Vangelo Migrante: XXIV Domenica del Tempo Ordinario | Vangelo (Lc 15,1-32)

8 Settembre 2022 – A un uditorio di mormoratori Gesù racconta una parabola: “si avvicinarono a lui tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano: Costui riceve i peccatori e mangia con loro. Allora egli disse loro questa parabola…”.

Tra tutte è indubbiamente la parabola più sconvolgente; non solo perché ci insegna che Dio si interessa di ciò che è perduto e prova grande gioia per il suo ritrovamento, ma soprattutto perché scaturisce da una situazione ben precisa: la mormorazione di alcuni benpensanti, ai quali Gesù rivela cos’è il peccato. È questo ciò che fa dei tre racconti sui ‘perduti ritrovati’ (una pecora, una moneta e un figlio, cosiddetto ‘prodigo’) un’unica parabola.

In risposta a quelle mormorazioni, con quel racconto Gesù tira fuori la radice di ogni peccato, già nota nella storia della Salvezza nel dialogo tra un serpente e una donna (Genesi 3). Il serpente presenta la realtà come bella ma vietata, gradevole ma proibita, illuminante ma preclusa. Esiste, ma non si può prendere. E Dio, che ha stabilito tutto questo, è qualcuno che governa l’uomo limitandolo e frustrandolo. È la logica espressa nelle parole dal fratello maggiore della parabola del ‘figlio ritrovato’: … “Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso”.

Un atteggiamento che trasuda rabbia e invidia. Non fa ragionare da figlio ma da servo e fa pensar male del padre. Il peccato ha origine in questo smarrimento, in questa ribellione, in questa morte: vivere dentro il giardino di Dio ma con il cuore ribellato a Dio.

Rompere la comunione con il Padre vuol dire svilirsi, svuotarsi, perdersi… Lo fanno entrambi i figli ma uno, disperato, torna e sperimenta l’attesa e l’abbraccio del Padre; l’altro nemmeno si accorge di un Padre così! Anche se quel Padre lo martella con la frase “questo tuo fratello era morto ed è stato ritrovato”.

È curioso, ma il ‘figlio prodigato’ è colui che scopre che la relazione dell’uomo con Dio è sempre possibile perché è una storia di perdono… E la gioia di quel Padre è la verità.

È questa la chiave per capire tutto. Il risultato è una festa: per il pastore che ritrova la pecora smarrita, per la donna che ritrova la moneta e per il padre che ritrova suo figlio!

La Verità prima, è lo smisurato amore del Padre per tutti. Nessuna forma di perdizione può precludere la salvezza. Al contrario, si può stare dentro la casa del Padre ed essere ostaggio di un cuore in catene. A noi la scelta: stare nella casa del padre e ritenere che servire Dio sia una schiavitù o scegliere di servire Dio, e regnare!

Perché, servire Dio è regnare (Concilio Vaticano II).

p. Gaetano Saracino

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