Tag: Mobilità umana e migrazioni

È morto don Sergio Aldigeri

19 Agosto 2019 - Roma - Apprendiamo con ritardo nella distrazione ferragostana la morte di un benemerito sacerdote, don Sergio Aldigeri  avvenuta il 31 luglio scorso nella Clinica delle Piccole Figlie in Parma dopo oltre un mese  di lenta e dolorosa malattia in età di 87 anni e 64 di sacerdozio. Era  nato il 19 luglio 1955 a Neviano degli Arduni (PR) ed ha svolto con zelo diversi compiti pastorali prima di esprimere dal 1982 in pienezza con generosità, serenità di spirito ed intelligenza la sua paterna sollecitudine nel servizio parrocchiale a San Ulderico  nel centro città. Don Aldigeri ha dedicato le sue attenzioni anche ai migranti, già e ben presto come Direttore diocesano e poi per oltre vent’anni fino al 2015 anche come Direttore regionale per l’Emilia-Romagna. Ed in effetti nella sua città e diocesi ha organizzato una articolata assistenza agli immigrati: anglofoni, eritrei, ivoriani, camerunensi, polacchi, tutti con un sacerdote  assistente incaricato, riservando per se stesso i molti emigrati parmensi all’estero ed e i filippini in diocesi. Il saveriano p.  Raimondo Sommacal che lo stava aiutando da  diversi anni per gli immigrati e che lo ha assistito nella malattia ha commentato: “ si è spento con spirito cristiano e sacerdotale”. Significativo un recente ricordo dell’ultima messa domenicale quando nel suo usuale accompagnamento all’organo nell’ultima Messa ha con vigore intonato “ Andrò a  vederla un dì” (Maria Ss.ma). I funerali di venerdì 2 agosto, presieduti dal Vescovo Mons. Enrico Solmi con molti Confratelli ed in una chiesa stracolma di persone anche rientrate dalle ferie, hanno mostrato di quanta stima godesse e con quale riconoscenza. La Migrantes di unisce al suo Vescovo ed alla sua comunità parrocchiale, nonché ai suoi parenti, con preghiere e ringraziamenti a Dio per la testimonianza fedele di don Sergio. (sr)

Papa Francesco: “non vivere in maniera ipocrita”, ma con “scelte coerenti”

19 Agosto 2019 - Città del Vaticano- “Non vivere in maniera ipocrita, ma essere disposti a pagare il prezzo di scelte coerenti”. È questo “l’atteggiamento che ognuno di noi dovrebbe cercare nella vita: coerenza – pagare il prezzo di essere coerenti col Vangelo”. Lo ha spiegato il Papa, che durante l’Angelus di ieri ha parlato di “coerenza con il Vangelo” come cartina di tornasole del nostro essere cristiani. “Perché è buono dirsi cristiani, ma occorre soprattutto essere cristiani nelle situazioni concrete, testimoniando il Vangelo che è essenzialmente amore per Dio e per i fratelli”, ha precisato Francesco, esortando ciascuno a “scelte decise e coraggiose” nella propria vita. Gesù, ha ricordato il Papa, è venuto a “separare col fuoco”, cioè a “separare il bene dal male, il giusto dall’ingiusto”: è venuto a “dividere”, a “mettere in crisi – ma in modo salutare – la vita dei suoi discepoli, spezzando le facili illusioni di quanti credono di poter coniugare vita cristiana e mondanità, vita cristiana e compromessi di ogni genere, pratiche religiose e atteggiamenti contro il prossimo. Coniugare, alcuni pensano, la vera religiosità con le pratiche superstiziose”. “Quanti sedicenti cristiani vanno dall’indovino o dall’indovina a farsi leggere la mano!”, ha esclamato il Santo Padre: “E questa è superstizione, non è di Dio”. “Abbandonare ogni atteggiamento di pigrizia, di apatia, di indifferenza e di chiusura per accogliere il fuoco dell’amore di Dio”, l’invito del Papa, secondo il quale “la testimonianza del Vangelo si è propagata come un incendio benefico superando ogni divisione fra individui, categorie sociali, popoli e nazioni. La testimonianza del Vangelo brucia, brucia ogni forma di particolarismo e mantiene la carità aperta a tutti, con la preferenza per i più poveri e gli esclusi”. “Adorazione a Dio e disponibilità a servire il prossimo”, il binomio raccomandato da Francesco, che ha esortato a “scoprire la bellezza della preghiera dell’adorazione e di esercitarla spesso”. “Servire il prossimo”, l’altra consegna del Papa, che ha espresso “ammirazione” per le “tante comunità e gruppi di giovani che, anche durante l’estate, si dedicano a questo servizio in favore di ammalati, poveri, persone con disabilità”. (Sir)  

