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Papa Francesco: solo in Dio Padre siamo fratelli

17 Maggio 2020 -

Città del Vaticano - Francesco ha presieduto la Messa a Casa Santa Marta nella sesta Domenica di Pasqua. Nell'introduzione ha rivolto il pensiero agli addetti alle pulizie: "Oggi la nostra preghiera è per tante persone che puliscono gli ospedali, le strade, che svuotano i bidoni della spazzatura, che vanno per le case a portare via la spazzatura: un lavoro che nessuno vede, ma è un lavoro che è necessario per sopravvivere. Che il Signore li benedica, li aiuti".

Nell’omelia, il Papa ha commentato il Vangelo odierno (Gv 14, 15-21) in cui Gesù dice ai suoi discepoli: «Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre, lo Spirito della verità, che il mondo non può ricevere perché non lo vede e non lo conosce. Voi lo conoscete perché egli rimane presso di voi e sarà in voi. Non vi lascerò orfani: verrò da voi». Nel congedarsi dai discepoli, Gesù – ha affermato Francesco – dà loro tranquillità e pace, con una promessa: “Non vi lascerò orfani”. “Li difende da quel dolore, da quel senso doloroso dell’orfanezza. Oggi nel mondo c’è un grande sentimento di orfanezza: tanti hanno tante cose, ma manca il Padre. E nella storia dell’umanità questo si ripete: quando manca il Padre, manca qualcosa e sempre c’è la voglia di incontrare, di ritrovare il Padre, anche nei miti antichi: pensiamo ai miti di Edipo, di Telemaco” e tanti altri che mostrano sempre questa ricerca del Padre che manca. “E oggi possiamo dire che viviamo in una società dove manca il Padre, un senso di orfanezza che tocca proprio l’appartenenza e la fraternità. Per questo Gesù promette: ‘Io pregherò il Padre e Egli vi darà un altro Paràclito’. ‘Io me ne vado - dice Gesù - ma arriverà un altro che vi insegnerà l’accesso al Padre. Vi ricorderà l’accesso al Padre’. Lo Spirito Santo non viene per ‘farsi i suoi clienti’; viene per segnalare l’accesso al Padre, per ricordare l’accesso al Padre, quello che Gesù ha aperto, quello che Gesù ha fatto vedere. Non esiste una spiritualità del Figlio solo, dello Spirito Santo solo: il centro è il Padre. Il Figlio è l’inviato dal Padre e torna dal Padre. Lo Spirito Santo è inviato dal Padre per ricordare e insegnare l’accesso al Padre”. “Soltanto con questa coscienza di figli che non sono orfani si può vivere in pace fra noi. Le guerre, sempre, sia le piccole guerre o le grandi guerre, hanno sempre una dimensione di orfanezza: manca il Padre che faccia la pace”. Per questo - spiega il Papa commentando la prima lettura odierna - Pietro invita la prima comunità cristiana a rispondere con dolcezza, rispetto e con una retta coscienza a quanti chiedono ragione della fede: “cioè la mitezza che dà lo Spirito Santo. Lo Spirito Santo ci insegna questa mitezza, questa dolcezza dei figli del Padre. Lo Spirito Santo non ci insegna a insultare. E una delle conseguenze del senso di orfanezza è l’insulto, le guerre, perché se non c’è il Padre non ci sono i fratelli, si perde la fratellanza. Sono – questa dolcezza, rispetto, mitezza -, sono atteggiamenti di appartenenza, di appartenenza a una famiglia che è sicura di avere un Padre", che "è il centro di tutto, l’origine di tutto, l’unità di tutti, la salvezza di tutti, perché ha inviato suo Figlio a salvarci tutti”. E invia lo Spirito Santo a ricordarci l’accesso al Padre, “questa paternità, questo atteggiamento fraterno di mitezza, di dolcezza, di pace”. “Chiediamo allo Spirito Santo che ci ricordi sempre, sempre, questo accesso al Padre, che ci ricordi che noi abbiamo un Padre, e a questa civiltà che ha un grande senso di orfanezza, dia la grazia di ritrovare il Padre, il Padre che dà senso a tutta la vita e fa che gli uomini siano una famiglia”. (Vatican News)

Papa Francesco: Dio ci difenda dalla mondanità spirituale che corrompe la Chiesa

16 Maggio 2020 - Città del Vaticano - Francesco ha presieduto la Messa a Casa Santa Marta nel sabato della quinta settimana di Pasqua. Nell'introduzione ha rivolto il pensiero a quanti svolgono il servizio della sepoltura dei morti: “Preghiamo oggi per le persone che si occupano di seppellire i defunti in questa pandemia. È una delle opere di misericordia seppellire i defunti e non è una cosa gradevole naturalmente. Preghiamo per loro che rischiano anche la vita e di prendere il contagio”. Nell’omelia, il Papa ha commentato il Vangelo odierno (Gv 15, 18-21) in cui Gesù dice ai suoi discepoli: «Se il mondo vi odia, sappiate che prima di voi ha odiato me. Se foste del mondo, il mondo amerebbe ciò che è suo; poiché invece non siete del mondo, ma vi ho scelti io dal mondo, per questo il mondo vi odia». Gesù - ha detto Francesco - tante volte parla del mondo, parla dell’odio contro di Lui e i suoi discepoli e prega il Padre di non togliere i discepoli dal mondo ma di difenderli dallo spirito del mondo. Il Papa si domanda: “Qual è lo spirito del mondo? Cosa è questa mondanità, capace di odiare, di distruggere Gesù e i suoi discepoli, anzi di corromperli e di corrompere la Chiesa?”. “È una proposta di vita, la mondanità”, “è una cultura, è una cultura dell’effimero, una cultura dell’apparire, del maquillage, una cultura ‘dell’oggi sì, domani no, domani sì e oggi no’. Ha dei valori superficiali. Una cultura che non conosce fedeltà, perché cambia secondo le circostanze, negozia tutto. Questa è la cultura mondana, la cultura delle mondanità”. E Gesù prega “perché il Padre ci difenda da questa cultura della mondanità. È una cultura dell’usa e getta”, secondo la convenienza. “È una cultura senza fedeltà” ed è “un modo di vivere anche di tanti che si dicono cristiani. Sono cristiani ma sono mondani”. “Gesù nella Parabola del seme che cade in terra dice che le preoccupazioni del mondo”, cioè la mondanità, soffocano la Parola di Dio, non la lasciano crescere. Francesco cita un libro del padre de Lubac dove parla della mondanità spirituale, dicendo “che è il peggiore dei mali che può accadere alla Chiesa; e non esagera” descrivendo “alcuni mali che sono terribili”. La mondanità spirituale “è un’ermeneutica di vita, è un modo di vivere; anche un modo di vivere il cristianesimo. E per sopravvivere davanti alla predicazione del Vangelo, odia, uccide”. Il Papa parla dei martiri, uccisi in odio alla fede, ma non sono la maggioranza. La maggioranza sono uccisi dalla mondanità che odia la fede. La mondanità - osserva Francesco – non è superficiale, ma ha “delle radici profonde” ed è “camaleontica, cambia”, a seconda delle circostanze, ma la sostanza è la stessa: una proposta di vita che entra dappertutto, anche nella Chiesa. La mondanità, l’ermeneutica mondana, il maquillage, tutto si trucca per essere così”. Francesco ricorda il discorso di Paolo nell’Areopago di Atene, quando attira l’attenzione quando parla del “dio ignoto” e incomincia a predicare il Vangelo: “Ma quando arrivò alla croce e alla risurrezione si scandalizzarono e se ne andarono via. La mondanità c’è una cosa che non tollera: lo scandalo della Croce. Non lo tollera. E l’unica medicina contro lo spirito della mondanità è Cristo morto e risorto per noi, scandalo e stoltezza”. L’Apostolo Giovanni dice che “la vittoria contro il mondo è la nostra fede”. L’unica vittoria è “la fede in Gesù Cristo, morto e risorto. E questo non significa essere fanatici”, smettere di dialogare con tutte le persone, ma sapere che la vittoria contro lo spirito mondano è la nostra fede, lo scandalo della Croce. “Chiediamo allo Spirito Santo” - è la preghiera conclusiva di Papa Francesco - in questi ultimi giorni del tempo pasquale, “la grazia di discernere cosa è mondanità e cosa è Vangelo e di non lasciarci ingannare, perché il mondo ci odia, il mondo ha odiato Gesù e Gesù ha pregato perché il Padre ci difendesse dallo spirito del mondo”. (Vatican News)

