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Natale: Acs lancia campagna per rifugiati cristiani

22 Dicembre 2021 - Roma - Aiuto alla Chiesa che Soffre (ACS) ha lanciato una campagna natalizia a sostegno dei rifugiati e degli sfollati interni in Africa e Medio Oriente. Attraverso i suoi partner sul campo, ACS contribuisce a soddisfare i bisogni primari delle famiglie, prevalentemente cristiane, fornendo loro riparo e curando l'educazione dei bambini e dei giovani adulti. Mentre ci avviciniamo al Natale, più di 84 milioni di persone in tutto il mondo sono sfollate. Quest'anno i Paesi africani hanno registrato il più significativo incremento degli sfollati interni, mentre la Siria è stata la nazione da cui è fuggito il maggior numero di persone. In queste aree ACS sta concentrando i suoi sforzi. Nel Burkina Faso Bartolomeo Sawadago è fuggito in bicicletta dopo che i jihadisti hanno attaccato la sua chiesa durante la Messa domenicale, uccidendo il sacerdote e cinque parrocchiani. Lui e la sua famiglia hanno trovato un riparo a 195 km di distanza, ma ora mancano un alloggio adeguato e il cibo. Il numero di sfollati interni nel Paese è aumentato raggiungendo gli 1,4 milioni. I partner locali di ACS stanno cercando di assicurare assistenza pastorale, pasti e istruzione ai bambini. A causa dell'insicurezza, sacerdoti, suore e catechisti non possono più recarsi nella maggior parte delle parrocchie di questo Paese per celebrare la Messa e fare catechesi. Le attività pastorali sono quasi del tutto sospese. Questo rende la radio il mezzo principale di comunicazione con la popolazione, soprattutto nelle zone rurali. Padre Victor Ouedraogo, direttore del Centro diocesano di comunicazione a Notre Dame du Sahel a Ouahigouya, in un colloquio con ACS spiega: «È importante diffondere messaggi che possano calmare i cuori, riconciliare le comunità e favorire la coesione sociale. Le trasmissioni permetteranno ai cristiani e a tutta la popolazione di ascoltare l'appello dei leader religiosi alla tolleranza e alla convivenza pacifica. Consentirà inoltre ai fedeli cattolici di ascoltare il Vangelo e gli insegnamenti della Chiesa nonostante il difficile contesto». Data la loro attuale rilevanza, la produzione di programmi radiofonici è uno dei progetti che ACS ha deciso di sostenere con la sua campagna natalizia. Anche il Mozambico è diventato teatro delle devastazioni degli estremisti islamici, e a Pemba Padre Edegard Silva è uno dei sacerdoti che sostengono gli sfollati. Con l'arrivo di oltre 800.000 profughi dal nord del Paese, le parrocchie di Pemba hanno accumulato un grandissimo numero di sfollati. Tra loro c'è Francisco, 52 anni, il cui figlio è stato tra le 3.300 persone uccise dai jihadisti. Francisco è stato in grado di avviare una piccola attività di vendita di sapone. Attraverso la campagna natalizia, ACS intende sostenere altri sfollati interni a Pemba con corsi per favorire diverse attività generatrici di reddito, allo scopo di creare nuove opportunità attraverso la costituzione di cooperative e piccole associazioni tra persone locali e sfollati. Durante i dieci anni di guerra in Siria molti hanno subito la crudeltà dei gruppi islamisti, i quali hanno occupato proprietà e possedimenti. I servizi sanitari sono drammaticamente insufficienti e l’insicurezza aumenta. Anziani, disabili e malati subiscono gli effetti delle sanzioni internazionali. «Fu da qui, dalla Siria, dalla Palestina, dalla Giordania e da quello che oggi è Israele, che arrivarono i primi cristiani», ricorda Padre Hugo Alaniz, sacerdote argentino in missione fra gli sfollati presenti ad Aleppo. Per questo «credo sia un obbligo per noi, come Chiesa, aiutare i cristiani del Medio Oriente, perché è grazie a loro che abbiamo conosciuto il messaggio del Vangelo». Molti siriani sono fuggiti come rifugiati in Libano, dove le parrocchie locali stanno fornendo assistenza pastorale, alloggio e medicine attraverso il sostegno di ACS. Grazie alle donazioni ricevute durante la campagna natalizia di ACS, sacerdoti e suore potranno aiutare gli sfollati e i rifugiati in molti Paesi con un indispensabile sostegno materiale e con la consolazione derivante dalla fede.  