Novecento bambini separati dalle famiglie al confine degli Stati Uniti

2 Agosto 2019 - Washington - Continua il dramma dei bambini migranti separati dai propri genitori al confine tra Stati Uniti e Messico. L’American Civil Liberties Union (Aclu) - organizzazione che si occupa di diritti civili - ha dichiarato che nell’ultimo anno, più di 900 bambini migranti, di cui un quinto sotto i cinque anni, sono stati separati dai propri genitori o tutori, nonostante una sentenza che chiedeva di ridurre tale pratica. I dati pubblicati dall’Aclu comprendono, come accennato, il periodo successivo alla presunta fine delle separazioni familiari. Lo scorso giugno un giudice federale aveva infatti ordinato di riunificare le famiglie e ridurre drasticamente la pratica delle separazioni, iniziate nella primavera del 2018 nell’ambito della politica di «tolleranza zero» imposta dal Presidente Trump. La questione era scoppiata a maggio dello scorso anno, quando l’amministrazione statunitense aveva riconosciuto di aver perso la traccia di 1.500 minori privi di documenti. Difatti, con l’applicazione della «tolleranza zero» ogni adulto che tenta di entrare negli Stati Uniti in modo irregolare e senza le corrette procedure di asilo viene considerato un criminale e, pertanto, perseguito. Poiché i minori non possono finire in prigione, né rimanere in detenzione per più di 21 giorni, vengono di conseguenza separati dalle loro famiglie. Nonostante il provvedimento del giudice, le separazioni negli ultimi mesi invece che diminuire sembrerebbero essere aumentate - probabilmente come conseguenza del gran numero di famiglie di migranti entrate negli Stati Uniti in primavera - e in molti casi «giustificate» da reati, anche se lievi, nel passato dei genitori. A causa di queste motivazioni, considerate pretestuose, l’Aclu ha chiesto lunedì scorso a un giudice californiano di chiarire gli standard secondo cui si possono operare tali separazioni, anche in virtù del fatto che, proprio questo mese, il segretario per la sicurezza interna, Kevin McAleenan, aveva dichiarato che le separazioni erano «rare» e compiute solo «nell’interesse del bambino». Un appello a interrompere la pratica delle separazioni familiari arriva anche dal Guatemala. Mercoledì, a margine di una visita di McAleenan nel Paese, il capo dell’Ufficio del difensore civico per i diritti umani guatemalteco, Jordán Rodas, ha chiesto agli Usa di intraprendere azioni efficaci per fermare sia la detenzione di bambini e adolescenti sia la separazione dai loro genitori. (Osservatore Romano)

Geografie umane

1 Agosto 2019 - Roma - L’innovazione digitale, “con la diffusione dell’uso dell’intelligenza artificiale anche nel mondo della comunicazione, interpella, in maniera intensa, su temi che vengono messi in discussione, come la libertà, la dignità delle persone, la dimensione della riservatezza”. Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, incontrando la scorsa settimana l’associazione stampa parlamentare, ha tracciato coordinate “geografiche” e, soprattutto, “umane” per vivere con responsabilità le frontiere aperte dal digitale. In particolare, ha evidenziato: “Non esistono ‘non luoghi’: si tratta comunque di spazi, sia pure virtuali, in cui interagiscono persone e si registrano attività umane; e anche la dimensione digitale deve rispettare principi e regole frutto delle conquiste democratiche”. Il richiamo coinvolge ciascuno in un uso responsabile di ciò che la tecnologia offre: social network, piattaforme digitali, canali multimediali… In gioco, più che la questione tecnica, è l’impegno etico e democratico verso le persone più deboli; è il rispetto per l’altro; è l’appartenenza a una comunità. Sono pensieri che sollecitano riflessioni non più rinviabili. Cercheremo di coglierle nel nuovo anno pastorale. Intanto, a tutti auguriamo di vivere un’estate serena. (Ufficio Comunicazioni Sociali CEI)  

Biagio Conte: “Europa, non chiudere i cuori”

31 Luglio 2019 -   Milano – Mi faccio clandestino per mettermi nei panni di tutti i migranti e i discriminati, compresi gli italiani costretti ad emigrare all'estero per trovare un lavoro. Voglio scuotere l'Europa percorrendola a piedi e andando a Strasburgo e Bruxelles”. Biagio Conte, 55 anni, il missionario laico fondatore della "Missione di speranza e carità" a Palermo, è il protagonista della copertina del numero di Famiglia Cristiana in edicola da domani. Il settimanale cattolico l'ha seguito in Lombardia, fino a Seveso, in una tappa del cammino che lo vede ogni giorno macinare circa 25 chilometri, a piedi, il saio liso, i sandali ai piedi, il bastone in mano,  affidandosi alla Provvidenza e digiunando: beve solo acqua e porta con sé un cartello con cui chiede “solidarietà e rispetto per ogni cittadino”, anche se straniero, povero, emarginato. Partito l'11 luglio scorso da Genova, dove è arrivato da Palermo su un traghetto, simbolo dei barconi che solcano il Mediterraneo, Biagio Conte ha deciso di compiere questo pellegrinaggio penitenziale per protestare contro la politica dei muri nel cuore dell'Unione Europea: “Se siamo una società aperta per l'economia dobbiamo esserlo anche per gli uomini, soprattutto i poveri. Non accetto le ingiustizie e la divisione dei popoli, l'intolleranza e la discriminazione”. Nel suo cammino, il missionario è intenzionato a toccare Svizzera, Germania, Francia, Lussemburgo, Belgio, Olanda, Danimarca, forse Romania e Ungheria, passando per le sedi istituzionali europee.  Nell’intervista rilasciata a Famiglia Cristiana, Conte racconta la sua conversione, nel 1990, la guarigione miracolosa a Lourdes, come si è preparato a questo cammino e rivela: “Davanti al Parlamento europeo dirò che siamo tutti fratelli e sorelle. I muri sono già stati condannati dalla storia. La vera Unione europea da costruire è quella che rispetta gli uomini e l'ambiente. Come dice papa Francesco, non dobbiamo lasciarci rubare la speranza da nessuno”.