“Come Gesù Cristo, costretti a fuggire. Accogliere, proteggere, promuovere e integrare gli sfollati interni”: il messaggio di Papa Francesco per la GMM2020

15 Maggio 2020 - Città del Vaticano – “Come Gesù Cristo, costretti a fuggire. Accogliere, proteggere, promuovere e integrare gli sfollati interni”. Questo il tema scelto da Papa Francesco per la prossima Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato che si celebrerà il prossimo 27 settembre. Pubblichiamo il testo integrale del Messaggio di papa Francesco diffuso questa mattina.   ________ All’inizio di questo anno, nel mio discorso ai membri del Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede, ho annoverato tra le sfide del mondo contemporaneo il dramma degli sfollati interni: «Le conflittualità e le emergenze umanitarie, aggravate dagli sconvolgimenti climatici, aumentano il numero di sfollati e si ripercuotono sulle persone che già vivono in stato di grave povertà. Molti dei Paesi colpiti da queste situazioni mancano di strutture adeguate che consentano di venire incontro ai bisogni di quanti sono stati sfollati» (9 gennaio 2020). La Sezione Migranti e Rifugiati del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale ha pubblicato gli “Orientamenti Pastorali sugli Sfollati Interni” (Città del Vaticano, 5 maggio 2020), un documento che si propone di ispirare e animare le azioni pastorali della Chiesa in questo particolare ambito. Per tali ragioni ho deciso di dedicare questo Messaggio al dramma degli sfollati interni, un dramma spesso invisibile, che la crisi mondiale causata dalla pandemia COVID-19 ha esasperato. Questa crisi, infatti, per la sua veemenza, gravità ed estensione geografica, ha ridimensionato tante altre emergenze umanitarie che affliggono milioni di persone, relegando iniziative e aiuti internazionali, essenziali e urgenti per salvare vite umane, in fondo alle agende politiche nazionali. Ma «non è questo il tempo della dimenticanza. La crisi che stiamo affrontando non ci faccia dimenticare tante altre emergenze che portano con sé i patimenti di molte persone» (Messaggio Urbi et Orbi, 12 aprile 2020). Alla luce dei tragici eventi che hanno segnato il 2020, estendo questo Messaggio, dedicato agli sfollati interni, a tutti coloro che si sono trovati a vivere e tuttora vivono esperienze di precarietà, di abbandono, di emarginazione e di rifiuto a causa del COVID-19. Vorrei partire dall’icona che ispirò Papa Pio XII nel redigere la Costituzione Apostolica Exsul Familia (1 agosto 1952). Nella fuga in Egitto il piccolo Gesù sperimenta, assieme ai suoi genitori, la tragica condizione di sfollato e profugo «segnata da paura, incertezza, disagi (cfr Mt 2,13-15.19-23). Purtroppo, ai nostri giorni, milioni di famiglie possono riconoscersi in questa triste realtà. Quasi ogni giorno la televisione e i giornali danno notizie di profughi che fuggono dalla fame, dalla guerra, da altri pericoli gravi, alla ricerca di sicurezza e di una vita dignitosa per sé e per le proprie famiglie» (Angelus, 29 dicembre 2013). In ciascuno di loro è presente Gesù, costretto, come ai tempi di Erode, a fuggire per salvarsi. Nei loro volti siamo chiamati a riconoscere il volto del Cristo affamato, assetato, nudo, malato, forestiero e carcerato che ci interpella (cfr Mt 25,31-46). Se lo riconosciamo, saremo noi a ringraziarlo per averlo potuto incontrare, amare e servire. Le persone sfollate ci offrono questa opportunità di incontro con il Signore, «anche se i nostri occhi fanno fatica a riconoscerlo: coi vestiti rotti, con i piedi sporchi, col volto deformato, il corpo piagato, incapace di parlare la nostra lingua» (Omelia, 15 febbraio 2019). Si tratta di una sfida pastorale alla quale siamo chiamati a rispondere con i quattro verbi che ho indicato nel Messaggio per questa stessa Giornata nel 2018: accogliere, proteggere, promuovere e integrare. Ad essi vorrei ora aggiungere sei coppie di verbi che corrispondono ad azioni molto concrete, legate tra loro in una relazione di causa- effetto. Bisogna conoscere per comprendere. La conoscenza è un passo necessario verso la comprensione dell’altro. Lo insegna Gesù stesso nell’episodio dei discepoli di Emmaus: «Mentre conversavano e discutevano insieme, Gesù in persona si avvicinò e camminava con loro. Ma i loro occhi erano impediti a riconoscerlo» (Lc 24,15-16). Quando si parla di migranti e di sfollati troppo spesso ci si ferma ai numeri. Ma non si tratta di numeri, si tratta di persone! Se le incontriamo arriveremo a conoscerle. E conoscendo le loro storie riusciremo a comprendere. Potremo comprendere, per esempio, che quella precarietà che abbiamo sperimentato con sofferenza a causa della pandemia è un elemento costante della vita degli sfollati. È necessario farsi prossimo per servire. Sembra scontato, ma spesso non lo è. «Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto, vide e ne ebbe compassione. Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi lo caricò sulla sua cavalcatura, lo portò a un albergo e si prese cura di lui» (Lc 10,33-34). Le paure e i pregiudizi – tanti pregiudizi – ci fanno mantenere le distanze dagli altri e spesso ci impediscono di “farci prossimi” a loro e di servirli con amore. Avvicinarsi al prossimo spesso significa essere disposti a correre dei rischi, come ci hanno insegnato tanti dottori e infermieri negli ultimi mesi. Questo stare vicini per servire va oltre il puro senso del dovere; l’esempio più grande ce lo ha lasciato Gesù quando ha lavato i piedi dei suoi discepoli: si è spogliato, si è inginocchiato e si è sporcato le mani (cfr Gv 13,1-15). Per riconciliarsi bisogna ascoltare. Ce lo insegna Dio stesso, che, inviando il suo Figlio nel mondo, ha voluto ascoltare il gemito dell’umanità con orecchi umani: «Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, [...] perché il mondo sia salvato per mezzo di lui» (Gv 3,16-17). L’amore, quello che riconcilia e salva, incomincia con l’ascoltare. Nel mondo di oggi si moltiplicano i messaggi, però si sta perdendo l’attitudine ad ascoltare. Ma è solo attraverso un ascolto umile e attento che possiamo arrivare a riconciliarci davvero. Durante il 2020, per settimane il silenzio ha regnato nelle nostre strade. Un silenzio drammatico e inquietante, che però ci ha offerto l’occasione di ascoltare il grido di chi è più vulnerabile, degli sfollati e del nostro pianeta gravemente malato. E, ascoltando, abbiamo l’opportunità di riconciliarci con il prossimo, con tanti scartati, con noi stessi e con Dio, che mai si stanca di offrirci la sua misericordia. Per crescere è necessario condividere. La prima comunità cristiana ha avuto nella condivisione uno dei suoi elementi fondanti: «La moltitudine di coloro che erano diventati credenti aveva un cuore solo e un’anima sola e nessuno considerava sua proprietà quello che gli apparteneva, ma fra loro tutto era comune» (At 4,32). Dio non ha voluto che le risorse del nostro pianeta fossero a beneficio solo di alcuni. No, questo non l’ha voluto il Signore! Dobbiamo imparare a condividere per crescere insieme, senza lasciare fuori nessuno. La pandemia ci ha ricordato come siamo tutti sulla stessa barca. Ritrovarci ad avere preoccupazioni e timori comuni ci ha dimostrato ancora una volta che nessuno si salva da solo. Per crescere davvero dobbiamo crescere insieme, condividendo quello che abbiamo, come quel ragazzo che offrì a Gesù cinque pani d’orzo e due pesci... E bastarono per cinquemila persone (cfr Gv 6,1-15)! Bisogna coinvolgere per promuovere. Così infatti ha fatto Gesù con la donna samaritana (cfr Gv 4,1-30). Il Signore si avvicina, la ascolta, parla al suo cuore, per poi guidarla alla verità e trasformarla in annunciatrice della buona novella: «Venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto. Che sia lui il Cristo?» (v. 29). A volte, lo slancio di servire gli altri ci impedisce di vedere le loro ricchezze. Se vogliamo davvero promuovere le persone alle quali offriamo assistenza, dobbiamo coinvolgerle e renderle protagoniste del proprio riscatto. La pandemia ci ha ricordato quanto sia essenziale la corresponsabilità e che solo con il contributo di tutti – anche di categorie spesso sottovalutate – è possibile affrontare la crisi. Dobbiamo «trovare il coraggio di aprire spazi dove tutti possano sentirsi chiamati e permettere nuove forme di ospitalità, di fraternità, e di solidarietà» (Meditazione in Piazza San Pietro, 27 marzo 2020). È necessario collaborare per costruire. Questo è quanto l’Apostolo Paolo raccomanda alla comunità di Corinto: «Vi esorto pertanto, fratelli, per il nome del Signore nostro Gesù Cristo, a essere tutti unanimi nel parlare, perché non vi siano divisioni tra voi, ma siate in perfetta unione di pensiero e di sentire» (1 Cor 1,10). Costruire il Regno di Dio è un impegno comune a tutti i cristiani e per questo è necessario che impariamo a collaborare, senza lasciarci tentare da gelosie, discordie e divisioni. E nel contesto attuale va ribadito: «Non è questo il tempo degli egoismi, perché la sfida che stiamo affrontando ci accomuna tutti e non fa differenza di persone» (Messaggio Urbi et Orbi, 12 aprile 2020). Per preservare la casa comune e farla somigliare sempre più al progetto originale di Dio, dobbiamo impegnarci a garantire la cooperazione internazionale, la solidarietà globale e l’impegno locale, senza lasciare fuori nessuno. Vorrei concludere con una preghiera suggerita dall’esempio di San Giuseppe, in particolare a quando fu costretto a fuggire in Egitto per salvare il Bambino. Padre, Tu hai affidato a San Giuseppe ciò che avevi di più prezioso: il Bambino Gesù e sua madre, per proteggerli dai pericoli e dalle minacce dei malvagi. Concedi anche a noi di sperimentare la sua protezione e il suo aiuto. Lui, che ha provato la sofferenza di chi fugge a causa dell’odio dei potenti, fa’ che possa confortare e proteggere tutti quei fratelli e quelle sorelle che, spinti dalle guerre, dalla povertà e dalle necessità, lasciano la loro casa e la loro terra per mettersi in cammino come profughi verso luoghi più sicuri. Aiutali, per la sua intercessione, ad avere la forza di andare avanti, il conforto nella tristezza, il coraggio nella prova. Dona a chi li accoglie un po’ della tenerezza di questo padre giusto e saggio, che ha amato Gesù come un vero figlio e ha sorretto Maria lungo il cammino. Egli, che guadagnava il pane col lavoro delle sue mani, possa provvedere a coloro a cui la vita ha tolto tutto, e dare loro la dignità di un lavoro e la serenità di una casa. Te lo chiediamo per Gesù Cristo, tuo Figlio, che San Giuseppe salvò fuggendo in Egitto, e per intercessione della Vergine Maria, che egli amò da sposo fedele secondo la tua volontà. Amen.   Roma, San Giovanni in Laterano, 13 maggio 2020, Memoria della B.V. Maria di Fatima   FRANCESCO

