Vangelo Migrante: III domenica di Pasqua | Vangelo (Gv 21, 1-19)

28 Aprile 2022 – La pagina in cui per la terza volta Gesù si manifesta ai discepoli dopo la resurrezione è densa di avvenimenti e insegnamenti.

Il Vangelo di Giovanni racconta che alcuni discepoli con Pietro, sono presso il mare di Tiberiade. La notte interiore per il peso insopportabile della tragedia del Golgota, e per le paure che ne derivano, si prolunga in una notte di pesca che riserva una cocente delusione professionale ed esistenziale: “quella notte non presero nulla”.

Ma l’alba arriva sempre, puntuale, qualunque sia la notte che ci è capitata o nella quale abbiamo deciso di entrare: “quando già era l’alba, Gesù stette sulla riva, ma i discepoli non si erano accorti che era Gesù. Gesù disse loro: Figlioli, non avete nulla da mangiare? Gli risposero: No”.

La presenza di Gesù risorto non è astratta ed estranea alle circostanze in cui si rivela (siano esse una battuta di pesca o un dubbio come quello di Tommaso domenica scorsa); essa è pienezza a cui le circostanze rimandano: soddisfa la domanda con un risultato che va oltre l’inimmaginabile, a significare la completezza risolutiva a cui la Sua presenza invia. Nella domanda ai discepoli, chiede all’umanità se, dopo tutti gli sforzi compiuti ogni giorno per vivere, ha raggiunto anche solo un po’ di tutto ciò di cui ha bisogno per vivere, serena, felice, in pace, al sicuro, prospera e nel benessere. La risposta dell’umanità è secca ed inequivocabile: “no”.

E Gesù risorto, a partire da quel fatto, offre il suo intervento perché l’umanità riceva tutto ciò di cui ha bisogno: “gettate le reti dalla parte destra della barca e troverete!” Invita a cambiare modo di fare e di pensare (le reti non si gettano da destra ma da sinistra) e il risultato è sorprendente: centocinquantatré grossi pesci, ovverosia il numero totale delle specie di pesci conosciute allora. Quella pesca fruttò tutto il pesce possibile.

Tornati a riva, Gesù ha già un fuoco di brace con del pesce sopra e del pane; e chiede: “portate un po’ del pesce che avete preso ora”. Gesù basta a se stesso ma la vita con il risorto, d’ora in poi, sarà sempre un intreccio amoroso, sorprendente, luminoso e intelligente di energie divine e umane da cui non può che scaturire la festa della vita, nel gioioso banchetto dell’Eucarestia.

In quella gioia parte il dialogo con Pietro: “mi ami?”  Gesù non chiede se ha capito il suo annuncio o il senso di quello che sta accadendo, ma lascia tutto all’amore. Per tre volte modifica la domanda adattando le sue attese alle possibilità di Pietro: mi ami più di costoro? Mi ami? Mi vuoi almeno bene?  Si pone a livello della sua creatura: l’amore vero si mette ai piedi dell’amato. Pietro sente il pianto salirgli in gola: dinanzi ad un fuoco lo aveva rinnegato, dinanzi ad un fuoco Gesù gli offre l’opportunità di ri-amarlo come può.

Gesù interroga Pietro e interroga me. Non cerca la perfezione ma l’autenticità. Nulla a che vedere con l’impeto di Pietro, quella volta prima della passione. L’amore di cui parla Gesù, non nasce da noi, nasce da Lui. Solo se lo accogli, potrai seguirlo! (p. Gaetano Saracino)

 

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