15 Gennaio 2025 - L'editoriale firmato da S.E. mons. Gian Carlo Perego, arcivescovo di Ferrara-Comacchio e presidente della Fondazione Migrantes, pubblicato sull'ultimo numero di Migranti Press.
Quello tra Africa e Italia è un lungo rapporto che ha nei secoli molte testimonianze di scambi artistici, culturali, economici e sociali.
Per limitarci al tempo che va dall’Unità d’Italia a oggi, pensiamo alle relazioni intense con il Marocco, la Tunisia, la Libia e l’Egitto, dove l’emigrazione italiana ha avuto un’importanza fondamentale, con anche alcuni aspetti drammatici. Pensiamo anche alla presenza missionaria italiana, che ha coniugato evangelizzazione e promozione umana praticamente in tutti i Paesi africani. Pensiamo all’esperienza coloniale in Libia, in Etiopia, Eritrea e Somalia. Pensiamo all’importanza del Pia no Mattei del dopoguerra. Fino ad arrivare ad oggi, con l’arrivo in Italia, soprattutto dalla metà degli anni ’70 in poi, dei primi africani, la maggioranza dei quali proveniente da soli due Paesi (Marocco e Tunisia), che hanno una relazione storica con l’Italia, soprattutto con la Sicilia.
Spesso si dimenticano la storia passata e presente di sfruttamento dell’Africa da parte del nostro Paese, la grande risorsa che rappresentano i lavoratori africani in molte aziende, la situazione drammatica delle persone che hanno perso tutto a causa delle guerre. Ai conflitti si aggiungono i cambiamenti climatici che vedono le persone trovare la sola speranza di vita nel viaggio, nella migrazione da una parte e, dall’altra, in un condono del debito estero e in progetti di cooperazione che creino le condizioni, negli anni, per un ritorno.
In questo contesto, un interrogativo grave pone l’efficacia di quello che il governo italiano ha definito “Piano Mattei”, che però per onestà intellettuale andrebbe chiamato “Piano Meloni”, per non confonderlo con il vero Piano Mattei.
Il Piano Mattei, infatti, nacque dalla condivisione di un gruppo multidisciplinare di intellettuali cattolici e della sinistra democratica, aggregati intorno all’Università Cattolica di Milano. L’ateneo milanese, infatti, già prima della fine della Seconda guerra mondiale, aveva iniziato a studiare i temi della cooperazione internazionale, della tutela dello sviluppo economico delle nazioni più sfavorite e dell’equa partecipazione di tutti i popoli ai beni della terra, stimolato anche dal radiomessaggio del 1942 di Pio XII, che sottolineava l’interdipendenza tra i popoli, coinvolgendo docenti di diverse Università. Tra i protagonisti di quella riflessione ricordiamo tra gli altri Ezio Vanoni, Marcello Boldrini, Francesco Vito, Amintore Fanfani, Pasquale Saraceno e Giorgio La Pira.
Queste idee incontrarono poi le capacità tecniche e organizzative di Enrico Mattei. Il Piano che prese il suo nome nasceva a partire da un’azienda di Stato, l’Agip – poi trasformata in Eni – che sarà poi un volano nella distribuzione degli idrocarburi. Si poggiava sull’idea di una mutualità non tra persone, ma tra popoli, i popoli dell’Africa, chiamati a costruire progetti i cui utili sarebbero stati divisi alla pari, “senza speculazione privata”, con un convinto appoggio al diritto di ogni popolo di perseguire il proprio riscatto politico, economico e sociale.
È da questo “capitale culturale”, che aveva generato anche il Codice di Camaldoli, con il contributo di Giuseppe Lazzati e Giuseppe Dossetti, che nacque il Piano Mattei. Un piano che si poggiava sull’esperienza della cooperazione in Italia, nata soprattutto dal movimento cattolico e socialista, riconosciuta dalla nostra Costituzione all’art. 45, che recita: “La Repubblica riconosce la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata. La legge ne promuove e favorisce l’incremento con i mezzi più idonei e ne assicura, con gli opportuni controlli, il carattere e le finalità”.
La cooperazione così intesa è uno strumento di democrazia dal basso, e in questo senso ha preparato la democrazia e costruisce democrazia.
Ci domandiamo: la cooperazione internazionale realizzata dal nostro Paese con il nuovo Piano Mattei/Meloni in nove Paesi africani (Egitto, Tunisia, Algeria, Marocco, Costa d’Avorio, Mozambico, Repubblica del Congo, Etiopia e Kenya) conserva queste caratteristiche di funzione sociale, di mutuo aiuto, cioè di collaborazione alla pari, “senza fini di speculazione privata”?