Papa Francesco: tutti i credenti del mondo in preghiera oggi per chiedere la fine dell’epidemia

14 Maggio 2020 - Città del Vaticano - Oggi si celebra la Giornata di preghiera, digiuno e opere di carità promossa dall’Alto Comitato della Fratellanza Umana e Papa Francesco ha incoraggiato tutti a unirsi a questo invito. “L’Alto Comitato per la Fratellanza Umana oggi ha indetto una giornata di preghiera, digiuno, per chiedere a Dio misericordia e pietà in questo momento tragico della pandemia. Tutti siamo fratelli. San Francesco di Assisi diceva: ‘Tutti fratelli’. E per questo, uomini e donne di ogni confessione religiosa, oggi, ci uniamo nella preghiera e nella penitenza, per chiedere la grazia della guarigione da questa pandemia”, ha detto introducendo la celebrazione di questa mattina a Casa Santa Marta. E nell’omelia è tornato a riflettere sulla Giornata di preghiera e digiuno di oggi: “tutti noi fratelli e sorelle di ogni confessione preghiamo per la fine della pandemia, uniti nella fratellanza che ci accomuna in questo momento di dolore” ha detto aggiungendo che “non ci aspettavamo questa pandemia e tanta gente muore e muore da sola, senza poter fare nulla. Pensiamo a chi soffre, alle conseguenze economiche a quello che avverrà dopo. Tutti insieme preghiamo Dio. Qualcuno – ha quindi aggiunto - forse dirà che questo è relativismo religioso. Non è così. Ognuno prega Dio come può. Siamo uniti tutti come fratelli, pregando secondo la propria cultura e religione. Chiedendo perdono a Dio per i nostri peccati perché Dio fermi questa pandemia. Oggi è un giorno di fratellanza. È un giorno di penitenza e di preghiera. La pandemia è venuta come un diluvio. Ma ci sono tante altre pandemie e non ce ne accorgiamo, guardiamo da un’altra parte, siamo indifferenti di fronte ad altre tragedie”. Il Papa ha quindi ricordato che nei primi quattro mesi di quest’anno sono morte 3.700mila persone per fame nel mondo: “la pandemia della fame”, l’ha definita papa Francesco: “dobbiamo pensare anche alle altre pandemie: pandemie delle guerre e della fame e altre ancora. Importante è che oggi insieme preghiamo ognuno secondo la propria tradizione, giornata di preghiera, digiuno e carità. Quando Dio vide che il popolo di Ninive si convertì fermò la pandemia. Chiediamo che Dio benedica tutti noi e che abbia pietà di noi”, ha detto concludendo.

