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Latinoamericani a Torino: sempre devoti a Maria

3 Febbraio 2022 - Torino - Nella chiesa un tempo delle Suore Sacramentine la comunità latinoamericana condivide la vita di fede guidata a tempo pieno da padre Noè. Le porte della chiesa dell’Immacolata Concezione di via Nizza 47 sono aperte tutti i pomeriggi: potrebbe essere una chiesa tra tante, ma entrando ci si rende conto di muoversi in un luogo «insolito». Un gruppetto di anziane signore sta recitando il rosario, in italiano, mentre negli altari laterali statue di madonne in colorati mantelli accompagnati da stendardi scritti in spagnolo hanno un inequivocabile sapore esotico. A completare un quadro sull’altar maggiore troneggia il Santissimo Sacramento, centro di tutta l’architettura. Sembrano elementi scollegati, ma qui sono in realtà la sintesi tra culture, storie e luoghi diversi. La storia è quella di questa chiesa, un tempo dell’Istituto delle suore Sacramentine: le religiose hanno lasciato Torino e venduto la struttura, ma la devozione per il Sacramento è rimasta. Oggi la chiesa è la casa della comunità latinoamericana torinese, ma non ci sono solo celebrazioni in spagnolo: la chiesa è rimasta il punto di riferimento anche per i fedeli che erano legati alle Sacramentine che si trovano ogni sera per l’adorazione, il rosario e la Messa. Padre Noé Antonio Romero Coreas, Missionario della Consolata salvadoregno è la guida di questo puzzle colorato: «Ogni domenica celebriamo la Messa in spagnolo e la chiesa è piena di tutta l’America latina: la nazionalità più numerosa è Peruviana, ma ci sono anche molti boliviani, ecuadoregni, colombiani e un po’ da tutto il Sudamerica. Non mancano anche alcuni italiani affezionati alle nostre celebrazioni vivaci!». Caratteristica dei fedeli latinoamericani è la forte devozione per i santi e la Madonna, venerata sotto molti nomi: per ogni santo c’è un gruppo di devoti rappresentato da uno stendardo colorato e a turno ogni gruppo anima la celebrazione. Alcuni gruppi si trovano anche in altre zone della città, sempre accompagnati da padre Noè. La cappellania è punto di riferimento per tutti i fedeli di lingua spagnola a Torino, ma il cappellano è molto attento perché i fedeli siano inseriti a pieno nella vita della Chiesa territoriale: «C’è sempre il rischio che le cappellanie diventino una Chiesa parallela: per questo ho deciso di non celebrare i sacramenti a parte il Battesimo. Invito tutti ad andare per il catechismo nelle parrocchie italiane. È vero che la fede è molto legata alla cultura: ma piano piano bisogna prendere coscienza del fatto che Gesù non appartiene alla cultura». Momenti importanti della vita della cappellania sono i festeggiamenti nel giorno dell’indipendenza di ciascun Paese rappresentato nella comunità: sono occasioni di festa e colori. «Putroppo oltre alla chiesa non abbiamo molti locali per fare incontri, ma ci accontentiamo di questo spazio che è sempre pieno di vita». (Simone Garbero) Simone

Direttorio per la Catechesi: Chiese particolari devono essere coinvolte nella pastorale migratoria

25 Giugno 2020 - Roma - Il fenomeno migratorio è “un fenomeno mondiale; interessa milioni di persone e di famiglie, coinvolte in migrazioni interne ai singoli paesi, in genere nella forma dell’inurbamento, oppure nel passaggio, a volte pericoloso, a nuove nazioni e continenti”. Lo si legge nel Direttorio per la Catechesi presentato oggi nella Sala Stampa della Santa Sede nel quale si sottolinea che tutte le Chiese particolari sono coinvolte nella pastorale migratoria, “in quanto appartenenti a paesi di origine, di transito o di destinazione dei migranti”. Tra le cause delle migrazioni, spiega il Direttorio, vanno ricordate i conflitti bellici, la violenza, la persecuzione, la violazione delle libertà e della dignità della persona, l’impoverimento, i cambiamenti climatici e la mobilità dei lavoratori causata dalla globalizzazione. “In non pochi casi, il processo migratorio – si legge nel Direttorio - comporta non solo gravi problemi umanitari, ma spesso anche l’abbandono della pratica religiosa e la crisi delle convinzioni di fede”. La Chiesa “accoglie i migranti e i profughi, condividendo con loro il dono della fede”. La Chiesa è “coinvolta in strutture di solidarietà e accoglienza, e si preoccupa anche in questi contesti di testimoniare il Vangelo”, sottolinea del documento. La catechesi “con i migranti nel tempo della prima accoglienza ha il compito di sostenere la fiducia nella vicinanza e nella provvidenza del Padre, in modo che le angosce e le speranze di chi si mette in cammino siano illuminate dalla fede. Nella catechesi con le comunità di accoglienza si presti attenzione a motivare al dovere della solidarietà e a combattere i pregiudizi negativi”. Il Direttorio evidenzia che può essere “fruttuoso far conoscere alla comunità cattolica locale alcune forme caratteristiche della fede, della liturgia e della devozione dei migranti, da cui può nascere un’esperienza della cattolicità della Chiesa”. Laddove possibile, l’offerta di “una catechesi che tenga conto dei modi di comprendere e praticare la fede tipici dei paesi di origine costituisce un prezioso sostegno alla vita cristiana dei migranti, soprattutto per la prima generazione. Grande importanza riveste l’uso della lingua materna perché è la prima forma di espressione della propria identità. La Chiesa ha per i migranti una pastorale specifica, che tiene conto della loro tipicità culturale e religiosa. Sarebbe ingiusto aggiungere ai tanti sradicamenti che essi hanno già vissuto, anche la perdita dei loro riti e della loro identità religiosa. Inoltre, i migranti cristiani vivendo la loro fede diventano annunciatori del Vangelo nei paesi d’accoglienza, arricchendo in questo modo il tessuto spirituale della Chiesa locale e rafforzando la sua missione con la propria tradizione culturale e religiosa”. Per assicurare la cura pastorale nell’ambito catechistico più corrispondente ai bisogni specifici dei migranti, spesso appartenenti alle diverse Chiese sui iuris con la loro propria tradizione teologica, liturgica e spirituale, sono “indispensabili il dialogo e la collaborazione più stretta possibile tra Chiesa di provenienza e Chiesa di accoglienza. Questa collaborazione permette di ricevere il materiale catechistico nella tradizione e nella lingua materna e aiuta nella preparazione di catechisti adeguati al compito di accompagnare i migranti nel cammino di fede” Anche agli emigrati va assicurata “la possibilità di mantenere la fede vissuta nel paese di origine”, con una catechesi che “va organizzata e gestita in pieno accordo con il vescovo del luogo, in modo che si sviluppi in armonia con il cammino della Chiesa particolare e sappia coniugare rispetto dell’identità e impegno all’integrazione”. Il Direttorio invita infine a pensare anche ad una catechesi con “le persone marginali”, come “i profughi, i nomadi, i senza fissa dimora, i malati cronici, i tossicodipendenti, i carcerati, le schiave della prostituzione”.

R.Iaria