L’ Italia capovolta

30 Luglio 2019 - Londra - Londra, Trafalgar square. Lo senti ridere nel retrobottega, guardandosi la foto. Il responsabile inglese del ristorante non riesce a trattenersi e si eclissa dietro… È appena passata una ragazza italiana, una delle centinaia di giovani che sbarcano ogni giorno a Londra, nella sua maratona quotidiana di curriculum da presentare per un impiego. La foto, quasi un’attricetta in posa, nasconde una pretesa di seduzione. Viene proprio da chiedersi come gli ultimi tempi hanno educato da noi le giovani generazioni…No, qui non si seduce. Anzi, non si mette neppure la foto nel curriculum. Si guarda alla sostanza. A quello che sai fare. Altro mondo qui, pragmatico, attento alle cose, ai fatti. La forza della cultura inglese si chiama, appunto, concretezza. « È l’Italia capovolta », mi fa Cinzia, londinese ormai da un paio d’anni e me lo spiega. « Non devi sgarrare, nè scoraggiarti. Gli inglesi ti osservano, ti fanno salire sempre più in alto, ti danno delle opportunità. Ma guardano sempre quanto vali. Le raccomandazioni qui non hanno presa ! » La seduzione, invece, è il nostro stile. Quasi un nostro handicap permanente. Perfino nella politica. E questo ha un rapporto con l’estetica, il gusto del bello, che troviamo nel nostro stesso DNA di italiani. Un leader da noi ce la mette tutta per sedurre, incantare, promettere, sorridere, « incartare » l’altro. Alcuni ne sono un vero modello. Il nostro popolo, poi, è sensibilissimo alla seduzione di un capo. Si lascia trasportare. Perde la testa, neutralizza lo spirito critico. Ma la seduzione non porta affatto lontano. Il pifferaio magico della favola di Grimm seduce con le sue note i topi del villaggio per poi, senza farsi accorgere, annegarli nell’acqua del fiume vicino… Sedurre,- etimologicamente, condurre con sè - ha tuttavia anche un altro senso, ben più alto. Nobile, anzi. Quando un leader si nutre di valori, ha una visione davanti a lui, qualcosa di grande e di bello che lo incanta. Lo illumina. Con questa luce sa trascinare un popolo. E viene in mente Mosè, mentre scendeva luminoso dalla montagna. Una vera forza per trascinare poi verso la terra promessa tutto un popolo. Ci viene in mente un papa venuto dal fondo del mondo, che ha rubato il nome al figlio più bello e più povero di Assisi. A Francesco, infatti, altro non restava. Ecco leaders che hanno una visione. Non curano i propri interessi. Non coltivano ambizione, nè arroganza. Non mettono gli uni contro gli altri come tribuni o capifazione. Il vero leader conduce verso la « terra promessa di Dio », cioè la fratellanza tra gli uomini. Fa di elementi dispersi di un popolo una comunità vera. Sa intravedere le forze migliori, le qualità negli altri. Le energie nascoste. Le sa stimolare, risvegliare, rimettere in cammino. Esercita l’arte della maieutica, del « dare alla luce ». Il leader che si profila da superuomo, invece, non sarà mai un vero leader. Ma un uomo di potere. Il vero leader è uomo di servizio : serve un ideale, una comunità, un cammino arduo da fare tutti insieme. Sì, un leader sarà sempre un direttore d’orchestra. L’anima di una bella sinfonia. L’artefice di una straordinaria unità tra strumenti e talenti differenti. Ma un direttore d’orchestra si mostrerà solo di spalle. Non è una primadonna. L’umiltà resterà, nonostante tutto, la sua dote più grande. Un leader, come insegna papa Francesco, inizia sempre dagli ultimi, da chi è rimasto indietro… I giovani. I poveri. Gli emigranti. Per ricostruire l’umanità del nostro mondo. (Renato Zilio – Direttore regionale Migrantes Marche)

8xmille a Piacenza: nel Paese dei progetti realizzati farsi prossimo, anche con la scuola d’italiano

29 Luglio 2019 - Piacenza - In classe vengono da Iraq, Perù, Moldavia, Afghanistan, Senegal e Ghana. È la sequenza delle ondate migratorie degli ultimi anni. Sono rifugiati, badanti, lavoratori in cerca di un impiego migliore. I primi passi per imparare la nostra lingua fanno parte dei servizi di orientamento lavorativo, assistenza legale e segretariato sociale. Le lezioni sono necessarie per trasmettere una nuova cultura, la conoscenza di diritti e doveri, dare opportunità sul territorio, favorire la crescita personale. Tutti strumenti di base per costruire dialogo e integrazione. Quest'opera fa parte della campagna informativa 8xmille promossa dal Servizio per la promozione del sostegno economico alla Chiesa della CEI. Scopri altri progetti sulla mappa 8xmille.