R.Iaria

 

Papa Francesco prega per gli infermieri, esempio di eroismo

12 Maggio 2020 - Città del Vaticano - Papa Francesco ha pregato oggi per gli infermieri, esempio di eroismo in questo tempo di pandemia “Oggi è la Giornata degli infermieri. Ieri ho inviato un messaggio. Preghiamo oggi per gli infermieri e le infermiere, uomini, donne, ragazzi e ragazze, che hanno questa professione, che è più di una professione, è una vocazione, una dedizione. Che il Signore li benedica. In questo tempo della pandemia hanno dato esempio di eroicità e alcuni hanno dato la vita. Preghiamo per le infermiere e gli infermieri” ha detto introducendo la celebrazione a Casa Santa Marta. Nell'omelia ha parlato della pace. Il Signore - ha detto il Papa - prima di andarsene dà il dono della pace. “Non si tratta della pace universale, la pace senza guerre che noi desideriamo, ma la pace del cuore. Il Signore – ha detto il pontefice - la dà non come la dà il mondo. Sono paci diverse. Il mondo ti dà la pace interiore come un tuo possesso, come una cosa tua che ti isola dagli altri, è un tuo acquisto, e tu ti chiudi in quella pace: è una pace per sé stessi, ti rende tranquillo e felice ma ti addormenta e anestetizza. È un po’ egoista”. La pace di Gesù “ti mette in movimento, non ti isola, ti fa andare dagli altri, ti mette in comunicazione. La pace di Gesù è gratuita, è un dono, è feconda, ti porta sempre avanti”. Per papa Francesco “se anche nei momenti difficili resto nella pace, quella è la pace del Signore, che è piena di speranza e guarda il cielo, la pace definitiva”. E dopo aver citato una lettera di un sacerdote ha sottolineato che la pace che ci dà Gesù è “una pace per oggi e per il futuro, è iniziare a vivere il cielo, con la fecondità del cielo. Non è anestesia, l'altra sì: e quando la dose di anestesia finisce ne prendi un'altra e poi un'altra ancora. La pace di Gesù è definitiva, feconda e contagiosa, non è narcisistica come quella del mondo, perché guarda il Signore. L'altra guarda sé stessi”.

R.I.

Papa Francesco ricorda coloro che hanno perso il lavoro

11 Maggio 2020 -

Città del Vaticano - Papa Francesco ricorda coloro che hanno perso il lavoro in questo tempo di pandemia. “Ci uniamo a fedeli di Termoli, nella festa del ritrovamento del corpo di San Timoteo oggi. In questi giorni tanta gente ha perso il lavoro; non sono stati riassunti, lavoravano in nero … Preghiamo per questi fratelli e sorelle nostri che soffrono questa mancanza di lavoro”, ha detto il papa introducendo la liturgia eucaristica di questa mattina a Casa Santa Marta.

Gesù, ha detto il papa commentando il brano del vangelo di oggi, ha promesso per noi lo Spirito Santo che “abita con noi e che il Padre è il Figlio inviano” per “accompagnarci nella vita”. Il suo obiettivo è quello di “insegnare e ricordare”: ci insegna il mistero della fede, ci insegna a entrare nel mistero, a capire un po’ più il mistero, ci insegna la dottrina di Gesù e ci insegna come sviluppare la nostra fede senza sbagliare, perché la dottrina cresce, ma sempre nella stessa direzione: cresce nella comprensione. E lo Spirito ci aiuta a crescere nella comprensione della fede, comprenderla di più e andare di più a comprendere questo che dice la fede. La fede – ha detto il papa - non è una cosa statica; la dottrina non è una cosa statica: cresce” sempre, ma cresce “nella stessa direzione. E lo Spirito Santo evita che la dottrina sbagli, evita che rimanga ferma lì, senza crescere in noi”. E poi lo Spirito Santo ci aiuta a ricordare: “lo Spirito Santo è come la memoria, ci sveglia”, ci mantiene sempre svegli “nelle cose del Signore” e ci fa anche ricordare la nostra vita, quando abbiamo incontrato il Signore o quando lo abbiamo lasciato. In questa memoria, lo Spirito Santo “ci guida; ci guida per discernere, per discernere cosa devo fare adesso, qual è la strada giusta e qual è la sbagliata, anche nelle piccole decisioni. Se noi chiediamo la luce allo Spirito Santo, Lui ci aiuterà a discernere per prendere le giuste decisioni, le piccole di ogni giorno e le più grandi”. Lo Spirito “ci accompagna, ci sostiene nel discernimento”, “ci insegnerà ogni cosa, cioè fa crescere la  fede, ci introduce nel mistero, lo Spirito che ci ricorda: ci ricorda la fede, ci ricorda la propria vita e lo Spirito che in questo insegnamento, in questo ricordo, ci insegna a discernere le decisioni che dobbiamo prendere". Lo Spirito è il dono di Dio: “che il Signore ci aiuti a custodire questo dono che Lui ci ha dato nel Battesimo e che tutti noi abbiamo dentro”.

R.Iaria

Papa Francesco rivolge un pensiero all’Europa e all’Africa

10 Maggio 2020 - Città del Vaticano - Questa mattina, al termine della preghiera del Regina Coeli dalla Biblioteca del palazzo apostolico, papa Francesco ha voluto rivolgere un pensiero all’Europa e all’Africa. “All’Europa, in occasione del 70° anniversario della Dichiarazione Schuman, del 9 maggio 1950. Essa – ha detto - ha ispirato il processo di integrazione europea, consentendo la riconciliazione dei popoli del continente, dopo la Seconda Guerra Mondiale, e il lungo periodo di stabilità e di pace di cui beneficiamo oggi. Lo spirito della Dichiarazione Schuman non manchi di ispirare quanti hanno responsabilità nell’Unione europea, chiamati ad affrontare in spirito di concordia e di collaborazione le conseguenze sociali ed economiche provocate dalla pandemia” . E poi all’Africa, perché il 10 maggio 1980, quarant’anni fa, San Giovanni Paolo II, durante la sua prima visita pastorale in quel continente, “diede voce al grido delle popolazioni del Sahel, duramente provate dalla siccità. Oggi mi congratulo con i giovani che si stanno impegnando per l’iniziativa ‘Laudato Si’ Alberi’. L’obiettivo – ha detto il Papa - è piantare nella regione del Sahel almeno un milione di alberi che andranno a far parte della ‘Grande Muraglia verde d’Africa’”. Da qui l’auspicio che “in tanti possano seguire l’esempio di solidarietà di questi giovani”.

