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Le proposte di modifica di JRS Europe alla bozza di regolamento UE per i rimpatri

25 Marzo 2025 - Il JRS Europa, la sezione europea del Servizio dei gesuiti per i rifugiati, ha pubblicato un documento per esortare i legislatori dell'Unione europea a modificare la proposta di Regolamento sulla gestione dei rimpatri per garantire soluzioni incentrate sull'uomo.
Nel comunicato si fa riferimento ad esempio alla necessità di:
  • Porre la dignità umana al centro delle procedure di rimpatrio.
  • Privilegiare misure meno coercitive rispetto alla detenzione.
  • Vietare la detenzione di famiglie, minori e persone vulnerabili.
  • Estendere a tre mesi il termine per i rimpatri volontari.
  • Abolire gli hub di rimpatrio al di fuori del territorio dell'UE.

Proposta di Regolamento per rimpatri Ue. Fondazione Migrantes: “Appare dettata da uno spirito prevalentemente punitivo”

12 Marzo 2025 - La Commissione europea ha proposto un giro di vite sulle persone giunte in Europa da Paesi terzi. Preteso dagli Stati membri (Consiglio europeo, ottobre 2024) e annunciato dalla presidente Von der Leyen, il nuovo quadro giuridico per i rimpatri “costituisce – secondo l’Esecutivo – un elemento chiave per integrare il Patto sulla migrazione e l’asilo adottato lo scorso anno, che definisce un approccio globale alla migrazione”. “Con tassi di rimpatrio in tutta l’Ue attualmente pari solo al 20% e con una frammentazione dei diversi sistemi che si presta ad abusi, è necessario un quadro giuridico moderno, più semplice ed efficace”. Così le nuove norme forniranno agli Stati membri “gli strumenti necessari per rendere il rimpatrio più efficiente nel pieno rispetto dei diritti fondamentali” per superare i 27 sistemi diversi in vigore attualmente. (Fonte: SIR) Quello che sembra emergere dal testo della proposta della Commissione europea di un Regolamento "per un sistema comune dei rimpatri" - ha commentato mons. Pierpaolo Felicolo, direttore generale della Fondazione Migrantes - è una svolta verso l'esternalizzazione della gestione delle persone che non hanno più titolo a rimanere nel territorio dell’Ue, prevedendo degli hub per i rimpatri in Paesi terzi. In generale, essa appare dettata da uno spirito prevalentemente punitivo. Altre esperienze analoghe di esternalizzazione in strutture di fatto detentive in Paesi terzi sono già state sottoposte a una minuziosa analisi dal punto di vista delle Convenzioni internazionali e dei diritti umani, e la loro valutazione è stata negativa. "Sarebbe auspicabile - continua mons. Felicolo - che l'Unione europea, piuttosto, con la sua storia e le sue radici di diritto, proponesse e finanziasse norme volte a investire in massima parte sul rafforzamento delle forme legali di ingresso ed, eventualmente, sui rimpatri assistiti volontari. Perché è bene ricordare che spesso i migranti che intendono rimpatriare, anche qualora non abbiano ricevuto provvedimento di espulsione, non hanno i mezzi per farlo". Scorrendo le 87 pagine del documento, sul tema dei “rimpatri volontari” la previsione di spesa per una loro “incentivazione” è di 8.4 milioni di euro per i prossimi tre anni, contro i 137.5 milioni di euro previsti nel triennio per la “capacità detentiva”. La nuova direttiva europea sui rimpatri dei migranti "smentisce il progetto dell'Italia in Albania, anche se lascia aperta la possibilità di trasformare le strutture albanesi in strutture detentive per chi è espulso dal Paese in vista del rimpatrio" sottolinea mons. Gian Carlo Perego , presidente della Commissione Cei per le migrazioni e presidente della Fondazione Migrantes. "A questo punto - osserva - ci domandiamo a cosa servirebbe la costruzione in Italia di 5 nuovi Cpr. Un secondo interrogativo riguarda come sarà tutelato in Centri in Paesi extra-Ue il diritto al ricorso al provvedimento di espulsione. Ci si augura che in sede parlamentare europea possano essere apportate modifiche significative alla direttiva a tutela della dignità delle persone e del diritto alla protezione internazionale".