In ordine all’efficacia del Piano attuale, bisogna anche chiedersi quale valore aggiunto possano avere le poche risorse messe a disposizione – si parla di 600 milioni di euro per il 2025 – a fronte di un continente che necessiterebbe di 500 miliardi di dollari, per garantire accesso all’energia a tutta la popolazione, e di 438 miliardi di dollari per investimenti entro il 2030.
L’attuale Piano, tra l’altro, non fa alcun riferimento al Piano europeo sull’Africa, che dal 2009 opera con le risorse e la collaborazione di tutti gli Stati e un fondo di 150 miliardi di euro, a fronte dei 5 e mezzo in tre anni del nuovo “Piano Meloni”.
Per concludere: se le politiche sull’immigrazione e le politiche sulla cooperazione non camminano insieme, contrapponendo il diritto di migrare con il diritto di rimanere nella propria terra e non tutelando entrambi, si annullano, aggravando la situazione dei migranti e dei Paesi d’origine.
21 Ottobre 2021 - Roma - Un Primo piano sull’Italia sportiva multietnica e integrata apre il nuovo numero della rivista “Migranti-Press” in distribuzione in questi giorni. Alle Olimpiadi la compagine italiana era formata da atleti provenienti da 21 regioni italiane e provincie autonome e atleti nati in tutti i cinque continenti che vivono nel nostro Paese. Nello stesso numero una intervista al neo presidente dell’Azione Cattolica Italiana, Giuseppe Notarstefano, che evidenzia, tra le sfide da vincere, quella di “riaffermare la vocazione dell’Italia alla promozione e tutela dei diritti fondamentali della persona” impegnandosi a “scrivere un nuovo glossario dell’accoglienza, con al centro le parole rispetto, reciprocità, amicizia, condivisione, convivialità, buon vicinato”.
Nel numero pagine dedicate a tutti i settori della mobilità umana, un focus sul convegno Migrantes a Loreto sulla “casa comune” e sui trent’anni dall’arrivo in Italia delle prime navi di albanesi. Inoltre un servizio sul progetto – al quale aderisce la Fondazione Migrantes - “Pagelle in tasca. Canali di studio per minori rifugiati” che prevede l’ingresso in Italia con un visto per motivi di studio di 35 minori non accompagnati oggi rifugiati in Niger. L'editoriale, sulla situazione dell'Afghanistan, è affidato al Presidente della Commissione CEI per le Migrazioni e della Fondazione Migrantes, mons. Gian Carlo Perego.
1 Giugno 2021 - Roma - “Verso il mondo che vorrei” è il titolo della copertina del nuovo numero del mensile “Migranti Press” della Fondazione Migrantes. All’interno alcuni articoli su progetti realizzati grazie a fondi del’8Xmille come “Tutti in Campo” della diocesi di Isernia-Venafro o “Educare senza confini”, un progetto educativo promosso da Sophia Impresa Sociale all’interno della campagna CEI “Liberi di partire, Liberi di restare”. E ancora l’educazione all’interculturalità con un articolo sugli alunni di origine araba nella scuola italiana.
Nel ricco numero anche un articolo sul neo vescovo ausiliare di Roma, mons. Ambarus che ha la delega alla Pastorale della Carità, dei Migranti (in particolar rom e sinti) e dell’Ufficio Missionario; una intervista al presidente del Centro Astalli, p. Camillo Ripamonti su Diritti, emarginazione e migranti ai tempi della pandemia. Come sempre spazio agli studenti internazionali con una intervista al direttore Migrantes di Torino, Sergio Durando e sulla sua esperienza con questo mondo nel capoluogo piemontese. Si parla poi degli “italiani che…” con la figura d Cristina da Pizzano, una scrittrice italiana del Trecento alla corte del re di Francia, di iniziative pastorali con i rom come quella della Pasqua ortodossa a Latina con i volontari Migrantes e dell’impegno di alcune parrocchie a fianco degli amici del circo fermi a causa della pandemia nel territorio di Ascoli Piceno.