Papa Francesco: l’Europa cresca unita e fraterna

10 Maggio 2020 - Città del Vaticano - Nella Messa a Santa Marta, questa mattina, Francesco ricorda due recenti commemorazioni: la festa dell'Europa e l'anniversario della fine della seconda guerra mondiale nel vecchio continente, pregando che l'Europa cresca unita nelle sue diversità. "In questi due giorni passati, ci sono state due commemorazioni: il 70.mo della Dichiarazione di Robert Schuman, che ha dato inizio all’Unione Europea, e anche la commemorazione della fine della guerra. Chiediamo al Signore per l’Europa, oggi, che cresca unita, in questa unità di fratellanza che fa crescere tutti i popoli nell’unità nella diversità", ha detto in introducendo la liturgia a Casa Santa Marta. Il Papa ha centrato la sua omelia sulla preghiera. Ha commentato il Vangelo odierno (Gv 14, 1-12) in cui Gesù dice ai suoi discepoli che chi crede in Lui, anch’egli compirà le opere che Lui compie e ne compirà di più grandi di queste, perché va al Padre: “Qualunque cosa chiederete nel mio nome, la farò, perché il Padre sia glorificato nel Figlio”. “Possiamo dire - ha detto il Papa - che questo passo del Vangelo di Giovanni è la dichiarazione dell’accesso al Padre. Il Padre sempre è stato presente nella vita di Gesù, e Gesù” diceva che il Padre ha cura di noi e delle sue creature. E quando i discepoli gli chiesero di imparare a pregare, Gesù ha insegnato il “Padre nostro”. Gesù “va sempre al Padre” e “in questo passo è molto forte” perché “è come se aprisse le porte della onnipotenza della preghiera”, perché dice: “Io sono con il Padre: voi chiedete e io farò tutto. Ma perché il Padre lo farà con me”. “Questa fiducia nel Padre, fiducia nel Padre che è capace di fare tutto. Questo coraggio di pregare, perché per pregare ci vuole coraggio, ci vuole lo stesso coraggio, la stessa franchezza che per predicare: la stessa”. Il Papa ricorda il coraggio di Abramo, quando “mercanteggiava”: aveva “il coraggio della lotta nella preghiera, perché pregare è lottare: lottare con Dio”. E anche il coraggio della preghiera di Mosè che osava dire “no” al Padre. Pregare con poco coraggio “è una mancanza di rispetto. Pregare è andare con Gesù al Padre che ti darà tutto. Coraggio nella preghiera, franchezza nella preghiera. La stessa che ci vuole per la predica”. Il Papa commenta poi la prima lettura, tratta dagli Atti degli Apostoli, dove si riferisce di “quel conflitto nei primi tempi della Chiesa, perché i cristiani di origine greca mormoravano – mormoravano, già a quel tempo si faceva questo: si vede che è un’abitudine della Chiesa … - mormoravano perché le loro vedove, i loro orfani non erano ben custoditi; gli apostoli non avevano tempo”. E “Pietro, illuminato dallo Spirito Santo, ‘inventò’ i diaconi: sette persone di fede che si prendessero cura del servizio, in modo che quelle persone che avevano ragione di lamentarsi, fossero assistite nei loro bisogni. Pietro prese questa decisioni perché gli apostoli potessero dedicarsi alla preghiera e all’annuncio della Parola. “Questo - ha detto Francesco - è il compito del vescovo: pregare e predicare. Con questa forza che abbiamo sentito nel Vangelo: il vescovo è il primo che va dal Padre, con la fiducia che ha dato Gesù, con il coraggio, con la parresìa, a lottare per il suo popolo. Il primo compito di un vescovo è pregare”. Il Papa ricorda un sacerdote, “un santo parroco, buono”, che quando incontrava un vescovo faceva sempre la stessa domanda: “Ma eccellenza, quante ore al giorno lei prega?”, e sempre diceva: “Perché il primo compito è pregare”. “Perché è la preghiera del capo della comunità per la comunità, l’intercessione al Padre perché custodisca il popolo”. “La preghiera del vescovo, il primo compito: pregare. E il popolo, vedendo il vescovo pregare, impara a pregare. Perché lo Spirito Santo ci insegna che è Dio che ‘fa la cosa’. Noi facciamo un pochettino, ma è Lui che ‘fa le cose’ della Chiesa, e la preghiera è quella che porta avanti la Chiesa”. E per questo “i vescovi devono andare avanti con la preghiera”. Quella parola di Pietro è profetica: “Che i diaconi facciano tutto questo, così la gente è ben custodita e ha risolto i problemi e anche i suoi bisogni. Ma a noi, vescovi, la preghiera e l’annuncio della Parola”. “È triste - ha osservato Francesco - vedere bravi vescovi, bravi, gente buona, ma indaffarati in tante cose, l’economia, e questo e quell’altro e quell’altro … La preghiera al primo posto. Poi, le altre cose. Ma quando le altre cose tolgono spazio alla preghiera, qualcosa non funziona. E la preghiera è forte”. Gesù lo ha detto: “Io vado dal Padre, e qualunque cosa chiederete nel mio nome al Padre, la farò, perché il Padre sia glorificato”. “Così - ha concluso il Papa - va avanti la Chiesa, con la preghiera, il coraggio della preghiera, perché la Chiesa sa che senza questo accesso al Padre non può sopravvivere”.

Papa Francesco: la fiducia del cristiano è in Gesù Cristo

9 Maggio 2020 - Città del Vaticano - Il pensiero e la preghiera di papa Francesco questa mattina è andato alle suore di Santa Marta che gestiscono, in Vaticano, il dispensario pediatrico. “Oggi è la commemorazione di Santa Luisa di Marillac: preghiamo per le suore vincenziane che portano avanti questo ambulatorio, questo ospedale da quasi 100 anni e lavorano qui, a Santa Marta, per questo ospedale. Il Signore benedica le suore”, ha detto nell’introdurre la celebrazione eucaristica mattutina a Casa Santa Marta. Nell'omelia il Papa ha commentato il passo degli Atti degli Apostoli (At 13, 44-52) in cui i giudei di Antiochia “ricolmi di gelosia e con parole ingiuriose” contrastano le affermazioni di Paolo su Gesù. Quindi sobillano le pie donne della nobiltà e i notabili della città suscitando una persecuzione che costringe Paolo e Bàrnaba a lasciare il territorio. Da una parte - ha affermato il Papa - c’è lo Spirito Santo che fa crescere la Chiesa ma dall’altra parte c’è il cattivo spirito che cerca di distruggere la Chiesa: è sempre così, si va avanti. ma poi viene il nemico per distruggere. Quanta fatica, quanto martirio in questa crescita. C’è sempre questa lotta. Da una parte la Parola di Dio che fa crescere e dall’altra la persecuzione. Lo strumento del diavolo per distruggere l’annuncio evangelico è l’invidia: è l’invidia, la gelosia del diavolo. È la rabbia del diavolo che distrugge, vuol distruggere sempre. Vedendo questa lotta vale per noi quella bella espressione: la Chiesa va avanti tra le consolazioni di Dio e le persecuzioni del mondo. È così: c’è sempre la lotta. Lo Spirito Santo fa l’armonia della Chiesa e il cattivo spirito distrugge, fino ad oggi. I poteri temporali sono uno strumento di questa invidia. Il potere del mondo contro il potere di Dio. Dietro il potere ci sono i soldi. La verità viene silenziata sin dalla mattina della Risurrezione attraverso il potere temporale e i soldi. La fiducia del cristiano - ha concluso il Papa - è in Gesù Cristo e nello Spirito Santo non nel potere temporale e nei soldi. Nella Cappella della residenza del pontefice è stato portato un quadro raffigurante Santa Lucia Marillac la cui festa si celebra il 15 marzo. Quest’anno, cadendo quel giorno nel tempo di Quaresima, la festa, spiega Vatican news, è stata spostata a oggi.  

Papa Francesco prega per gli operatori di Croce Rossa e Mezzaluna Rossa

8 Maggio 2020 - Città del Vaticano – Il pensiero e la preghiera di papa Francesco per gli operatori della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa. “Oggi si celebra la Giornata mondiale della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa. Preghiamo per le persone che lavorano in queste benemerite istituzioni: che il Signore benedica il loro lavoro che fa tanto bene”, ha detto introducendo la messa mattutina a Casa Santa Marta. E nell’omelia ha parlato della consolazione del Signore Gesù. Una consolazione – ha detto – “nella vicinanza, nella verità e nella speranza. Il Signore non è mai distante”. Per Papa Francesco “la vicinanza è lo stile di Dio. Non usa parole vuote, preferisce il silenzio, la forza della presenza, parla poco, ma è vicino. Gesù consola nella verità, non dice cose formali, dice la verità, non la nasconde, Lui stesso è la verità. La verità è che Lui se ne andrà, morirà. Lo dice semplicemente e con mitezza, senza ferire, ma stiamo davanti alla morte. Ma consola nella speranza: sì, c’è un momento brutto, ma dice che va a preparare ai discepoli una dimora”. Gesù consola i suoi discepoli e ci esorta a “rimanere nella sua pace perché Lui verrà e ci porterà dove è Lui. Non è facile lasciarci consolare dal Signore. Nei momenti brutti ci arrabbiamo con Lui e non gli permettiamo di consolarci. Chiediamo la grazia di lasciarci consolare dal Signore. La sua consolazione non inganna, non è anestesia, ma è vicinanza, è veritiera e ci apre le porte della speranza”.