Mons. Staglianò: l’amore più forte delle manette

25 Luglio 2019 - Milano - Le suore, preti e laici che la polizia americana ha arrestato nei giorni scorsi per essersi riuniti a Washington, per opporsi, pregando il Rosario, al trattamento “inumano” inflitto dall’amministrazione di Donald Trump ai bambini immigrati al confine tra gli Usa e Messico “sapevano di correre questo rischio ma a volte, come in questo caso, si arriva al momento in cui l’indignazione nei confronti del degrado umano che attraverso le leggi dello Stato viene perpetrato su esseri umani innocenti deve indurre i cattolici a dare testimonianza della propria fede anche rischiando il carcere”. A scriverlo è il vescovo di Noto e delegato della Conferenza Episcopale della Sicilia per le Migrazioni, Mons. Antonio Staglianò -  in un commento apparso oggi sulle pagine di Famiglia Cristiana ricordando che è quello che è accaduto agli inizi del cristianesimo quando per predicare Gesù Cristo gli apostoli “venivano incarcerati e trascinati davanti ai tribunali affermando che il loro compito era obbedire a Dio piuttosto che agli uomini. Quando il bambino non è rispettato e viene trattato da criminale per la sola ragione di essere migrante – scrive Mons. Staglianò - o viene ucciso nel grembo, vuol dire che il degrado umano è arrivato al massimo della sua espressione”. Per il presule siciliano queste persone hanno “compiuto un gesto spirituale e mistico, qual è la preghiera, che è valso il carcere. In questo modo hanno dimostrato concretamente che la fede cristiana non è qualcosa di intimistico ma ha una grande rilevanza pubblica. Bisogna creare coordinate culturali perché certi gesti possano essere compresi e giustificati e questi religiosi e uomini di buona volontà con la loro protesta mite lo hanno fatto. Non hanno annacquato il cristianesimo e hanno resistito all’inumanità che le politiche migratorie sovraniste della chiusura dei confini e dell’innalzamento dei muri stanno creando in tutto il mondo”. La testimonianza di Gesù – prosegue Mons. Staglianò dalle pagine del settimanale dei Paolini -  è stata quella di un amore sconfinato che ha corso scientemente il rischio di consegnarsi alla legge per essere condannato a morte, così mostrando l’amore vero, l’unico capace di custodire l’umanità tra gli uomini”.

Mons. Delpini: serve “gente di pace”

24 Luglio 2019 -

Milano - Celebrazione molto speciale quest’anno per la festa di san Charbel, grazie alla presenza dell’arcivescovo di Milano Mario Delpini alla Messa celebrata domenica scorsa nella chiesa di Santa Maria della Sanità, affidata, dal novembre 2014, dalla diocesi ambrosiana alla comunità maronita. All’Eucarestia, celebrata in arabo, italiano e aramaico (la lingua parlata da Gesù), partecipano centinaia di fedeli, in stragrande maggioranza milanesi, preceduti dal consolo generale del Libano, Walid Haidar. Segno, questo, della grande devozione in Italia nei confronti di san Charbel Makhluf (1828-1898), monaco del Monte Libano che Paolo VI ha voluto beatificare alla vigilia della chiusura del Concilio Vaticano II, il 5 dicembre 1965 e, poi, canonizzare, il 9 ottobre 1977.

«Alcuni testimoni riferirono di aver visto una luce abbagliante uscire dalla tomba di san Charbel», ha esordito l’arcivescovo, riferendosi al primo dei tantissimi miracoli (oltre 1300 guarigioni ricevute grazie alla sua intercessione) operati dal santo che ha trascorso la sua intera vita eremitica «nell’umiltà e nel nascondimento», ma che tuttavia «ha rivelato tutta la sua potenza al popolo maronita e a tutti coloro che nel mondo ricorrono a lui». «Celebriamo – ha aggiunto Delpini – la festa di san Charbel, uomo trasfigurato in luce e preghiamo che interceda per noi, perché anche noi siamo avvolti dalla luce. Invochiamo la luce che ci aiuti ad essere gente di pace, anche nei momenti in cui sembra inevitabile dare sfogo all’esasperazione, anche nelle terre dove sembra che la zizzania abbia invaso tutto il campo». «La santità di san Charbel – ha concluso l’arcivescovo di Milano – è dono di riconciliazione per il suo popolo; la sua intercessione ha ottenuto al suo popolo di essere un popolo che ama la pace, anche là dove si vive tra le guerre, laddove ci sono ingiuste prepotenze e dove la minaccia è sempre incombente». La celebrazione secondo la liturgia antiocheno-maronita ha visto anche il rito di benedizione dell’acqua – molti i fedeli arrivati con ampolle e bottiglie –, la processione all’interno della chiesa con la statua lignea del santo, e la benedizione con la sua reliquia arrivata dal Libano. «Un’immagine concreta della Chiesa dalle genti», ha sottolineata don Assaad Saad, guida della comunità libanese, richiamando il Sinodo minore diocesano. La chiesa di Santa Maria della Sanità è, infatti, diventata «un’oasi che raccoglie diversi fedeli di lingua araba del Medio Oriente che vivono a Milano e in Lombardia: libanesi, siriani, giordani, iracheni; e quindi non solo maroniti, ma anche caldei, melchiti, latini e grecoortodossi. Sentiamo la bellezza dell’unità nella diversità e di essere un piccolo laboratorio del Sinodo». Don Assaad ha ricordato ancora la prima reazione dei milanesi alla concessione della chiesa alla sua comunità. «Chi sono i maroniti? Sono cattolici? La loro Messa è valida anche per noi ambrosiani? Qualcuno, vedendo delle scritte in arabo sul portone della chiesa, si domandava se fosse stata data in gestione ai musulmani».

Mons. Lorefice a Biagio Conte: il tuo messaggio di speranza e accoglienza possa raggiungere le nazioni e gli organismi europei, così bisognosi di una rinnovata conversione

