21 Giugno 2021 – Città del Vaticano – “I dati parlano chiaramente: 82 milioni di sfollati, richiedenti asilo e rifugiati. Il Papa ha fatto cenno anche al Myanmar dove moltissimi sono gli sfollati a causa di quanto sta accadendo, a causa della fame come in altri 35 Paesi che vivono altre situazioni di disastri ambientali. Il mondo dei rifugiati ci ricorda questa drammatica realtà della fame, della miseria, della guerra, dei cambiamenti climatici e dei disastri ambientali e al tempo stesso ci ricorda questo mondo di persone che sono in cammino, che stanno attraversando in questo momento il Mediteranneo e che muoiono in mare come 700 persone quest’anno o sono rimandati indietro o sono rifiutati”. Così mons. Gian Carlo Perego, presidente della Fondazione Migrantes, in una intervista ieri alla Radio Vaticana commentando le parole di Papa Francesco all’Angelus. “In questo momento – ha aggiunto – in cui viviamo una rinascita dopo la pandemia, credo che sia necessario ripensare a un piano di soccorso in mare europeo e ripensare veramente ad un piano di accoglienza che ci faccia sentire fratelli e sorelle, sulla scia dell’appello del Papa quando andò in visita a Lampedusa e si domando: ‘Dov’è tuo fratello?’. Credo che questa sia la cosa più urgente”.
“Serve uno scatto di umanità che metta al centro la tutela di ogni persona e serve anche una solidarietà che si allarghi sempre di più, che dall’Italia si allarghi a tutta l’Europa, che si allarghi a tutti i confini e le frontiere del mondo dove tante volte anziché creare corridoi umanitari, anziché creare accoglienza, c’è il rischio di ricreare quei muri, quelle distinzioni, quelle divisioni pensando che la divisione, la distinzione, la separazione, il rifiuto possa essere la nostra sicurezza. In realtà è una grande integrità perché soltanto la capacità del riconoscere l’altro e dell’accoglienza può generare un mondo diverso”. Il prossimo oggi è – ha detto ancora il presidente Migrantes – soprattutto “la persona che si mette in cammino, lasciando il proprio Paese, alla ricerca di una storia nuova, di comunità, di vita e quindi l’accoglienza diventa veramente uno dei segni del cristiano di riconoscere in chi è in cammino il volto di Cristo. Quindi educare a camminare nella carità certamente è uno degli impegni più importanti che oggi siamo chiamati, anche come Chiesa, a compiere, in questo tempo in cui il rifiuto, l’egoismo, l’individualismo rischiano di segnare anche quei principi democratici e costituzionali che hanno al centro il rispetto della dignità di ogni persona, di ogni richiedente asilo o rifugiato”.