4 Maggio 2021 - Roma - È dedicata al pellegrinaggio di Papa Francesco in Iraq la copertina della rivista “Migranti-Press”, il mensile della Fondazione Migrantes. All’interno un editoriale affidato ad Enzo Romeo del Tg2 e un reportage di Manuela Tulli dell’Ansa su questa visita e un primo piano sulla prossima Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali con i commenti di alcuni direttori dei giornali delle Missioni cattoliche Italiane in Europa e un articolo che raccoglie alcune riflessioni di sacerdoti impegnati con le comunità italiane all’estero e con la pastorale Migrantes in Italia sul messaggio di Papa Francesco. Nel numero articoli sulla donna migrante affidata alla sociologa Laura Zanfrini, al “senso della cittadinanza” affidato a Aldessamad El Jouzi, ai corridori universitari in Italia. E ancora “Gli italiani che hanno fatto…” con la storia di Bona Sforza a Cracovia, i giovani delle Missioni Cattoliche Italiane in Europa convolti nel progetto “La rete: strumento per costruire ponti promossi da alcuni oratori lombardi. E poi un articolo sui 40 anni della Via Crucis vivente nella MCI di Wuppertal in Germania e un servizio sugli artisti di strada: “dove sono finiti con la pandemia”. E un inserto su Immigrazione e pluralismo religioso come tema di riflessione per il Tempo Ordinario.
Roma - “Niger, frontiera d’Europa”. Questo il titolo di copertina del nuovo numero del mensile della Fondazione Migrantes, “Migranti-Press” e che contiene un reportage sul viaggio di una delegazione Migrantes nel piccolo Paese Africano. La delegazione era composta, fra gli altri, da mons. Antonino Raspanti, Vescovo di Acireale e vicepresidente della CEI, mons. Marco Prastaro, Vescovo di Asti e delegato Migrantes per la Conferenza Episcopale Piemonte-Valle d’Aosta e dal direttore generale della Fondazione Migrantes, don Giovanni De Robertis. Una visita alla piccola comunità cristiana presente in quel Paese, come spiega don De Robertis nell’editoriale: i cattolici sono appena 35.000, di cui circa 5.000 nigerini e il resto sub-sahariani, su una popolazione di oltre 22 milioni di abitanti e un territorio circa cinque volte l’Italia. «L’idea – scrive il sacerdote - è nata durante l’incontro dei Vescovi del Mediterraneo del febbraio 2020 a Bari». Ma perchè il Niger? Perché «questo Paese è diventato il punto di passaggio obbligato per tutti i subsahariani che vogliono arrivare in Libia e poi in Europa. Perché qui, nel campo di Hamdallaj, nel deserto a circa 40 km da Niamey, si trovano quei minori soli che le Nazioni Unite hanno salvato dai campi di detenzione libici, insieme ad altre centinaia di persone, e che noi speriamo possano arrivare presto in Italia per motivi di studio e ricominciare a vivere». Nel numero anche il punto sui corridoi umanitari, su un progetto, finanziato dalla Campagna “Liberi di partire, Liberi di Restare” in Costa d’Avorio, un progetto d'integrazione avviato dalla Migrantes della diocesi di Andria, un focus sulla Repubblica Democratica del Congo dopo l’uccisione dell’Ambasciatore italiano Luca Attanasio, del carabiniere Vittorio Iacovacci e del loro autista congolese, Mustapha Milambo. Nel servizio le testimonianze di alcuni studenti internazionali che hanno studiato in Italia e poi sono ritornati nel loro Paese per dare il loro contributo. E ancora un approfondimento su Eleonora Ragusa e gli italiani in Giappone, un servizio sul circo Rolando Orfei fermo a Rieti a causa della Pandemia e alcune iniziative delle Migrantes diocesane per conoscere il mondo, il popolo Rom e per sconfiggere una cultura di pregiudizio. (R. Iaria)
19 Marzo 2021 - Roma - Ha una copertina dedicata a San Giuseppe l’ultimo numero del mensile della Fondazione Migrantes, “Migranti-Press”. Il titolo “Con cuore di Padre” riprende la lettera di papa Francesco sulla figura di San Giuseppe. Sono note a tutti la «predilezione» dell’attuale Pontefice per le «persone umili e poco appariscenti e la sua diffidenza verso la mentalità che mette sempre al centro il calcolo economico e l’autoaffermazione ad ogni costo. Tutto ciò – si legge nell’editoriale del giornale – emerge con chiarezza anche nelle riflessioni sulla figura di San Giuseppe, del quale si mettono in evidenza soprattutto l’assoluto disinteresse che ne caratterizzò la vita e la gratuità del suo amore per Gesù e Maria, ad imitazione del “cuore di Padre” con cui Dio guarda l’umanità intera». Nel numero articoli sulla devozione a San Giuseppe del beato vescovo Giovanni Battista Scalabrini, pioniere nell’assistenza e accompagnamento pastorale con gli italiani emigranti, e di don Dino Torreggiani, tra i pionieri della pastorale con il mondo della spettacolo viaggiante. E poi articoli sulla rotta balcanica, sugli studenti internazionali e, ancora, sui 70 anni del mensile delle Missioni cattoliche italiane di Germania e Scandinavia, “Corriere d’Italia”. (Raffaele Iaria)
Migranti-press