Rapporto Immigrazione: gli alunni stranieri nella scuola italiana

14 Ottobre 2021 – Roma – Gli alunni con cittadinanza non italiana nell’anno scolastico 2019/2020 sono, in valori assoluti, 876.801. La percentuale, sul totale della popolazione scolastica è del 10,3%. Il ritmo d’aumento ha iniziato a decrescere dal 2018. E’ quanto si legge nel Rapporto Immigrazione di Caritas Italiana e Fondazione Migrantes presentato questa mattina a Roma. La loro presenza nei diversi ordini scolastici conferma la prevalenza, negli ultimi quindici anni, della scuola primaria, ma il dato più interessante è l’aumento progressivo della presenza negli istituti di scuola secondaria di secondo grado: un indicatore della spinta delle seconde generazioni e dell’aumento della frequenza degli studenti con cittadinanza non italiana. Cresce invece in misura minore la presenza nelle scuole dell’infanzia, e questo è un indicatore negativo: quasi un quarto dei bambini figli di immigrati, nell’età 3-5 anni, non frequenta la scuola dell’infanzia. Questa mancata partecipazione al primo livello scolastico, fondamentale per gli apprendimenti linguistici e l’integrazione, è particolarmente significativa in alcuni gruppi d’immigrazione, provenienti dall’Africa mediterranea e dal Sud-Est asiatico.

Le regioni italiane con le percentuali più alte di alunni sul totale della popolazione scolastica con cittadinanza non italiana sono Lombardia (25,6%), Emilia-Romagna (12%) e Veneto (11%). Al contrario, regioni molto popolose del Sud hanno percentuali molto inferiori di alunni con cittadinanza non italiana: Campania, Sicilia e Puglia, per esempio, hanno rispettivamente, il 3,2%, il 3,1% e il 2,1% di presenze di alunni con cittadinanza non italiana. Le prime 10 province con le percentuali più alte di alunni con cittadinanza non italiana (il 20% e oltre) disegnano una geografia dell’immigrazione caratteristica dell’Italia: sono tutte collocate nel Centro-Nord, sono province i cui capoluoghi sono città piccole (Cremona, Mantova, Lodi, Asti) o medie (Prato, Parma, Brescia). L’unica metropoli, Milano, è decima. I Paesi di provenienza che registrano le percentuali più alte di alunni nati in Italia sono Cina (84,7%), Marocco (76,2%) e Albania (75%). Diverse sono le problematiche (ancora) aperte: su tutte, il 30% degli alunni con cittadinanza non italiana è in ritardo scolastico. È un dato negativo ancora importante, anche se leggendo i dati della serie storica si osserva che c’è stata una progressiva diminuzione: nell’anno scolastico 2010/2011 era del 40,7% e nel 2014/2015 del 34,4%. La percentuale naturalmente è distribuita in modo diseguale nei diversi ordini scolastici e nei diversi anni di corso: è del 12,1% nella scuola primaria, del 31,8% nella secondaria di I grado, del 56,2% nella secondaria di II grado. Il ritardo scolastico, accumulato lungo il percorso di formazione, è uno dei fattori che influiscono sull’abbandono scolastico. Gli studenti italiani concludono il percorso di studi con voti più elevati e gli studenti con cittadinanza non italiana ma nati in Italia (le seconde generazioni) ottengono voti più simili agli italiani rispetto ai loro compagni nati all’estero arrivati da preadolescenti o da adolescenti. La somiglianza dei percorsi scolastici tra gli studenti di seconda generazione e gli studenti italiani si nota anche nella scelta degli indirizzi scolastici. Sono, infatti, maggiormente presenti nei licei, mentre gli studenti nati all’estero o arrivati per ricongiungimento familiare sono maggiormente presenti negli istituti tecnici e professionali. In questo quadro, la pandemia ha introdotto DAD, DID, modalità sincrona e asincrona, didattica integrata: termini e concetti con cui scuole e famiglie hanno dovuto fare i conti. I minori stranieri rientrano tra le categorie più vulnerabili, colpiti da uno svantaggio plurimo legato all’assenza materiale di supporti, spazi e competenze non solo digitali ma anche linguistiche, soprattutto per gli studenti alle prese sostenere gli esami di scuola media e superiore.

 

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