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Quaresima e Coronavirus: veri pastori del loro gregge

21 Marzo 2020 - Sul sito del Sir è possibile trovare una intervista a un mio carissimo amico, parroco della provincia di Bergamo, che peraltro sto sentendo telefonicamente quasi ogni giorno, visto che si trova nel fulcro della zona rossa. Sebbene sia stato contento di trovare i suoi pensieri espressi con la profondità che sempre lo contraddistingue da uomo poetico e contemplativo qual è, quanto racconta mi ha straziato il cuore: “Mi è capitato qualche giorno fa di andare a dare l’estrema unzione a una persona che poi è morta soffocata durante il rito: una scena straziante. Due settimane fa, prima dell’ultimo decreto ministeriale, andavo a trovare le persone anziane che mi guardavano terrorizzate e mi dicevano di non andare da loro perché temevano di potermi contagiare. In diocesi sono morti tanti sacerdoti, altri sono ricoverati, alcuni in terapia intensiva. Anche se andiamo con la mascherina, quando entriamo in una casa per dare l’estrema unzione a un malato di polmonite, non ufficialmente Covid-19, è una protezione irrisoria: nella stanza del moribondo non si cambia l’aria da giorni per non fargli prendere freddo e ci sono tanti parenti. Ma andiamo ugualmente per non far mancare il conforto della fede”. Lo ammetto, sono preoccupato per lui. Lo so che, in quanto parroco romano, peraltro di un quartiere in cui molti sembrano infischiarsene allegramente delle restrizioni della quarantena, avrei di che preoccuparmi pure qui – ma sono comunque in ansia per lui, e per tutti i suoi confratelli di quelle parti, che non sono semplicemente in trincea, come lo siamo un po’ tutti noi preti di parrocchia: no, loro sono proprio sotto il fuoco nemico. Sono preoccupato, ma anche tanto fiero. Sì, amico mio, sono fiero di te. So di che pasta sei; so che la paura della morte, il motore ultimo di ogni peccato, tu l’ha già pugnalata al cuore con la tua fede e la tua dedizione. Spero non ti succeda nulla, ma so anche che, se dovesse succederti, sarebbe come vorresti tu, e come d’altronde vorrei io per me: sul campo di battaglia. Sono tanto fiero di come stiamo reagendo noi preti, anche quando veniamo bersagliati da accuse di viltà, mentre siamo sempre in campo, chi attaccato per ore al telefono, chi esaurendosi in una serie ininterrotta di streaming per non fare sentire abbandonata la gente privata della liturgia; sono fiero dei cappellani ospedalieri e carcerari che mischiano il loro respiro a quello già infetto dei malati e dei morenti; sono fiero dei parroci che non abbandonano la nave, per quanto scalcagnata, della loro parrocchia, e ridotti a poco più che eremiti comunque ci restano, e pregano per i parrocchiani che in chiesa per ora non ci possono entrare. Quanti preti sto sentendo in questi giorni, da tutta Italia! E quanti esempi bellissimi! Ieri parlavo dell’eroismo e della santità di cassiere, impiegati e autisti. Permettetemi di spendere allora una parola anche per l’eroismo e la santità di tanti preti, che non vanno sui giornali… se non, forse, nella forma di foto di necrologi, come a qualcuno è già capitato. Sono fiero di essere vostro confratello, fratelli miei sacerdoti. Sono fiero di essere un prete, come voi. Alessandro Di Medio      

