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Un centurione e un pescatore, così lontani eppure così vicini

13 Luglio 2021 - Lampedusa - Qualche settimana fa un pescatore della mia Lampedusa, Vincenzo Partinico, ha salvato 24 persone migranti che stavano affondando a poche miglia dall'isola. Per avere sconfinato l'area di pesca consentita Vincenzo è stato denunciato, ma lui non si è pentito del gesto compiuto. Anzi. A chi lo intervistava ha detto: "Se dovesse ricapitarmi lo rifarei altre mille volte. Non potevo invertire la rotta e andare via lasciandoli in mare. Una persona che ha un cuore non può farlo". Per la meravigliosa forza dello Spirito che anima la Parola e la rende sempre viva e attuale, queste parole, così vere e semplici, mi hanno ricordato quelle del centurione, che leggiamo nel Vangelo "Signore, io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto, ma di' soltanto una parola e il mio servo sarà guarito". Sono le parole di un pagano, indicato da Gesù agli uomini di ogni tempo come modello di fede e che noi pronunciamo a sugellare il momento più alto di ogni celebrazione eucaristica: il corpo di Cristo dato per amore nostro. Quelle del soldato romano sono parole umili, come quelle del pescatore lampedusano, che esprimono una grande fede, in Dio e nell’uomo, il cui valore è pari al prezzo che ha Cristo pagato sulla Croce. Proprio per questo colpiscono e commuovono. Perché l'amore si nutre di fatti prima che di parole. Perché la fede di un cristiano, sia esso centurione o pescatore, si nutre dell'amore da cui è sostanziato. (Luca Insalaco)