24 Luglio 2019 - Palermo - “Condivido pienamente ciò che hai scritto e unisco il mio dolore al Tuo per i tanti, troppi, fratelli scartati da questa società che sembra sempre più assumere l’istanza della chiusura come suo peculiare ‘statuto’”. E’ quanto scrive in un messaggio l’arcivescovo di Palermo, Mons. Corrado Lorefice a Biagio Conte sostenendo il suo pellegrinaggio a piedi verso le istituzioni europee. Mons. Lorefice dice di aver “letto con particolare commozione” le parole che Conte gli ha scritto nei giorni scorsi “in questo pellegrinaggio ‘profetico’ che stai percorrendo sulle strade della nostra Europa”: “accompagnerò ogni tuo passo con la mia paterna preghiera e la mia costante attenzione”. “Lo spirito di arroganza e discriminazione non può essere accolto da chi ha scelto di vivere la propria esistenza secondo l’insegnamento del Signore Gesù che per noi si è spogliato di ogni cosa divenendo Lui stesso uno straniero, un pellegrino. Noi cristiani – scrive Mons. Lorefice - siamo discepoli di un Maestro che non ha nido né tana, come i tanti fratelli e sorelle lasciati oltre i muri e i confini imposti dall’uomo e in cui siamo chiamati a riconoscere, come sottolinea il Vangelo di Matteo, i Suoi stessi lineamenti, ‘l’avete fatto a me’”. Infine, da Mons. Lorefice una benedizione su Biagio Conte, perché “sia il Signore stesso a guidarti lungo questo cammino e il tuo messaggio di speranza e accoglienza, impregnato di profumo evangelico, possa raggiungere le nazioni che visiterai e gli organismi europei, così bisognosi di una rinnovata conversione”.

Questione di sguardi

24 Luglio 2019 - Roma - Tre adolescenti su dieci dichiarano di avere l’ansia prima di pubblicare una foto sui social, per paura che possa non piacere o venga criticata. Il 66% di loro controlla minuziosamente chi mette like ai post pubblicati e anche chi guarda le loro storie. I dati dell’Osservatorio Nazionale Adolescenza. raccontano di ragazzi insicuri, appesantiti dal timore del giudizio degli altri e vincolati alla popolarità di quanto pubblicano in rete. Significativamente – anche se sa pure di resa – Instagram sta iniziando a nascondere i like sotto le immagini e i video pubblicati. La Chiesa, scriveva Papa Francesco nel Messaggio per la Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali di quest'anno, è “una rete tessuta dalla comunione eucaristica, dove l’unione non si fonda sui “like”, ma sulla verità, sull’amen, con cui ognuno aderisce al Corpo di Cristo, accogliendo gli altri”. Alla nostra responsabilità di educatori far sì che i nostri ragazzi si sentano guardati, amati e stimati per quello che sono, non per come si presentano o vengono considerati sui social. (Ivan Maffeis)  

Tv2000: dal 29 luglio un viaggio nel vocabolario di Papa Bergoglio

24 Luglio 2019 - Roma - Periferie, clericalismo, scarto, ponti. Sono alcune delle parole più ricorrenti di Papa Francesco su cui Tv2000 ha costruito 21 puntate speciali della trasmissione “Il Diario di Papa Francesco”, condotta da Gennaro Ferrara, in onda dal 29 luglio al 30 agosto dal lunedì al venerdì alle ore 17.30. Un viaggio nel vocabolario di Papa Francesco, alla ricerca del significato specifico che alcuni termini ricorrenti assumono nel suo magistero. In ogni puntata si analizzano tre parole. Il mercoledì è, invece, come sempre, dedicato alle udienze generali e alla catechesi del Papa. Tra le parole anche il termine “migranti”: se ne parlerà il 16 agosto. E poi accoglienza il 29 agosto.

Scalabriniane: immorali motivazioni attorno ad arresto religiosi e laici negli Usa

24 Luglio 2019 - Roma - “Quanto accaduto a Washington ha motivazioni immorali. E non ci stancheremo mai di dire il termine ‘immorale’, lo stesso che ha usato la 90enne suor Pat Murphy, che insieme a frati, sacerdoti e laici ha protestato all’interno del Senato americano ed è stata arrestata. Noi ci stringiamo con affetto attorno a suor Pat e a tutti coloro i quali piangono per scelte immorali contro gli immigrati”. A parlare è suor Neusa de Fatima Mariano, superiora generale delle suore scalabriniane aggiungendo che è “immorale il trattamento che l’amministrazione Usa sta infliggendo ai bimbi migranti che si trovano al confine con il Messico. E’ immorale che una suora, in preghiera, venga schedata dalle forze dell’ordine – aggiunge - E’ immorale che in un luogo che dovrebbe essere il simbolo della democrazia nel mondo si pensi che un segnale di protesta democratica debba essere sedato con fermi e arresti. E’ immorale il trattamento che subiscono i migranti nei centri di detenzione. E’ immorale che ci siano ‘frontiere calde’ nel mondo, dove invece di accogliere si costruiscono muri. Tutto ciò è immorale e disumano. E noi siamo con sr. Pat e  le consorelle della Misericordia, impegnate in quei luoghi per portare un messaggio di carità cristiana”.

Vescovi El Salvador: i migranti non vanno criminalizzati, occorre affrontare le cause alla base

