania in aereo» racconta una delle ragazze, dando conto di un’altra traiettoria migratoria – di sfruttamento - comune per questa nazionalità. «Ero partita per stare in un fast food 8 ore al giorno, ma ne lavoravamo 15, per pochi soldi. Sono rimasta lì un anno e mezzo, poi ho raggiunto l’Ungheria, l’Austria e, a piedi e in auto, l’Italia». Per il Centre for the Study of Labour and Mobility di Kathmandu, nell’anno fiscale 2018/19 più di 1.700 nepalesi partivano ogni giorno per lavorare all’estero, una fuoriuscita così massiccia che nel 2023 sono state inviate a casa rimesse per 11 miliardi di dollari, il 27% del Pil. Le destinazioni sono soprattutto i Paesi del Golfo, ma anche Portogallo, Malta e, appunto, Croazia e Romania. «La vita qui è molto difficile, per il freddo, per la mancanza di cibo. Aspettando un posto in un centro di accoglienza, vivo così da due mesi» prosegue il racconto Sunil. Come tutti al silos, anche questi ragazzi all’arrivo si sono presentati in Questura. C’è chi, registrato il 30 novembre, ha l’appuntamento per formalizzare la domanda di protezione internazionale ad aprile. Ma anche riuscire a manifestare l’intenzione di chiedere asilo è complicato: « Io in Questura ci sono già andato quattro volte, ma non mi hanno registrato» interviene uno dei ragazzi nepalesi. «Ci torno domani. I funzionari non scelgono a seconda della fila, di quando uno è arrivato lì. Ma puntano il dito e dicono ‘tu, tu, tu’. Selezionano 8 o 10 persone al giorno, non una di più». ( Francesca Ghirardelli - Avvenire)