Tag: GMMR 2020 – Ferrara Mons Perego

GMMR: Mons. Perego, “senza giustizia il cammino dei migranti è segnato da discriminazioni, sfruttamento, abbandono”

28 Settembre 2020 - Ferrara - Papa Francesco nel messaggio di quest’anno per la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato guarda e “ci invita a rivolgere il nostro sguardo agli sfollati interni, quasi 50 milioni di persone, spesso invisibili e dimenticati: un messaggio che interpella la nostra coscienza personale, ma anche la vita nella Chiesa e nella città”. Lo ha detto l’arcivescovo di Ferrara-Comacchio durante la celebrazione di ieri pomeriggio. Uno sguardo e un’attenzione particolare rivolta a chi - uomini e donne, famiglie – nei diversi Continenti a causa delle guerre, dei disastri ambientali, delle persecuzioni anche religiose sono costretti a lasciare la loro casa, la loro vita per muoversi all’interno di un Paese, di una Nazione. Allo sguardo il Papa unisce le parole di “un lessico delle migrazioni a cui ci sta abituando, che coniuga quattro verbi: accogliere, proteggere, promuovere, integrare”, ha spiegato il presule aggiungendo che “senza giustizia il cammino dei migranti è segnato da discriminazioni, sfruttamento, abbandono. Senza giustizia le famiglie dei migranti non trovano casa, non vengono rispettate, non vengono considerate”. Per Mons. Perego “le migrazioni oggi sono luoghi in cui siamo chiamati a rinnovare il nostro stile di vita cristiano e in cui esercitare carità e giustizia, coniugando nuove parole: conoscenza e comprensione, rispetto e tutela, promozione e condivisione, evitando di fare solo ciò che è nel nostro interesse, ma penalizza altri: sono le parole nuove che il Papa ci insegna nel suo Messaggio di quest’anno. Purtroppo – ha detto ancora Mons. Perego - invece, le migrazioni diventano spesso terreno di scontro ideologico, dove anche le scelte intelligenti e concrete vengono sacrificate, dove l’identità viene fatta scontrare con l’alterità, dove l’esigibilità dei diritti è indebolita, dove la vita e la dignità delle persone vengono umiliate”. “Il nostro amore a Dio – ha aggiunto - chiede la coerenza di un amore al prossimo che non sia solo a parole, ma nei fatti, nella quotidianità. Come ci ha testimoniato don Roberto, il sacerdote di Como, ucciso da chi ha ricevuto la sua carità, il suo ascolto e la sua comprensione, ma anche da chi ha lasciato solo nella disperazione l’assassino: un testimone della fede e della carità tra gli ultimi. Possiamo avere difficoltà, problemi, ma anche il nostro no temporaneo, le nostre debolezze, il nostro peccato di mancare nella carità e nella giustizia nei confronti del prossimo, soprattutto di chi è più debole e povero, deve in coscienza trasformarsi in un si che rinnova le nostre relazioni, le nostre città, la nostra stessa identità”.