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Mons. Perego: una maggiore partecipazione delle Mci alla vita della Chiesa e delle città

10 Novembre 2021 - Roma - La storia delle missioni cattoliche italiane in Europa è anche “una storia sociale”. Lo ha detto questa mattina Mons. Gian Carlo Perego, Presidente della Commissione CEI per le Migrazioni e della Fondazione Migrantes, intervenendo alla seconda giornata del convegno  sul tema “Gli italiani in Europa e la missione cristiana. Radici che non si spezzano ma che si allungano ad abbracciare ciò che incontrano”. Per il presule l’impegno per la tutela della dignità della persona migrante, della sua famiglia, dei suoi diritti “deve continuare a caratterizzare la pastorale unitaria nelle Chiese in Europa, anche per far fronte a una ‘perdita di quel senso della responsabilità fraterna, su cui si basa ogni società civile’ - come ha ricordato Papa Francesco nell’enciclica Fratelli tutti”. La Chiesa – ha quindi aggiunto Mons. Perego è fatta anche di queste persone in cammino: “è un mondo non facile da intercettare, se non attraverso la loro ricerca, il loro incontro. Le missioni cattoliche e le comunità cattoliche di lingua italiana possono essere uno strumento, una ‘casa tra le case’ per un primo incontro, ma soprattutto un’esperienza e una comunità laicale che aiuta a intercettare, accompagnare e, talora, anche aiutare gli emigranti a non rompere quel filo sottile che li lega alla Chiesa in forza del Battesimo, ma a intraprendere un nuovo percorso di vita cristiana. La missione e la comunità non è un’isola ecclesiale, ma uno strumento ecclesiale su piano linguistico per aiutare i migranti a sentirsi parte di una Chiesa locale, unico soggetto apostolico. Per costruire questa relazione tra migrante, missione e Chiesa locale è indispensabile un comune progetto ecclesiale, che può essere costruito attorno a 10 attenzioni”.  Tale progetto “non può che poggiare anzitutto sulle Beatitudini evangeliche, la cui forza rinnova lo stile di vita cristiano delle nostre Chiese in Europa. Pace, giustizia, povertà, perdono, condivisione, dialogo sono i tratti di uno stile evangelico che può rigenerare l’Europa, cambiargli il ‘cuore’ e  superare i mali che minano l’Unione: nazionalismo, egoismo, individualismo, consumismo, edonismo, materialismo”.  Il progetto “non può che essere interlinguistico e interculturale. La diversità linguistica da ostacolo deve diventare una risorsa per la preghiera, e l’annuncio e la testimonianza evangelica, spingendo le nostre Chiese a valorizzare ‘la differenza cristiana’ non solo rispetto alla società, ma anche al proprio interno. Abbiamo emigranti con un’esperienza religiosa e culturale più devozionale, provenienti dal Sud, ma anche dallo stesso Sud con una bella esperienza associativa e anche ministeriale. Come abbiamo emigranti del Nord con una ricca esperienza parrocchiale e associativa, anche nel mondo del volontariato. E’ un passaggio culturale non facile, sperimentato in alcuni casi dalle parrocchie interculturali, ma che può costituire una meta nella nuova evangelizzazione in Europa”. Il progetto deve anche essere di carattere ecumenico, visto la storia cristiana dell’Europa. Le migrazioni – ha detto Mons. Perego - hanno “favorito in Europa un passaggio da un ecumenismo teologico a un ecumenismo pastorale, fatto di condivisione di incontri, di amicizia, di matrimoni misti, di condivisione nella carità”. E poi un progetto, quello delle MCI, che deve curare anche il dialogo interreligioso, “libero da stereotipi comuni e da contrapposizioni infruttuose.  L’emigrazione fa incontrare non solo fedeli di altre chiese, ma anche di altre religioni e questo incontro di venta una sfida importante per  rendere non solo un principio, ma una realtà il diritto alla libertà religiosa, ma anche per costruire concretamente esperienze di incontro e collaborazione che allarghi la fraternità e l’amicizia sociale”. E poi il valorizzare i nuovi media e social, favorire la partecipazione attiva, di uomini e donne alla vita della Chiesa e preparare la partecipazione attiva alla vita della città, “luoghi di maggior crescita dell’emigrazione italiana”. (Raffaele Iaria)​    

Mons. Perego: anche le MCI stanno cambiando in Europa

10 Novembre 2021 - Roma - “Anche la Missione Cattolica Italiana sta cambiando. Ha una caratteristica tradizionale accanto alle famiglie già presenti, ma ci sono alcuni missionari, come abbiamo sperimentato ad esempio a Barcellona che seguono soprattutto i nuovi arrivati. La Spagna non è mai stata terra di emigrazione, negli ultimi anni il progetto Erasmus ha portato 70mila studenti a Barcellona e 40mila a Madrid. Quindi occorreva modificare struttura e organizzazione delle missioni per essere più agili e incontrare e camminare i migranti di questo decennio”. Lo dice oggi al quotidiano Avvenire, mons. Gian Carlo Perego, presidente della Fondazione Migrantes, parlando del convegno delle Missioni Cattoliche Italiane che si è aperto a Roma ieri pomeriggio. Il presidente della Migrantes sottolinea che anche all’estero i giovani tendono a staccarsi dalle parrocchie perché spesso “partono alla ventura anche nelle metropoli europee e trovano nella missione cattolica italiana un primo strumento di accoglienza, tutela, promozione e integrazione, per usare i verbi cari al papa. Stanno diventando anche luoghi di riferimento sempre più forti dopo il Covid”. Per mons. Perego “uno degli aspetti importanti da rivedere è il mondo dell’associazionismo, strutturato secondo le associazioni di tipo regionale, mentre oggi è diventato un movimento di incontri sui social. Ci sono oltre 2mila social group di emigranti giovani, anche i nuovi media possono aiutare a intercettarli e accompagnarli”.