8 Giugno 2020 – Roma – Una mamma rom e i suoi sei figli, tutti minorenni, da tre giorni vivono in un vecchio furgone parcheggiato in via dei Prati Fiscali; una giovane coppia, con tre bambini piccoli e un quarto in arrivo, pure di etnia rom e anche loro arrivati dalla Bosnia, si sono invece accampati in una vecchia roulotte nei pressi di via Candoni, sempre a Roma. È questo il destino di due delle tre famiglie rom che mercoledì scorso hanno dovuto lasciare la struttura della Croce Rossa di via Ramazzini. Alla fine, dopo un tira e molla durato settimane e proprio nelle stesse ore in cui comunque era previsto lo sgombero con la forza, le due famiglie hanno deciso di caricare le poche e povere suppellettili e andare altrove, mentre la terza famiglia rom, proveniente dalla Romania (anche questa con tre bambini piccoli e la madre invalida costretta su una sedia a rotelle) per ora ha deciso di barricarsi nella stessa struttura, anche perché di alternative non ce ne sono.
Si sta consumando così un’altra storia di degrado nella capitale d’Italia, nata all’inizio dell’ultimo periodo invernale, quando – proprio in seguito all’emergenza freddo – il Comune di Roma mette a disposizione della Croce Rossa Italiana una struttura in via Bernardino Ramazzini, non lontano dall’ospedale Forlanini. A marzo, proprio a ridosso del lockdown, in questo centro arrivano altre 18 persone, con 11 bambini, che – tempo altri due giorni – avrebbero dovuto trascorrere in strada il periodo dell’emergenza Covid perché nel frattempo aveva chiuso i battenti anche un altro centro di accoglienza temporanea, nel quartiere di Centocelle. Adesso, però, è terminato anche il progetto originario di via Ramazzini (quello per l’appunto legato all’emergenza freddo) e di fatto anche il riparo per quelle famiglie rom arrivate con l’esplodere della pandemia. Tra Croce Rossa e Comune (assessorato Politiche sociali e Ufficio speciale rom) in queste settimane sono intercorsi contatti molto intensi, grazie anche all’intervento dell’Unione Inquilini e dell’associazione ‘Cittadini e minoranze’, ma di soluzioni (in ballo c’era anche quella di una casa famiglia) finora non ne sono state trovate. Così come a poco o nulla è servito coinvolgere il V Municipio. «Noi siamo pronti a collaborare per qualsiasi soluzione », afferma Nino Lisi, tesoriere dell’associazione, mentre in via Ramazzini nei giorni scorsi si è recato anche Marco Braccioduro, presidente di ‘Cittadini e minoranze’, che ha toccato con mano il dramma della situazione non appena le due famiglie, prima dell’intervento delle forze dell’ordine, hanno deciso di andare via: «Qui parliamo di sei bambini chiusi in un furgone lungo la strada, mentre l’altra famiglia si è sistemata in un campo rom, ma chissà se ce la lasceranno, visto che non hanno l’autorizzazione; al competente ufficio del Comune di Roma hanno chiesto di avere almeno un bagno chimico».
Tra l’altro, entrambi i nuclei familiari negli ultimi tempi sono passati da una sistemazione precaria all’altra, compresa quello dell’ex camping River, il campo rom tristemente passato agli onori delle cronache per lo sgombero di due estati fa. Cronache di ordinaria odissea nella Capitale d’Italia. (Igor Traboni – Avvenire)
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