Quaresima e Coronavirus: diventare eroi, e poi magari santi

20 Marzo 2020 - Ieri, per la prima volta dall’inizio della quarantena, sono andato a fare la spesa. Sono uscito bardato di tutto punto con mascherina e guanti, e mi sono avventurato in un supermercato nei pressi della mia parrocchia – e lì, la scoperta (prevedibile) della fila purgatoriale delle persone in attesa di poter entrare. Ti saluto alle distanze di sicurezza. La mia crescente indignazione per l’evidente stoltezza di molti che si ostinano a fare finta che tutto sia come prima, è stata presto rimpiazzata dall’interesse per una cosa che ha dopo un po’ attirato la mia attenzione. Difatti ogni tot uscivano dal supermercato membri del personale: il pizzicagnolo, poi due cassiere, poi uno che forse era il direttore (l’ho immaginato dal piglio altero e vigilante), ecc. Uscivano qualche minuto, si dirigevano non so dove, e poi rientravano. Quello che mi ha colpito era l’incedere dignitoso, pregno di comprensione di se stessi e della propria funzione, unito all’aria disfatta, stanca, e forse anche un poco preoccupata per la propria sorte, per l’essere inchiodati per lavoro in mezzo ai miasmi e alle esalazioni di una folla potenzialmente infetta. Ebbene, in quelle cassiere dai fianchi larghi con le felpe sformate, in quel pizzicagnolo rubizzo, nell’altero e scattante direttore, io ho visto degli eroi del quotidiano. Non oso immaginare cosa proverei vedendo, in questi giorni, addirittura un medico o un infermiere! Eppure anche lì, nella banalità estrema di quel viottolo di cemento tra palazzi e gente stropicciata, c’erano eroi: gente che stava esponendo se stessa a un rischio, pur di permettere a me e agli altri di comprare roba da mangiare. Gente che si mette in pericolo per degli estranei, per compiere il proprio dovere. Scusa, se non eroismo questo, cosa lo è? E poi la mia mente è volata… e ho pensato come sarebbe, se questi piccoli eroi feriali si decidessero ad aggiungere l’amore al senso del dovere, e ho capito che i nostri supermercati, le nostre banche, i nostri autobus, le nostre edicole si costellerebbero di santi – e chi mi dice che questo non stia già avvenendo? Santità tirata fuori dalla crisi. Santi dappertutto. Che cosa stupenda! Da quel corso di pensieri sono giunto a ricordare un discorso bellissimo di san Josemaria Escrivà, che a un certo punto dice: “Dio vi chiama per servirlo ‘nei’ compiti e ‘attraverso’ i compiti civili, materiali, temporali della vita umana: in un laboratorio, nella sala operatoria di un ospedale, in caserma, dalla cattedra di un’università, in fabbrica, in officina, sui campi, nel focolare domestico e in tutto lo sconfinato panorama del lavoro, Dio ci aspetta ogni giorno. Sappiatelo bene: c’è ‘un qualcosa’ di santo, di divino, nascosto nelle situazioni più comuni, qualcosa che tocca a ognuno di voi scoprire”. Questo è il tempo in cui ognuno di noi, se lo vuole, semplicemente stando al suo posto, può diventare un eroe del quotidiano – persino un santo. Sì, anche tu che stai leggendo, magari semplicemente accettando di stare chiuso dentro casa tua quando vorresti uscire in queste seducenti giornate di acerba primavera. In fondo per diventare santi basta amare. (Alessandro Di Medio – Sir)

Quaresima e Coronavirus: come pregare in casa?

19 Marzo 2020 - L’esortazione a riscoprire il valore della preghiera personale, privata, domestica, deve senz’altro essere seguito da una proposta: che significa, in fondo, “pregare in casa”? Ci sarebbe tutto un discorso da fare anzitutto sulla vera casa di ciascuno, che è il suo proprio corpo: “pregare in casa” vuol dire anzitutto tornare all’interiorità, cercare quel luogo, nel profondo del cuore, in cui l’anima incontra Dio in un dialogo interiore “come un amico parla all’amico, o il servo al padrone”, per citare sant’Ignazio di Loyola. Però, giustamente, l’anima ha bisogno di punti di riferimento per orientarsi dentro di sé: non è un problema solo di oggi, ma oggi è senz’altro vissuto più acutamente, perché siamo perennemente distratti, assorbiti e distolti da schermi (sì, anche quello da cui stai leggendo proprio ora). Il dialogo con Dio deve poter raggiungere una spontaneità libera, ma questa spontaneità, se non vuole confondere la preghiera con il rimuginare tra sé e sé, deve nutrirsi di una disciplina seria. Ecco perché in questi giorni tanti di noi preti, ridotti praticamente a eremiti dalle circostanze della quarantena, stiamo riscoprendo provvidenzialmente un aspetto del nostro ministero che nella frenesia dell’ordinario rischiavamo di dimenticare, e cioè quello di guide e maestri di preghiera per il popolo a noi affidato. E così stanno fiorendo “in streaming” percorsi di lectio con la Parola di Dio, corsi di esercizi spirituali, spunti di meditazione, rosari e altri pii esercizi online, ecc. Vediamo oggi più che mai sui social di ogni decine e decine di facce di preti, giovani o vecchi, più o meno telegenici, sorridenti e un po’ dolenti, che insegnano, predicano, esortano, illustrano, guidano. Il tutto per dare alle persone, a loro volta limitate dalla quarantena e magari sofferenti per altri problemi connessi a questa pandemia, un po’ più di fiducia nel domani e in se stesse, in quello che possono trovare se, facendo un po’ di silenzio, proveranno a far incontrare l’anima con la Parola, e lo Spirito che attraverso la Parola viene dal Padre. Ognuno è invitato a trovare il suo modo di raccogliersi, e di dedicare un po’ di tempo allo spirito, tempo abitualmente sacrificato dalle pressioni violente della routine quotidiana, tempo che per molti inizia solo ora, dopo anni di arida sopravvivenza all’abituale. Ci sono persone a cui basta seguire una Messa online, e ripetere, magari sottovoce o insieme ai familiari, le parole conosciute delle risposte… qualcuno teneramente addirittura le scrive in tempo reale nello spazio dedicato ai commenti sotto ai video. Altri chiedono qualcosa in più, e allora seguono per giorni di filato “i punti” degli Esercizi che qualche sacerdote ha deciso di offrire, approfittando del clima forzato di ritiro, e del silenzio che sta dominando sulle nostre città. Altri ancora non usano schermi, e rispolverano (o continuano) con pratiche di pietà imparate e consolidate nella quotidianità. Ci sono poi le iniziative corali, come il rosario che i Vescovi di tutta Italia ci hanno invitato a pregare stasera insieme alle 21.00, per far salire a Dio, ognuno da casa sua e tutti insieme nella Chiesa, la supplica della fine del flagello attuale. Tante idee, tanti spunti, tante proposte, tante speranze… L’importante è colorare il tempo con quanto esce da quelle profondità a cui l’uomo, spesso solo quando è in crisi, se vuole sa riattingere ridiventando bambino nelle mani di Dio. (Alessandro Di Medio – Sir)  