24 Luglio 2019 - San Salvador – “Siamo preoccupati per la gravissima situazione in cui centinaia di migliaia di connazionali vivono attualmente negli Stati Uniti. Pensiamo, prima di tutto, a coloro che sono in pericolo di essere espulsi e a coloro che si trovano al confine di quel Paese, in condizioni deplorevoli”: lo afferma una dichiarazione della Conferenza episcopale di El Salvador che domenica 21 luglio è stata resa nota dall'arcivescovo di San Salvador, Mons. José Luis Escobar Alas, durante il suo consueto incontro domenicale con i giornalisti. Mons. Escobar Alas, riferisce l’agenzia Fides, ha evidenziato che lo Stato deve progettare politiche incentrate sulla soluzione della crisi migratoria, nonché per la protezione e la difesa dei diritti di coloro che migrano, perché non è giusto che siano criminalizzati. Per la Chiesa cattolica, il fenomeno dell'immigrazione deve essere affrontato alla base, concentrandosi sulle cause che lo generano, in particolare la violenza e la povertà. Il pronunciamento della Conferenza Episcopale è stato reso noto mentre era in visita in El Salvador il Segretario di Stato americano Mike Pompeo. Visita che dovrebbe portare benefici alla popolazione, ha auspicato l’arcivescovo. I Vescovi, e la comunità salvadoregna sono rimasti particolarmente, scrive Fides, toccati dal caso di Oscar Alberto Martínez e della sua piccola figlia Valeria, morti annegati mentre cercavano di attraversare il Rio Grande, una tragedia catturata in una fotografia che ha provocato indignazione in tutto il mondo. “Siamo profondamente preoccupati per la situazione dei bambini che soffrono nei centri di detenzione tutti i tipi di abusi e, soprattutto, la separazione dei loro genitori. Questa situazione può causare danni psicologici irreparabili” aggiungono i Vescovi nella loro dichiarazione. El Salvador è apparso sulle prime pagine dei giornali per il fenomeno dell’emigrazione verso gli Stati Uniti, purtroppo a causa degli ultimi migranti morti alla frontiera sud di questo paese. Inoltre la stampa americana ha appena annunciato che l'amministrazione Trump amplierà il programma di espulsione accelerata (expedited removal) a livello nazionale che attualmente si applica solo entro 100 miglia dal confine. Un memorandum del Dipartimento per la sicurezza nazionale (DHS), pubblicato ieri lunedì 22 luglio nel registro federale, rivela che verrà accelerata in modo drammatico l’espulsione degli immigrati dichiarati inammissibili negli Stati Uniti. Il presidente di El Salvador, Nayib Bukele, ha recentemente affermato che, secondo le statistiche fornite dal governo degli Stati Uniti, le carovane di migranti sono costituite per il 40% da honduregni, un altro 40% da guatemaltechi, l'8 o il 9% da migranti da altri paesi e solo dall'11% di salvadoregni. Si stima che oltre 2,5 milioni di salvadoregni vivano negli Stati Uniti, di cui 179.000 hanno uno status di protezione temporanea (TPS). L'ultima proroga del TPS scadrà a settembre 2019.

Non dimentichiamo gli sfollati ambientali

23 Luglio 2019 - Roma – La questione climatica – e i problemi ambientali a essa connessi – è ormai una realtà evidente non solo nel mondo accademico e scientifico ma anche a livello politico e sociale. Se l’interesse nei confronti del cambiamento climatico sta aumentando, rimane, tuttavia, limitata l’attenzione verso le sue principali vittime: i poveri. Sono soprattutto loro, infatti, a subire maggiormente gli effetti negativi del cambiamento climatico avendo minori capacità di resilienza al problema. Con possibilità molto ridotte di fronteggiare disastri repentini e violenti – alluvioni, tsunami ecc. – e/o cambiamenti ambientali lenti ma costanti – l’innalzamento del livello delle acque degli oceani, la desertificazione ecc. – gli abitanti dei paesi economicamente svantaggiati sono costretti a emigrare: è a rischio la stessa sopravvivenza. L’Internal Displacement Monitoring Centre e il Norwegian Refugee Council parlano di 17,2 milioni di persone scappate nel 2018 a seguito di disastri ambientali: una cifra superiore ai 10,8 milioni di spostamenti dovuti a conflitti. Si tratta, dunque, di numeri importanti. Non solo, si parla soprattutto di esseri umani che ad oggi sono senza riconoscimento giuridico né tutela perché non hanno né i requisiti – soprattutto la persecuzione – previsti della Convenzione di Ginevra per ottenere l’asilo politico né leggi internazionali ad hoc che li proteggano. Il problema, ad ogni modo, c’è ed è destinato ad aumentare. Di fronte ad esso la comunità politica internazionale – e purtroppo anche quella scientifica – è divisa e molti paesi fanno appello alla sovranità nazionale per evitare la definizione di leggi vincolanti in favore dei migranti ambientali. Un’estensione della tutela prevista dalla Convenzione di Ginevra nei confronti di chi fugge a causa del cambiamento climatico e di problemi ambientali non è considerata possibile: il rischio di favorire una maggiore chiusura da parte degli Stati verso i rifugiati in generale è troppo elevato. Il pensiero degli Stati si muove, infatti, tra logiche ambigue connesse agli umori e alle incertezze dei vari elettorati: se i cittadini sono ostili all’arrivo di immigrati o richiedenti asilo – perché in loro vedono solo nemici e potenziali concorrenti – la classe dirigente si adopererà quasi esclusivamente nella promozione di leggi volte alla chiusura delle frontiere, preferendo non intraprendere provvedimenti legislativi ritenuti politicamente “scomodi”. Una voce in favore dell’accoglienza e della tutela dei migranti o rifugiati ambientali viene dalla Chiesa cattolica. Di fronte ai dibattiti e agli scontri scientifici e istituzionali sulla questione la Chiesa ribadisce il dovere dell’accoglienza e la necessità di riconoscere nel migrante un frater e non un nemico e nel creato un dono che Dio ha fatto a tutta l’umanità, affinché lo custodisse e non dominasse. L’invito di papa Francesco, come del resto anche quello dei sui predecessori, è quello di non dimenticare chi fugge a causa del cambiamento climatico e di disastri ambientali. (Carlotta Venturi)  

Usa: manifestazione contro le politiche migratorie. Arrestati preti, suore e leader cattolici

