Le missioni cattoliche in Svizzera: al servizio degli emigranti

5 Aprile 2023 – Zurigo – Della storia dell’emigrazione italiana, in particolare in Europa e in Svizzera, già è stato scritto molto: una storia lunga, dolorosa e gloriosa, vissuta dai nostri connazionali colà approdati in cerca di lavoro. E lo stesso dicasi delle missioni cattoliche che hanno accompagnato i nostri connazionali per la loro assistenza non solo morale ma anche sociale.
La prima volta che i vescovi svizzeri affrontarono la questione del fenomeno migratorio fu alla Conferenza del 28 agosto 1888 con un intervento del vescovo di San Gallo, monsignor Egger, che auspicava la presenza di sacerdoti italiani almeno durante i periodi delle feste religiose. Il 9 e 10 dicembre 1890, alla Conferenza internazionale di Lucerna, a cui partecipavano i delegati dell’Associazione di patronato «San Raffaele» per gli emigrati di Germania, Italia, Svizzera, Lussemburgo, Stati Uniti e Canada, monsignor Scalabrini lanciò l’idea di un’organizzazione internazionale cattolica per l’assistenza degli emigrati, interessando anche la Santa Sede con un apposito memoriale. Ma fu dopo alcuni fatti drammatici accaduti a Zurigo (luglio 1896) che la Conferenza dei vescovi svizzeri, in una riunione tenuta a Schwyz il 17 agosto 1896, discusse sulle misure da prendere per la cura pastorale degli immigrati, incaricando monsignor Johannes Fidelis Battaglia, vescovo di Coira, di fare i dovuti passi presso il Vaticano per l’invio stabile di sacerdoti italiani in Svizzera.
Si gettavano insomma le basi per la fondazione di vere e proprie missioni cattoliche italiane in Svizzera.
Gli sporadici e spontanei interventi di singoli preti al seguito dei loro parrocchiani dovevano trasformarsi in missioni stabili al servizio di tutti gli emigrati. Era un progetto che si andava facendo sempre più strada in seno alla nostra emigrazione sin dai primi anni Novanta. Già il 4 maggio 1894 era stata fondata la prima missione cattolica in Svizzera, quella di Lucerna-Hochdorf.
Nel giro di pochi anni fu tutta una gara tra le diocesi e i vari ordini religiosi della Chiesa italiana nell’inviare loro missionari per gli emigrati in Svizzera che dovevano essere non solo sacerdoti e guide spirituali ma anche operatori sociali. Tra la fine del secondo conflitto mondiale e il 1970, oltre sette milioni di italiani avevano lasciato il proprio Paese per andare a lavorare all’estero. A metà degli anni Sessanta i nostri emigrati in Svizzera con 532.000 presenze costituivano il 54,7 per cento dell’interra popolazione straniera.
L’ondata di emigrazione italiana verso la Confederazione ebbe tre cause ben distinte ma concomitanti: la profonda crisi economica italiana, soprattutto nelle regioni meridionali; il bisogno di manodopera straniera da parte delle industrie svizzere; il disegno dei vari governi italiani per favorire l’espatrio per diminuire le tensioni interne e procurarsi valuta pregiata sotto forma di rimesse. Di fronte a questo massiccio esodo, la Chiesa intervenne con premurosa sollecitudine con l’invio al seguito degli emigrati di un alto numero di missionari. In tale contesto due eminenti uomini di Chiesa in particolare si sono distinti con azioni concrete: Giovanni Battista Scalabrini, di Fino Mornasco, vescovo di Piacenza, e Geremia Bonomelli, bresciano, vescovo di Cremona. Scalabrini con la fondazione delle congregazioni dei missionari e delle suore missionarie di san Carlo Borromeo, rivolte soprattutto a chi emigrava nelle Americhe, la prima approvata da Papa Leone XIII il 15 novembre 1887. Il secondo con la fondazione dell’Opera di assistenza per gli operai emigrati in Europa e nel Levante. Lo sforzo e l’impegno della Chiesa fu alla base della fondazione di una rete capillare di missioni cattoliche italiane in tutta la Confederazione. Dal 1947 al 1987 furono fondate oltre cento nuove missioni, molte delle quali oggi risultano accorpate; ne restano 45, un numero ancora considerevole ma destinato a essere ulteriormente ridotto. È infatti in questa direzione che le diocesi svizzere si stanno orientando: l’obiettivo è di creare una pastorale interculturale, nel rispetto delle diversità degli emigrati ma anche in vista della loro integrazione nel Paese che li accoglie.
Su questo argomento si è svolto recentemente a Capiago (Como) il convegno delle Missioni cattoliche di lingua italiana (Mcli) in Svizzera sul tema “Per un noi sempre più grande. In cammino verso una pastorale interculturale” . Il convegno aveva lo scopo di far prendere coscienza dei cambiamenti in atto nella nostra società civile ed ecclesiale ma anche di dare un contributo di riflessioni e proposte per il futuro della Chiesa in Svizzera e il futuro delle nostre missioni.
La storia degli italiani in Svizzera è una storia di circa cinque milioni di persone che si sono avvicendate in oltre 150 anni al servizio di questo Paese e della sua economia. Alla Svizzera e agli svizzeri va un “grazie” per quanto hanno fatto per questa grande massa di immigrati. E un grazie particolare va agli oltre 1700 missionari e religiose che si sono impegnati negli ultimi 130 anni tra gli italiani in Svizzera al servizio della fede e dell’emigrazione. (don Egidio Todeschini – Coordinatore nazionale delle Mcli in Svizzera e in Liechtenstein).

Osservatore Romano

 

 

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