Quaresima e Coronavirus: pregare dentro casa

18 Marzo 2020 - “Quando tu preghi, entra nella tua camera, chiudi la porta e prega il Padre tuo, che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà”. (Mt 6, 6). Questo invito di Gesù, che proprio in Quaresima risuona nella proclamazione che la Chiesa fa della Parola, oggi deve diventare per noi quanto mai importante. “Deve”, perché in realtà, a quanto sembra, ancora troppi che pure si dicono credenti stanno credendo troppo poco al fatto che il Dio vivente parla con la vita, e che oggi ci chiede, come penitenza quaresimale, la clausura delle nostre quarantene, in cui digiunare anche della nostra prassi liturgica ordinaria. Liturgia e preghiera personale non si contraddicono, né l’una può stare senza l’altra: è la liturgia, a partire dal Battesimo, che ci cementa nella vita spirituale, la vita di Dio, innestandoci nel Corpo di Cristo, e rende la nostra preghiera legittima, sacerdotale. Se manca però la dimensione interiore della preghiera personale, la liturgia si può facilmente ridurre a un dato esteriore, estrinseco rispetto al vissuto reale dell’uomo, e perde la sua intelleggibilità ultima. Circostanze calamitose come quelle in cui viviamo possono privarci per un periodo della liturgia ― ma evitiamo i vittimismi: non saremmo certo i primi! Pensiamo ai nostri fratelli rinchiusi nei campi di concentramento, imprigionati, torturati, privati di chiese e sacerdoti… eppure tutti costoro hanno saputo mantenere nelle generazioni la fede, perché non è venuta meno per loro la dimensione personale della preghiera. Ma tu, lasciato a tu per tu con Dio, sai pregare davvero? Ci hai mai provato? Ebbene, anche in questo la Quaresima duemilaventi potrebbe rivelarsi molto fruttuosa, se ci aiutasse a stanare il vero problema: la fatica del doversi prendere in prima persona la responsabilità della propria preghiera. Se venisse il giorno, non poi così assurdo e fantasioso (molti, in varie epoche, ci hanno provato), in cui venissero eliminati tutti i preti, il Vangelo continuerebbe a esistere IN TE? È lì, in questi giorni faticosi e strani, che lo devi cercare. Chiuso in casa. Prova a cercarlo: avrai delle sorprese – non necessariamente negative. L’impegno che tanti di noi sacerdoti stanno mettendo in questi stessi giorni, è proprio nell’accompagnare i credenti, via internet, telefono o quant’altro, a (ri)scoprire che la liturgia è la fonte e il culmine, ma che in mezzo ci passa il vissuto personale, il cammino interiore di ciascuno e di tutti, e che senza questo “pezzo intermedio” la fonte disperderebbe le sue acque, e al culmine non arriverebbe nessuno. Il “pezzo intermedio” della fede interiorizzata, personalizzata, incarnata in tutto il resto della vita che avviene fuori dalle mura della chiesa. Ora che noi preti, contro la nostra volontà, e certo non per viltà, possiamo fare ben poco, sta ai fedeli dimostrare di essere i portatori di Dio, brillando come fiaccole di fede, di sopportazione e di speranza dalla cella scomoda e necessaria delle loro case assediate dal contagio. (Alessandro Di Medio - Sir)

