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Brasile: venti anni fa la morte di don Lanciotti, gravemente ferito in un attentato

22 Febbraio 2021 - Roma - Una “vita donata” è la sintesi della vita di don Nazareno Lanciotti, morto 20 anni fa, il 22 febbraio 2001, in Brasile dopo essere stato ferito gravemente da alcuni sicari undici giorni prima, l’11 febbraio, nella sua canonica di Jauru, dove era arrivato nel novembre 1971, all’età di 31 anni. Nelle stesse ore in cui padre Nazareno tornava alla casa del Padre, papa Giovanni Paolo II creava nuovi cardinali durante il quale parlava della testimonianza fino al martirio. Tra i nuovi porporati Jorge Maria Bergoglio. La vita e le opere del missionario sono oggi all’esame della Congregazione per la Causa dei Santi dopo lo svolgimento della fase diocesana a São Luiz de Cáceres. Nato a Roma il 3 marzo 1940, dopo gli studi nel seminario di Subiaco, e ordinato sacerdote nel 1966, svolge i suoi primi anni di ministero a Roma. In Brasile trova una realtà di povertà estrema e il suo impegno a sostegno della popolazione fu immediato. In appena tre anni riesce a costruire un ospedale con annessa la chiesa di “Nostra Signora del Pilar”. E poi ancora la casa per anziani “Cuore Immacolato di Maria”, chiesette e cappelle nella foresta per l’assistenza in piccoli gruppi dei tanti fedeli, gruppi di preghiera e una scuola dedicata a San Francesco d’Assisi per 400 bambini. Tra le sue preoccupazioni anche la carenza di sacerdoti che lo spinge a iniziare un seminario minore dove si formarono le prime vocazioni locali, come ci dice il postulatore della causa, don Enzo Gabrieli raccontando che la dimora di p. Nazareno fu la vecchia chiesa cadente presso la quale vi era arrivato a dorso di un mulo. La prima notte che vi trascorse aveva trovato un’immagine della Vergine dalla quale si sentì dire, in cuor suo, “ti stavo aspettando”. E lui si mette subito all’opera a servizio degli altri: “l'amore per il Signore non è scindibile da quello per il suo popolo”, spiega don Gabrieli sottolineando che padre Nazareno “si è consacrato alla missione secondo quello spirito di Chiesa in uscita di cui parla papa Francesco. Non si è risparmiato ed è partito per rispondere alle esigenze della Chiesa che è nel Mato Grosso e in Amazzonia. Una esigenza ancora viva e forte”. Il sacerdote aveva come punti di riferimento la Madonna, l'Eucarestia e l'amore per il Papa e la Chiesa. Prima di morire “ha saputo perdonare i suoi attentatori così come fecero i grandi martiri”. Il suo impegno “attento al bene di ciascuno”, lo porta ad essere accanto ai giovani che incontrava ogni sabato, dopo la Messa, mettendoli in guardia dai pericoli della droga e della prostituzione. Un’attività che “dava fastidio” dice don Gabrieli. Infatti l’11 febbraio del 2001 due uomini con il volto coperto fecero irruzione nella canonica dove il missionario stava cenando con i suoi collaboratori e alcuni ospiti. “Puntando una pistola contro i presenti, chiesero loro soldi per inscenare una rapina finita male”, racconta il postulatore sottolineando come, grazie ai testimoni, si è potuta fare una vera a propria ricognizione di quanto avvenuto. “Nel corso dell’atto criminale loro stessi rivelarono che erano stati mandati da alcuni personaggi locali ai quali l’azione della Chiesa e del prete dava fastidio”, dice ancora il postulatore don Gabrieli. “Sono venuto ad ammazzarti perché ci dai troppo fastidio”, disse uno dei killer. La parrocchia era diventata “l’argine e la protezione per tanti giovani dai pericoli della droga e della prostituzione”. Il sacerdote fu immediatamente soccorso e portato in ospedale ma morì undici giorni dopo con in bocca parole di perdono per i killer. Dalla sua vita emerge “un sacerdote innamorato che ha difeso la vita e la famiglia e quei valori cristiani che sono alla base della vita cristiana. Il cristiano non è un eroe, ha avuto anche paura, sapeva di rischiare ma l'amore è più forte di ogni paura”. (Raffaele Iaria)