19 Luglio 2019 - New York - Sono entrati nella rotonda d’ingresso al Senato con in mano le foto dei bambini migranti, morti nelle strutture di custodia del governo federale degli Stati Uniti d’America. Incuranti degli avvertimenti degli agenti, cinque degli attivisti si sono sdraiati sul pavimento del Campidoglio formando una croce umana e in coro hanno intonato i nomi delle piccole vittime: “Darlyn, Jakelin, Felipe, Juan, Wilmer, Carlos”. La polizia è dovuta intervenire arrestandoli, mentre giacevano a terra e cantavano. È successo ieri, come si legge in un articolo del Sir, a Washington nell’ambito della manifestazione organizzata dal Centro Colomban per la difesa e la sensibilizzazione, dalla Conferenza dei superiori maggiori maschili, dalla Conferenza dei Gesuiti di Canada e Usa, dalla Conferenza delle religiose degli Stati Uniti, da Pax Christi Usa e altri, per protestare contro le politiche di immigrazione messe in atto alla frontiera, in particolare nei confronti dei bambini. Poco prima di manifestare, gli attivisti avevano pregato, ascoltato testimonianze di migranti terrorizzati dall’idea di perdere i propri figli e hanno letto anche i messaggi dei vescovi arrivati a sostegno di questa manifestazione di disobbedienza civile. In manette sono finiti anche suore, membri di parrocchie e altri leader cattolici, portati via mentre recitavano l’Ave Maria. Tra i 70 arrestati c’è anche suor Pat Murphy, una religiosa di 90 anni, che lavora con migranti e rifugiati a Chicago e che da ben 13 anni organizza tutti i venerdì veglie di preghiera settimanali davanti all’agenzia delle migrazioni. “Il trattamento dei migranti dovrebbe oltraggiare tutte le persone di fede”, ha ribadito suor Pat e con lei lo ha ripetuto anche suor Ann Scholz, della Conferenza delle responsabili delle religiose americane: “Siamo qui perché il Vangelo ci obbliga ad agire e siamo indignati per il trattamento orribile riservato alle famiglie e in particolare ai bambini”. “Questo trattamento non può continuare nel nostro nome”, ha concluso la suora.

Gisotti: nella Chiesa e nella Santa Sede l’informazione conta e deve contare sempre di più

18 Luglio 2019 - Città del Vaticano -  “Sono grato al Santo Padre per il privilegio che mi ha dato di poter essere il suo portavoce in un periodo così intenso del Pontificato e di offrirmi ora l’opportunità di continuare a servirlo come Vice-Direttore Editoriale dei media vaticani. Gli sono grato per avermi sempre sostenuto come un padre. Ringrazio il Papa, il Prefetto del Dicastero per la Comunicazione e i Superiori della Segreteria di Stato per aver rispettato la mia scelta - comunicata all’inizio del mandato e successivamente confermata - di svolgere questo ruolo tanto importante per un tempo limitato. Un tempo che permettesse, pur in presenza di un’agenda fitta di avvenimenti, di portare la Sala Stampa ad un nuovo assetto, come da comune impegno preso sei mesi fa con il Prefetto Paolo Ruffini”. Così il direttore “ad interim” della Sala Stampa della Santa  Sede, Alessandro Gisotti, nominato oggi Vice direttore del Dicastero per la comunicazione e che, quindi, dal 22 luglio, lascia l’incarico a Matteo Bruni, chiamato da Papa Francesco alla direzione della Sala Stampa della Santa Sede. “Come dichiarato al momento della mia nomina, il 31 dicembre scorso – sottolinea Gisotti - ho assunto l’incarico con spirito di servizio, cosciente del momento eccezionale e inedito per la Sala Stampa, a causa delle improvvise dimissioni del suo Direttore e della sua Vice-Direttrice. In questo semestre così impegnativo - anche e soprattutto per la mia famiglia - ho avuto il sostegno totale del Prefetto Paolo Ruffini e dei miei colleghi della Sala Stampa ai quali va tutta la mia gratitudine. Particolarmente positivo per me è stato anche il rapporto con i colleghi giornalisti. Un rapporto – aggiunge - contraddistinto dal rispetto reciproco, pur in momenti di inevitabile confronto. In tale contesto, mi piace ricordare - tra le iniziative realizzate durante la mia direzione – l’intitolazione della sala di lavoro dei giornalisti della Sala Stampa al Direttore Joaquín Navarro-Valls. Un segno per sottolineare che, nella Chiesa e nella Santa Sede, l’informazione conta e deve contare sempre di più. Sono sicuro che Matteo Bruni saprà dirigere al meglio la straordinaria squadra della Sala Stampa. A lui vanno non solo i miei migliori auguri di successo, ma anche la mia disponibilità a collaborare”. A Gisotti il ringraziamento della nostra redazione per la collaborazione  e gli auguri di un proficuo lavoro. (R.Iaria)  

Santa Sede: Matteo Bruni nuovo direttore della Sala Stampa

18 Luglio 2019 - Città del Vaticano – Matteo Bruni è il nuovo direttore della Sala Stampa della Santa Sede dal prossimo 22 luglio. Lo ha nominato questa mattina Papa Francesco in sostituzione di Alessandro Gisotti, finora direttore “ad interim”. Bruni, nato il 23 novembre 1976 a Winchester in Gran Bretagna lavora dal luglio 2009 presso la Sala Stampa della Santa Sede, dove ha seguito le operazioni di accreditamento dei giornalisti e la gestione delle comunicazioni operative alla stampa in qualità di coordinatore della Sezione Accrediti. Dal 2013 ha assunto la responsabilità dell’organizzazione e dell’accompagnamento della stampa ammessa al volo papale in occasione dei viaggi internazionali del pontefice. All’inizio del 2016 è divenuto Coordinatore del settore Media Operations e Accrediti della Sala Stampa della Santa Sede, in tale ruolo ha coordinato la partecipazione della stampa ai diversi eventi del Giubileo della Misericordia. È impegnato da tempo, in ambito ecclesiale, in progetti di cooperazione umanitaria e in programmi di sostegno agli anziani. Nella stessa giornata il Papa ha anche nominato Sergio Centofanti e Alessandro Gisotti Vice- Direttori della Direzione Editoriale del Dicastero per la Comunicazione, sempre a  far data dal 22 luglio 2019. A Bruni, Centofanti e Gisotti  gli auguri di un proficuo lavoro. (Raffaele Iaria)  

