Una Chiesa che accoglie, ama, serve, perdona

30 Ottobre 2023 – Citta del Vaticano – “È un’ora buia” aveva detto venerdì, giornata di digiuno e di preghiera per la pace. La famiglia umana “ha smarrito la via della pace” preferendo Caino a Abele, affermava il Papa; un mondo incapace di “ripudiare la follia della guerra che semina morte e cancella il futuro”. Due giorni dopo, all’Angelus, rinnova l’appello alla pace: “cessate il fuoco. Fermatevi, fratelli e sorelle. La guerra sempre è una sconfitta, sempre”. Chiede di pregare per l’Ucraina, per la “grave situazione in Palestina e in Israele e per le altre regioni in guerra”; chiede aiuti umanitari per Gaza, e la liberazione – “subito” – degli ostaggi.

Il Vangelo di questa domenica vede Gesù messo alla prova da una domanda insidiosa dei sadducei, corrente spirituale che dava peso solo alla parola scritta che veniva da Dio: “Maestro, nella legge, qual è il grande comandamento?”. Con assoluta semplicità, Gesù risponde: “amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente. Questo è il grande e primo comandamento”. Poi ne aggiunge un secondo che “è simile” scrive Matteo: “amerai il tuo prossimo come te stesso”. Non cade nella trappola Gesù, anzi li prende in contropiede mettendo in primo piano la professione di fede che ogni credente ebreo pronuncia almeno due volte al giorno, quel Shema Israel che chiede di amare Dio “con tutto il cuore, con tutta la vita, con tutta la mente”.

Duplice comandamento dell’amore, anche della pace potremmo dire, che diventa sintesi di tutte le norme e di tutti i precetti, come leggiamo nel primo Vangelo. Come dire, la legge, se vogliamo la nostra esistenza, il nostro rapportarsi a Dio e ai fratelli, è un camminare sui binari dell’amore. Anche la lettura tratta dal libro dell’Esodo ci parla di amore: “non molesterai il forestiero né lo opprimerai, perché voi siete stati forestieri in terra d’Egitto. Non maltratterai la vedova o l’orfano…”. L’amore a Dio non può essere scisso dall’amore al prossimo, ricordava Papa Benedetto: “dichiarando che il secondo comandamento è simile al primo, Gesù lascia intendere che la carità verso il prossimo è importante quanto l’amore a Dio. Infatti, il segno visibile che il cristiano può mostrare per testimoniare al mondo l’amore di Dio è l’amore dei fratelli”. Così Papa Francesco, che spiega: “amando i fratelli, noi riflettiamo, come specchi, l’amore del Padre. Riflettere l’amore di Dio, ecco il punto; amare lui, che non vediamo, attraverso il fratello che vediamo”.

Domenica nella quale il vescovo di Roma ha presieduto la Messa conclusiva del Sinodo sulla sinodalità, soffermandosi, nell’omelia, su due verbi: adorare e servire. Il cuore di tutto, dice Francesco, è amare Dio e il prossimo “non le nostre strategie, non i calcoli umani, non le mode del mondo”. Amare è adorare, aggiunge, significa “riconoscere nella fede che solo Dio è il Signore e che dalla tenerezza del suo amore dipendono le nostre vite, il cammino della chiesa, le sorti dell’umanità”. Il Papa chiede di rifiutare gli idoli, di “lottare contro le idolatrie, quelle mondane, che spesso derivano dalla vanagloria personale, come la brama del successo, l’affermazione di sé ad ogni costo, l’avidità di denaro – il diavolo entra dalle tasche –, il fascino del carrierismo”; ma anche le idolatrie camuffate di spiritualità: “le mie idee religiose, la mia bravura pastorale”.

Poi il secondo verbo: servire. “Non esiste un’esperienza religiosa che sia sorda al grido del mondo”. È l’immagine della Chiesa di Francesco che si china a lavare “i piedi dell’umanità ferita; accompagna il cammino dei fragili, dei deboli e degli scartati; va con tenerezza incontro ai più poveri”. È la Chiesa che guarda alle “vittime delle atrocità della guerra; alle sofferenze dei migranti, al dolore nascosto di chi si trova da solo e in condizioni di povertà; a chi è schiacciato dai pesi della vita; a chi non ha più lacrime, a chi non ha voce”. Spesso dietro belle parole e suadenti promesse, dice il Papa, si nascondono “forme di sfruttamento o non si fa nulla per impedirle”. Il sogno di Francesco, “una Chiesa serva di tutti, serva degli ultimi. Una Chiesa che non esige mai una pagella di ‘buona condotta’, ma accoglie, serve, ama, perdona. Una Chiesa dalle porte aperte che sia porto di misericordia”. (Fabio Zavattaro – SIR)

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