Quaresima e Coronavirus: l’atteggiamento giusto di questi giorni

17 Marzo 2020 - “In quei giorni, Azarìa si alzò e fece questa preghiera in mezzo al fuoco e aprendo la bocca disse: ‘Non ci abbandonare fino in fondo, per amore del tuo nome, non infrangere la tua alleanza; non ritirare da noi la tua misericordia, per amore di Abramo, tuo amico, di Isacco, tuo servo, di Israele, tuo santo, ai quali hai parlato, promettendo di moltiplicare la loro stirpe come le stelle del cielo, come la sabbia sulla spiaggia del mare. Ora invece, Signore, noi siamo diventati più piccoli di qualunque altra nazione, oggi siamo umiliati per tutta la terra a causa dei nostri peccati. Ora non abbiamo più né principe né profeta né capo né olocausto né sacrificio né oblazione né incenso né luogo per presentarti le primizie e trovare misericordia. Potessimo essere accolti con il cuore contrito e con lo spirito umiliato, come olocausti di montoni e di tori, come migliaia di grassi agnelli. Tale sia oggi il nostro sacrificio davanti a te e ti sia gradito, perché non c’è delusione per coloro che confidano in te. Ora ti seguiamo con tutto il cuore, ti temiamo e cerchiamo il tuo volto, non coprirci di vergogna. Fa’ con noi secondo la tua clemenza, secondo la tua grande misericordia. Salvaci con i tuoi prodigi, da’ gloria al tuo nome, Signore’.” (Dan 3, 25.34-43). Questo è il testo della prima lettura di oggi: la Parola di Dio, e dunque Dio stesso, viene in nostro aiuto e ci dà una chiave interpretativa e un criterio operativo per questi tempi difficili e su come viverli. Non facendo polemica, battendo i piedi e pretendendo una prassi liturgica come se niente fosse cambiato: “Ora non abbiamo più né principe né profeta né capo né olocausto né sacrificio né oblazione né incenso né luogo per presentarti le primizie e trovare misericordia”, e la nostra fede è chiamata a riconoscere anche in queste privazioni un modo dell’amore di Dio per noi, una situazione favorevole per la nostra revisione di vita, il nostro pentimento, la nostra conversione. Questo ci mette davanti, oggi, la Parola di Dio. A noi accettare questa interpretazione del presente, oppure preferirle quella delle nostre pretese, delle nostre fissazioni, delle nostre illusioni. Se Dio ha parlato, c’è ben poco da aggiungere. (Alessandro Di Medio – Sir)

Quaresima e Coronavirus: focalizzarsi e non disperdersi

16 Marzo 2020 -   È possibile che quanto stia per scrivere risulti impopolare, ma d’altro canto “se cercassi ancora di piacere agli uomini, non sarei servitore di Cristo!” (Gal 1, 10). Ebbene, variando sul tema della possibile valorizzazione di questo periodo, vorrei condividere con voi una riflessione sui “flashmob” che stanno popolando le vie (fin troppo poco) deserte e le piazze (ancora non abbastanza) vuote delle nostre città. Oggi, dal terrazzo della mia parrocchia, più volte ho sentito risuonare tentativi di canti in coro riecheggiare da un palazzo all’altro (chiaramente, sempre fuori tempo per distanze e capacità), casse di stereo a tutto volume, grida, applausi estemporanei per una non meglio precisata solidarietà… Da un punto di vista antropologico, tutto ciò è comprensibile e intenerisce il cuore: la gente, affacciandosi dai balconi e dalle finestre, si mette a cantare, a gridare, ad applaudire… tutti cercando di farsi coraggio come possono, e in questo modo provando forse ad abbattere il muro della solitudine, e della paura che incombe. Ma è davvero questo il rimedio alla sfida che la paura della morte ci ha lanciato? Cercare di coprirla con grida, con musica sparata a palla, con applausi che risuonano nel vuoto? Cosa resta, dopo? Quando la musica si spegnerà, e gli applausi cesseranno, e le grida si zittiranno, “quando tremeranno i custodi della casa e si curveranno i gagliardi e cesseranno di lavorare le donne che macinano, perché rimaste poche, e si offuscheranno quelle che guardano dalle finestre e si chiuderanno i battenti sulla strada; quando si abbasserà il rumore della mola e si attenuerà il cinguettio degli uccelli e si affievoliranno tutti i toni del canto; quando si avrà paura delle alture e terrore si proverà nel cammino” (Qo 12, 3-5), magari per timore del colpo di tosse o dello starnuto di un passante. Un’ilarità becera e spumeggiante, esattamente come la schiuma della bevanda da cui prende l’attributo, dura poco, e lascia un gusto amaro in bocca. Se la strategia che proviamo per vincere la paura è l’esagitazione e l’evasione, questo non sconfigge il nemico che ci attende rientrati dal balcone: la paura. Questo non è un tempo di evasione alle periferie dell’essere, è piuttosto un tempo che ci invita a focalizzarci, ad andare al cuore, al centro, all’essenziale. È un tempo che ci invita a stare, a riflettere, a fare silenzio per ascoltare. È, in breve, il tempo di Quaresima, oggi più eloquente che mai. Verranno i giorni della gioia e della vittoria, ma non sono questi: questi sono i giorni della serietà necessaria, e dell’attenzione; i giorni della cura, della vigilanza e della sobrietà. Questi sono giorni in cui prendere sul serio, e in cui prendersi sul serio. Non dobbiamo avere paura della serietà, perché è la condizione di possibilità di un avvenire migliore, e di un amore più solido. Non solo non dobbiamo temere, ma dobbiamo desiderare il silenzio: sarà Dio a riempire questo vuoto. Lasciamolo fare. Non dobbiamo avere paura della Quaresima: essa ci prepara a vivere al meglio la Pasqua. Aggiungo di sfuggita… non dobbiamo temere neppure la morte: è la maestra austera che ci insegna ad amare la vita, e che ci fa passare alla Vita eterna. (Alessandro Di Medio – Sir)            

