11 Novembre 2021 - Città del Vaticano - Dal 9 al 12 novembre 2021 è in corso a Roma il Convegno europeo delle Missioni
Cattoliche Italiane sul tema “Gli italiani in Europa e la missione cristiana. Radici che non si
spezzano ma che si allungano ad abbracciare ciò che incontrano”, promosso dalla Fondazione
Migrantes della Conferenza Episcopale Italiana. I partecipanti, questa mattina, sono stati ricevuti da Papa Francesco in Vaticano.
Pubblichiamo di seguito il discorso pronunciato:
Cari fratelli e sorelle,
vi do il benvenuto e ringrazio il Card. Bassetti per le sue parole di saluto e di introduzione.
Saluto il Segretario Generale della CEI, il Presidente della Fondazione Migrantes con il Direttore e i
collaboratori, e rivolgo un grato saluto a tutti voi, sacerdoti e collaboratori pastorali, che siete al
servizio delle comunità e delle missioni di lingua italiana in Europa.
Il tema che guida i lavori del vostro incontro è “Gli italiani in Europa e la missione
cristiana”. Vedo in questo, da una parte, la sollecitudine pastorale che spinge sempre a conoscere la
realtà, in questo caso la mobilità italiana; e, dall’altra, il desiderio missionario che questa possa
essere fermento, lievito di nuova evangelizzazione in Europa. In questo quadro, vorrei condividere
tre riflessioni che spero possano aiutarvi nel presente e nel futuro.
La prima riguarda la mobilità, la migrazione. Spesso vediamo i migranti solo come “altri”
da noi, come estranei. In realtà, anche leggendo i dati del fenomeno, scopriamo che i migranti sono
una parte rilevante del “noi”, oltre che, nel caso degli emigranti italiani, delle persone a noi
prossime: le nostre famiglie, i nostri giovani studenti, laureati, disoccupati, i nostri imprenditori. La
migrazione italiana rivela – come scriveva il grande Vescovo Geremia Bonomelli, fondatore
dell’Opera di assistenza degli emigranti in Europa e in Medio Oriente – un’“Italia figlia”, in
cammino in Europa, soprattutto, e nel mondo. È una realtà che sento particolarmente vicina, in
quanto anche la mia famiglia è emigrata in Argentina. Il “noi”, dunque, per leggere la mobilità.
La seconda riflessione interessa l’Europa. La lettura dell’emigrazione italiana nel
Continente europeo ci deve rendere sempre più consapevoli che l’Europa è una casa comune.
Anche la Chiesa in Europa non può non considerare i milioni di emigranti italiani e di altri Paesi
che stanno rinnovando il volto delle città, dei Paesi. E, allo stesso tempo, stanno alimentando «il
sogno di un’Europa unita, capace di riconoscere radici comuni e di gioire per la diversità che la
abita» (Enc. Fratelli tutti, 10). È un bel mosaico, che non va sfregiato o corrotto con i pregiudizi o
con quell’odio velato di perbenismo. L’Europa è chiamata a rivitalizzare nell’oggi la sua vocazione
alla solidarietà nella sussidiarietà.
La terza riflessione riguarda la testimonianza di fede delle comunità di emigrati italiani in
Paesi europei. Grazie alla loro radicata religiosità popolare hanno comunicato la gioia del Vangelo,
hanno reso visibile la bellezza di essere comunità aperte e accoglienti, hanno condiviso i percorsi
delle comunità cristiane locali. Uno stile di comunione e di missione ha caratterizzato la loro storia,
e spero che potrà disegnare anche il loro futuro. Si tratta di un bellissimo filo che ci lega alla
memoria delle nostre famiglie. Come non pensare ai nostri nonni emigrati e alla loro capacità di
essere generativi anche sul piano della vita cristiana? È un’eredità da custodire e curare, trovando le
vie che permettano di rivitalizzare l’annuncio e la testimonianza di fede. E questo dipende molto dal
dialogo tra le generazioni: specialmente tra i nonni e i nipoti. Questo è molto importante, lo
sottolineo: nonni e nipoti. Infatti, i giovani italiani che oggi si muovono in Europa sono molto
diversi, sul piano della fede, dai loro nonni, eppure in genere sono molto legati ad essi. Ed è
decisivo che rimangano attaccati alle radici: proprio nel momento in cui si trovano a vivere in altri
contesti europei, è preziosa la linfa che attingono dalle radici, dai nonni, una linfa di valori umani e
spirituali. Allora, se c’è questo dialogo tra le generazioni, tra i nonni e i nipoti, davvero «le
espressioni della pietà popolare hanno molto da insegnarci [...], particolarmente nel momento in cui
pensiamo alla nuova evangelizzazione» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 126).
Alla luce dell’esperienza latinoamericana, ho potuto affermare che «gli immigrati, se li si
aiuta a integrarsi, sono una benedizione, una ricchezza e un nuovo dono che invita una società a
crescere» (Enc. Fratelli tutti, 135). Accogliere, accompagnare, promuovere e integrare, i quattro
passi. Se non arriviamo all’integrazione possono esserci problemi, e gravi. A me sempre viene in
mente la tragedia di Zaventem: coloro che hanno fatto questo erano belgi, ma figli di migranti non
integrati, ghettizzati. Accogliere, accompagnare, promuovere e integrare. Lo stesso si può dire
anche per l’Europa. Gli emigranti sono una benedizione anche per e nelle nostre Chiese in Europa.
Se integrati, possono aiutare a far respirare l’aria di una diversità che rigenera l’unità; possono
alimentare il volto della cattolicità; possono testimoniare l’apostolicità della Chiesa; possono
generare storie di santità. Non dimentichiamo, ad esempio, che Santa Francesca Saverio Cabrini,
suora lombarda emigrante tra gli emigranti, è stata la prima santa cittadina degli Stati Uniti
d’America. Nello stesso tempo, le migrazioni hanno accompagnato e possono sostenere, con
l’incontro, la relazione e l’amicizia, il cammino ecumenico nei diversi Paesi europei dove i fedeli
appartengono in maggioranza a comunità riformate o ortodosse.
In questo senso, constato con piacere che il percorso sinodale delle Chiese in Italia, anche
grazie al lavoro pastorale della Fondazione Migrantes, si propone di considerare le persone migranti
come una risorsa importante per il rinnovamento e la missione delle Chiese in Europa. Soprattutto il
mondo giovanile in emigrazione, spesso disorientato e solo, dovrà vedere una Chiesa con i suoi
Pastori attenta, che cammina con loro e tra loro.
Il Beato Vescovo Giovanni Battista Scalabrini, la cui azione tra i migranti ha alimentato la
missione delle Chiese in Italia, e Santa Francesca Cabrini, patrona dei migranti, guidino e
proteggano il vostro cammino nelle Chiese in Europa per un nuovo, gioioso e profetico annuncio
del Vangelo.
Cari fratelli e sorelle, vi ringrazio per quello che fate. Vi incoraggio a proseguire nel vostro
impegno e a pensare con creatività a una missione che guardi al futuro delle nostre comunità,
perché siano sempre più radicate nel Vangelo, fraterne e accoglienti. Vi benedico e vi accompagno.
E voi, per favore, non dimenticatevi di pregare per me. Grazie!