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Un momento commemorativo per ricordare l’ultimo naufragio di migranti

2 Luglio 2021 - Agrigento- Chi sono? Da dove vengono?  Quanti anni avevano? Che religione professavano? Chi hanno lasciato? Sono figlie?  Spose? Sorelle? Mamme? Chi li attende e non sa ancora della tragedia? Che cosa li ha spinti a lasciare la loro casa ed i loro affetti? Queste ed altre domande,  sono riecheggiate durante il momento commemorativo e nella mia mente quando, al molo commerciale di Porto Empedocle, le braccia di ferro di un muletto, manovrato con cura e attenzione dall’operatore,  prelevano, dalla cella frigorifera, una ad una,  le bare delle donne migranti morte nel naufragio, all’alba del 30 giugno 2021, nelle acque fra Lampedusa e Lampione, e  giunte ieri sera, 1 luglio, a bordo della nave di linea “Sansovino”, insieme ai supersiti, a Porto Empedocle. Mentre l’operatore le sistemava, una accanto all’altra, sul molo, un forte vento di scirocco accarezzava le rose ed i fiori che le autorità, man mano, deponevano sulle bare delle sette donne identificate solo  da un numero e dalla data della morte. La speranza e che i corpi possano essere identificati e fare ritorno nella loro terra. Poco distante, sul ponte passeggeri della nave “Sansovino”, alcuni superstiti al naufragio hanno assistito al momento commemorativo – a cui hanno preso parte i rappresentanti, religiosi, istituzionali, militari.  – “felici” per avercela fatta, ma con le guance rigate dalle lacrime per la morte delle compagne di viaggio. Tra essi, probabilmente, qualche amico, forse anche qualche delle vittime e degli altri 9 dispersi i cui corpi non sono stati ancora recuperati. Al momento commemorativo erano presenti il Prefetto, Maria Rita Cocciufa, unitamente ai suoi più stretti collaboratori dell’Ufficio Territoriale del Governo impegnato a coordinare il non facile e problematico fenomeno migratorio sulle nostre coste, i rappresentanti delle forze dell’ordine e portuali, i sindaci di Agrigento, Franco Miccichè, Porto Empedocle, Ida Carmina e quello di Palma di Montechiaro, Stefano Castelino, che ha dato pronta disponibilità ad accogliere nel cimitero cittadino le salme dei migranti per una degna sepoltura. Sul molo erano presenti l’arcivescovo di Agrigento, mons. Alessandro Damiano, l’arciprete di Porto Empedocle, don Leo Argento, il coparroco di Lampedusa, don Fabio Maiorana ed i referenti degli Ufficio diocesani Migrantes e dialogo interreligioso. La comunità islamica è stata rappresentata dall’Iman, Abdelhafid Kheit, presidente comunità islamica di Cicilia e vice presidente dell’unione delle comunità islamiche d’Italia. Sulla bocca di coloro che sono intervenuti alla commemorazione parole di pietà e compassione ma anche richiami a non abituarsi alla morte in mare di migranti unitamente all’auspicio che fatti del genere non abbiano più a ripetersi nella piena consapevolezza  che quella che si è consumata è “la stata cronaca di una morte annunciata” e che il fenomeno non è più una emergenza e che quei morti chiedono ben altre risposte e uno sguardo nuovo al fenomeno che vada nel oltre il mediterraneo ed il Sahara. Nel mentre, all’inizio di una estate che non è difficile prevedere caldissima dal punto di vista del fenomeno migratorio, nel Mediterrano si consumano scene da “battaglia navale”, come denuncia il video ripreso dall’aereo di Sea Watch dove si vedono i guardacoste libici che hanno tentato di speronare e sparare su un barcone che cerca di sfuggire alla cattura. (vedi) “La riprova – scrive Avvenire – che i confini delle aree Sar (ricerca e soccorso, ndr) vengono utilizzati come pretesto per rinunciare ai soccorsi lasciando che migranti e profughi vengano catturati dalle autorità libiche, oppure intercettati dalla flotta fantasma di pescherecci adoperati da Malta per respingere i migranti senza sporcarsi le mani”. Di “inquietante video” parla Flavio Di Giacomo, portavoce dell’Organizzazione Onu per i migranti (Oim). I guardacoste libici inseguono “in acque Sar maltesi, quasi speronandoli, i migranti in mare. Questa operazione non può essere certa definita un soccorso”. La nostra ricca e opulenta Europa, società civile ed istituzioni, all’alba del 30 giugno, ancora una volta è naufragata insieme a queste sette sorelle; con essi naufragano anche le nostre coscienze di uomini e cristiani.  Sono tante, troppo le vittime per bollare il fenomeno come emergenziale. Secondo un drammatico conteggio fatto dalla Comunità Sant’Egidio (ovviamente per difetto) sono 43.390 le persone morte, senza contare i dispersi, dal 1990 a oggi, nel Mare Mediterraneo o nelle altre rotte, via terra, dell’immigrazione verso l’Europa. Un conteggio drammatico, che si è ulteriormente aggravato nell’ultimo anno: sono infatti 4.080 le persone che, da giugno 2020 ad oggi, hanno perso la vita nel Mediterraneo e lungo le vie di terra nel tentativo di raggiungere il nostro continente, soprattutto dalla Libia attraverso la rotta del Mediterraneo centrale. (Carmelo Petrone - direttore L’Amico del Popolo - Agrigento)