Società Dante Alighieri: da oggi l’83 congresso internazionale in Argentina

18 Luglio 2019 - Roma – Si terrà da oggi a sabato 20 luglio a Buenos Airese, in Argentina, l’83° Congresso Internazionale della Società Dante Alighieri sul tema “Italia, Argentina, mondo: l’italiano ci unisce”. Un titolo che apre all’incontro tra i due Paesi, con la partecipazione del Presidente della Repubblica Argentina Mauricio Macri e del Presidente della Repubblica Italiana Sergio Mattarella, che hanno inviato ai congressisti i loro video messaggi di saluto. Tra le molte autorità italiane e argentine, oggi saranno presenti la Vice Presidente della Repubblica Argentina Gabriela Michetti, il Ministro argentino dell’Istruzione, della Cultura, della Scienza e della Tecnologia Alejandro Oscar Finocchiaro e il Sottosegretario di Stato del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale Ricardo Antonio Merlo. Il Sistema Italia sarà rappresentato attraverso il programma governativo “Vivere all’Italiana”, con il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, e il Forum Italia-Argentina. “Occorre creare sempre più una rete di simpatia attorno all’Italia e al mondo italiano” dichiara il Presidente della Società Dante Alighieri Andrea Riccardi. “Italsimpatia significa connettere pezzi d’Italia facendo sistema, creando sinergie e progetti concreti per promuovere l’identità italiana. Abbiamo il desiderio di ascoltarci e dialogare su un orizzonte internazionale, dove la Dante si presenta come uno strumento rinnovato per promuovere il mondo in italiano e il Sistema Italia nel mondo”. Al centro dei lavori congressuali ci saranno la promozione della cultura e la diffusione della lingua italiane, la crescita e lo sviluppo dell’Italia con le sue industrie culturali: editoria, cinema e audiovisivo, restauro e smart cities. In collaborazione con Rai Teche, in esclusiva per i congressisti, sarà inoltre proiettata un’ampia intervista ad Andrea Camilleri, scomparso ieri all’età di 94 anni. In evidenza il valore della buona comunicazione per l’immagine positiva dell’Italia grazie alla presenza del giornalista argentino Luis Novaresio, recentemente insignito dell’onorificenza di “Cavaliere dell'Ordine della Stella d'Italia”, e dell’italiano Ferruccio De Bortoli, che interverrà con la lectio magistralis “L’eterna giovinezza del libro di carta (e delle librerie, luoghi di incontro e di socialità)”. Saranno inoltre condivise le migliori pratiche della rete Dante per la promozione linguistica e culturale. Ieri una anticipazione del Congresso con una giornata di formazione per i docenti di italiano organizzata dal PLIDA della Società Dante Alighieri. Sotto l’insegna dell’italiano che unisce, nella mattinata conclusiva di sabato 20 luglio si terrà la tavola rotonda “Da Dante a Borges”, una conversazione tra il Segretario Generale della Dante Alessandro Masi, la Presidente della Fondazione e del Museo Borges Maria Kodama e il Presidente della Fondazione Sur Juan Javier Negri.  Il 21 luglio, il Presidente Andrea Riccardi inaugurerà la mostra Lucio Fontana. Los Orígenes, nella sede del Museo Castagnino di Rosario, la città di origine dell’artista celebrato nel mondo per i suoi “tagli” e per lo Spazialismo. L’esposizione, realizzata con il Patrocinio del Ministero dei Beni e delle Attività culturali e con la collaborazione del Centro Studi e Archivio della Comunicazione dell’Università di Parma e del Comitato della Dante di Rosario, si potrà visitare fino al 21 agosto 2019.

“Mare Sicuro”: l’impegno della Guardia Costiera in un volume di Annachiara Valle

18 Luglio 2019 - Roma - Come ogni anno riparte l’iniziativa Mare sicuro con la quale la Guardia costiera è impegnata, lungo ottomila chilometri di coste italiane, più i laghi Maggiore e di Garda, a garantire la sicurezza dei villeggianti. Un lavoro che si svolge tutto l’anno, ma che ha nei mesi estivi la massima concentrazione con l’impiego di oltre tremila persone, 300 mezzi navali e 15 mezzi aerei. Un impegno che la giornalista di “Famiglia Cristiana”, Annachiara Valle racconta nel volume “Mare sicuro” attraverso storie esemplari che mettono in evidenza l’abnegazione e la professionalità di chi ogni giorno è chiamato a salvare vite umane in mare (bagnanti, diportisti e chiunque si trovi in difficoltà), a tutelare l’ambiente marino e costiero e a controllare l’intera filiera ittica. Il volume sarà presentato lunedì mattina, 22 luglio, a Roma presso la Libreria San Paolo di Via della Conciliazione. Interverranno Cosimo Nicastro, capotano di Vascello e capo Ufficio Comunicazione della Guardia Costiera, il direttore di “Famiglia Cristiana”, don Antonio Rizzolo e l’autrice Annachiara Valle.