Il grazie dei “nuovi schiavi” a papa Francesco

8 Maggio 2020 - Milano - Nei giorni scorsi attraverso la voce del sindacalista Aboubakar Soumahoro i braccianti immigrati sfruttati nelle campagne di tutta Italia hanno inviato un appello al pontefice perché raccogliesse il loro grido e le loro speranze. Le condizioni in cui migliaia di "nuovi schiavi" vivono sono al di sotto dei più basilari diritti umani. Le parole dei braccianti hanno colpito il pontefice che nel corso dell'udienza del mercoledì ha voluto rivolgere un saluto rilanciando le loro istanze. "Ringraziamo papa Francesco per aver accolto e risposto al nostro appello, lanciato il Primo maggio dalle baraccopoli di lamiere nelle campagne del foggiano, per chiedere - ha detto Soumahoro - diritti e dignità per noi braccianti schiacciati dallo strapotere della Grande distribuzione organizzata e dall’avidità dei giganti del cibo". “In occasione del 1° maggio – ha rivelato Francesco durante l'udienza – ho ricevuto diversi messaggi riferiti al mondo del lavoro e ai suoi problemi. In particolare, mi ha colpito quello dei braccianti agricoli, tra cui molti immigrati, che lavorano nelle campagne italiane. Purtroppo tante volte vengono duramente sfruttati”. Poi il pontefice ha aggiunto: “È vero che c’è crisi per tutti, ma la dignità delle persone va sempre rispettata”, il monito del Papa: “Perciò accolgo l’appello di questi lavoratori e di tutti i lavoratori sfruttati e invito a fare della crisi l’occasione per rimettere al centro la dignità della persona e del lavoro”. Intervistato da Avvenire alla vigilia del 25 Aprile, parlando della regolarizzazione degli sfruttati costretti all'irregolarità che alimenta la schiavitù, Soumahoro aveva detto che "abbiamo bisogno di una rivoluzione spirituale, di una solidarietà nuova, di ripartire dall’altro mettendo da parte il modello di avidità e di egoismo. Quando il Primo maggio dell’anno scorso il Papa mi ricevette in udienza, mi disse: ‘Vai avanti e non ti fermare mai’. Si riferiva a quella ricerca che stiamo facendo del ‘noi’ contro l’egoismo, fino alla difesa della sacralità della vita". Il video con l'appello dei braccianti e la risposta di Papa Francesco viene diffuso in queste ore in varie lingue, perché il messaggio che parte dalla campagne italiane è, purtroppo, la testimonianza di un sopruso siffuso in tutto il mondo. (Nello Scavo - Avvenire)    

Papa Francesco prega per gli artisti

7 Maggio 2020 - Città del Vaticano – "Senza il bello non si può capire il bello”. Lo ha detto questa mattina papa Francesco che ha pregato per gli artisti. “Ieri ho ricevuto una lettera di un gruppo di artisti: ringraziavano per la preghiera che noi abbiamo fatto per loro. Vorrei chiedere al Signore che li benedica perché gli artisti ci fanno capire cosa è la bellezza e senza il bello il Vangelo non si può capire. Preghiamo un’altra volta per gli artisti”, ha detto introducendo la celebrazione mattutina a Casa Santa Marta. Il pontefice ha concentrato la sua riflessione sul racconto della storia della salvezza di Paolo nella sinagoga di Antoochia sottolineando che “dietro Gesù c’è una storia di grazia, di elezione, di promesse: il Signore ha scelto Abramo e ha camminato col suo popolo. C’è una storia di Dio col suo popolo. Paolo non comincia da Gesù, inizia dalla storia”. Il cristianesimo – ha detto papa Francesco – “non è solo una dottrina, ma una storia che porta a questa dottrina. Il cristianesimo non è solo un’etica, ha dei principi morali, ma non si è cristiani solo per la visione etica: è di più. I cristiani non sono una élite di gente scelta per la verità, questo senso elitario che c'è nella chiesa: essere cristiani è appartenenza a un popolo scelto da Dio gratuitamente. Se non abbiamo questa coscienza di appartenere a un popolo, saremo cristiani ideologici, con una dottrina piccolina, con una etica, cristiani elitari che crederanno che gli altri sono scartati e andranno all'inferno: non saremo veri cristiani. Tante volte cadiamo in queste parzialità: la dimensione elitaria ci fa tanto male e perdiamo il senso di appartenenza al santo popolo fedele di Dio. La coscienza di essere un popolo”.

R.Iaria

Papa Francesco: appello a favore del mondo del lavoro e in particolare dei lavoratori sfruttati tra cui immigrati

6 Maggio 2020 - Città del Vaticano – “In occasione del 1° maggio, ho ricevuto diversi messaggi riferiti al mondo del lavoro e ai suoi problemi. In particolare, mi ha colpito quello dei braccianti agricoli, tra cui molti immigrati, che lavorano nelle campagne italiane”. Lo ha detto oggi Papa Francesco al termine dell’Udienza generale del Mercoledì dalla Biblioteca del Palazzo Apostolico Vaticano. “Purtroppo – ha aggiunto il Papa - tante volte vengono duramente sfruttati. È vero che c’è crisi per tutti, ma la dignità delle persone va sempre rispettata”. Da qui Papa Francesco si dice favorevole all’appello di questi lavoratori e di tutti i lavoratori sfruttati invitando “a fare della crisi l’occasione per rimettere al centro la dignità della persona e la dignità del lavoro”.

R.Iaria

 

Papa Francesco prega per gli operatori dei media

6 Maggio 2020 - Città del Vaticano – Papa Francesco prega per gli operatori dei media e per il loro lavoro in questo tempo di pandemia. “Preghiamo oggi per gli uomini e le donne che lavorano nei mezzi di comunicazione. In questo tempo di pandemia rischiano tanto e il lavoro è tanto. Che il Signore li aiuti in questo lavoro di trasmissione, sempre, della verità”, ha detto introducendo la celebrazione mattutina a Casa Santa Marta. Il pontefice, commentando il Vangelo di oggi che parla di Gesù come luce, “perché chiunque crede in me non rimanga nelle tenebre”. “Chi crede in me, non crede in me ma in colui che mi ha mandato; chi vede me, vede colui che mi ha mandato. Io sono venuto nel mondo come luce, perché chiunque crede in me non rimanga nelle tenebre. Se qualcuno ascolta le mie parole e non le osserva, io non lo condanno; perché non sono venuto per condannare il mondo, ma per salvare il mondo. Chi mi rifiuta e non accoglie le mie parole, ha chi lo condanna: la parola che ho detto lo condannerà nell’ultimo giorno”, sono le parole di Gesù. “Il dramma della luce di Gesù - sottolinea Papa Francesco - è che è stata respinta”, come dice l’evangelista Giovanni all’inizio del Vangelo: “È venuto dai suoi e i suoi non lo accolsero. Amavano più le tenebre che la luce”. Il peccato non ci a vedere la luce, ha detto il papa: “il peccato ci accieca e non possiamo tollerare la luce”. Per Papa Francesco “non è facile vivere nella luce. La luce ci fa vedere tante cose brutte dentro di noi che noi non vogliamo vedere: i vizi, i peccati … Pensiamo ai nostri vizi, pensiamo alla nostra superbia, pensiamo al nostro spirito mondano: queste cose ci accecano, ci allontanano dalla luce di Gesù”. È “il Signore che ci salva dalle tenebre che noi abbiamo dentro, dalle tenebre della vita quotidiana, della vita sociale, della vita politica, della vita nazionale, internazionale … tante tenebre”  e “il Signore ci salva. Ma ci chiede – spiega il papa - di vederle, prima; avere il coraggio di vedere le nostre tenebre perché la luce del Signore entri e ci salvi. Non abbiamo paura del Signore è molto buono, è mite, è vicino a noi. È venuto per salvarci. Non abbiamo paura della luce di Gesù”.