Cile: campagna quaresimale della Fraternità dedicata a progetti per i migranti

25 Febbraio 2020 -

Roma - Domani, 26 febbraio, con la messa del Mercoledì delle ceneri, inizia per la Chiesa cilena la campagna quaresimale della Fraternità 2020, che avrà come slogan “Il tuo contributo e il nostro, la speranza di tutti”. Fino al 5 aprile, informa l'agenzia Sir, saranno raccolti fondi per sostenere il lavoro e i progetti di accoglienza, promozione umana e integrazione con le comunità di migranti di tutto il Paese. L’équipe che coordina la campagna quaresimale parteciperà a Valparaíso, nella parrocchia del Cuore Immacolato di Maria, alla messa del Mercoledì delle ceneri, che sarà presieduta dal vescovo Mons. Pedro Ossandón, amministratore apostolico della diocesi e presidente della campagna quaresimale. Negli ultimi anni, si fa notare sul sito della Conferenza Episcopale Cilena,” il flusso migratorio verso il nostro Paese è cresciuto notevolmente, superando le possibilità di accoglienza e cura, in particolare dei migranti più vulnerabili, sia a livello governativo che della società civile e delle organizzazioni pastorali della Chiesa. Tutto ciò diventa una grande sfida e un appello condiviso in America Latina e nei Caraibi”. Ecco perché tra il 2019 e il 2021 la campagna quaresimale è prioritariamente soggetta alle comunità di migranti. Con i fondi raccolti lo scorso anno, sarà possibile lavorare 39 progetti a livello nazionale.

Quaresima: il calendario di Papa Francesco per il mercoledì delle Ceneri

25 Febbraio 2020 - Città del Vaticano -  La processione all'Aventino, dalla chiesa di Sant'Anselmo alla Basilica di Santa Sabina, e la liturgia penitenziale nella Basilica di San Giovanni in Laterano con i preti romani. Sono i due tradizionali riti della Quaresima presieduti da Papa Francesco. A confermarli, in una nota, è il Vicariato di Roma che annuncia per domani, mercoledì 26 febbraio, Mercoledì delle Ceneri, alle 16.30, nella chiesa di Sant'Anselmo all'Aventino, la liturgia “stazionale” presieduta dal Papa cui farà seguito la processione penitenziale verso la Basilica di Santa Sabina. Alla processione prenderanno parte i cardinali, gli arcivescovi, i vescovi, i monaci benedettini di Sant'Anselmo, i padri domenicani di Santa Sabina e alcuni fedeli. Al termine della processione, nella Basilica di Santa Sabina, avrà luogo la celebrazione della Messa con il rito di benedizione e di imposizione delle Ceneri. Giovedì 27 febbraio, il Papa sarà invece nella Basilica di San Giovanni in Laterano per la tradizionale liturgia penitenziale di inizio Quaresima con il clero della diocesi di Roma. Dopo una meditazione del Cardinale vicario, Angelo De Donatis, i sacerdoti si confesseranno; anche il Papa ascolterà alcune confessioni e concluderà la celebrazione rivolgendo la sua parola.