13 Novembre 2020 –
Milano – Un grido di dolore: « I’ve lost my baby », «Ho perso mio figlio» che arriva potente dal gommone della Open Arms: è la madre di Joseph, il bimbo di 6 mesi che ha perso la vita nel naufragio di mercoledì. E quelle sue grida strazianti per una volta non sono rimbombate soltanto nelle orecchie dei soccorritori esausti, ma hanno potuto fare il giro del mondo, grazie a un video-denuncia della Ong spagnola (pubblicato sul sito di Avvenire, ndr). A quelle urla disperate si sommano quelle dei familiari di almeno altre 90 persone che sono annegate, ieri, in mare al largo della Libia. Un’altra tragedia confermata dall’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim), per la quale i numeri delle vittime e dei dispersi in mare sono ancora incerti. Eppoi c’è la voce del Papa che continua a smuovere milioni di coscienze: «I miei pensieri vanno specialmente ai tanti uomini, donne e bambini che si rivolgono al JRS (il Servizio dei Gesuiti per i Rifugiati, ndr) per cercare rifugio e assistenza, sappiano che il Papa è vicino a loro e alle loro famiglie e che li ricorda nelle sue preghiere » così si è espresso Francesco in una lettera che è stata recapitata tra gli altri anche al romano Centro Astalli in occasione del 40° anniversario dalla fondazione del JRS da parte del servo di Dio Pedro Arrupe. «Oggigiorno troppe persone nel mondo sono costrette ad aggrapparsi a barconi e gommoni nel tentativo di cercare rifugio dai virus dell’ingiustizia, della violenza e della guerra».
«Strage senza fine nel Mediterraneo» ha sintetizzato il quotidiano della Santa Sede, l’Osservatore Romano facendo proprio il nuovo grido di dolore del Papa per il dramma dei migranti. «Parole – annota il quotidiano d’Oltretevere – che assumono un significato particolare alla luce delle ultime notizie che arrivano dal Mediterraneo, che riportano l’ennesimo, tragico naufragio che ha causato la morte di sei migranti, tra cui una bimba di sei mesi». In realtà, un bimbo, come si è saputo soltanto mercoledì a tarda notte, Joseph, era il suo nome e si trovava con le altre persone migranti sul gommone affondato, non lontano da Sabrata, dal quale i soccorritori di Open Arms hanno tratto in salvo 111 persone. Nella notte tra mercoledì e giovedì altre 65 persone sono state soccorse dalla nave della Ong spagnola, che al momento è l’unica imbarcazione umanitaria attiva nel Mediterraneo centrale. Nel contempo la salma di Joseph, il bimbo di 6 mesi, originario della Guinea, è stata portata a Lampedusa all’obitorio dell’isola da un velivolo della Guardia costiera italiana che ha effettuato un’evacuazione medica urgente per altre due donne, una delle quali in gravidanza, che si trovavano a bordo della nave della Ong Open Arms. Altre tre persone del gruppo di naufraghi salvati dalla stessa Ong che avevano urgente bisogno di ricovero, dopo uno scalo tecnico dell’aereo che ha dovuto effettuare rifornimento di carburante, sono stati trasferiti a Malta. La nave umanitaria con a bordo oltre 200 persone (e cinque corpi senza vita) sta facendo rotta su Trapani.
Considerando gli Sos rilanciati dagli attivisti di Alarm Phone e rimasti senza risposta, non è un caso che le stragi in mare si susseguano; secondo le stime dell’Oim, solo nel 2020 sono almeno 900 i migranti annegati nel Mediterraneo nel tentativo di raggiungere le coste europee, in alcuni casi anche a causa di ritardi nei soccorsi. Mentre 11mila altri migranti sono stati riportati in Libia, in un Paese dove rischiano di subire violazioni dei diritti umani, detenzione, abusi, tratta e sfruttamento, come documentato dalle Nazioni Unite e da numerosi reportage giornalistici.
Di «ennesima tragedia che si consuma a pochi chilometri dalle nostre coste nell’indifferenza generale» ha parlato anche don Gianni De Robertis, direttore generale della Fondazione Migrantes dopo il naufragio di mercoledì. De Robertis ha espresso tutto il dolore della Fondazione Migrantes per queste «morti innocenti».
A una settimana dalla Giornata Mondiale dell’Infanzia, che celebra la ratifica della Convenzione sui Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza da parte di quasi tutti i paesi del mondo, anche l’Unicef ha ribadito «la necessità di garantire il diritto alla protezione e alla vita di ogni bambina e bambino senza alcune distinzioni e in qualsiasi luogo essi si trovino. Non vogliamo più essere testimoni delle morti di bambine e bambini in mare». (Ilaria Solaini – Avvenire)