R.I.

Papa Francesco ricorda e prega per le vittime della pandemia, morti spesso da soli e senza un funerale

5 Maggio 2020 - Città del Vaticano - “Preghiamo oggi per i defunti che sono morti per la pandemia. Sono morti da soli, sono morti senza la carezza dei loro cari, tanti di loro, neppure con il funerale. Il Signore li riceva nella gloria”. E commentando le letture del giorno si domanda cosa ci ferma davanti alla “porta che è Gesù aggiungendo che “ci sono degli atteggiamenti previ alla confessione di Gesù. Anche per noi, che siamo nel gregge di Gesù. Sono come ‘antipatie previe’, che non ci lasciano andare avanti nella conoscenza del Signore”. E cita la ricchezza – “non essere schiavi delle ricchezze -, la rigidità del cuore, l’accidia che “ci toglie la volontà di andare avanti” e ci porta “al tepore” e ci“fa tiepidi”e poi il clericalismo perché “si mette al posto di Gesù” e“lo spirito mondano”. In tutti questi atteggiamenti “manca la libertà” dice il Papa: “è non si può seguire Gesù senza libertà”. E la preghiera al Signore di illuminarci “per vedere dentro di noi se c’è la libertà” di andare verso Gesù e “diventare pecore del suo gregge”.

R.I.

   

Papa Francesco prega per le famiglie perché “continuino in pace con creatività e pazienza, in questa quarantena”

4 Maggio 2020 - Città del Vaticano – Il pensiero e la preghiera di Papa Francesco oggi va alle famiglie chiuse a casa per la pandemia: “Preghiamo oggi per le famiglie: in questo tempo di quarantena, la famiglia, chiusa a casa, cerca di fare tante cose nuove, tanta creatività con i bambini, con tutti, per andare avanti. E anche c’è l’altra cosa, che alle volte c’è la violenza domestica. Preghiamo per le famiglie, perché continuino in pace con creatività e pazienza, in questa quarantena”, ha detto introducendo la celebrazione a Casa Santa Marta. Nell’omelia papa Francesco commentando il rimprovero ricevuto da Pietro per aver cenato a casa di alcuno pagani, ha detto che c’è sempre questo sentire sé stessi giusti e ritenere gli altri peccatori. Questa è una “malattia della Chiesa, una malattia che nasce dalle ideologie o dai partiti religiosi … Pensare che al tempo di Gesù, almeno erano quattro i partiti religiosi: il partito dei farisei, il partito dei sadducei, il partito degli zeloti e il partito degli esseni, e ognuno interpretava ‘l’idea’ che aveva della legge. E questa idea è una scuola fuori-legge quando è un modo di pensare, di sentire mondano che si fa interprete della legge. Pure Gesù veniva rimproverato perché entrava in casa dei pubblicani – che erano peccatori, secondo loro – e a mangiare con loro, con i peccatori, perché la purezza della legge non lo permetteva; e non si lavava le mani prima del pranzo … Ma sempre quel rimprovero che fa divisione” e non unità. Gesù è venuto per tutti, è “morto per tutti, ha giustificato tutti”. “Il Signore – ha pregato il papa - ci liberi da quella psicologia della divisione, di dividere, e ci aiuti a vedere questo di Gesù, questa cosa grande di Gesù, che in Lui siamo tutti fratelli e Lui è il Pastore di tutti”.

R.Iaria

Il Papa prega per i sacerdoti e i medici che danno la vita

3 Maggio 2020 - Città del Vaticano - Francesco ha presieduto la Messa a Casa Santa Marta nella quarta Domenica di Pasqua, Domenica del Buon Pastore e Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni. Oggi è la 50ma  celebrazione eucaristica in diretta streaming dalla cappella della Domus Sanctae Marthae dal 9 marzo scorso, segno di vicinanza del Papa al popolo di Dio che in tante parti del mondo non può recarsi a Messa per l'emergenza coronavirus. Nell’introduzione, Francesco ha rivolto il suo pensiero a sacerdoti e medici: "A tre settimane dalla Risurrezione del Signore, la Chiesa oggi nella quarta domenica di Pasqua celebra la domenica del Buon Pastore, Gesù Buon Pastore. Questo mi fa pensare a tanti pastori che nel mondo danno la vita per i fedeli, anche in questa pandemia, tanti, più di 100 qui in Italia sono venuti a mancare. Penso anche ad altri pastori che curano il bene della gente, i medici. Si parla dei medici, di quello che fanno ma dobbiamo renderci conto che, soltanto in Italia, 154 medici sono venuti a mancare, in atto di servizio. Che l’esempio di questi pastori, preti e pastori medici, ci aiuti a prenderci cura del santo popolo fedele di Dio". Nell'omelia il Papa ha commentato la prima lettera di San Pietro (1 Pt 2, 20b-25) in cui l’apostolo dice che dalle piaghe di Gesù siamo stati guariti: “Eravate erranti come pecore, ma ora siete stati ricondotti al pastore e custode delle vostre anime”. Gesù è il pastore che viene a salvare le pecore erranti. Il Vangelo odierno (Gv 10,1-10) parla della porta attraverso la quale si entra nel gregge: tutti quelli che non entrano attraverso questa porta sono ladri e briganti, i finti pastori. Nella storia della Chiesa ci sono stati tanti finti pastori che hanno sfruttato il gregge che volevano i soldi, la carriera. Ma il gregge li conosce e cerca Dio per le sue strade. Il buon pastore ascolta il gregge, guida il gregge, lo cura, e il gregge sa distinguere tra i pastori, non si sbaglia, il gregge si fida del buon pastore, di Gesù. Solo il pastore che assomiglia a Gesù dà fiducia al gregge. Lo stile di Gesù deve essere lo stile del pastore. Il buon pastore è mite e tenero, non si difende, ha quella tenerezza della vicinanza, conosce le pecore per nome e si prende cura di ogni pecora come se fosse l’unica. Il buon pastore, Gesù, ci accompagna sempre nel cammino della vita. È un’idea di comunità, di tenerezza, di bontà, di mitezza. È la Chiesa che vuole Gesù e lui custodisce questa Chiesa. Questa domenica è una domenica bella, di pace e di tenerezza perché il buon pastore si prende cura di noi, come dice il Salmo 22: "Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla". (Vatican News)