(aggiornato il 13 marzo 2025)

Migranti: l’Europa accelera

15 Giugno 2021 - Bruxelles – Il Patto migratorio non può più attendere. La Commissione Europea aumenta il pressing per sbloccare un dossier arenato da anni soprattutto sul fronte della solidarietà. «Trovare un accordo al più presto sul Patto per la migrazione e l’asilo – ha dichiarato ieri il vicepresidente della Commissione, Margaritis Schinas – dovrebbe essere una priorità». Per Schinas «la mancanza d’intesa non fa che alimentare il business dei trafficanti, causando un grave bilancio di vite umane». «Dobbiamo superare il sistema di Dublino (sull’asilo, ndr) – ha aggiunto il presidente del Parlamento europeo David Sassoli – per un’autentica cooperazione tra Paesi basata su un meccanismo permanente di solidarietà, ripartizione (di migranti, ndr) e responsabilità». Ma è proprio su questo punto che tutto resta bloccato; non è decollata neppure l’idea di un meccanismo provvisorio di ridistribuzione volontaria in soccorso a Paesi di prima linea come l’Italia. La Germania (in campagna elettorale) si mostra perplessa, sostenendo di essere più sotto pressione di noi: a fine aprile aveva ricevuto 38.000 domande di asilo contro i 13.000 migranti sbarcati nella Penisola. Anche la Francia, con le presidenziali del 2022, punta i piedi. Tant’è che al pranzo dei ministri degli Interni l’8 giugno a Lussemburgo il tema ridistribuzione praticamente non è stato toccato, né figura nelle prime bozze di conclusioni del Consiglio Europeo del 24-25 giugno, dove pure la migrazione – per insistenza dell’Italia – sarà un piatto forte. Non parliamo poi del meccanismo permanente di ridistribuzione previsto dal Patto proposto dalla Commissione: il no di molte nazioni, non solo dell’Est, è ferreo. Roma intanto vede grandi squilibri nel Patto: solidarietà insufficiente a fronte di troppi oneri per i Paesi di prima linea. Il Nord Europa, come dimostra una recente lettera a Bruxelles firmata dai ministri di Germania, Francia, Belgio e Olanda, lamenta invece i movimenti secondari di migranti dal Sud (anzitutto dalla Grecia). Inoltre Berlino e Parigi puntano il dito contro l’Italia, accusata di bloccare il negoziato. «E poi ci chiedono pure un aiuto» inveisce un diplomatico del Nord. Roma, insieme agli altri mediterranei, insiste sul concetto di «pacchetto»: il Patto va approvato nel suo complesso e non, come vogliono Parigi e Berlino, «a rate», cominciando dai dossier su cui c’è consenso. Consenso già assodato sulla dimensione esterna (cooperazione con i Paesi di transito e d’origine, rimpatri, rafforzamento delle frontiere esterne). E soprattutto, sulla riforma dell’Easo (l’ufficio Ue per l’asilo): è ormai concluso a livello tecnico l’accordo per trasformarlo in una vera Agenzia Ue per l’asilo (Euaa), ma non si è potuto formalizzarlo per la logica del pacchetto. Un movimento c’è: la ministra Lamorgese insieme ai colleghi di Grecia, Cipro e Malta l’8 giugno ha offerto alla Commissione una soluzione pragmatica: siglare l’accordo sull’Euaa, ma attenderne l’attuazione fino a un’intesa complessiva. Potrebbe servire a migliorare il clima. Ma il cammino è ancora lungo. (Giovanni Maria Del Re - Avvenire)    

Ue: “migranti, sfollati e apolidi ancora più a rischio per la pandemia”

20 Giugno 2020 -

Bruxelles - “La lotta è ancora più dura per i rifugiati, gli sfollati interni, i migranti e gli apolidi: con un accesso limitato o senza accesso alle cure mediche e ai meccanismi di protezione, queste persone sono più vulnerabili agli effetti della pandemia globale”. Lo hanno scritto in una dichiarazione congiunta Commissione europea e Alto rappresentante Ue, in occasione della Giornata mondiale del rifugiato che si celebra oggi, per richiamare l’attenzione su questa realtà che nel mondo coinvolge una persona su 97: 80 milioni sono gli sfollati a causa di conflitti e persecuzioni. “Il coronavirus non discrimina tra le persone e non conosce confini” si legge nel testo ma “è essenziale” che anche durante la pandemia, “i bisognosi possano continuare ad accedere alle procedure di protezione internazionale e trovare rifugio, anche attraverso il reinsediamento” e che “i Paesi più esposti, compresi quelli che ospitano migliaia di rifugiati, siano aiutati ad affrontare le difficoltà che incontrano”. “L’integrazione è una priorità per questa Commissione”, si legge ancora, come testimoniano le “misure per garantire che le persone appena arrivate abbiano accesso a servizi essenziali quali istruzione, assistenza sociale, assistenza sanitaria e alloggio”.