In 26 nazioni del mondo la libertà religiosa è soffocata dalla persecuzione

21 Aprile 2021 - Roma - Il Rapporto sulla libertà religiosa nel mondo 2021, pubblicato dalla fondazione pontificia Aiuto alla Chiesa che Soffre (ACS) e giunto alla sua XV edizione, evidenzia che in una nazione su tre si registrano gravi violazioni della libertà religiosa. Secondo lo studio, presentato ufficialmente a Roma e in altre grandi città in tutto il mondo, questo diritto fondamentale non è stato rispettato in 62 dei 196 Paesi sovrani (31,6% del totale) nel biennio 2018-2020. «In 26 di queste nazioni si soffre la persecuzione», dichiara Alessandro Monteduro, Direttore di ACS Italia. «Nove Paesi per la prima volta si sono aggiunti alla lista: sette in Africa (Burkina Faso, Camerun, Ciad, Comore, Repubblica Democratica del Congo, Mali e Mozambico) e due in Asia (Malesia e Sri Lanka). La causa principale è la progressiva radicalizzazione del continente africano, specie nelle aree sub-sahariana e orientale, dove la presenza di gruppi jihadisti è notevolmente aumentata», prosegue Monteduro. Violazioni della libertà religiosa si sono verificate nel 42% delle nazioni africane. Burkina Faso e Mozambico rappresentano due casi eclatanti. «Questa radicalizzazione non si limita tuttavia all’Africa. Il Rapporto - sottolinea Monteduro - descrive il consolidamento di un network islamista transnazionale che si estende dal Mali al Mozambico, dalle Comore nell’Oceano Indiano alle Filippine nel Mar Cinese Meridionale, il cui scopo è creare un sedicente califfato transcontinentale». Il Rapporto evidenzia una nuova frontiera: l’abuso della tecnologia digitale, dei cyber networks, della sorveglianza di massa basata sull’intelligenza artificiale (AI) e sulla tecnologia del riconoscimento facciale per assicurare un maggiore controllo con finalità discriminatorie. Questo fenomeno è evidente soprattutto in Cina, dove il Partito Comunista sta reprimendo i gruppi religiosi con l’ausilio di 626 milioni di telecamere di sorveglianza con tecnologia AI e con l’aiuto dei sensori degli smartphone. Anche i gruppi jihadisti stanno impiegando la tecnologia digitale per favorire la radicalizzazione e per il reclutamento di nuovi terroristi. In 42 Paesi (21% del totale), abbandonare o cambiare la propria religione - sottolinea il Rapporto dell'Acs - può determinare gravi conseguenze legali e/o sociali, con uno spettro di possibili conseguenze che va dall’ostracismo familiare alla pena di morte. La ricerca di ACS denuncia anche l’incremento della violenza sessuale impiegata come un’arma contro le minoranze religiose, in particolare i crimini contro donne adulte e minorenni le quali vengono rapite, violentate e costrette a ripudiare la loro fede per abbracciare coattivamente quella maggioritaria. Il 67% circa della popolazione mondiale, pari a circa 5,2 miliardi di persone, vive attualmente in nazioni in cui si verificano gravi violazioni della libertà religiosa. Fra di esse vi sono quelle più popolose: Cina, India e Pakistan. Anche la persecuzione religiosa da parte dei governi autoritari si è intensificata. La promozione della supremazia etnica e religiosa in alcune nazioni asiatiche a maggioranza indù e buddista ha contribuito a intensificare l’oppressione ai danni delle minoranze, riducendone spesso i componenti a livello di cittadini di seconda classe. L’India rappresenta il caso più eclatante, ma tali politiche vengono applicate anche in Pakistan, Nepal, Sri Lanka e Myanmar. In Occidente si registra una diffusione della “persecuzione educata”, secondo l’espressione coniata da Papa Francesco per descrivere il conflitto fra le nuove tendenze culturali e i diritti individuali alla libertà di coscienza, conflitto a causa del quale la religione viene relegata nel ristretto perimetro dei luoghi di culto. Il Rapporto fa cenno anche al profondo impatto della pandemia da COVID-19 sul diritto alla libertà religiosa. A fronte di una tale emergenza, i governi hanno ritenuto necessario imporre misure straordinarie, applicando in alcuni casi limitazioni sproporzionate al culto religioso, specie se confrontate con quelle imposte ad altre attività secolari. In alcuni Paesi, come ad esempio il Pakistan e l’India, gli aiuti umanitari sono stati negati alle minoranze religiose. La pandemia è stata utilizzata specie nei social network quale pretesto per stigmatizzare alcuni gruppi religiosi accusati di aver diffuso o addirittura causato la pandemia. Secondo Alfredo Mantovano, Presidente di ACS Italia, «a causa della pandemia ci siamo abituati a ragionare e a operare in termini di zone rosse, zone arancione, e così via, a seconda dell’intensità del contagio. Il Rapporto adopera da 22 anni la differente intensità dei colori per rendere visivamente chiara l’intensità della persecuzione religiosa nel mondo. Ma nel Rapporto ai colori non corrisponde la tipologia di esercizi commerciali che possono stare aperti o che devono chiudere. Le restrizioni», prosegue Mantovano, «attengono all’esercizio di un diritto umano fondamentale, dai luoghi nei quali la condanna a morte colpisce chi mostra in pubblico i segni della propria fede, a quelli che sono teatro tragico dell’uso seriale e programmato della violenza sessuale nei confronti delle giovani donne colpevoli di appartenere a una comunità religiosa da cancellare», conclude il Presidente di ACS Italia.