Papa Francesco prega per i governanti

2 Maggio 2020 - Città del Vaticano - Il pensiero e la preghiera di papa Francesco questa mattina è andato ai governanti. “Preghiamo oggi per i governanti che hanno la responsabilità di prendersi cura dei loro popoli in questi momenti di crisi: capi di Stato, presidenti di governo, legislatori, sindaci, presidenti di regioni … Perché il Signore li aiuti e dia loro forza, perché il loro lavoro non è facile. E che quando ci siano differenze tra loro, capiscano che, nei momenti di crisi, devono essere molto uniti per il bene del popolo, perché l’unità è superiore al conflitto”, ha detto introducendo la messa mattutina a Casa Santa Marta. Oggi, sabato 2 maggio, si sono uniti in preghiera 300 gruppi di preghiera che si chiamano i “madrugadores”, in spagnolo, cioè i mattinieri: quelli – ha spiegato il papa - che si alzano presto per pregare, fanno una levataccia proprio, per la preghiera. Loro si uniscono oggi, in questo momento, a noi”. Nell’omelia sottolinea che la Chiesa cresce nei momenti di pace e di conforto, ma ci sono dei tempi difficili, di persecuzioni, tempi di crisi che mettono in difficoltà i credenti. Un momento di crisi – ha detto papa Francesco - è “un momento di scelta, è un momento che ci mette davanti alle decisioni che dobbiamo prendere: tutti, nella vita, abbiamo avuto e avremo momenti di crisi. Crisi familiari, crisi matrimoniali, crisi sociali, crisi nel lavoro, tante crisi … Anche questa pandemia è un momento di crisi sociale”. Il papa ricorda che in Argentina, “la mia terra”, c’è un detto che dice: “Quando tu vai a cavallo e devi attraversare un fiume, per favore, non cambiare cavallo in mezzo al fiume”. Nei momenti di crisi bisogna “essere molto fermi nella convinzione della fede”. Nel momento di crisi “c’è la perseveranza, il silenzio; rimanere dove siamo, fermi. Non è il momento di fare dei cambiamenti. È il momento della fedeltà, della fedeltà a Dio, della fedeltà alle cose che noi abbiamo preso da prima; anche, è il momento della conversione perché questa fedeltà sì, ci ispirerà qualche cambiamento per il bene, non per allontanarci dal bene”. E il papa ha pregato: “che il Signore ci dia la forza – nei momenti di crisi – di non vendere la fede”.

R.Iaria

Papa Francesco prega per i lavoratori: la loro dignità va difesa

1 Maggio 2020 - Città del Vaticano – Papa Francesco prega per i lavoratori nella festa di San Giuseppe Lavoratore. “Oggi, che è la festa di San Giuseppe lavoratore, anche la Giornata dei lavoratori, preghiamo per tutti i lavoratori. Per tutti. Perché a nessuna persona manchi il lavoro e che tutti siano giustamente pagati e possano godere della dignità del lavoro e della bellezza del riposo”, ha detto introducendo la celebrazione a Casa Santa Marta. Nella Cappella anche una statua di San Giuseppe artigiano portata per l'occasione dalle Acli. E nell’omelia parla della dignità del lavoro: “il lavoro dà la dignità”, il lavoro “non è che la continuazione del lavoro di Dio. Il lavoro umano è la vocazione dell’uomo ricevuta da Dio al fine della creazione dell’universo. E il lavoro – ha detto il Papa - è quello che rende simile l’uomo a Dio, perché con il lavoro l’uomo è creatore, è capace di creare, di creare tante cose, anche creare una famiglia per andare avanti. L’uomo è un creatore e crea con il lavoro. Questa è la vocazione”. Per Papa Francesco anche oggi “ci sono tanti schiavi, tanti uomini e donne che non sono liberi di lavorare: sono costretti a lavorare, per sopravvivere, niente di più. Sono schiavi: i lavori forzati … sono lavori forzati, ingiusti, malpagati e che portano l’uomo a vivere con la dignità calpestata. Sono tanti, tanti nel mondo. Tanti”. Oggi – ha proseguito - “ci uniamo a tanti uomini e donne, credenti e non credenti, che commemorano la Giornata del Lavoratore, la Giornata del Lavoro, per coloro che lottano per avere una giustizia nel lavoro, per coloro – imprenditori bravi – che portano avanti il lavoro con giustizia, anche se loro ci perdono. Due mesi fa ho sentito al telefono un imprenditore, qui, in Italia, che mi chiedeva di pregare per lui perché lui non voleva licenziare nessuno e ha detto così: ‘Perché licenziare uno di loro è licenziare me’. Questa coscienza di tanti imprenditori buoni, che custodiscono i lavoratori come se fossero figli. Preghiamo pure per loro. E chiediamo a San Giuseppe - con questa icona tanto bella con gli strumenti di lavoro in mano - che ci aiuti a lottare per la dignità del lavoro, perché ci sia il lavoro per tutti e che sia lavoro degno. Non lavoro di schiavo. Questa sia oggi la preghiera”.

R.Iaria

 

Papa Francesco prega per le vittime della pandemia

30 Aprile 2020 - Città del Vaticano – Questa mattina Papa Francesco ha pregato per le vittime di questa pandemia, in modo particolare per le vittime anonime. “Preghiamo oggi per i defunti, coloro che sono morti per la pandemia; e anche in modo speciale per i defunti – diciamo così – anonimi: abbiamo visto le fotografie delle fosse comuni. Tanti …”, ha detto introducendo la celebrazione a Casa Santa Marta. L’omelia del pontefice si concentra sul brano degli Atti degli Apostoli che racconta l’incontro tra Filippo e un etiope eunuco, funzionario di Candàce, desideroso di comprendere chi fosse quanto descritto dal profeta Isaia: “Come una pecora egli fu condotto al macello”. Filippo gli spiega che si tratta di Gesù e l’etiope gli chiede di essere battezzato. “Quella inquietudine che aveva questo signore nella lettura del profeta Isaia era proprio del Padre, che attirava verso Gesù: lo aveva preparato, lo aveva portato dall’Etiopia a Gerusalemme per adorare Dio e poi, con questa lettura, aveva preparato il cuore per rivelare Gesù, al punto che appena vide l’acqua disse: ‘Posso essere battezzato’. E lui credette. E questo - che nessuno può conoscere Gesù senza che il Padre lo attiri - questo è valido per il nostro apostolato, per la nostra missione apostolica come cristiani”, ha detto il pontefice parlando poi della missione: “andare in missione vuol dire testimonianza della propria fede; senza testimonianza non farai nulla. Andare in missione – e sono bravi i missionari! – non significa fare strutture grandi, cose … e fermarsi così. No: le strutture devono essere testimonianze. Tu puoi fare una struttura ospedaliera, educativa di grande perfezione, di grande sviluppo, ma se una struttura è senza testimonianza cristiana, il tuo lavoro lì non sarà un lavoro di testimone, un lavoro di vera predicazione di Gesù: sarà una società di beneficenza, molto buona – molto buona! – ma niente di più”. Per questo serve pregare: “pregare perché il Padre attiri la gente verso Gesù. Testimonianza e preghiera, vanno insieme. Senza testimonianza e preghiera non si può fare predicazione apostolica, non si può fare annuncio. Farai una bella predica morale, farai tante cose buone, tutte buone. Ma il Padre non avrà la possibilità di attirare la gente a Gesù. E questo è il centro: questo è il centro del nostro apostolato, che il Padre possa attirare la gente a Gesù. La nostra testimonianza apre le porte alla gente e la nostra preghiera apre le porte al cuore del Padre perché attiri la gente. Testimonianza e preghiera. E questo non è soltanto per le missioni, è anche per il nostro lavoro come cristiani”. Andare in missione – ha spiegato il papa – “non è fare proselitismo”: “chiediamo al Signore la grazia di vivere il nostro lavoro con testimonianza e con preghiera, perché Lui, il Padre, possa attirare la gente verso Gesù”.